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Giulio Cavalli

L’aborto dal Vangelo secondo Formigoni

Quasi 33 anni fa in Italia veniva approvata la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, la legge n.194 del 22 maggio 1978. Non fu semplice giungere ad affermare il diritto di scelta della donna in stato di gravidanza. Ci furono referendum, raccolta di firme e manifestazioni. Mentre alcuni parlavano di omicidio, immoralità e offesa alle leggi naturali, altri affermavano con forza i principi di scelta, libertà e laicità dello Stato.

Ho sempre pensato che quella legge dovesse considerarsi come una grande conquista civile, indipendentemente dalle scelte personali di ognuno. Invece ancora una volta il presidente Formigoni mi ha sorpreso, ovviamente in negativo. Con una delibera del 22 gennaio 2008 la Regione Lombardia ha dettato nuove linee guida in materia di interruzione volontaria della gravidanza e oggi, 3 gennaio 2011, il Tar le ha dichiarate illegittime.

Eppure l’emerito Presidente non si scoraggia e parla di “deriva abortista nell’interpretazione delle leggi”, espressione che, del resto, rispecchia il rispetto tipico del Pdl nei confronti delle decisioni della magistratura.

Il Tar ha dichiarato illegittime le linee guida di Formigoni perché “sarebbe del tutto illogico permettere che una materia tanto sensibile possa essere disciplinata differentemente sul territorio nazionale, lasciando che siano le Regioni a individuare, ciascuna per il proprio territorio, le condizioni per l’accesso alle tecniche abortive”. Inoltre, il Tribunale amministrativo della Lombardia boccia il limite perentorio, che la delibera introduceva ex novo e fissava a 22 settimane e tre giorni, oltre al quale, anche in caso di grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, non sarebbe stato possibile in Lombardia procedere all’interruzione volontaria di gravidanza; un’indicazione che contravveniva “alla chiara decisione del legislatore nazionale di non interferire in un giudizio volutamente riservato agli operatori” per “non imbrigliare in una disposizione legislativa parametri che possono variare a seconda delle condizioni sempre diverse”, e “soprattutto del livello raggiunto delle acquisizioni scientifiche e sperimentali in dato momento storico”.

Aldilà dell’impossibilità giuridica di modificare a livello regionale la l.194/1978, già affermata dalla sentenza predetta, mi preme soffermarmi sull’inopportunità politica e morale di compiere una tale operazione.

Innanzitutto, affermare che vi è una deriva abortista addirittura nell’interpretazione stessa delle leggi è una tecnica subdola di mistificazione della realtà. I giudici amministrativi hanno interpretato ed applicato la legge e affermazioni come quella di Formigoni cercano solo di destabilizzare, ancora una volta, l’indipendenza e l’autorevolezza dell’istituzione giudiziaria. Sarebbe preferibile che il Presidente della Regione Lombardia mostrasse maggior rispetto e considerazione nei confronti di una sentenza emessa in nome del popolo italiano.

Quello che, però, personalmente mi preoccupa di più è il fatto che anziché cercare di migliorare ed applicare correttamente la legge del 1978, si stia cercando di limitare la sua reale efficacia e, a volte, addirittura di eliminarla. La l.194, ripeto, è stata un’importante conquista delle donne e dell’intero popolo italiano e non può essere messa, dopo tutti questi anni, nuovamente in discussione per motivazioni elettorali e/o esigenze che derivano da Comunione e Liberazione e non da un’effettiva esigenza della società.

Politicamente ritengo sbagliato e scorretto arroccarsi il diritto di incidere su una scelta così delicata attraverso una normativa regionale, che non sia in armonia con quella nazionale. Anzi, ritengo che sia addirittura criminale pensare di poter costituire zone in cui sia più o meno facile ricorrere all’interruzione di gravidanza, creando così una sorta di federalismo incidente sulla libertà di scelta personale.

Ho parlato anche di un’inopportunità morale. Ebbene esiste una morale laica, che consiste proprio nel rispetto delle scelte altrui. L’aborto non è una via di fuga e per ogni donna rappresenta un momento di difficoltà. Caro Formigoni, non ti puoi ergere a paladino della vita del nascituro calpestando diritti conquistati dopo anni di lotte e impegno, né tantomeno umiliando le molte donne che con dolore e sofferenza decidono di ricorrere all’interruzione di gravidanza.

Ogni volta mi sembra di dover parlare dell’ovvio, di diritti e di rispetto e, ogni volta, purtroppo, politici come Formigoni mi ricordano che tutto questo deve essere continuamente affermato e ricordato, prima che proprio il popolo della libertà in accordo con una fazione cattolica minoritaria come CL ci tolgano la libertà e la dignità.

Il caso Fiat visto dal genio di Fo

A volte leggi alcuni suoi lampi e credi proprio che non ci sia altro da aggiungere.

La Pace chiamò

Ogni tanto ce ne dimentichiamo (o comunque ce ne ricordiamo molto meno) sepolti da Terzi Poli che vorrebbero esistere o l’ultima uscita presidenziale o gli accrocchi dei partiti, eppure nella nostra bella e (nonostante tutto) robusta Costituzione il tema della Pace è indicato come il “faro” nella gestione della politica estera nazionale. La questione si solleva ogni volta che qualcuno dei nostri militari perde la vita in qualche missione (di “pace”, le chiamano) e subito dopo scompare insabbiandosi sotto le discussioni più urgenti.
Incontro spessissimo persone e gruppi che con fatica continuano a parlarne e farne parlare con un certosino lavoro in rete (quella in carne e ossa). Per questo come primo gesto del 2011 ho deciso di aderire alla campagna della Tavola per la pace . E di tenere appesa la dichiarazione di pace da sottoscrivere, che dovrebbe essere tra i primi articoli di ogni programma di una coalizione di chi crede nei principi costituzionali e democratici di questo Paese:
L’Italia che compie 150 anni ha una gran bella Costituzione. L’Italia, che compie 150 anni, ripudia la guerra, lavora per la pace e la giustizia, promuove la sicurezza umana e la democrazia internazionale rafforzando l’Unione Europea e l’Onu. Smette di fare la guerra in Afghanistan e costruisce la pace in Medio Oriente, in Africa e nel resto del mondo. Lotta contro la povertà e le disuguaglianze sociali nelle nostre città, in Europa e nel mondo e promuove un lavoro dignitoso per tutti. Taglia le spese militari e smette di vendere armi nel mondo. Investe sull’educazione, sulla cultura, sulla formazione e sul protagonismo dei giovani. Rispetta i diritti umani, a cominciare da quelli dei migranti che vivono e nascono nel nostro paese, e si batte contro le mafie, la corruzione, l’illegalità e ogni forma di razzismo e di violenza. Cura la Terra, difende i beni comuni e promuove nuovi stili di vita.
 
Questa è l’Italia che amo, che festeggio e che voglio costruire.
 
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(*) La campagna “L’Italia ripudia la guerra” è promossa dalla Tavola della pace, dalla Rete italiana per il disarmo e da numerose altre associazioni. Aderisci anche tu!

Racket, denunce e credibilità di Stato

La credibilità di uno Stato che combatte l’illegalità si pesa sulla protezione e la vicinanza per tutte quelle persone che alzano la testa e trovano il coraggio di denunciare. In un Paese normale sarebbero i monumenti al coraggio e alla lotta da esportare con orgoglio piuttosto delle parate e delle bandiere e dovrebbero essere i libri di testo per la materia della responsabilità. Noi ce li dimentichiamo troppo spesso questi “eroi” così fortissimamente normali che mi rendono orgoglioso di essere loro concittadino. Penso a Pino Masciari, Ignazio Cutrò, Valeria Grasso e tutti quelli che colpevolmente non conosco. Per questo nel primo giorno dell’anno sarebbe da capire se la credibilità di Stato ha l testa alta e il pugno fermo di fronte alla sparizione di Francesco Dipalo, scomparso da qualche giorno. Una famiglia che alza la voce contro il racket dovrebbe avere il natale che bussa alla porta tutte le mattine di tutti i giorni dell’anno. E uno Stato che la segue passo passo.

ALTAMURA, SI CERCA L’IMPRENDITORE ANTIRACKET SCOMPARSO A NATALE

fonte: www.narcomafie.it

Non si hanno più notizie di lui dal giorno di Natale. Francesco Dipalo, 47 anni, titolare di un’azienda di idrosanitari vicino a Matera, ha fatto perdere le tracce di sé: a dare l’allarme la moglie, Laura Lorusso, la quale si appella alla cittadinanza: «Se qualcuno ha delle notizie si metta subito in contatto con le forze dell’ordine».

L’imprenditore di Altamura era stato vittima – dal 2001 al 2003 – del racket delle estorsioni, che aveva coraggiosamente denunciato garantendo alla giustizia coloro che gli imponevano il pizzo. Da allora però la vita di Francesco Dipalo e della sua famiglia è stata stravolta: vittime di atti intimidatori presso la propria abitazione e la propria azienda, sono stati inseriti nel Programma Speciale di Protezione. Una vita difficile, blindata, passata in solitudine, in clandestinità; Dipalo aveva lamentato la scarsa presenza dello Stato, spiegando di sentirsi vittima «non solo del racket delle estorsioni ma anche di un sistema che non tutela chi denuncia i propri aguzzini». Per protesta l’uomo, nel dicembre 2008, si allontanò da Altamura senza avvisare nemmeno la propria moglie, per fare ritorno a casa dopo cinque giorni. Un episodio dunque che potrebbe costituire un precedente rispetto a quanto sta accadendo in questi giorni: l’imprenditore risulta di nuovo scomparso e gli inquirenti non abbandonano la pista della fuga volontaria, come appunto avvenuto in passato. Le indagini sono coordinate dalla pm Desiré Digeronimo della Dda della Procura di Bari in sinergia con il reparto investigativo dei Carabinieri di Bari. Proprio alla Procura pugliese Francesco Dipalo aveva indirizzato una lettera scritta la vigilia di Natale, il giorno prima della sua scomparsa.

La vicenda dell’imprenditore di Altamura riporta all’analoga situazione vissuta da Pino Masciari, l’imprenditore edile che ha avuto il coraggio di denunciare i propri estorsori di Serra San Bruno e che per questo ha vissuto 14 anni di odissea: insieme alla moglie e ai figli ha abitato in località segrete, senza il sostegno dello Stato che avrebbe voluto sentire, con la paura di essere scovato e ucciso. Come avvenne per Libero Grassi e Vincenzo Grasso, che pagarono con la vita il loro coraggio per aver denunciato chi li opprimeva con il pizzo. Il primo fu ucciso a Palermo il 29 agosto 1989 mentre il secondo, commerciante di Locri, trovò la morte il 20 marzo dello stesso anno.

Pesantissimo il grido della moglie di Francesco Dipalo: «Se dovesse succedergli qualcosa voglio che la gente capisca che denunciare non serve, è meglio non farlo. Quello che ti fa lo Stato è peggio di quel che fanno i delinquenti». Parole dettate dalla disperazione e dalla rabbia, che stridono con quanto, per esempio, ha sempre dichiarato Pino Masciari: «Se tornassi indietro, rifarei tutto. Perché solo denunciando queste persone si ritorna liberi». Nella forza della denuncia credevano anche Libero Grassi e Vincenzo Grasso, ci credono le persone che hanno costituito il comitato “Addiopizzo”, ci ha creduto lo stesso Francesco Dipalo quando denunciò i propri estorsori. Il Procuratore Aggiunto della Procura di Milano Ilda Boccassini, commentando l’evolversi dell’indagine “Il Crimine” ha sottolineato l’importanza della denuncia: «Ci siamo resi conto – ha commentato – che non pervengono denunce da parte dei commercianti, degli imprenditori, delle persone che sono nel mirino degli estorsori; è un fatto sintomatico di cui prendiamo atto, è impensabile debellare i fenomeni di racket e usura se le loro vittime non trovano il coraggio di rivolgersi alle autorità preposte per accusare i propri aguzzini».

Costruire senza sordi che non vogliono sentire

Dopo avere letto e ascoltato le risposte più o meno eleganti al nostro documento di riflessione su alcuni recenti episodi nel nostro partito Italia dei Valori ritengo doveroso riportare la discussione su alcuni temi che sono andati persi (o intelligentemente manipolati) nel dibattito nato. Scrivo con forza e convinzione “dibattito” senza scendere nel gioco urlato di chi parla di “attacco” o “pugnalata” con reazioni scomposte che parlano da sole: la funzione della politica nell’esercizio democratico della partecipazione vede nelle diverse posizioni uno spunto per un confronto che porti alla sintesi e alla crescita. Crediamo fortemente che questo dibattito appassirebbe prestissimo se cade nella battaglia patetica del più puro tra i puri o in un attacco personale ad Antonio Di Pietro che (attenzione) non c’è nelle nostre parole: siamo in un partito che è fatto di persone e che vive nei pensieri e nelle azioni delle persone. Questo è il tema. Azioni e dinamiche che devono circoscrivere ed annullare i Razzi e gli Scilipoti a Roma ma soprattutto i piccoli Razzi e Scilipoti che vogliono infilarsi ai livelli più bassi, nelle realtà provinciali e locali. Chiedersi sempre se la partecipazione a tutti i livelli è veramente garantita a tutti o se passa inosservata mentre diventa il giocattolo di potere di qualche colonnello e i suoi vassalli. E questa, non me ne voglia Tinti, è un nodo morale che investe l’etica e la pulizia morale degli ingranaggi dei partiti tutti. Non cadiamo nella banalizzazione di chi va fuori tema per non affrontare la questione o di chi filosofeggia indicando il dito: una questione posta per costruire diventa arma di distrazione di massa solo se fa comodo a qualcuno.

Non cadiamo nemmeno nel tranello di chi parla di una eccessiva pubblicizzazione dei problemi interni o di un’inaspettata uscita pubblica: i contenuti del nostro scritto sono i temi portanti dei nostri incontri pubblici che ognuno di noi vive quasi ogni giorno in giro per l’Italia con gli iscritti e gli attivisti che vogliono il bene di questo partito e che amano non sottrarsi mai al confronto, sono gli stessi temi che sosteniamo all’interno dei rispettivi direttivi, sono le stesse parole che abbiamo espresso ad Antonio Di Pietro in occasione di un nostro recente incontro a Roma e sono ciò che porteremo di nuovo al prossimo direttivo nazionale a Gennaio, al quale ci presenteremo con proposte concrete e speriamo innovative ascoltando e discutendo con il direttivo nazionale.

La nostra riflessione è (secondo il nostro modo di intendere la politica) un atto d’amore per il partito, un segnale di profondo rispetto per quello che Italia Dei Valori è nelle aspettative dei suoi moltissimi militanti e elettori nonché una responsabile presa in carico delle molte sollecitazioni che da tutta Italia la base lancia per costruire un soggetto politico sempre più credibile e sempre più importante per la vita democratica di questo Paese. E’ evidente quindi che la nostra nota rientra in un percorso di riflessione e dialogo che continuiamo ad avere con i sostenitori di IDV e con il partito e che ovviamente abbiamo ritenuto opportuno condividere con chi ci segue attraverso i nostri social network e i nostri blog; che poi la stampa abbia ripreso (più o meno strumentalmente) il nostro scritto è cosa ben diversa dal “lanciare bombe sui media” come qualcuno ha raccontato.

Eppure mi sembra di avere sentito parlare troppo poco del tema squisitamente politico: di come sia successo che le speranze riposte in IDV siano state tradite dall’immorale e antidemocratica arroganza di un corruttore come il Presidente Berlusconi che (ricordiamocelo) esercita il proprio ruolo padronale grazie alla presenza dei corruttibili. Ecco, noi vogliamo preoccuparci del corruttore e dei corrotti. Vogliamo continuare ad essere il faro dell’opposizione senza sconti contro il berlusconismo ma essere duri allo stesso modo con i “berluschini” che in ogni partito cercano di infilarsi riciclandosi fingendo di essersi reinventati. Vogliamo ribadire che questa legge elettorale cancella con un colpo di spugna il legame stretto tra l’eletto e i suoi elettori legandolo piuttosto ai propri interessi o al migliore offerente (come i recenti casi Razzi e Scilipoti ci hanno dimostrato). Un partito libero è un partito che esercita quotidianamente l’autocritica senza strategie o arroccamenti, un partito che si distingue perché senza remore dice “siamo stati avvicinabili” e si rituffa nella base per costruire meccanismi di autodifesa. Nessuno di noi ha parlato di un fallimento generale su questo punto, ma sarebbe miope e forse in malafede nascondere la polvere sotto il tappeto. Un partito intellettualmente onesto che si apre alle discussioni e alle diversità di vedute è l’eccezione del panorama nazionale: noi abbiamo chiesto che il nostro partito fosse tra i primi anche in questo.

Voglio ribadire che la riforma di questa vergognosa legge elettorale deve essere una priorità per tutta la politica onesta dell’arco costituzionale studiando, se necessario, strumenti interni perché venga restituito ai cittadini il costituzionale diritto anche di sbagliare candidato. Perché il partito rimanga quello straordinario strumento di democrazia diretta senza mediazioni come lo stesso presidente Di Pietro spesso ripete. Ipotizzando un regolamento di primarie di collegio o qualsiasi altro mezzo che non premi il servilismo o le cricche interne. Per questo abbiamo scritto (e lo ribadisco) “abbiamo un patrimonio da cui ripartire, ed è quella “base” pensante e operativa, che non ha timore di difendere a spada tratta il suo leader Di Pietro ma nemmeno di rivolgersi direttamente a lui per chiedere giustizia e legalità all’interno del partito “locale”. Dobbiamo cercare di evitare sin dall’inizio che si creino situazioni come quella piemontese che, come ha fatto notare lo stesso  presidente Di Pietro, è il segnale delle difficoltà di selezione di una nuova classe dirigente.

Non rispondiamo a chi strumentalmente parla di una “scalata” al partito: siamo stati chiamati in Italia dei Valori dal presidente Di Pietro con l’espressa richiesta di “dargli una mano” a continuare a costruire credibilità in IDV (come tutti gli altri militanti che ogni giorno sono nelle piazze, nelle sedi e nei luoghi istituzionali), cosa ben diversa dall’obbedienza a tutti i costi.

Rispondiamo invece volentieri a chi continua a mentire (sapendo di mentire) su un nostro presunto distacco dal lavoro di militanza all’interno del partito: lavoriamo ogni giorno nelle istituzioni in cui rappresentiamo Italia dei Valori, discutiamo e ascoltiamo azioni e proposte con gli iscritti e con la classe dirigente e io sono onorato di essermi assunto la responsabilità di essere coordinatore di una città come Milano a pochi mesi dalle elezioni amministrative e con una squadra eccezionale al mio fianco. Chi parla solo di noi tre ha sbagliato mira: noi non rappresentiamo correnti o cattivi consiglieri, cerchiamo di essere l’espressione delle migliaia di cittadini che ci hanno votato (scrivendo espressamente il nostro nome sulla scheda elettorale) e ci impegniamo a tenere alti i valori e le persone di valore. Com’è scritto sul programma del nostro partito: Italia dei Valori.

Buon lavoro a tutti. Tutti insieme.

Per non andare fuori tema: AFFARI ITALIANI intervista Giulio Cavalli

Non mi è mai piaciuta la strategia di chi volutamente prova ad andare fuori tema per scavalcare la questione. In mezzo al marasma mediatico di questi giorni riportiamo il dibattito sui temi caldi. Vi chiedo di condividere il più possibile questa intervista uscendo dal gioco al massacro che non ha nulla a che  vedere con quello di cui si deve parlare. Grazie.

DA AFFARI ITALIANI

Più democrazia nell’Italia dei Valori. Così nasce la sfida interna a Di Pietro. L’intervista a Cavalli (Idv)

“Abbiamo raccolto le istanze che emergono stando a contatto con la società civile. Questa legge elettorale ha favorito servi e yes-man come Razzi e Scilipoti”. Giulio Cavalli, consigliere regionale della Lombardia per l’Italia dei Valori, coordinatore Idv per la città di Milano e firmatario, insieme a Luigi De Magistris e Sonia Alfano, di una lettera sulla questione morale che tocca il  partito, sceglie Affaritaliani.it per spiegare i motivi della rivolta contro Antonio Di Pietro e si definisce “basito e perplesso”.

Basito di fronte a che cosa?
“Soprattutto di fronte ai toni della risposta che abbiamo ricevuto, di fronte alle accuse che ci vengono mosse. Vorrei fare delle precisazioni, in attesa della replica che stiamo preparando. Noi abbiamo fatto questa riflessione, perché l’abbiamo raccolta da molti degli iscritti che incontriamo in giro. Siamo entrati nell’Italia dei Valori per portare l’ala “movimentista”, anche se questo termine non mi piace molto, o comunque per creare un contatto con la società civile. E abbiamo pubblicato questo documento sui nostri blog, non è una lettera di Natale spedita ai giornali, anche se ovviamente la stampa l’ha ripresa. La ricchezza dei partiti sono le diverse opinioni, il dibattito interno. E ci possono essere posizioni anche molto distanti, basta che non siano solo posizioni di negazione pregiudiziale. Ci è stato detto che non abbiamo parlato nelle sedi opportune. Ma noi ovunque andiamo, negli incontri e nei coordinamenti, manifestiamo sempre le nostre posizioni. Siamo stati accusati di non metterci in gioco all’interno del partito. Ma io sono coordinatore di Milano città, sorrido più di tutti. Quello che è un atto d’amore, senza nessuna messa in discussione di chi lavora nel partito, improvvisamente e strumentalmente è diventato l’occasione per alzare i toni e tirare fuori delle nevrosi, delle criticità per cui si aspettava solo quello”.

Insomma, il vostro gesto è stato frainteso?
“Noi abbiamo scritto quel documento per dichiarare il nostro impegno a fare di più e chiedere l’aiuto di tutti. Al di là delle posizioni politiche, la cosa che può veramente differenziarci è l’essere un partito bravo a fare opposizione, raccontando sì le incoerenze degli altri, ma anche capace di vedere le proprie. Uno dei più grandi politici italiani, Pio La Torre, per raccontare ciò che combatteva iniziava raccontando innanzitutto quello che non andava nel suo partito. Dobbiamo sempre avere attenzione massima per la credibilità. Ma, se dichiarare questo, ci fa accostare a Razzi e Scilipoti… Questa reazione ci lascia perlessi, per usare un eufemismo. Forse qualcuno aveva bisogno di una resa dei conti e ha voluto giocare di sponda con una lettera che nasce con tutte le buone intenzione di preservare la dignità di eletti e governanti”.

Quali sono le colpe di Di Pietro?
“Io vedo una legge elettorale che non ha senso. Razzi e Scilipoti in un Paese normale dovrebbero far riferimento ai loro elettori, ma non li hanno, essendo nominati. Il fatto di essere nominati, e questo è un problema della politica in generale, crea degli “yes-man”, un intergruppo di servi, numeroso sia a destra che a sinistra. Io dico, come partito e come politico, visto che la gente ci delega a risolvere le criticità, che dobbiamo cercare una soluzione. Un regolamento, oppure delle primarie di collegio, questione tra l’altro già aperta nell’Idv. E poi pensiamo a una visione di centrosinistra, che non sia solo una visione feudale, prettamente partitica”.

De Magistris nuovo segretario al posto di Di Pietro?
“Voler portare una questione poilitica, che riguarda i contenuti, su una questione di leadership è una questione onanista, che non interessa né a me né a De Magistris né a Sonia Alfano. Molti degli iscritti che lamentano difficoltà sui territori hanno sempre chiesto a Di Pietro di intervenire, senza mettere in discussione la sua leadership. La polvere sollevata dalle persone vicine a Di Pietro spero sia frutto di una reazione a caldo, e non di una strategia”.

Maria Carla Rota

25 dicembre

“Non preoccuparti della dimensione del tuo albero di Natale. Agli occhi di un bambino sono tutti alti 10 metri.” Larry Wilde
Buon Natale

IDV e la questione morale

In molti, da più parti, ci chiedono di prendere posizione, di esprimerci su quanto accaduto negli ultimi mesi all’interno dell’Italia dei Valori. Ce lo chiede la base di questo partito, straordinariamente attiva e senza timori reverenziali. Ce lo chiedono i nostri elettori, anche quelli che di questo partito non sono. E ce lo chiede, prima di tutto, la nostra coscienza. E’ a loro e ad essa che oggi parliamo.

Non abbiamo voluto sfruttare l’onda delle ultime polemiche per dire la nostra, per non offrire il fianco a strumentalizzazioni che avrebbero danneggiato l’Italia dei Valori. Abbiamo fatto passare la piena facendo quadrato attorno all’Idv. Ora però alcune considerazioni per noi sono d’obbligo. E si rende necessario partire da una premessa: nell’Idv oggi c’è una spinosa e scottante “questione morale”, che va affrontata con urgenza, prima che la stessa travolga questo partito e tutti i suoi rappresentanti e rappresentati. Senza rese dei conti e senza pubbliche faide, crediamo che mai come adesso il presidente Antonio Di Pietro debba reagire duramente e con fermezza alla deriva verso cui questo partito sta andando per colpa di alcuni.

Le ultime vergogne, come altrimenti chiamare il caso Razzi/Scilipoti, due individui che si sono venduti, quantomeno moralmente, in virtù di altri interessi rispetto alla politica e al bene pubblico, sono solo la punta di un iceberg che pian piano emerge nella realtà di questo partito. Come dimenticare lo scandaloso caso Porfidia, inquisito per fatti di camorra e ancora difeso da qualche deputato dell’Idv che parla di sacrificio a causa di “fatti privati”. E poi il fumoso Pino Arlacchi, che dopo essere stato eletto con l’Idv e solo grazie all’Idv, ha salutato tutti con un misero pretesto ed è tornato con le orecchie basse al Pd. Ma chi ha portato questi personaggi in questo partito?

Per questo oggi, con questo documento condiviso, rilanciamo la necessità di una brusca virata, e chiediamo al presidente Di Pietro di rimanere indifferente al mal di mare che questa provocherà in chi, un cambiamento, non lo vuole. In chi spera che l’Idv torni un partito del 4% per poterlo amministrare come meglio crede. Seggi garantiti, candidature al sicuro, contestazioni zero. Gente, questa, che non ha più alcun contatto con la base e rimane chiusa nelle stanze del potere, cosciente che senza questa legge elettorale mai sarebbe arrivata in Parlamento e che se questa cambiasse mai più ci tornerebbe.

Abbiamo un patrimonio da cui ripartire, ed è quella “base” pensante e operativa, che non ha timore di difendere a spada tratta il suo leader Di Pietro ma nemmeno di rivolgersi direttamente a lui per chiedere giustizia e legalità all’interno del partito “locale”. Chiedono un deciso “no” alla deriva dei signori delle tessere, ai transfughi, agli impresentabili che oggi si fregiano di appartenere a questo partito e si rifanno, con precisione chirurgica, una verginità politica. Dopo i congressi regionali moltissime realtà si sono addirittura rivolte alle Procure per avere giustizia, presentando video e documentazione che proverebbero macroscopiche irregolarità nelle consultazioni tra gli iscritti.

Oggi una questione morale c’è ed è inutile e dannoso negarlo. Noi non possiamo tacere. La maggior parte della “dirigenza” dirà che con queste nostre parole danneggiamo il partito, altri che danneggiamo il presidente Di Pietro, altri ancora che siamo parte di un progetto eversivo che vuole appropriarsi dell’Idv. Noi crediamo che questo invece sia un estremo atto di amore per tutti gli iscritti, i militanti e i simpatizzanti dell’Italia dei Valori. Al presidente chiediamo solo una cosa: si faccia aiutare a fare pulizia. Ci lasci lavorare per rendere questo partito quello che lui ha pensato e realizzato e che ora qualcuno gli vuole togliere dalle mani.

Terminiamo questo documento con le parole di un grande politico italiano, che oggi purtroppo non è più con noi. Enrico Berlinguer.

“La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati”.

Luigi de Magistris, Sonia Alfano, Giulio Cavalli

ELIPORTO al Parco Nord: il Consiglio dice no!

Il progetto, portato avanti a braccetto dal Ministero dei Trasporti, da un’azienda costruttrice di eliporti ed un’industria specializzata in elicotteri, era quello di utilizzare l’area dell’aeroporto sito all’interno del Parco Nord per costruire un eliporto codificato che potesse essere utile a tutto il nord Italia. In un secondo momento l’eliporto avrebbe subito un’ulteriore espansione  per servire anche buona parte delle principali capitali europee.

Superfluo notare come un simile progetto fosse assolutamente incompatibile con un’area abitata ed urbanizzata come quella dei comuni di Cinisello Balsamo e Bresso ed, inoltre, inadeguato ad inserirsi nel più grande parco metropolitano d’Europa.

Il Comitato No Eliporto ha più volte dimostrato l’inutilità e inadeguatezza di un nuovo eliporto nel Parco Nord. Oggi, 21 dicembre 2010, una delegazione del Comitato ha consegnato all’assessore regionale alle infrastrutture e mobilità Raffaele Cattaneo oltre 10.000 firme contro il progetto condiviso dalla Regione.

Il Consiglio regionale di oggi ha votato contro il progetto dell’eliporto dissentendo chiaramente dalla posizione della maggioranza.

Ecco i curricula inutili della sanità lombarda. Manca un punto: il partito

Ecco tutti i cv degli oltre 700 candidati per gli incarichi di direttori generali di Asl e Aziende ospedaliere lombarde

Altro che competenza. Scordatevi anche la meritocrazia. Le nomine dei vertici della sanità lombarda sono un affare politico. Esclusivamente politico. Recentemente l’Assessore alla Sanità Luciano Bresciani ha spiegato, chiaramente, qual è il metodo di selezione degli aspirati direttori generali di Asl e Aziende ospedaliere lombarde.
Di fatto, Bresciani ha sdoganato una prassi odiosa: quella della lottizzazione. “la logica nella nomina dei direttori generali di Asl e ospedali è fondamentalmente legata al peso del voto espresso dagli elettori”. Le dichiarazioni dell’Assessore leghista alla Sanità lasciano poco spazio all’immaginazione. Ma se questa è la prassi, perché i candidati non dovrebbero indicare, nel proprio curriculum vitae, anche il partito d’appartenenza o le proprie simpatie politiche? Così facendo si velocizzerebbero notevolmente le operazioni di nomina. Il tutto nell’artificiosa trasparenza di una lottizzazione perfetta. Con buona pace di chi non ha tessere di partito oppure nel portafoglio ha quelle “sbagliate”. Così, noi del Gruppo Italia dei Valori abbiamo chiesto (e ottenuto) agli uffici competenti di poter visionare tutti i curricula degli oltre 700 candidati. Come risulta evidente nessuno di questi, a parte dati personali, recapiti e precedenti esperienze lavorative, ha indicato le proprie ‘simpatie’ politiche. Manca quindi il criterio determinante secondo Bresciani. Il più importante. Già perché, se la prassi è questa, e a sentire l’Assessore Bresciani sembra non ci sia nulla di male nella spartizione partitica delle nomine, perché non dovrebbero inserire nel CV anche la loro appartenenza poltica? Così, dopo aver ricevuto tutti i curricula, stiamo tentando di metterci in contatto con il maggior numero possibile di candidati, facendo loro una sola, semplice domanda:
Gentile Candidato,
a seguito delle chiare dichiarazioni dell’Assessore regionale alla Sanità circa il metodo di selezione degli aspiranti Direttori Generali di Asl e Aziende Ospedaliere, noi del Gruppo Italia dei Valori del Consiglio regionale della Lombardia desidereremmo porle una sola domanda: qualora la sua candidatura andasse a buon fine, sotto l’egida di quale partito è possibile ricondurla?

Intanto si avvicina il 23 dicembre, giorno fatidico in cui la politica deciderà i nomi dei prossimi direttori generali. Vi terremo aggiornati.

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