Un nuovo report del Global Fund mostra come il cambiamento climatico stia già aggravando le principali pandemie del Sud del mondo, con effetti sistemici su salute pubblica e stabilità globale. Nel 2023 sono stati registrati 263 milioni di casi di malaria e 597.000 morti. L’87% di questo carico globale è concentrato in 50 Paesi tra i più vulnerabili al cambiamento climatico. I numeri, di per sé allarmanti, rischiano di impennarsi nei prossimi decenni. Il Malaria Atlas Project stima che entro il 2050 si potrebbero verificare oltre 550.000 decessi aggiuntivi, nel 90% dei casi a causa della perdita di protezione dopo eventi climatici estremi.
Le alluvioni che nel 2022 hanno sommerso il 10% del territorio pakistano sono un caso emblematico: le infezioni sono quintuplicate, da 500.000 nel 2021 a 2,6 milioni. In Mozambico e Malawi, colpiti dal ciclone Freddy nel 2023, le infezioni sono aumentate rispettivamente del 3,9% e del 3,1%. Eppure si tratta solo dell’inizio: tra il 1950 e il 2023, un’area terrestre aggiuntiva pari al 17,1% del globo è diventata adatta alla trasmissione di malaria falciparum. In Africa orientale e meridionale, si prevede che fino a 62 milioni di persone diventeranno vulnerabili alla trasmissione endemica.
Tubercolosi e HIV: il clima che uccide due volte
La TBC è la malattia infettiva più letale del pianeta, con 1,25 milioni di morti nel 2023. E almeno un quarto della popolazione mondiale ne è portatrice latente. Il cambiamento climatico agisce come moltiplicatore dei principali fattori di rischio: povertà, malnutrizione, inquinamento indoor, sovraffollamento. In Afghanistan, le persone sfollate per disastri climatici hanno mostrato tassi di TBC doppi rispetto alla popolazione generale.
A Dhaka, capitale del Bangladesh, 1.060 nuovi casi registrati nel 2024 erano persone recentemente sfollate a causa di piogge e inondazioni. Uno studio citato dal report rileva che il 70% dei nuovi arrivati nei quartieri più poveri proviene da aree colpite da eventi climatici estremi.
Anche l’HIV, sebbene meno direttamente influenzato dal clima, subisce una pressione crescente. La siccità ha portato in Malawi a un aumento del 15% nella prevalenza di HIV e a un raddoppio dei rapporti sessuali transazionali. La correlazione tra eventi climatici estremi, insicurezza alimentare e aumento del rischio di trasmissione è documentata. Si stima che il solo cambiamento climatico potrebbe provocare 16 milioni di nuovi casi di HIV in Africa subsahariana entro il 2050.
L’emergere di nuove minacce e il collasso dei sistemi sanitari
Secondo una revisione scientifica, il 58% dei patogeni conosciuti è stato aggravato dal cambiamento climatico. Il riscaldamento globale accelera lo spillover zoonotico e aumenta la probabilità che virus congelati nel permafrost ritornino attivi. Gli eventi climatici estremi non solo favoriscono la trasmissione di agenti patogeni, ma mettono in ginocchio le infrastrutture sanitarie: nel solo 2023, il ciclone Freddy ha danneggiato oltre 300 strutture sanitarie in Madagascar, Malawi e Mozambico.
La Nigeria, che da sola assorbe il 27% del carico globale della malaria, ha registrato perdite economiche per quasi 7 miliardi di dollari a causa delle inondazioni. Oltre al danno fisico, c’è quello sistemico: lo spostamento del personale medico, l’interruzione della catena del freddo per i farmaci, la perdita di accesso ai servizi essenziali.
La risposta: fondi climatici per la salute, ma servono investimenti maggiori
Secondo il report, la salute rappresenta meno del 5% dei finanziamenti globali per l’adattamento climatico, e solo lo 0,5% dei fondi multilaterali. Il Global Fund è tra le poche istituzioni ad aver riconosciuto la centralità della salute nel contrasto ai cambiamenti climatici, con il 71% dei suoi investimenti 2023-2025 destinati ai 50 Paesi più colpiti dal clima. Di questi, l’87% riguarda la malaria, il 48% l’HIV e il 35% la TBC.
Progetti concreti sono già in corso: in 15 Paesi africani sono stati solarizzati oltre 1.000 centri sanitari e magazzini. In Malawi si stanno proteggendo i dati sanitari digitali nelle aree soggette a disastri. In Pakistan, dopo le inondazioni, il Global Fund ha stanziato 20 milioni di dollari in emergenza per campagne contro la malaria. E nel 2025 ha lanciato un nuovo fondo catalitico per il clima e la salute, destinato ai Paesi più vulnerabili.
La transizione a farmaci più efficaci e a basse emissioni, come il dolutegravir per l’HIV, mostra un potenziale concreto: si stima una riduzione del 50% delle emissioni rispetto al precedente farmaco di prima linea. L’introduzione sistemica di criteri ecologici nelle catene di approvvigionamento farmaceutiche è una delle leve chiave per coniugare salute e mitigazione.
Clima e salute: una sola agenda
Il nesso tra cambiamento climatico e salute non è più una proiezione futura: è una realtà che si misura in morti evitabili, sistemi sanitari collassati, pandemie che riemergono e nuove minacce in incubazione. La strategia del Global Fund – unica per capacità di adattamento, trasparenza e capillarità – rappresenta oggi una delle risposte più concrete al nodo climatico-sanitario.
Ma l’attuale livello di finanziamento è largamente insufficiente. Il report lancia un monito chiaro: la battaglia contro i cambiamenti climatici si gioca anche nei reparti pediatrici delle province africane, nelle baraccopoli dove la tubercolosi prospera, nei villaggi allagati dove le zanzare tornano a colpire. È lì che si decide la prossima pandemia. O il suo contenimento.
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