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La pacchia di Giorgia

Ve la ricordate quando Giorgia Meloni diceva «è finita la pacchia» lasciando presagire una sua entrata in campo, questa volta nel lato di chi governa, che non avrebbe lasciato scampo a tutti? Ieri Giorgia Meloni durante la riunione dell’esecutivo nazionale di Fratelli d’Italia ha detto che «ci troviamo di fronte alla fase forse più difficile della storia della Repubblica italiana: siamo nel mezzo di un conflitto, i cui contorni sembrano irrigidirsi ancora di più. Restano incognite sul tema della pandemia, viviamo una crisi economica e energetica che sembra destinata a provocare un effetto domino sui prezzi delle materie prime e dei prodotti alimentari».

Giorgia Meloni che prometteva un’Italia «libera dalle catene dell’Europa» ieri si è affrettata a scrivere che «la lettera del presidente della Commissione europea @vonderleyen ai capi di Stato e di Governo Ue è un passo in avanti per far fronte alla crisi energetica. Una sfida europea che come tale deve essere affrontata e che deve vedere gli sforzi di tutti per aiutare famiglie e imprese».

Lo so, sembra incredibile. Del resto è la stessa Giorgia Meloni che nel 2012, nel bel mezzo del governo Monti, diceva che «non saranno i tecnici a salvare il mondo, ma la politica. Solo i politici, a differenza dei tecnici, sono portatori di una visione del mondo». Poi si scagliò contro il comitato dei saggi voluto da Napolitano per le riforme: «l’idea che pochi tecnici non eletti da nessuno – disse – o pochi politici con idee contrapposte, possano offrire soluzioni all’Italia senza ricorrere a dei compromessi al ribasso su ogni tematica è un’utopia che abbiamo già pagato a caro prezzo nel corso dell’ultimo anno». Fino a qualche settimana fa, parlando dei ministri tecnici del governo Draghi, li descriveva come “gente non voluta dagli italiani”. Ora invece è ormai assodato che nel suo prossimo governo ci saranno ministri “tecnici”: «Se non c’è un politico adeguato, nessun problema ad affidarsi a tecnici». Bene così.

Uno degli aspetti più tragicomici del governo Meloni che deve ancora iniziare è che dopo anni passati a ripetere “siamo pronti, dateci solo le elezioni”, ora ancora prima di cominciare li sentiamo dare la colpa alla guerra, al Pnrr, alle bollette e al quaderno mangiato dal cane. Ha ragione da vendere Carlo Calenda quando dice che «all’opposizione dicono che l’Ue va ribaltata, i barconi affondati e promettono tutto; quando arrivano al governo nominano i tecnici, diventano europeisti e spiegano che per responsabilità istituzionale non possono mantenere le promesse». Peccato che lui abbia fatto lo stesso con il nucleare ma vabbè.

Sta di fatto che la pacchia finita sembra essere quella di Giorgia, alle prese con il governare a cui anelava. Intanto fuori la crisi economica – per le bollette e per l’aumento dei prezzi – rischia di diventare presto una crisi sociale. Gli arrabbiati che hanno foraggiato Meloni rischiano di rivoltarsi contro. E anche questa è una storia già sentita. Chissà se il centrosinistra (o l’area progressista, come la chiamano quelli che si vergognano di pronunciare la parola sinistra) dovrebbe essere pronto.

Buon giovedì.

Nella foto: Giorgia Meloni e Luca Ciriani all’esecutivo di Fratelli d’Italia, Roma, 5 ottobre 2022

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