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Non sono le pistole a uccidere le donne

Martina Scialdone aveva 34 anni. Era un’avvocata specializzata in diritto di famiglia, si occupava di donne vittime di violenza. Aveva deciso di incontrare il suo compagno al ristorante Brado, a Roma, zona Tuscolana. Voleva dirgli che era arrivato il momento di chiudere la loro relazione. Lui, Costantino Bonaiuti, 60 anni e un impiego all’Enav, è un appassionato di armi. In tasca aveva una pistola, la pistola che tutti guardano e descrivono come se fosse la vera colpevole del terzo femminicidio in questo primo scampolo di 2023.

La storia di Martina Scialdone. La 34enne uccisa a Roma dall’ex compagno appassionato di armi

Quella pistola l’ha estratta Bonaiuti, dopo un litigio che s’è fatto sempre più chiassoso e nervoso dentro il ristorante e si è trascinato sul marciapiede all’esterno. Un colpo a bruciapelo, al petto, alle 23.15. Lui ha provato a scappare, è durato poco, si è arreso quasi subito. Un uomo che incontra la propria compagna con aka consapevolezza che quello sarà l’incontro che sancirà la fine della relazione e lo fa con una pistola in tasca è il centro della storia che si dovrebbe raccontare in questi giorni.

Prima un uomo di 82 anni, Vittorio Cappuccini, ex agente della Polizia Municipale in pensione ha ucciso una donna di 70 anni, Oriana Brunelli, sparandole in un parcheggio a Bellaria e poi si è suicidato. I due pare avessero una relazione. Il 5 gennaio a Genova, Andrea Incorvaia, guardia giurata di 32 anni, ha ucciso con la pistola di servizio la fidanzata di 23 anni, Giulia Donato, mentre dormiva e si è suicidato. Incorvaia faceva uso di psicofarmaci ma l’azienda di GPG ne era all’oscuro. In 14 giorni, 3 femminicidi nel 2023.

Tutti commessi da legali detentori di armi. Le armi detenute legalmente di rado servono per la legittima difesa. Vengono invece più spesso usate per commettere omicidi e femminicidi. Come si chiede giustamente Giorgio Beretta, che di armi si occupa da una vita, perché i politici tacciono? Luca Traini, autore della tentata strage a Macerata nel 2018, ottenne la licenza per tiro sportivo (TaV) in 18 giorni. Era un legale detentore di armi ma non praticava nessuna disciplina sportiva. Gli sono bastati due bolle da 16 euro e un modulo prestampato.

Da tempo in molti chiedono l’introduzione di controlli psichiatrici e test tossicologici annuali sui legali detentori. Si discute di rilasciare le licenze solo a chi ne ha effettiva necessità o pratica realmente discipline sportive. Perché assistiamo inermi a una liberalizzazione nei fatti di cui non si è mai discusso? Le pistole non uccidono. A uccidere sono le persone che le impugnano.

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