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Giulio Cavalli

I militari Nato sono già in Ucraina

Non ci ha fatto caso nessuno alla frase pronunciata dal ministro degli Estero polacco Radosław Tomasz Sikorski che in un’intervista a Sky News ha testualmente detto: “In Ucraina sono già presenti militari della Nato. Vorrei ringraziare gli ambasciatori di quei Paesi che hanno corso questo rischio. Questi Paesi sanno chi sono, ma non posso rivelarli. Contrariamente ad altri politici, non li elencherò”. 

Sono parole dal suono simile a quelle del presidente della Repubblica Ceca Petr Pavel che in un’intervista al canale della rete pubblica ha testualmente detto che “dopo l’annessione della Crimea e l’occupazione di parte del Donbass, che fu essenzialmente un’aggressione anche se su scala molto più piccola di oggi, sul territorio ucraino operava una missione di addestramento della Nato, che un tempo comprendeva più di 15 Paesi e contava circa 1.000 persone”. Nessuna novità quindi per Pavel. 

Pochi giorni fa è stata resa pubblica l’intercettazione di una conversazione riservata tra il capo dell’Aeronautica della Germania Ingo Gerhartz e alcuni collaboratori. L’audio, della durata di 38 minuti e risalente al 19 febbraio, riguarda la possibile consegna dei missili a lungo raggio Taurus all’Ucraina. Gli intercettati citano la presenza di soldati britannici, statunitensi e francesi in Ucraina – ufficialmente negata da Londra, Washington e Parigi – per supportare le forze kievane nell’utilizzo dei sistemi d’arma occidentali.

L’Ue con Macron in testa sta discutendo la possibilità di inviare militari Nato in Ucraina. Qualcuno teme l’escalation. Ma siamo sicuri che i militari non siano già lì?

Buon giovedì. 

Nella foto: una stazione di servizio vicino a Kiev dopo un attacco missilistico russo, 7 febbraio 2024

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Bambini senza futuro. L’unica certezza è la guerra

A proposito di trattative che non trattano e di fomentatori della guerra vale la pena fare un giro dai bambini che stanno a Gaza, raccontando come stanno coloro che sono riusciti a scampare alla morte per pallottole o bombe nel totale di più di 30mila morti che dovrebbero essere il risultato della legittima reazione di Israele.

A proposito di trattative che non trattano e di fomentatori della guerra vale la pena fare un giro dai bambini che stanno a Gaza

In una ricerca gli esperti di salute mentale e di protezione dell’infanzia che lavorano con Save the Children a Gaza si parla di paura, ansia, carenza di cibo, iper-vigilanza e problemi di sonno, un’alternanza nello stile di attaccamento ai genitori, regressione e aggressività. Il disagio emotivo di schivare bombe e proiettili, la paura di perdere i propri cari, di essere costretti a fuggire attraverso strade disseminate di detriti e cadaveri e di svegliarsi ogni mattina senza sapere se riusciranno a mangiare hanno aggravato la situazione rendendo gli adulti di riferimento sempre più incapaci di affrontarla. Il sostegno, i servizi e gli strumenti di cui hanno bisogno per prendersi cura dei loro figli – secondo la ricerca – sono sempre meno. E proprio genitori e care giver hanno dichiarato all’organizzazione che la capacità dei bambini di immaginare un futuro senza guerra è ormai praticamente scomparsa.

“Mentre i bisogni umanitari aumentano, l’ultima escalation di violenza e l’assedio hanno causato un collasso totale dei servizi di salute mentale a Gaza, con i sei centri pubblici dedicati e l’unico ospedale psichiatrico di Gaza non più funzionante”, sottolinea Save the Children. Toccherà trovare qualcuno che spieghi a questi bambini che non devono prendersela troppo. Sono solo gli effetti collaterali di una guerra giusta.

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Dall’Abruzzo alla Basilicata. C’è… Speranza per l’intesa

Prima lo stallo, poi la quasi ripartenza e ora si riparte ma dal via. Il risultato delle elezioni regionali in Abruzzo complica le cose in Basilicata, dove il centrosinistra il prossimo 21 e 22 aprile si presenta da sfavorito. Da queste parti però bisogna sciogliere il rebus di quale sia il recinto del campo largo. Per sapere chi c’è, chi non c’è e chi ci potrebbe essere bisogna tornare al candidato. Angelo Chiorazzo, il nome scelto dal Partito democratico locale e appoggiato dall’ex ministro Roberto Speranza, ha confermato che oggi alle 17 sarà nel suo comitato elettorale a illustrare le sue proposte per rilanciare l’occupazione femminile. Il re delle cooperative lucane non piace al Movimento 5 stelle.

Pressing per la candidatura in Basilicata dell’ex ministro Speranza che consentirebbe al Centrosinistra di correre unito

Nei giorni scorsi la segretaria dem Elly Schlein e il presidente dei 5S Giuseppe Conte l’avevano incontrato per esercitare una moral suasion sulla necessità di lasciare spazio a un nome che avrebbe potuto essere condiviso da tutti. L’ha ripetuto ieri anche Angelo Bonelli. “La nostra intenzione è di andare tutti insieme”, ha detto il leader dei Verdi riferendosi alla composizione di coalizione appena vista in Abruzzo, convinto “che andrebbe trovato un candidato che unisce, va trovato un candidato unitario, i 5S non mi pare lo vogliano – ha detto Bonelli – ma stiamo parlando per far sì che si trovi una soluzione condivisa”.

Sulla stessa linea è anche la segretaria del Pd Schlein che dell’alleanza con il partito guidato da Conte ha fatto il tratto distintivo della sua linea. Per Schlein la rimonta seppur perdente in Abruzzo deve spingere “a continuare a batterci con ancora più determinazione per costruire un’alternativa solida in grado di competere con la coalizione delle destre”, ha detto ieri. Si insiste sul campo largo, quindi, senza esitazioni nonostante Schlein sappia benissimo che la fronda interna aspetta impaziente l’occasione per poterlo mandare in soffitta.

Sì, ma Chiorazzo? Nei giorni scorsi è uscita una ridda di nomi – ufficialmente smentiti – che va dal dirigente sanitario Lorenzo Bochicchio componente dell’associazione “Basilicata casa comune” fondato proprio da Chiorazzo o l’altro socio Giampiero Maruggi. Usciti anche i nomi di Rocco Paternò, presidente dell’ordine dei medici di Potenza, Piero Marrese presidente della provincia di Matera e quello di Gildo Claps, fratello di Elisa. In lizza anche l’ex parlamentare Giampaolo D’Andrea e Cecilia d’Elia, parlamentare lucana eletta nel Lazio alle Politiche 2022.

Il dem piace a tutti e avrebbe l’autorevolezza per allargare

Ma il nome che metterebbe d’accordo tutti è quello dell’ex ministro alla Salute Roberto Speranza. Il dem piace a tutti, avrebbe l’autorevolezza per allargare e soprattutto giocherebbe la carte del sacrificio per amore della propria terra che in questi tempi di sovranismo ha una buona allure. Nelle scorse settimane qualcuno ha soffiato l’ipotesi all’ex ministro che però sembra poco convinto. La possibilità (e la necessità) di essere la chiave per sbloccare la situazione potrebbe fargli cambiare idea. Anche perché Speranza è stato il primo sponsor proprio di Chiorazzo e quindi la vicinanza non è in discussione.

Nei 5S Conte sa bene che il brutto risultato uscito dalle urne in Abruzzo smussa sensibilmente il suo potere di trattativa. “Bisogna arrivare a una sintesi che soddisfi anche i 5 Stelle”, ha detto ieri l’eurodeputata dem Pina Picierno: “La disponibilità di Chiorazzo c’è – ha detto Picierno – sta interloquendo con Conte e l’interlocuzione ci porterà a una sintesi, la migliore possibile”. È il modo dolce per dire al leader dei 5S che il tempo sta scadendo.

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L’Abruzzo giù dal Carroccio. Il declino di Salvini è inarrestabile

In via Bellerio, nel quartier generale della Lega, i fedelissimi di Matteo Salvini avevano fissato l’asticella al 10%. Sotto quella cifra, si diceva nel cerchio magico del leader, sarebbe stato difficile non riconoscere la sconfitta. Il risultato impietoso uscito dalle urne delle regionali in Abruzzo è ben lontano, fermandosi a un 7,4% che brucia ancora di più di fronte al 13% degli alleati di Forza Italia (che che in due anni sono cresciuti di due punti) e al 24% di Fratelli d’Italia a cui andrebbe aggiunto molto di quel 6% della lista civica del presidente Marco Marsilio fortemente sostenuta da persone della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Salvini deve contare altri 122mila voti persi. Dopo le Europee potrebbe farsi avanti un triumvirato composto da Zaia, Fedriga e Fontana

Il tracollo della Lega sta tutto nel tracollo del suo segretario. Le cifre disegnano i contorni del crollo. Rispetto alle elezioni regionali abruzzesi del 2019 stravinte dalla Lega con il 27% dei voti il partito ha perso qualcosa come 122mila voti. Le 165mila preferenze di cinque anni fa sono un mucchietto di 43mila schede. Se è vero che Marsilio è stato riconfermato presidente (l’unico a riuscirci qui negli ultimi trent’anni di alternanza forsennata tra centrodestra e centrosinistra) la geografia del suo potere oggi racconta tutt’altra storia: i 10 consiglieri leghisti della scorsa legislatura oggi sono diventati due e c’è da scommettere che i quattro assessori del Carroccio su sei saranno solo un ricordo.

Che la Lega stesse cominciando “a perdere tutto” per “il chiudere gli occhi, il tirare a campare rispetto a una valanga di problemi che, per scelta venivano accantonati, o per insipienza elusi” l’aveva denunciato all’orecchio di Salvini un leghista doc deluso che a novembre 2021 aveva lasciato la presidenza della società di trasporto pubblico abruzzese. Gianfranco Giuliante in una lettera aperta aveva descritto la leadership di Salvini come “un cesarismo cacio e ova ove esponenti storici della Lega si ritrovano con un daspo che impedisce la possibilità di partecipazione ai congressi senza motivo o per antipatia personale dopo molti anni di ruoli attivi e continuativi che hanno garantito la presenza della Lega in ogni occasione”.

Per Giuliante la gestione Salvini aveva tradotto “il dramma in farsa” e “la storia, che qui è una storiaccia, in isteria”. Poi ci sono stati gli addii dell’ex assessore ad Ambiente ed Energia Nicola Campitelli passato dalla Lega a Fratelli d’Italia (rieletto ieri) e l’assessora regionale alla Salute Nicoletta Verì che ha preferito candidarsi nella lista Marsilio. I dieci consiglieri di Salvini nella scorsa legislatura si sono dimezzati cammin facendo, con uscite più o meno polemiche nei confronti del ministro alle Infrastrutture. Che Salvini fosse terrorizzato da un risultato deprimente era la voce che circolava tra i leghisti. Negli ultimi giorni il segretario si era traferito in Abruzzo in pianta stabile, macinando quindici incontri in sei giorni, attraversando anche i paesi più piccoli. Non è servito.

La gestione padronale del partito presenta il conto al leader della Lega

Non è servita nemmeno la simulata sincerità con cui rivendicava avere comunicato agli abruzzesi il fallimento della linea Roma-L’Aquila con i fondi del Pnrr, poi recuperata in extremis con la promessa arrivata direttamente da Palazzo Chigi. A Salvini in Abruzzo non crede più nessuno e ora, anche in mancanza di congresso, la fronda interna è pronta alla sostituzione. Gli permetteranno come ultimo flop quello delle elezioni Europee e poi l’epoca del “capitano” si chiuderà mestamente. A sostituirlo sarà il triumvirato formato dal presidente veneto Zaia, il governatore friulano Fedriga e il presidente lombardo Fontana oppure il solo Fedriga con l’assenso degli altri due. Si riparte dal nord, dicono i militanti, ma soprattutto si riparte mettendo in panchina Salvini. Lui sui social scrive: “Bella vittoria del centrodestra, con un buon risultato per la Lega che supera i 5 Stelle e sinistra malamente sconfitta”. Ma è una voce in lontananza.

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Consumo di suolo, l’Italia affoga nel cemento

Casavatore è un Comune in provincia di Napoli in cui risiedono poco più di 18 mila persone su un territorio di circa 153 ettari. Il 91,43% di questa superficie è oggi impermeabilizzata: non più suolo ma cemento e asfalto. Casavatore non è, però, l’unico caso eclatante che testimonia la voracità con cui la mano umana ha voluto sostituire la natura e assoggettarla ai propri voleri.

Il caso del comune di Casavatore in cui risiedono poco più di 18 mila persone su un territorio di circa 153 ettari

Infatti, nella medesima provincia, anche Arzano (83,48% di suolo consumato), Melito di Napoli (81,30%), Cardito (73,72%), Torre Annunziata (72,06%), Frattaminore (71,93%) hanno ecceduto nella stessa bulimia edificatoria. Che non è solo una caratteristica del mezzogiorno, dato che coinvolge anche l’hinterland milanese e la Brianza, con punte apicali per Lissone (71,39%), Sesto San Giovanni (68,89%), Corsico (65,73%), Cusano Milanino (65,61%), Pero (64,94%), Baranzate (63,47%), Cologno Monzese (62,64%).

Non si tratta di cifre appena elaborate e ancora non conosciute: sono precisi riscontri facilmente desumibili da anni, grazie ai puntuali monitoraggi di Ispra. Dati, però, su cui minima è stata, finora, l’attenzione analitica da parte di amministratori, operatori dell’informazione e opinione pubblica: una situazione che ha spinto un apposito Gruppo di Lavoro del Forum Salviamo il Paesaggio a riprendere e sviluppare questa massa di informazioni per ciascun Comune.

Il costo di tutto questo? Ogni ettaro di suolo libero assorbe circa 90 tonnellate di carbonio; ogni ettaro di suolo libero è in grado di drenare 3.750.000 litri d’acqua; ogni ettaro di suolo libero, coltivato, può sfamare 6 persone per un anno. Il costo è stato quantificato complessivamente tra 79.000 e 97.000 euro l’anno per ciascun ettaro di terreno libero che viene impermeabilizzato.

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Fine dell’8 marzo

Non si è esaurita l’eco della retorica sull’8 marzo e all’improvviso irrompono i numeri. Scorrendo i risultati delle elezioni regionali in Abruzzo si scopre che sui 31 consiglieri totali, le donne saranno solo tre: meno del 10 per cento. Come sottolinea Pagella politica questo numero è in calo rispetto alle scorse elezioni regionali del 2019, quando le consigliere elette erano state cinque (16 per cento).

Secondo le elaborazioni fatte dal quotidiano sardo La Nuova Sardegna, le consigliere donne elette sarebbero dieci, il 16 per cento circa sul totale dei consiglieri regionali. Alle precedenti elezioni regionali del 2019 le consigliere elette erano state due in meno: otto.

Una legge nazionale del 2004 poi ritoccata nel 2016 impone alle regioni la «promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive». Più nello specifico, la legge stabilisce che se una legge elettorale regionale prevede le preferenze per l’elezione del Consiglio regionale, in ogni lista i candidati di un sesso non possono eccedere il 60 per cento del totale e deve essere consentita l’espressione di almeno due preferenze, entrambe di sesso diverso. Nel caso in cui non siano previste le preferenze, le liste dei candidati devono essere comunque composte da uomini e donne in modo tale che i candidati di un sesso non superino il 60 per cento del totale.

Secondo il World Economic Forum, nel mondo, si è chiuso solo il 22% della differenza tra uomini e donne nel campo della politica. L’Italia si posiziona al 40° posto su 146 paesi, al di sotto della media europea. Dopo le ultime elezioni nazionali, la percentuale di donne in Parlamento si è abbassata al 31%, segnando il primo calo in 20 anni.

Buon martedì. 

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Quelli che vorranno la palla al centro. Riflessioni a caldo sull’Abruzzo

Ogni volta che una Regione va al voto per chi vince è il sintomo di un vento nazionale e per chi perde è solo una partita locale. A destra si sono sgolati per dire che il voto in Sardegna non sarebbe stato fioretto di nulla e stanotte ci hanno spiegato che l’Abruzzo sancisce la fine del “campo largo che non ha futuro”. 

Provando a stare nel mezzo i segnali che arrivano dalla riconferma di Marsilio, prima delle analisi che oggi si moltiplicheranno, sono di un presidente riconfermato per la prima volta in 30 anni di alternanza, evidentemente ben giudicato dai suoi cittadini. Qui si scrive dei pochi pochissimi cittadini che sono andati a votare, crollati nei numeri rispetto alle elezioni precedenti. Il callo all’astensionismo però ormai è fatto e il tema è scomparso. 

Altri segnali, la Lega di Matteo Salvini ingoiata dagli alleati è ormai una china. Perfino Forza Italia riesce a lucrare sul declino del ministro dei Trasporti. Tra i leghisti ci si chiede se valga davvero la pena lasciare cuocere il leader così a lungo, buttando via anche le prossime elezioni europee che potrebbero segnarne la fine. 

Dall’altra parte il cosiddetto campo largo perde lo smalto che aveva fino a poche ore fa. Per il M5s i numeri che escono dalle urne abruzzesi smussano non poco le fregole da federatore di Giuseppe Conte. Ora all’ex presidente del Consiglio tocca decidere se sta dentro o fuori a un progetto che richiede lealtà. Per la segretaria dei dem Elly Schlein ricominceranno le martellate della minoranza nel suo partito che preferirebbero una coalizione che guardi solo al centro (perdente, dicono ancora i numeri di ieri). Non è una palla al centro ma qualcuno ci proverà. 

Buon lunedì. 

Nella foto: da sinistra Marco Marsilio e Luciano D’Amico (frame da video)

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Pappagalli locali dei leader nazionali

C’è questa piccola storia infame che arriva dalle parti di Treviso e riguarda un poliziotto trentenne candidato nel 2019 con Fratelli d’Italia finito nei guai per un giro di prostituzione. A colpire, come spesso accade, è il divario tra ciò che Ivan D’Amore – questo il nome dell’indagato – prometteva ai suoi elettori e i suoi comportamenti privati.

La piccola storia infame del poliziotto trevigiano candidato nel 2019 con FdI nei guai per un giro di prostituzione

“È andata bene, sono sorpreso per le mie 111 preferenze, il terzo in tutta la coalizione, è stato un risultato personale che mi riempie di orgoglio, e che mi incita a continuare su questa strada. Evidentemente sono piaciuti i progetti che ho esposto: sicurezza urbana, lotta all’accattonaggio e alla prostituzione”, diceva D’Amore nel 2019, dopo essersi candidato con Fratelli d’Italia.

Prometteva lo stop della prostituzione in pubblico e intanto nel privato D’Amore è stato arrestato per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, in concorso con una donna colombiana, Mariby Morales di 50 anni. Secondo l’accusa, avrebbe gestito alcuni appartamenti con un vasto giro di prostitute e trans che gli avrebbe garantito un giro d’affari di 70 mila euro al mese.

È una piccola storia infame di coerenza come molte altre, certo. Colpisce però lo svuotamento delle promesse elettorale che non sono nient’altro che le imitazioni di un tic. Essere contro la droga e poi drogarsi, odiare gli omosessuali per nascondersi, voler combattere l’evasione e intanto evadere, tuonare contro il Reddito di cittadinanza e poi intascarselo oppure usare il Superbonus mentre lo si abolisce sono i segnali di una politica intesa come posa pubblica e nient’altro. Migliaia di cloni locali dei leader nazionali che ripetono a pappagallo la manfrina. E poi ci si stupisce dell’astensionismo.

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Chiorazzo vicino al passo indietro. Avanza il modello Abruzzo in Basilicata

Improvvisa accelerata ieri per le prossime elezioni regionali in Basilicata, dopo lo stallo provocato dal candidato indicato dal Pd lucano e da Basilicata Casa Comune per le elezioni del 21 e 22 aprile, Angelo Chiorazzo. Sul suo nome da settimane si è incagliata la possibilità di ripetere anche in Basilicata lo schema elettorale che ha vinto in Sardegna con una coalizione che comprenda il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle, come già accade anche per la competizione in Abruzzo.

Improvvisa accelerata per le elezioni regionali in Basilicata dopo lo stallo provocato dal candidato Angelo Chiorazzo

Nei giorni scorsi la segretaria dem Elly Schlein – che ritiene l’alleanza con il M5S l’unica possibilità di essere competitivi alle elezioni regionali e in prospettiva alle prossime politiche – aveva inviato due emissari per confrontarsi con gli iscritti e i dirigenti locali. Non era andata benissimo. I racconti di chi c’era descrivono una vera e propria rivolta degli scritti lucani in difesa del candidato che avevano indicato, con l’appoggio anche dell’ex ministro dem Roberto Speranza.

Ieri è stata la segretaria Schlein in persona a incontrare Chiorazzo e l’imprenditore avrebbe meditato sul proprio ritiro per agevolare l’allargamento della coalizione, proponendo un altro nome. Dopo i dem Chiorazzo ha incontrato anche Conte a Roma. “Stiamo lavorando per la Basilicata – ha detto il leader M5S ai cronisti – stiamo lavorando a una candidatura credibile e rappresentativa di tutti e di tutte le forze civiche. Ci siamo confrontati con Chiorazzo e continueremo a confrontarci con lui, con il Pd e tutte le forze che vogliono lavorare per uno schieramento progressista”.

Per Conte “l’obiettivo è avere un programma serio e credibile, e un candidato che rappresenti tutti in modo affidabile”. Sulla possibilità di trovare un nome alternativo a quello di Chiorazzo ieri è intervenuto anche Stefano Bonaccini, leader della minoranza dem che fino a poche ore prima dello spoglio in Sardegna era tra i più strenui oppositori del cosiddetto campo largo con i 5S e che oggi ha profondamente cambiato idea. “Ogni volta che si sceglie un candidato o una candidata – ha spiegato Bonaccini – il principio attorno a un programma condiviso dovrebbe essere quello di scegliere il candidato o la candidata più in grado di aggregare forze politiche o movimenti civici e provare a vincere”.

La moral suasion di Conte e Schlein sta dando i suoi frutti. Con l’alleanza unita la partita è apertissima

Angelo Bonelli di Europa verde aveva sottolineato come quello indicato dal Pd lucano “non è un nome che unisce e quindi bisogna lavorare su un nome. Auspico che anche chi lo ha proposto e lui stesso capiscano che prima di tutto viene la necessità di fermare la destra. Ci sono le condizioni per vincere anche in Basilicata”. L’aspirante presidente imposto da Speranza è pronto a farsi da parte. Il re delle coop bianche lucane ha tentato di resistere fino fino alla fine, evocando “qualche mano interessata” dietro il Sole24ore che aveva scritto di trattative per posti in Giunta in cambio del suo ritiro e ombre inquietanti tra le righe del Fatto Quotidiano che l’ha descritto come “il miglior prodotto di quel mondo che faceva riferimento a Giulio Andreotti, Comunione e Liberazione, don Giacomo Tantardini a La Cascina e a Gianni Letta”.

Alla fine è Chiorazzo a indicare al Pd il candidato presidente mentre il partito è di fatto commissariato da Roma. Qualcuno bisbiglia che Chiorazzo proverà a sedurre Pittella e il M5S accetterà dopo avere dato prova di forza enorme archiviando il “caso Chiorazzo”. “Sciocchezze”, dicono tra i dem a Roma. Qualcuno però lancia la provocazione: perché non si candida chi stava dietro a Chiorazzo? Cioè Roberto Speranza.

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Chiorazzo vicino al passo indietro. Avanza il modello Abruzzo in Basilicata

Improvvisa accelerata ieri per le prossime elezioni regionali in Basilicata, dopo lo stallo provocato dal candidato indicato dal Pd lucano e da Basilicata Casa Comune per le elezioni del 21 e 22 aprile, Angelo Chiorazzo. Sul suo nome da settimane si è incagliata la possibilità di ripetere anche in Basilicata lo schema elettorale che ha vinto in Sardegna con una coalizione che comprenda il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle, come già accade anche per la competizione in Abruzzo.

Improvvisa accelerata per le elezioni regionali in Basilicata dopo lo stallo provocato dal candidato Angelo Chiorazzo

Nei giorni scorsi la segretaria dem Elly Schlein – che ritiene l’alleanza con il M5S l’unica possibilità di essere competitivi alle elezioni regionali e in prospettiva alle prossime politiche – aveva inviato due emissari per confrontarsi con gli iscritti e i dirigenti locali. Non era andata benissimo. I racconti di chi c’era descrivono una vera e propria rivolta degli scritti lucani in difesa del candidato che avevano indicato, con l’appoggio anche dell’ex ministro dem Roberto Speranza.

Ieri è stata la segretaria Schlein in persona a incontrare Chiorazzo e l’imprenditore avrebbe meditato sul proprio ritiro per agevolare l’allargamento della coalizione, proponendo un altro nome. Dopo i dem Chiorazzo ha incontrato anche Conte a Roma. “Stiamo lavorando per la Basilicata – ha detto il leader M5S ai cronisti – stiamo lavorando a una candidatura credibile e rappresentativa di tutti e di tutte le forze civiche. Ci siamo confrontati con Chiorazzo e continueremo a confrontarci con lui, con il Pd e tutte le forze che vogliono lavorare per uno schieramento progressista”.

Per Conte “l’obiettivo è avere un programma serio e credibile, e un candidato che rappresenti tutti in modo affidabile”. Sulla possibilità di trovare un nome alternativo a quello di Chiorazzo ieri è intervenuto anche Stefano Bonaccini, leader della minoranza dem che fino a poche ore prima dello spoglio in Sardegna era tra i più strenui oppositori del cosiddetto campo largo con i 5S e che oggi ha profondamente cambiato idea. “Ogni volta che si sceglie un candidato o una candidata – ha spiegato Bonaccini – il principio attorno a un programma condiviso dovrebbe essere quello di scegliere il candidato o la candidata più in grado di aggregare forze politiche o movimenti civici e provare a vincere”.

La moral suasion di Conte e Schlein sta dando i suoi frutti. Con l’alleanza unita la partita è apertissima

Angelo Bonelli di Europa verde aveva sottolineato come quello indicato dal Pd lucano “non è un nome che unisce e quindi bisogna lavorare su un nome. Auspico che anche chi lo ha proposto e lui stesso capiscano che prima di tutto viene la necessità di fermare la destra. Ci sono le condizioni per vincere anche in Basilicata”. L’aspirante presidente imposto da Speranza è pronto a farsi da parte. Il re delle coop bianche lucane ha tentato di resistere fino fino alla fine, evocando “qualche mano interessata” dietro il Sole24ore che aveva scritto di trattative per posti in Giunta in cambio del suo ritiro e ombre inquietanti tra le righe del Fatto Quotidiano che l’ha descritto come “il miglior prodotto di quel mondo che faceva riferimento a Giulio Andreotti, Comunione e Liberazione, don Giacomo Tantardini a La Cascina e a Gianni Letta”.

Alla fine è Chiorazzo a indicare al Pd il candidato presidente mentre il partito è di fatto commissariato da Roma. Qualcuno bisbiglia che Chiorazzo proverà a sedurre Pittella e il M5S accetterà dopo avere dato prova di forza enorme archiviando il “caso Chiorazzo”. “Sciocchezze”, dicono tra i dem a Roma. Qualcuno però lancia la provocazione: perché non si candida chi stava dietro a Chiorazzo? Cioè Roberto Speranza.

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