Vai al contenuto

Giulio Cavalli

Omissione pubblica

Ieri il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri ha risposto alla propaganda dei test psicoattitudinali nei confronti dei magistrati esprimendo un pensiero che hanno in molti: “se vogliamo farli per tutti i settori apicali della pubblica amministrazione sono favorevole, però facciamoli anche per chi ha responsabilità di governo e della cosa pubblica”. Aggiungendo: “facciamo anche il narco test e l’alcol test, perché uno che è sotto l’effetto di stupefacenti non solo fa ragionamenti alterati ma può essere anche sotto ricatto. Dunque, visto che ci troviamo, facciamo anche narco test e alcol test”.

Il direttore di Rainews, il meloniano Paolo Petrecca, deve avere pensato che nello scontro tra politica e magistratura c’era una parte da proteggere senza indugio e quindi ha deciso di omettere le parole di Gratteri. Il comitato di redazione sottolinea che “a un certo punto nei nostri notiziari le dichiarazioni di Gratteri sono scomparse. Ci chiediamo perché? Sul sito RaiNews.it la notizia è stata data solo grazie alla pubblicazione del servizio del Tg3 delle 19”. “Questo comportamento – si legge nella nota del Cdr – da parte del direttore non è più accettabile. Chiediamo rispetto per tutti i colleghi che intendono svolgere la propria attività senza condizionamenti di parte. L’assemblea ha dimostrato che la misura è colma ed è pronta a ogni iniziativa che restituisca dignità al servizio pubblico informativo”. 

Il servizio pubblico che omette le notizie è il modus di Paese antidemocratico. La deriva più pericolosa è quando la censura non diventa più notizia. Per questo la scriviamo qui. 

Buon giovedì. 

L’articolo proviene da Left.it qui

Mangiatoia con i fondi del Pnrr. I rischi sono diventati realtà

Mentre da giorni si discute della fotografia di Antonio Decaro con due donne incensurate parenti di un clan mafioso che il sindaco di Bari ha sempre osteggiato tanto da meritarsi una scorta e mentre la peggiore Commissione antimafia degli ultimi anni sta preparando le carte per mettere sotto torchio il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano per spargere un po’ di propaganda, la mafia, quella vera, irrompe nelle cronache nazionali.

A ben vedere gli arresti sono all’ordine del giorno con operazioni che meriterebbero un minimo dibattito politico, ma le mafie ai tempi del governo Meloni sono uno squillare di trombe dalle parti del Viminale quando viene incarcerato qualche boss. È una questione tutta politica ad esempio che l’architetto (sospeso) Massimo Gentile promosso tre anni fa alla “posizione organizzativa nonché la responsabilità dei procedimenti relativi al Servizio Lavori Pubblici per il periodo dal 01/11/2021 al 31/10/2024″ che tradotta in parole molto più semplici significa che Gentile si ritrova a distribuire e organizzare i fondi del Pnrr.

C’è il grave pericolo che gli enormi capitali messi a disposizione dal Pnrr possano finire nelle mani delle mafie

Sul suo profilo Facebook in bella mostra l’architetto (sospeso) arrestato ieri con l’accusa di avere ceduto più volte la sua identità a Matteo Messina Denaro durante la sua latitanza magnifica “l’ampliamento rotatoria e realizzazione parcheggio e marciapiedi di via Lombardia/Tolstoj/Bruni”, la “ristrutturazione di 2 capannoni con tetto in eternit. Smaltimento amianto, riqualificazione con nuove destinazioni d’uso con campo da tennis, palestra multidisciplinare, campo da basket esterno e percorso pedonale perimetrale”, la “riqualificazione della pista di atletica” e l’incarico di capo di area tecnica che era in divenire con il Comune di Turate.

Una montagna di soldi pubblici gestiti da un architetto sospeso dal gennaio 2016 in un comune – quello di Limbiate – guidato da vent’anni da un sindaco di Forza Italia, Antonio Domenico Romeo, finito al centro di sospetti su possibili infiltrazioni della ‘ndrangheta con palesi interessi del clan Moscato sull’esito delle elezioni amministrative. A settembre dell’anno scorso nella sua relazione semestrale la Dia aveva sottolineato come “le mafie preferiscono rivolgere le proprie attenzioni sempre più ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando della disponibilità di ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite.

Si tratta di modi operandi dove si cerca sia di rafforzare i vincoli associativi mediante il perseguimento del profitto e la ricerca del consenso approfittando della forte sofferenza economica che caratterizza alcune aree, sia di stare al passo con le più avanzate strategie di investimento, riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dai fondi pubblici nazionali e comunitari (Recovery Fund e Pnrr)”. Un mese dopo l’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) sottolineava come la maggior parte degli appalti Pnrr e del Piano complementare (30 miliardi di euro aggiuntivi) banditi fino a lì sono stati assegnati per affidamenti diretti alle imprese, cioè senza gara e con poca o nessuna concorrenza (e quindi zero controlli e zero trasparenza). Il rischio scontato è di rivolgersi – anche inconsapevolmente – alle imprese colluse con la mafia o a quelle che accettino la corruzione facendo aumentare i prezzi, favorendo il lavoro nero e non garantendo né qualità, tantomeno risparmi di tempo.

Emblematiche le irregolarità sulla diga di Genova. Ignorate malgrado i reiterati allarmi dell’Anac

Solo pochi giorni fa il Procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri (nella foto) ha ricordato il grave pericolo che i capitali del Pnrr possano finire nelle mani delle mafie. Per questo occorre “attrezzarsi: calcolate che adesso col Pnrr su una stessa area, mentre prima c’era un cantiere, in futuro ce ne saranno 4-5, quindi ci vorrebbe il quadruplo degli investigatori per poter avere un livello accettabile” di sicurezza. Gratteri ha aggiunto che “ci stiamo attrezzando, ma bisognava pensarci prima. Oltre a chiedere i soldi del Pnrr bisognava anche fare concorsi per più polizia giudiziaria e più magistrati”.

A dicembre dello scorso anno è stato licenziato un testo che prevede l’abolizione del controllo concomitante sulla spesa dei fondi del Pnrr (uno strumento attivabile “in itinere” su richiesta delle Commissioni parlamentari) e la proroga fino a giugno 2024 dello “scudo erariale” che limita la responsabilità contabile da condotte attive ai soli casi di dolo. “Escludere la responsabilità amministrativa per condotte commissive gravemente colpose, – spiegava il criminologo forense e giurista Vincenzo Muschio – tenute da soggetti, sia pubblici sia privati, riducendo, di fatto, la tutela della finanza pubblica, significa impedire di perseguire i responsabili e di recuperare le risorse distratte, facendo sì che il danno erariale resti totalmente a carico della collettività”.

“I controlli in itinere sul Pnrr servono perché così si monitorano i processi di spesa pubblica senza i quali si rischia davvero che il sistema cada nell’illegalità, nella corruzione e nelle mani della criminalità organizzata” aveva aggiunto Musacchio. Ma il suo appello è caduto nel vuoto. E quando qualcuno segnala qualche irregolarità viene visto come sabotatore della ripresa. Anche questo è un film già visto.

Chi critica lo stop alle verifiche sull’uso di soldi pubblici viene additato come sabotatore dall’esecutivo

Ieri Anac non ha cambiato non ha cambiato la propria posizione sulla nuova diga foranea di Genova: i rilievi inerenti la presunta irregolarità dell’aggiudicazione dell’appalto a Pergenova Breakwater (consorzio capitanato da Webuild) sono stati confermati anche a valle del secondo giro di controdeduzioni dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale e di Rina Check, coinvolta in quanto verificatrice del progetto preliminare a base della procedura d’appalto. Se si ritiene che nell’appalto della diga di Genova qualche servitore dello Stato sia stato corrotto, va individuato e punito, se invece riteniamo che qualcuno abbia applicato delle regole più semplici e veloci per arrivare alla realizzazione dell’opera va scovato e premiato”, ha commentato il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. Accade sempre così: o l’arresto del boss da offrire al pubblico o le mani libere. L’antimafia e l’anticorruzione di questi tempi sono solo o bianco o nero.

L’articolo Mangiatoia con i fondi del Pnrr. I rischi sono diventati realtà sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Antifascismo percepito. E antirazzismo omeopatico

L’antirazzismo omeopatico è la nuova moda del momento, insieme all’antifascismo percepito. Il trucco consiste nel dichiararsi convintamente antirazzisti quando le occasioni lo richiedono e poi comportarsi in modo opposto quando si ritiene di non essere ascoltati. Nella repubblica indipendente del calcio italiano l’antirazzismo è un prodotto di marketing che funziona moltissimo.

Nella repubblica indipendente del calcio italiano l’antirazzismo è un prodotto di marketing che funziona moltissimo

Alla stregua degli spot della Fifa anche la Figc ogni domenica ci propina qualche frase da baci perugina per dirci che essere razzisti è roba che non si fa. Striscioni con grafiche evolutissime, video con testimonial d’eccezione e comunicati stampa sinteticamente perfetti ci ripetono che il calcio italiano, come il calcio mondiale, è contro ogni forma di razzismo. Verrebbe da pensare quindi che siano anche contro il razzismo calcistico. E invece no.

Il giudice sportivo ha deciso di assolvere per mancanza di prove il calciatore dell’Inter Francesco Acerbi che in campo avrebbe detto “vai via nero, sei solo un negro” al calciatore del Napoli Juan Jesus. Le immagini mostrano chiaramente Acerbi scusarsi poco dopo con l’avversario dicendo chiaramente “non sono razzista” e indicando un suo compagno di squadra nero (è la famosa teoria del “ho molti amici neri” dei non sono razzista ma…).

In sostanza la giustizia sportiva ha assolto un calciatore che si è scusato. Ci troviamo di fronte a un capolavoro giuridico. E la politica Muta. La politica si limita ai comunicati stampa che si aggiungono agli striscioni, agli spot e a tutto il resto. Insomma, si combatte il razzismo ma solo il razzismo degli altri. Solo che gli altri alla fine hanno sempre qualche amico per cui essere antirazzisti, oltre che dirsi, viene rimandato a un’altra occasione.

L’articolo Antifascismo percepito. E antirazzismo omeopatico sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

L’Europa sta invecchiando. E L’Italia è il Paese con più anziani di tutti

In Europa il miglioramento delle condizioni di vita e il conseguente allungamento della vita della popolazione anziana è in aumento in parallelo con il calo delle nascite. L’Europa sta invecchiando. All’inizio degli anni 2000 la quota di persone con almeno 65 anni di età sul totale si aggirava intorno al 16%: appena 20 anni dopo, il valore risulta incrementato di 5 punti percentuali. Nonostante qualche differenza tra gli stati europei, non c’è paese che non registri questo fenomeno. In media, il 21,3% dei cittadini Ue è anziano. Sono più di 90 milioni. Come emerge dalle rilevazioni demografiche di Eurostat si parla di oltre il 20% di tutta la popolazione: più di una persona su cinque.

In Europa il miglioramento delle condizioni di vita e il conseguente allungamento della vita della popolazione anziana è in aumento in parallelo con il calo delle nascite

L’Italia con il Portogallo è il Paese che svetta per percentuale della popolazione. Siamo al 24%. Seguono Bulgaria, Finlandia e Grecia con quote superiori al 23%. Solo in 9 stati membri non si arriva al 20%: si tratta di Lussemburgo (unico sotto il 15%), Irlanda, Cipro, Slovacchia, Malta, Austria, Romania, Belgio e Polonia. L’Italia – sottolinea in un suo rapporto Openpolis – è anche il paese con l’età mediana più elevata: 48,4 anni, mentre in Irlanda, Lussemburgo e Cipro siamo sotto i 40. L’aumento del numero degli anziani – va da sé – corrisponde con una maggiore spesa pubblica: in primis, le pensioni per vecchiaia sono un presidio necessario ma anche gli investimenti in infrastrutture di sostegno sociale e medico, come le strutture residenziali per gli anziani non autosufficienti.

Anche in questo caso l’Italia è ben sopra la media europea di spesa del Pil che si assesta al 10%: il nostro è il primo paese in Europa per spesa per anziani in rapporto al Pil (13,7%). Seguono Finlandia, Austria e Francia (sopra il 13%). Ultima invece l’Irlanda (3,1%). Nel nostro paese questa voce di spesa ammonta a più di 266 miliardi di euro, pari al 24,4% della spesa totale. In Finlandia, la quota supera il 25%. Un nuovo welfare sulla non autosufficienza per gli anziani era stato pensato dal governo Draghi con una legge delega approvata con poche modifiche dall’esecutivo Meloni e licenziata dal Parlamento senza voti contrari dell’uno o dell’altro schieramento.

Il giudizio sul risultato finale è impietoso: “la riforma dell’assistenza agli anziani è stata rinviata perché non attua la legge delega approvata lo scorso anno se non per aspetti molto limitati”. A scriverlo è il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza – il cartello tra 60 organizzazioni a vario titolo coinvolti nella rappresentanza o nella cura o degli anziani – che ha lavorato a lungo sulla legge. Per gli esperti del Patto il “decreto non prevede la riforma dell’assistenza agli anziani” poiché manca del tutto il “riordino complessivo del settore, previsto dal Pnrr, obiettivo della riforma attesa in Italia da oltre 20 anni”.

Tra pensioni e cure sanitarie, l’innalzamento dell’età incide pesantemente sulla spesa pubblica

La legge finale per il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza rimane “un testo ricco di dichiarazioni di principio, esercizi definitori e rimandi ad altre normative destinato a lasciare sostanzialmente immutate le politiche di assistenza agli anziani”: “nel passaggio dalla Legge delega al decreto attuativo viene cancellata la prevista riforma dell’assistenza a casa. Si sarebbe dovuto introdurre un modello di servizi domiciliari specifico per la non autosufficienza, oggi assente nel nostro Paese” e “l’indennità di accompagnamento” è prevista “solo si è poveri mentre attraverso il welfare è necessario sostenere anche le classi medie”. I 3,8 milioni di anziani non autosufficienti dovranno attendere ancora un welfare dedicato. Mentre i numeri ci diranno che saranno sempre di più.

L’articolo L’Europa sta invecchiando. E L’Italia è il Paese con più anziani di tutti sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Nel Pd divampa la guerra sulle candidature Ue

Il guastatore silenzioso è l’ex ministro Lorenzo Guerini, uomo di punta della corrente interna che non ama e non è amata dalla segretaria del Pd Elly Schlein. Base riformista ha già messo nel mirino i candidati che la segretaria dem vuole presentare alle prossime elezioni europee tra meno di due mesi. “Sono deboli sulla questione Ucraina e Medio Oriente”, riflettono quelli dell’opposizione interna.

Base riformista ha già messo nel mirino i candidati che la segretaria del Pd vuole presentare alle prossime europee

Il passo successivo è facilmente immaginabile: per indebolire le persone scelte da Schlein basterà chiedere loro come vedono l’invio di armi a Kiev e cosa ne pensano dei fatti di Gaza. I “pacifisti” sono obiettivi fin troppo facili di questi tempi e che l’ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio sia contrario all’invio di armi è risaputo, così come è intuibile che Cecilia Strada, figlia del fondatore di Emergency, sia contraria a ogni forma di conflitto bellico. Per questo i bonacciniani hanno intenzione di presentarsi di fronte a Schlein e chiedere senza mezzi termini come si possa pensare di mettere dei capilista per le Europee che non rispecchiano le posizioni del partito in campo nazionale e internazionale.

Eppure nello scacchiere pensato dalla segreteria dem dovrebbero essere proprio Tarquinio e Strada, insieme alla scrittrice Chiara Valerio e alla giornalista Lucia Annunziata, che non hanno ancora sciolto la riserva, i simboli dell’apertura del partito che Schlein ha promesso fin dalla vittoria per la segreteria su Stefano Bonaccini. Anche il presidente dell’Emilia-Romagna è una casella da sistemare senza provocare troppe rotture: sarà candidato nel collegio del nord est ma lì la capolista dovrebbe essere l’ingegnera e ecologista Annalisa Corrado. Se davvero Schlein – che ieri ha annunciato la candidatura del sindaco di Bari, Antonio Decaro – deciderà di candidarsi in seconda posizione in tutti i collegi elettorali, Bonaccini scivolerebbe addirittura in terza posizione. “È rispettoso retrocedere nelle liste il presidente del partito?”, riflettono i dirigenti dem.

La segretaria dem ha lanciato pure la corsa Ue del sindaco Decaro ma non ha deciso cosa farà lei

Ma Schlein si candida La domanda è sempre più insistente negli ultimi giorni. La segretaria sa bene che il traino del proprio cognome sulle liste è un capitale elettorale che non si può permettere di non usare. Al Nazareno si attende di capire anche cosa farà la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Una sfida con la presidente del Consiglio sarebbe vista di buon occhio dalla segretaria che avrebbe occasione di riproporre il dualismo di questi ultimi mesi, apparendo sempre di più l’avversaria diretta della leader di Fratelli d’Italia. Se la Meloni candidata dovesse essere invece Arianna il quadro cambierebbe: perdere contro la sorella minore sarebbe uno smacco difficile da assorbire, ancora di più con il quasi alleato Giuseppe Conte che sta alla finestra aspettando il momento giusto per allargare la sfida tra le due donne a una sfida almeno a tre, inserendosi nella lunga corsa per la leadership delle prossime elezioni politiche. Sugli altri nomi le trattative fremono.

Per il Nord i dem potrebbero schierare Maran, Fiano e Pizzul

Per il nord il Pd potrebbe schierare oltre agli uscenti anche l’assessore comunale Pierfrancesco Maran, l’ex parlamentare Emanuele Fiano e l’ex capogruppo al Consiglio regionale della Lombardia Fabio Pizzul. Lunedì sera nella direzione regionale del partito in Valle d’Aosta è stato votata la candidatura di Fulvio Centoz, ex sindaco di Aosta. Su Torino si spinge per Salizzoni, ex direttore del centro trapianti di fegato dell’ospedale Molinette e consigliere regionale uscente del Pd. Ha detto no l’ex ministro Andrea Orlando. Al collegio centro c’è un intasamento da sciogliere, tra Tarquinio, Zingaretti, forse Annunziata, il deputato Alessandro Zan, l’europarlamentare uscente Pietro Bartolo e chi non vuole rischiare di essere impallinato al sud dalla coppia De Luca-Emiliano. Il rischio è sempre o stesso, che i nomi scelti da Schlein finiscano per essere testimonianza in un partito sempre troppo uguale a se stesso.

L’articolo Nel Pd divampa la guerra sulle candidature Ue sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Antisemitismo come se piovesse: il caso Zuckermann

Sul magazine tedesco Overton si racconta l’aria che tira intorno a Moshe Zuckermann, professore emerito di storia e filosofia dell’università di Tel Aviv, firmatario della Dichiarazione di Gerusalemme sull’antisemitismo nata in risposta alla definizione adottata nel 2016 dall’Ihra che include undici «esempi» di antisemitismo, sette dei quali incentrati sullo Stato di Israele, generando – secondo i firmatari della dichiarazione – confusione e controversie e indebolendo perciò la stessa lotta contro l’antisemitismo.

Zuckermann, che è uno dei maggiori studiosi di ebraismo e Shoah al mondo, è stato invitato dal Consiglio per la pace di Heilbronn a un evento che avrebbe dovuto svolgersi martedì 12 marzo. Era prevista una conferenza seguita da una discussione, che avrebbe dovuto includere una spiegazione della situazione attuale in Israele/Palestina, un’analisi della storia del conflitto e una discussione sulle prospettive future e sulle possibili soluzioni. L’iniziativa avrebbe dovuto tenersi presso la sede della locale Università popolare. 

La Deutsch-Israelische Gesellschaft (Dig) ha condannato l’iniziativa affermando che l’oratore sarebbe un sostenitore del movimento Bds (Boicottaggio disinvestimento e sanzioni). Poi, l’Università popolare come «misura precauzionale» ha ritirato la compartecipazione e ritenuto addirittura necessario rivolgersi al ministero degli Interni. Inevitabile scatta la risposta con l’accusa bisbigliata del consigliere personale del Commissario del governo federale per la vita ebraica in Germania e la Lotta all’antisemitismo: «Zuckermann è effettivamente molto controverso a causa delle sue posizioni su Israele». 

La risposta di Zuckermann è da leggere con attenzione: “Quindi ora posso vantarmi di essere stato ufficialmente dichiarato antisemita dal governo federale tedesco. – scrive il professore – Si potrebbe semplicemente respingere questa affermazione: cosa capisce il governo federale tedesco, compreso il suo “commissario per l’antisemitismo”, riguardo all’antisemitismo? Ma poi il verdetto resta sospeso: l’istituzione dominante tedesca ha ritenuto l’ebreo Moshe Zuckermann un antisemita. Non che io possa farci qualcosa, ma penso comunque che alcune cose da chiarire o chiarire siano opportune. Quindi ecco alcune note sulla farsa”. Zuckermann scrive: “sono le mie posizioni su Israele , non sugli ebrei o sull’ebraismo, a rendermi controverso tra gli amici di Israele. Ora sono cittadino israeliano e, come ogni cittadino responsabile, ho non solo il diritto ma anche il dovere civico di prendere posizione nei confronti dello Stato in cui vivo. Se necessario, ciò include posizioni critiche che potrebbero non essere accettabili per il Dig o il commissario per l’antisemitismo”. 

Infine: “Di conseguenza, – scrive il professore emerito – ne consegue che l’antisemitismo, l’antisionismo e la critica a Israele devono essere tenuti separati. Ricorda che non tutti gli ebrei sono sionisti, non tutti i sionisti sono israeliani e non tutti gli israeliani sono ebrei. Ma coloro che usano tale diffamazione polemica (come fa Leonard Kaminski) evidentemente non pensano nemmeno che si possa essere antisionisti senza antisemitismo e critici nei confronti di Israele senza antisionismo; sì, si può anche essere sostenitori di Israele e del sionismo, ma allo stesso tempo essere antisemiti. Diventa particolarmente grave – secondo Zuckermann – quando, in questo contesto, i non ebrei accusano gli ebrei di antisemitismo, e alcuni ebrei non hanno altra scelta che ricorrere alla perfidia di accusare gli ebrei critici nei confronti di Israele (anche gli ebrei israeliani) di “odio ebraico verso se stessi”. .” A proposito, questa è una tattica ben nota dell’Hasbara israeliano”. 

Buon mercoledì. 

 

Fra i libri di Zuckermann Faith no more, Living the secular life

Qui una conferenza di Zuckermann sul’etica senza religione

L’articolo proviene da Left.it qui

Draghi per von der Leyen. Altra capriola di Giorgia

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha perso la pazienza nei confronti del suo ministro e vice premier Matteo Salvini. Fonti ben informate dicono che di pazienza con i suoi alleati ne abbia avuto poca fin dall’inizio, iconico il suo “non sono ricattabile” nei confronti di Silvio Berlusconi, ma le elezioni europee alle porte hanno alzato la temperatura del conflitto.

Meloni sta meditando l’abbandono di Ursula von der Leyen come candidata presidente di Commissione per virare su Mario Draghi

La situazione è quella degli ultimi mesi. Salvini annaspa in cerca di voti richiudendosi nella destra sovranista europea a braccetto con Le Pen e il resto della squinternata combriccola. Meloni non vuole e soprattutto non può poiché la versione che ci è arrivata a casa dopo la nomina a Palazzo Chigi è molto diversa da quella pubblicizzata in campagna elettorale: la presidente del Consiglio ha bisogno di smussare le idee per questioni di credibilità come capita a coloro che non credono alle idee incredibili che sciorinano in campagna elettorale.

Peccato che in questo momento storico nell’Occidente non essere complottisti in certi ambienti significhi essere comunisti e così a Meloni non resta che rivendicare di “non avere mai governato con la sinistra” a differenza del leader della Lega che si accomodò nel governo Draghi. Qui viene il bello.

Per fare fuori Salvini Giorgia Meloni sta considerando un rimpasto per rimpicciolire il peso della Lega nel governo e soprattutto l’abbandono di Ursula von der Leyen come candidata presidente di Commissione per virare su Mario Draghi, sostenuto in primis da Macron. Potrebbe accadere quindi che per prendere le distanze dall’alleato Salvini la premier pratichi le stesse alleanze che imputa al segretario della Lega. A proposito di coerenza.

L’articolo Draghi per von der Leyen. Altra capriola di Giorgia sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Snaporaz su i Mangiafemmine

Nell’immaginario paese di DF, l’onda dei femminicidi si sta alzando a livelli di guardia. Le polemiche rischiano di travolgere il candidato al governo Valerio Corti, politico di estrema destra indifferente alla questione, mascherato da padre di famiglia centrista e guidato dal “buon senso. Di comune accordo col suo spin doctor Marco Fumagalli decide di ritirare la candidatura: al suo posto, una donna-parafulmine, Marzia Rizzo. Dopo aver vinto le elezioni sarà lei, manovrata dal partito di Corti, ad affrontare il problema con una modesta proposta di legge “per la regolamentazione temporanea dell’attività venatoria speciale/straordinaria del femminicidio”: in base al decreto, l’uccisione delle donne viene regolata secondo precise norme igienico-sanitarie e con obiettivi di riequilibrio numerico e sostenibilità. Fra qualche mugugno di un’opposizione spompata e la protesta di un paio di voci della stampa, la caccia, nel rispetto di tutti, può avere inizio.

I mangiafemmine di Giulio Cavalli (uscito per Fandango nel 2023) appartiene a una tradizione premoderna e quasi completamente perduta: la satira letteraria 

I mangiafemmine di Giulio Cavalli (uscito per Fandango nel 2023) appartiene a una tradizione premoderna e quasi completamente perduta: la satira letteraria. A quel genere riporta anzitutto un principio di trasparenza, che non maschera nomi, luoghi e fatti per renderli universali, ma insegue l’attacco frontale: Valerio Corti, con eleganza, buon senso e un dichiarato sorriso, occhieggia platealmente a Matteo Salvini (si provi a leggere con la sua voce questo stralcio di messaggio di Corti alle associazioni femministe: «A quelle donne non dico niente perché non ho niente da dire. Gli posso solo inviare il mio augurio, con il sorriso, di trovare cose più interessanti in cui affaccendarsi. Altri motivi per cui sudare»); lo spin doctor Marco Fumagalli, sessualmente irrisolto, ostaggio di una madre iperprotettiva e ricattatoria e quindi, per reazione, artefice di una campagna d’immagine ultra-aggressiva, corrisponde all’ormai eclissato Luca Morisi; e basta fare mente locale per capire a chi Cavalli alluda raccontando l’ascesa eterodiretta di una donna “moderata” al governo, per spazzare via sospetti di maschilismo con una mano e con l’altra offrire una politica ancora più repressiva e indifferente alle questioni di genere. 

Pacifista e complottista. Autogol di Santoro sulla candidatura di Nicolai Lilin

L’attentato a Mosca Per lo scrittore Nicolai Lilin si trattava di “un’operazione d’assalto urgente, non preparata e non pianificata, per cui loro hanno deciso di entrare subito perché non c’era tempo da perdere”. Lo scrittore riconosce che “le ambasciate statunitense e britannica l’otto marzo hanno condiviso un avvertimento ai loro cittadini che si trovavano in Russia, dicendo di non frequentare luoghi pubblici per probabile pericolo di terrorismo” quindi per lui c’è di mezzo un “probabile coinvolgimento della Cia, di oligarchia anglosassone e per questo attentato terroristico si dice che è molto probabile che dietro ci siano le solite forze che cercano di mettere in difficoltà la Russia”.

Lo scrittore italo-russo Nicolai Lilin la spara grossa sull’attentato a Mosca. Sente puzza della Cia nella strage di Mosca

In un’epoca difficile in cui la propaganda sostituisce la verità sia da un parte che dall’altra dopo l’attentato alla Crocus City Hall nella periferia di Mosca il 22 marzo anche in Italia si fanno largo coloro che posseggono la risposta prima ancora che siano chiare le domande. C’è Amedeo Avondet, 23 anni, leader del movimento politico Italia Unita e considerato tra le principali voci della propaganda russa in Italia che nel giro di pochi minuti ci fa sapere che “tutte le piste portano a Kiev”. Prove? Nessuna. Così bellicisti e pro Putin si sfidano a colpi di propaganda, come se la guerra sulla pelle delle persone fosse solo un palcoscenico in cui ritagliarsi la propria tifoseria.

Nicolai Lili, russo naturalizzato italiano, pubblica sul suo canale Telegram un video manipolato nel quale il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina ammette il coinvolgimento di Kiev nell’attacco terroristico al Crocus City Hall. Solo che il video, diffuso inizialmente via Telegram dal programma russo 60 Minut e dalla conduttrice Olga Skabeeva, risulta essere stato creato ad arte grazie ad alcune clip messe insieme e a un deepfake generato con l’Intelligenza Artificiale.

Oleksiy Danilov, il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina, non ha infatti mai rilasciato una intervista o dichiarazione parlando del coinvolgimento del suo Paese nella sparatoria del 22 marzo. È sempre Lilin a rilanciare la bufala russa secondo cui uno dei terroristi sarebbe Rustam Azhiyev, cittadino ucraino che ha combattuto nelle Forze Armate dell’Ucraina. Peccato che i sospettati, di nazionalità tagika – Dalerdzhon Mirzoyev, Saidakrami Murodali Rachabalizoda, Shamsidin Fariduni e Muhammadsobir Fayzov, li abbiamo potuti vedere in viso in tribunale. Falso anche questo.

Di errori Lilin ne ha collezionato parecchi

Di errori Nicolai Lilin ne ha collezionato parecchi. Nel 2014 aveva pubblicato un lungo articolo che partiva dalla fotografia di una bandiera ucraina con a fianco una bandiera nazista. In breve tempo si scoprì che quell’immagine era un frame di un film. Sempre nel 2014 lo scrittore era convinto di avere trovato una confessione eccezionale: un pilota ucraino avrebbe dichiarato di avere sparato sul Boeing della Malaysia Airlines abbattuto sull’Ucraina. Solo che la fonte di Lilin era un articolo di un giornale satirico. Nelle ultime settimane Lilin ha scritto molto anche sulla vedova dell’oppositore di Putin, Navalny, lasciando intendere una vedovanza “allegra” sulla linea della propaganda di Putin.

Lo scrittore è candidato alle Europee 2024 nella lista Pace Terra Dignità di Michele Santoro

Lilin però non è solo uno scrittore. Nicolai Lilin, infatti, è candidato alle Europee 2024 nella lista Pace Terra Dignità di Michele Santoro. Forse questo è il danno più grave: prestare il fianco con falsità a chi da tempo si sforza di tratteggiare come macchiettistici coloro che credono nella pace come obiettivo politico. Così Lilin alla fine riesce a essere il migliore alleato di coloro che Santoro vorrebbe (politicamente) combattere.

L’articolo Pacifista e complottista. Autogol di Santoro sulla candidatura di Nicolai Lilin sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

La prima mezza verità sull’omicidio di Marielle Franco

Dopo sei anni e dieci giorni sono stati arrestati in Brasile i tre presunti mandanti dell’omicidio di Marielle Franco. Sono Domingos Brazão, consigliere della Corte dei conti dello stato di Rio de Janeiro; suo fratello Chiquinho Brazão, eletto al parlamento federale; e Rivaldo Barbosa, all’epoca capo della Polizia civile di Rio de Janeiro. 

Le vedove di Marielle Franco, Monica Benicio, e di Anderson Gomes, Agatha Arnaus in una nota parla di “un grande giorno dopo 2.202 giorni di attesa”, dicendosi sorprese del coinvolgimento del capo della Polizia Barbosa che poco dopo l’omicidio le aveva ricevute per assicurare giustizia. 

È lo stesso Barbosa che, preoccupato di vedersi sfilare il caso dalla Polizia federale nel caso in cui si fosse intravisto un movente politico, aveva suggerito ai suoi complici di “stare alla larga” durante le indagini. 

La chiave della svolta nelle indagini è stato l’ex poliziotto poliziotto Ronnie Lessa, in carcere dal 2019 come esecutore dell’omicidio, che aveva raccontato ai magistrati dell’avversione dei fratelli Brazão fin dal 2017 nei confronti di Marielle Franco, vissuta come ostacolo alle loro mire immobiliari su San Paolo. 

Esulta, per ora, il figlio dell’ex presidente Bolsonaro, che secondo diverse testimonianze sarebbe stato in collegamento con gli uomini del clan. «Bolsonaro non ha alcuna relazione con il crimine», ha detto ai giornalisti. Le relazioni pericolose però sono scritte nero su bianco e corroborate dalla testimonianza – poi ritirata – del portiere di un condominio. 

Marielle Franco, all’epoca consigliera comunale di Rio de Janeiro, era stata nominata relatrice di una commissione speciale, creata dal consiglio comunale, per monitorare la progressiva militarizzazione della sicurezza e l’impiego di forze di sicurezza federali nella città. 

Buon martedì.  

L’articolo proviene da Left.it qui