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Perché la scomparsa di Di Maio da Facebook è la pietra tombale sulla sua credibilità

Luigi Di Maio è scomparso. Non parliamo dell’esclusione del prossimo Parlamento, dopo il deludente risultato del suo minuscolo partito personale, Impegno Civico, che lo scorso 25 settembre non è riuscito a raggiungere nemmeno l’1 per cento. Luigi Di Maio è scomparso da Facebook che era il suo metaverso. Ed è scomparso da TikTok dove baldanzosamente era sbarcato poco prima delle elezioni politiche.

Di Maio per anni ha accarezzato l’idea che Facebook fosse l’unico luogo del confronto reale

Se Luigi Di Maio non fosse figlio di quella politica nata dall’indignazione sui social non sarebbe una notizia. Potrebbe trattarsi semplicemente di un rinnovamento dei suoi canali social oppure dello spegnimento di un mero strumento elettorale. Solo che Di Maio per anni ci ha raccontato che “i grandi giornali” nascondevano la verità e che Facebook (o chi per lui) era l’unico luogo del confronto reale. Di più: per un periodo consistente Di Maio e i suoi compagni di ventura hanno tentato di convincerci che l’onestà degli eletti si misurasse sulla base dei loro post sui loro profili social, come se i politici dovessero essere giudicati solo dalla loro abilità di raccontarsi. Di Maio per anni ha combattuto la propaganda provando a convincerci che solo la sua (e del suo partito) fosse l’unica a cui credere.

Perché la scomparsa di Di Maio da Facebook è la pietra tombale sulla sua credibilità
Luigi Di Maio (Getty Images).

La scomparsa dai social è la pietra tombale sulla sua credibilità

Che Di Maio sparisca da Facebook è indicativo perché rappresenta la pietra tombale sulla sua credibilità e su un modo di fare politica. Di Maio “l’onesto”, Di Maio “il portavoce”, Di Maio “il puro tra i puri” ha abbandonato il Movimento 5 stelle negando l’impianto del suo fare politica. Ha provato a rivendersi (non l’ha comprato nessuno) spiegandoci che ciò che aveva difeso per anni, l’unica verità vera a cui avremmo dovuto credere, era una bugia. Quando si è scisso dal Movimento 5 stelle deve essersi sentito coccolato da quegli stessi poteri («forti», li chiamava lui) che aveva fintamente (a questo punto si può dire) osteggiato e ha detto che quegli stessi poteri erano la garanzia della sua serietà. Che fosse un atto politicamente suicida era fin troppo facile da prevedere.

Impegno civico era solo una scialuppa per salvare sé stesso

Poi c’è l’altra bugia, un’altra ancora: per tutta la campagna elettorale Luigi Di Maio (uno dei massimi interpreti della politica personalistica di questi tempi) ha voluto farci credere che Impegno civico (nome singolare per il partito personale di un ministro) fosse “una squadra”. Avrebbe dovuto essere una coincidenza che in quel contenitore politico ci fossero molti dei parlamentari grillini che non avrebbero più potuto ricandidarsi nel loro vecchio partito per la regola dei due mandati. Di Maio che scompare da Facebook dice ai suoi che non era vero niente, che quel finto partito era solo una scialuppa per salvare sé stesso.

Perché la scomparsa di Di Maio da Facebook è la pietra tombale sulla sua credibilità
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio (Getty Images).

Di Maio ha ghostato l’Italia: siamo messi così

Di Maio che scompare da Facebook è il bambino che si mette sotto le coperte e strizza forte gli occhi per non affrontare la realtà, illudendosi che riaprendoli il mondo intorno a lui si modifichi secondo le sue volontà. Un gesto, l’ennesimo, che è sinonimo di codardia, mica solo politica. Sarebbe una storia da niente, una codardia minima del post elezioni, se non fosse che Di Maio a lungo ha deciso le sorti politiche del Paese a capo del partito che fu il più votato d’Italia e se non fosse il ministro agli Esteri tutt’ora in carica. Si chiama ghosting il fenomeno dello scomparire da una persona con cui si aveva una relazione per evitare di assumersi le proprie responsabilità. Di Maio ha ghostato l’Italia. Stiamo messi così.

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