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Per la Schlein il primo ostacolo è il fuoco amico

“Abbiamo ammazzato il Pd”. La frase di Lorenzo Guerini dopo la batosta storica che ha preso la sua corrente Base riformista riflette perfettamente la natura degli ex renziani: il partito è roba loro, sono loro e non gli elettori a deciderne le sorti (l’hanno “ammazzato” perché hanno fatto votare le persone?) e il partito esiste solo se corrisponde ai loro desiderata. I sedicenti “progressisti”, al di là delle congratulazioni di facciata sono il primo vero nodo di Elly Schlein da segretaria.

La neo segretaria del Pd Elly Schlein deve guardarsi le spalle dai renziani. Ancora forti nel partito nonostante la batosta dei gazebo

Il lavoro di logoramento è già iniziato e, come sempre, è pateticamente prevedibile. Per capire la sceneggiatura basta farsi un giro sui giornaletti suggeritori e tra i social dei cosiddetti intellettuali di riferimento dei liberali dem: la sciagura Schlein per loro si manifesterà con “il partito fagocitato da Conte e Casalino”, l’imperdibile editorialista dell’inchiesta ci dice di una “trasformazione del partito in una specie di “Arci diritti” destinato a rappresentare la parte più elitaria delle ztl cittadine, oltre che il Pigneto, Nolo e la brigata dei cuoricini sui social” e i più sprezzanti del ridicolo vedono addirittura “un rischio per l’Ucraina”.

Il primo pensiero leggendoli sarebbe quello di confinare le strampalate tesi a isterie da sconfitta ma basta aspettare qualche ora per ritrovarsi il copione recitato dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori che retoricamente domanda se Schlein “terrà la posizione atlantista o no? Terrà la linea Letta sull’Ucraina o no? Sarà pragmatica sul lavoro che non è solo difesa dei salari ma anche creazione di lavoro o no?”.

Evidentemente il passa parola funziona, eccome. Nessuno di loro che riflette sul risultato e ha una pur piccola tentazione di mettersi in discussione. Lorenzo Guerini nella “sua” Lodi ha preso una scoppola nonostante avesse schierato per Bonaccini il sindaco Furegato e tutti i suoi assessori. Nella “sua” Bergamo Giorgio Gori ha dovuto contare 363 voti a favore di Schlein contro i 215 di Bonaccini mentre nella provincia Schlein prende 240 comuni su 243.

Sono passate poche ore dalla vittoria e la segretaria del Partito democratico si ritrova già a dover fare i conti con le minacce di scissione di qualche ex renziano sui territori. Chi si è già scisso è lo storico dirigente della Margherita Beppe Fioroni che all’Adnkronos spiega che con la vittoria di Schlein “nasce un nuovo soggetto che non è più il Pd che avevamo fondato e prendo atto della marginalizzazione dell’esperienza popolare e cattolico democratica” e saluta tutti (quelli che si ricordavano che nel Pd ci fosse ancora Fioroni).

Scontata è anche la battaglia a testa bassa che contro Elly Schlein lancerà il Terzo polo: “Dopo l’elezione di Schlein il campo è ben definito: Pd/5S su posizioni populiste radicali; Fdi guida la destra; il Terzo Polo che rappresenta riformisti, liberal democratici e popolari. Domani partirà un cantiere aperto e inclusivo per arrivare a un partito unico. Porte aperte”, scrive su twitter Carlo Calenda, leader di Azione.

Anche qui lo schema è prevedibile, quello di sempre: autonominarsi rappresentanti di un’area pur non riuscendo a prenderne i voti è un problema che non sfiora lontanamente Calenda e i suoi compari. La retorica di Schlein “radicale” è la stessa degli ex renziani all’interno del Pd. Che le posizioni di Schlein siano le normali posizioni dei partiti di centrosinistra in tutta Europa è sfuggito ai competenti di casa nostra: l’importante, come sempre, è provare a demolire il Pd per vedere se avanza qualche transfugo da poter imbarcare.

Socialdemocratiche come Elly Schlein in Europa ce ne sono moltissime ma forse ha ragione il giornalista Matteo Pascoletti quando scrive “già inizia a sbroccare gente che nella vita deve autocertificarsi “moderata” o “liberale” perché per l’educazione piccolo-borghese ricevuta è troppo radicale dire “babbo, mamma, sono di destra!”…”.

Ma non sono solo gli scissionisti del passato e del futuro l’unico problema per la nuova segretaria del Pd. Ora c’è innanzitutto da “tenere insieme” la truppa parlamentare rinnovando le cariche senza provocare strappi. Le capigruppo alla Camera e al Senato dei dem (Debora Serracchiani e Simona Malpezzi) dovrebbero essere sostituite con persone vicine a Schlein. Si fanno i nomi di Chiara Braga, Chiara Gribaudo e Michela Di Biase per la Camera e Francesco Boccia e Antonio Misiani al Senato.

Stessa cosa accadrà in Europa dove Brando Bonifei potrebbe non essere più capo della delegazione. Poi c’è da comporre la segreteria con Boccia, Marco Furfaro (coordinatore e portavoce della mozione Schlein) oltre agli ex Articolo 1 Arturo Scotto, Roberta Agostini e Nico Stumpo e alle ex sardine Mattia Santori e Jasmine Cristallo. Ha sostenuto Elly Schlein anche il più volte ministro Dario Franceschini che sa bene come far pesare il proprio aiuto quando si tratta di nomine nella segreteria.

E qui arriva l’altro ostacolo che la segretaria dem dovrà essere brava a aggirare: sul suo nome, in nome di un rinnovamento declamato ma mai praticato, convergono anche ex trombati che vorrebbero usare Schlein come gancio per rimettersi in gioco. Accade sul piano nazionale e nel piano locale: chi conosce bene il Partito democratico ammette di avere intravisto tra i nomi della “mozione Schlein” sui territori gente che non ha nulla a che vedere con le idee, i modi e i principi della neo segretaria.

Salire sul carro del vincitore per riciclarsi del resto è un vizio vecchio come la politica. Una candidatura per la segreteria nata in tempi ristretti rischia di avere antenne deboli sui territori e farsi sfuggire gli eventuali cacicchi che sono un rischio dietro l’angolo. Infine c’è un rischio che vale per tutti, in tutti i partiti: cadere nell’errore di credere che il potere sia una posizione e non un esercizio. Saranno in molti a consigliare a Elly Schlein di smussarsi per non provocare frizioni e per restare salda in sella. È l’errore in cui cadono quasi tutti: la sua vittoria è l’apertura di una possibilità, nient’altro. Le cose cambiano cambiandole.

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