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Ci avevano già provato i fascisti ad arruolare Dante

L’imbarazzante ministro alla Cultura Sangiuliano continua a nuotare nel ridicolo. «So di fare un’affermazione molto forte, io sono convinto che Dante Alighieri sia il fondatore del pensiero di destra nel nostro Paese». Lo ha detto dal palco della convention di Fratelli d’Italia a Milano. «Quella visione dell’umano, della persona, delle relazioni interpersonali, ma anche la sua costruzione politica, credo siano profondamente di destra» ha aggiunto il ministro.

Non è uno scivolone e non è una novità. Come ricorda giustamente in un tweet il direttore di Oggi Carlo Verdelli «i fascisti del Ventennio, nella loro scenografia di cartapesta, #Dante lo avevano già arruolato: precursore del Duce. Proprio vero che la Storia si ripete: la prima volta come farsa, la seconda pure».

Ne scrisse in un articolo Nicolò Crisafi, che insegna letteratura italiana all’Università di Cambridge. La sua monografia Dante’s Masterplot and Alternative Narratives in the Commedia è in stampa per i tipi di Oxford University Press. «Dante era a un divario: da una parte era stato il simbolo dell’idealismo, delle speranze, e delle ansie risorgimentali per una patria da creare; dall’altra era diventato lo strumento retorico dello Stato liberale che l’aveva incarnata tradendone le aspettative più alte. Fu – scrive Crisafi –  tra queste delusioni e polemiche che il fascismo mise mano a Dante. Nel momento in cui si impadronì del potere, lo Stato fascista non si fece problemi a sfruttare il nazionalismo del Dante risorgimentale epurandone però con cura il lato vulnerabile e oppresso e facendone invece a sua volta uno strumento per opprimere, confinare, esiliare, ed arrestare. In un suo scritto dantesco del 1928 (dedicato proprio all’Italo Balbo celebrato dai manifesti di mio zio Carlo) il capitano della Regia Guardia di Finanza Pietro Jacopini faceva di Dante uno strumento del potere: “Dante […] è un precursore del Fascismo e, se fosse vissuto ai giorni nostri, ci avrebbe onorato sicuramente della sua compagnia, impugnando il manganello contro tutti i socialisti e i comunisti rinnegatori e disgregatori della Nazione”».

Aldo Cazzullo in risposta a una lettera al Corriere ricorda come «il fascismo ovviamente rivendicò Dante per sé, fin da quando nel 1921, a seicento anni dalla morte, Italo Balbo guidò una “marcia su Ravenna” conclusa davanti alla fatidica tomba. E Margherita Sarfatti, la donna che creò Mussolini, venerava Dante, al punto che quando si interrogava sul futuro apriva la Divina Commedia, leggeva una terzina a caso e vi cercava un’indicazione per quel che doveva fare o una profezia per quel che sarebbe accaduto».

Non avviene nulla per caso. Nulla.

Buon lunedì.

La foto del monumento a Dante Alighieri a piazza Santa Croce a Firenze (1865), Jörg Bittner (Unna)Opera propria

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