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Duecento over 65 ogni 100 giovani: cronaca di un suicidio demografico

L’Italia invecchia, si sa, e lo fa a un ritmo che lascia poco spazio all’immaginazione. I dati di Openpolis raccontano di un Paese in rapida trasformazione demografica dove il rapporto tra anziani e giovani sta raggiungendo livelli senza precedenti. Le conseguenze non saranno facili da gestire. 

Oggi, per ogni 100 ragazzi sotto i 14 anni, ci sono quasi 200 over 65. Un dato che fa riflettere soprattutto se confrontato con la situazione di appena vent’anni fa, quando il rapporto era di 138 a 100. In termini assoluti, parliamo di 14,3 milioni di anziani contro 7,2 milioni di giovani. È come se intere città fossero popolate solo da nonni, con pochi nipoti a correre per le strade.

Ma non è solo una questione di numeri nazionali. L’invecchiamento della popolazione sta ridisegnando la geografia sociale dell’Italia. Tra il 2014 e il 2021, l’indice di vecchiaia è aumentato nel 92% dei comuni italiani. In alcune regioni, come la Puglia, questa percentuale raggiunge addirittura il 98,8%. Veneto e Toscana non sono da meno, con percentuali che superano il 97%.

Ci sono città che sembrano aver perso completamente il contatto con la gioventù. Carbonia, in Sardegna, detiene il triste primato con 330,8 anziani ogni 100 bambini. Cagliari la segue a ruota, superando quota 300. E non sono casi isolati: Oristano, Ascoli Piceno e Biella superano tutte i 275 anziani per 100 giovani.

Lo squilibrio demografico inevitabilmente sta creando paradossi sociali. Da un lato abbiamo il 14% dei minori che vive in povertà assoluta. Dall’altro “solo” il 6,2% degli over 65 si trova nella stessa condizione. Sembrerebbe che i nostri anziani stiano meglio dei giovani ma attenzione: il 9,2% di loro deve arrangiarsi con pensioni sotto i 500 euro al mese.

La geografia della povertà anziana è altrettanto variegata. Nella provincia di Crotone, la percentuale di pensionati con redditi bassi raggiunge il 16,8%. Agrigento, Barletta-Andria-Trani e l’area metropolitana di Napoli superano tutte il 15%. Sempre a proposito della disparità economica di un Paese già differenziato. 

L’invecchiamento della popolazione sta mettendo alla prova il sistema di welfare italiano. I nonni, tradizionalmente figure di supporto per molte famiglie, si trovano ora in una posizione ambivalente. Le famiglie con almeno un anziano presentano un tasso di povertà assoluta del 6,4%, nettamente inferiore al 12% delle famiglie con minori. Ma questo dato nasconde una realtà più complessa.

La crescente popolazione anziana richiede sempre più risorse e servizi. Chi si prenderà cura di loro quando non saranno più autosufficienti? E chi si occuperà dei pochi bambini quando i nonni non potranno più farlo? Sono domande che richiedono risposte urgenti.

La denatalità, unita all’allungamento della vita media, sta creando un cortocircuito demografico che richiede interventi strutturali. Non si tratta solo di garantire pensioni dignitose ma di ripensare l’intero sistema di welfare in funzione di una società che invecchia.

I dati di Openpolis fotografano uno spaccato impietoso ma necessario della realtà. L’Italia che invecchia è un’Italia che rischia di perdere la sua vitalità, la sua capacità di innovare e di crescere. Ma è anche un’Italia che ha l’opportunità di reinventarsi valorizzando l’esperienza degli anziani e investendo sui giovani.

Il futuro dell’Italia passa inevitabilmente per un nuovo equilibrio generazionale. Un equilibrio che non può essere trovato ignorando i numeri, e che non si risolve con un poi di propaganda bassa sui figli da sfornare per il bene della Patria. Le leggi che governavano gli equilibri demografici vent’anni fa non funzionano più. Quell’Italia non c’è più. 

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