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Giulio Cavalli

La sparata del leghista contro i trans spiega bene tutto lo stigma sociale sull’Aids – Lettera43

Il consigliere comunale milanese Piscina ha parlato di «sangue infetto sputato alle forze dell’ordine». Dimostrando sierofobia. E che ancora ce n’è di strada da fare per superare quella discriminazione sull’Hiv che fa tanto Anni 80-90. Tra test poco frequenti e diagnosi tardive, il problema è ancora molto attuale.

La sparata del leghista contro i trans spiega bene tutto lo stigma sociale sull’Aids

C’è questo consigliere comunale a Milano, tal Samuele Piscina (come spesso accade: leghista), che in un suo intervento durante il Consiglio comunale ha spiegato che in un quartiere della città «c’erano transessuali che sputavano sangue infetto alle forze dell’ordine». Lo sdegno, il can can e gli articoli che circolano sui social sono l’immediata conseguenza. Piscina lo sa bene, del resto il suo segretario Matteo Salvini è assurto alle cronache nazionali quando in quello stesso ruolo di consigliere comunale aveva proposto di dividere le carrozze della metropolitana tra bianchi e neri. Ai tempi quasi tutti pensavano che una persona con proposte così sceme oltreché orrende non avrebbe mai fatto strada. E invece Salvini è per la seconda volta vice presidente del Consiglio nonché per la seconda volta ministro.

Il film Philadelphia con Tom Hanks fu una svolta

Ma non è questo ora qui che interessa. Nella frase dello sputo di «sangue infetto» c’è l’odore di uno stigma che ci riporta agli Anni 80-90, quando l’Aids era uno spauracchio tormentoso che entrava nella case degli italiani con uno spot pubblicitario in cui i “malati” venivano rappresentati con una linea fluorescente in mezzo a ignari sani. Quello stigma si è sgretolato con anni di studi, di divulgazione scientifica e di opere cinematografiche e letterarie. Il celebre film Philadelphia con Tom Hanks fu una svolta per raccontare come la discriminazione sia pericolosa quanto la malattia.

In Italia il 58,1 per cento delle nuove diagnosi di Hiv sono tardive

Lo stigma su cui ha pestato il piede il consigliere Piscina però ha anche altri effetti. Da anni su questo campo opera l’associazione “Plus, persone Lgbt+ sieropositive” che si occupa degli aspetti “sociali” dell’Hiv (dalla paura alla solitudine, passando per la disclosure) lasciati troppo spesso alla gestione solitaria della singola persona con Aids. Quello stigma, spiegano dall’associazione, produce come effetto che le persone non facciano i test con sufficiente frequenza, o addirittura non lo facciano mai, contribuendo così alla diffusione del virus. In Italia il 58,1 per cento delle nuove diagnosi di Hiv sono diagnosi tardive, un numero molto più alto della media europea. Ricevere una diagnosi tardiva comporta un ritardo nel raggiungimento di livelli non rilevabili del virus attraverso la terapia e diminuisce le possibilità di avere un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale.

La Lega riproduce stigma e pregiudizi violenti

«A contribuire alla diffusione del virus non sono persone trans “che sputano sangue infetto” ma persone come Piscina che riproducono stigma e pregiudizi violenti», spiega Plus, che propone un’esegesi che smonta in toto le affermazioni del consigliere e – a ben vedere – anche il consigliere stesso. «Prima di tutto ci troviamo a dover ricordare al consigliere Piscina che “transessuale” non è un sostantivo, e che anche quando le si vuole insultare grossolanamente come in questo caso, sarebbe più corretto parlare di persone trans». Sul trucco della sineddoche in malafede usato dalla politica (per cui una persona trans diventa «i trans») ormai abbiamo un’intera letteratura. Sul «sangue infetto», secondo l’associazione Plus «Piscina non si dà neanche pena di dire di cosa sarebbe infetto il sangue, come se l’Hiv fosse l’unica infezione del sangue esistente. In secondo luogo, perché suona molto, troppo, come sangue sporco».

«Trans sputavano sangue infetto sulla polizia» polemiche per le parole del consigliere leghista
Samuele Piscina (Imagoeconomica).

Perché c’è bisogno di un’informazione corretta

«Ma la questione principale», conclude Plus, «non sono le dichiarazioni di un leghista particolarmente transfobico e sierofobico: il problema è che questo sarà uno dei rari casi in cui quest’anno si parlerà di Hiv sui media nazionali. Abbiamo bisogno di un’informazione corretta, che dia voce alla ricerca medico-scientifica e alle persone che vivono con Hiv, e che promuova una conoscenza reale di virus e combatta lo stigma». Su questo il consigliere leghista è un marchio doc: se lo stigma funziona, il mondo là fuori è molto più indietro di quanto si possa immaginare. Forse anche per questo gente come Piscina ha i voti per entrare in un Consiglio comunale.

L’articolo proviene da Lettera43 qui https://www.lettera43.it/piscina-lega-trans-aids-hiv-stigma/

La sparata del leghista contro i trans spiega bene tutto lo stigma sociale sull’Aids – Lettera43

Il consigliere comunale milanese Piscina ha parlato di «sangue infetto sputato alle forze dell’ordine». Dimostrando sierofobia. E che ancora ce n’è di strada da fare per superare quella discriminazione sull’Hiv che fa tanto Anni 80-90. Tra test poco frequenti e diagnosi tardive, il problema è ancora molto attuale.

La sparata del leghista contro i trans spiega bene tutto lo stigma sociale sull’Aids

C’è questo consigliere comunale a Milano, tal Samuele Piscina (come spesso accade: leghista), che in un suo intervento durante il Consiglio comunale ha spiegato che in un quartiere della città «c’erano transessuali che sputavano sangue infetto alle forze dell’ordine». Lo sdegno, il can can e gli articoli che circolano sui social sono l’immediata conseguenza. Piscina lo sa bene, del resto il suo segretario Matteo Salvini è assurto alle cronache nazionali quando in quello stesso ruolo di consigliere comunale aveva proposto di dividere le carrozze della metropolitana tra bianchi e neri. Ai tempi quasi tutti pensavano che una persona con proposte così sceme oltreché orrende non avrebbe mai fatto strada. E invece Salvini è per la seconda volta vice presidente del Consiglio nonché per la seconda volta ministro.

Il film Philadelphia con Tom Hanks fu una svolta

Ma non è questo ora qui che interessa. Nella frase dello sputo di «sangue infetto» c’è l’odore di uno stigma che ci riporta agli Anni 80-90, quando l’Aids era uno spauracchio tormentoso che entrava nella case degli italiani con uno spot pubblicitario in cui i “malati” venivano rappresentati con una linea fluorescente in mezzo a ignari sani. Quello stigma si è sgretolato con anni di studi, di divulgazione scientifica e di opere cinematografiche e letterarie. Il celebre film Philadelphia con Tom Hanks fu una svolta per raccontare come la discriminazione sia pericolosa quanto la malattia.

In Italia il 58,1 per cento delle nuove diagnosi di Hiv sono tardive

Lo stigma su cui ha pestato il piede il consigliere Piscina però ha anche altri effetti. Da anni su questo campo opera l’associazione “Plus, persone Lgbt+ sieropositive” che si occupa degli aspetti “sociali” dell’Hiv (dalla paura alla solitudine, passando per la disclosure) lasciati troppo spesso alla gestione solitaria della singola persona con Aids. Quello stigma, spiegano dall’associazione, produce come effetto che le persone non facciano i test con sufficiente frequenza, o addirittura non lo facciano mai, contribuendo così alla diffusione del virus. In Italia il 58,1 per cento delle nuove diagnosi di Hiv sono diagnosi tardive, un numero molto più alto della media europea. Ricevere una diagnosi tardiva comporta un ritardo nel raggiungimento di livelli non rilevabili del virus attraverso la terapia e diminuisce le possibilità di avere un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale.

La Lega riproduce stigma e pregiudizi violenti

«A contribuire alla diffusione del virus non sono persone trans “che sputano sangue infetto” ma persone come Piscina che riproducono stigma e pregiudizi violenti», spiega Plus, che propone un’esegesi che smonta in toto le affermazioni del consigliere e – a ben vedere – anche il consigliere stesso. «Prima di tutto ci troviamo a dover ricordare al consigliere Piscina che “transessuale” non è un sostantivo, e che anche quando le si vuole insultare grossolanamente come in questo caso, sarebbe più corretto parlare di persone trans». Sul trucco della sineddoche in malafede usato dalla politica (per cui una persona trans diventa «i trans») ormai abbiamo un’intera letteratura. Sul «sangue infetto», secondo l’associazione Plus «Piscina non si dà neanche pena di dire di cosa sarebbe infetto il sangue, come se l’Hiv fosse l’unica infezione del sangue esistente. In secondo luogo, perché suona molto, troppo, come sangue sporco».

«Trans sputavano sangue infetto sulla polizia» polemiche per le parole del consigliere leghista
Samuele Piscina (Imagoeconomica).

Perché c’è bisogno di un’informazione corretta

«Ma la questione principale», conclude Plus, «non sono le dichiarazioni di un leghista particolarmente transfobico e sierofobico: il problema è che questo sarà uno dei rari casi in cui quest’anno si parlerà di Hiv sui media nazionali. Abbiamo bisogno di un’informazione corretta, che dia voce alla ricerca medico-scientifica e alle persone che vivono con Hiv, e che promuova una conoscenza reale di virus e combatta lo stigma». Su questo il consigliere leghista è un marchio doc: se lo stigma funziona, il mondo là fuori è molto più indietro di quanto si possa immaginare. Forse anche per questo gente come Piscina ha i voti per entrare in un Consiglio comunale.

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Dritto senza Rovescio. Con Giorgia è un siparietto

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la stessa che lamenta di essere sotto il tiro della stampa brutta, sporca e cattiva che le impedisce di essere amata come meriterebbe è stata intervistata per venti minuti durante l’ultima trasmissione Diritto e rovescio condotta da Paolo Del Debbio.

La premier Meloni è stata intervistata per venti minuti durante l’ultima trasmissione Diritto e rovescio condotta da Paolo Del Debbio

Per rendere l’idea del pezzo di giornalismo d’assolo si può partire dalla fine, quando Del Debbio suadente ha detto alla premier che “con questi dati e con questi successi che ha elencato una carbonara o un’amatriciana al conduttore potrebbe anche essere offerta lì a Palazzo Chigi…”. Meloni in collegamento si gusta la scena del giornalista azzerbinato e gli risponde “quando vuole”, chiamandolo per nome “Paolo”. “Io sono un ragazzo alla buona, mi accontento di poco…”, spiega Del Debbio e la conversazione scivola in un quadretto familiare, qualcosa di simile a una sit-com che deve sforzarsi di sembrare giornalismo.

In contemporanea su un altro canale che per molti è colpevole di essere “troppo grillino” (La7) l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ora leader dei Cinque Stelle, veniva sottoposto al tiro incrociato di Lilly Gruber e del suo valletto, il giornalista Massimo Giannini. Giannini era molto divertito dal nomignolo “CamaleConte” affibbiato al presidente M5S ripetendolo più volte e la giornalista del Corriere della sera Monica Guerzoni ha detto di ritenere Conte “il miglior alleato di Meloni”. Su che base?, chiede Conte. Su nessuna base, ha risposto lei. Gruber e Giannini avevano avuto lo stesso atteggiamento con la segretaria del Pd Elly Schlein. Forse tra l’aggressione e l’asservimento ci sarebbe una via di mezzo: il giornalismo.

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Dritto senza Rovescio. Con Giorgia è un siparietto

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la stessa che lamenta di essere sotto il tiro della stampa brutta, sporca e cattiva che le impedisce di essere amata come meriterebbe è stata intervistata per venti minuti durante l’ultima trasmissione Diritto e rovescio condotta da Paolo Del Debbio.

La premier Meloni è stata intervistata per venti minuti durante l’ultima trasmissione Diritto e rovescio condotta da Paolo Del Debbio

Per rendere l’idea del pezzo di giornalismo d’assolo si può partire dalla fine, quando Del Debbio suadente ha detto alla premier che “con questi dati e con questi successi che ha elencato una carbonara o un’amatriciana al conduttore potrebbe anche essere offerta lì a Palazzo Chigi…”. Meloni in collegamento si gusta la scena del giornalista azzerbinato e gli risponde “quando vuole”, chiamandolo per nome “Paolo”. “Io sono un ragazzo alla buona, mi accontento di poco…”, spiega Del Debbio e la conversazione scivola in un quadretto familiare, qualcosa di simile a una sit-com che deve sforzarsi di sembrare giornalismo.

In contemporanea su un altro canale che per molti è colpevole di essere “troppo grillino” (La7) l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ora leader dei Cinque Stelle, veniva sottoposto al tiro incrociato di Lilly Gruber e del suo valletto, il giornalista Massimo Giannini. Giannini era molto divertito dal nomignolo “CamaleConte” affibbiato al presidente M5S ripetendolo più volte e la giornalista del Corriere della sera Monica Guerzoni ha detto di ritenere Conte “il miglior alleato di Meloni”. Su che base?, chiede Conte. Su nessuna base, ha risposto lei. Gruber e Giannini avevano avuto lo stesso atteggiamento con la segretaria del Pd Elly Schlein. Forse tra l’aggressione e l’asservimento ci sarebbe una via di mezzo: il giornalismo.

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Una Festa contro la violenza. L’8 marzo ci ricorda i diritti violati delle donne

Ogni anno siamo qui, all’8 marzo festeggiato come “festa della donna” senza consapevolezza che più che una festa questo 8 marzo sia un memorandum dei diritti. Come ogni anno di fronte al report del Viminale su cosa è successo l’anno prima si rimane impietriti. Le diverse violenze sulle donne sono argomento prelibato per le lotte politiche, giusto il tempo del prossimo 8 marzo.

Ogni anno siamo qui a festeggiare l’8 marzo come “festa della donna” senza consapevolezza che più che una festa sia un memorandum dei diritti

Nel 2023, 120 donne sono state uccise, con una diminuzione del 6%. Il rapporto evidenzia una riduzione dei maltrattamenti familiari, ma un aumento delle violenze sessuali. L’applicazione del “codice rosso” indica un aumento delle segnalazioni di violenza e delle violazioni degli ordini di protezione. Il report 8 marzo. Giornata internazionale dei diritti della donna del Servizio Analisi Criminale della Polizia della Direzione Centrale Polizia Criminale, Ufficio a composizione interforze del Dipartimento della pubblica sicurezza, evidenzia anche un calo dei maltrattamenti familiari, ma un aumento delle violenze sessuali nel quadriennio 2020-2023.

Nel 2023, 120 donne sono state uccise, con una diminuzione del 6%

Il rapporto del Viminale evidenzia che delle 120 le donne uccise l’anno scorso, 64 sono state assassinate da partner o ex compagni con una diminuzione del 6%. Anche l’incidenza delle donne uccise in ambito familiare/affettivo evidenzia una diminuzione tra il 2020 e il 2023: in circa un quarto dei casi le uccisioni di donne si collocano nel quadro del rapporto genitori/figli. Ad uccidere le madri sono stati nell’89% degli episodi i figli maschi. I presunti autori degli omicidi di donne risultano individuati con percentuali intorno al 90%.

Il report 8 Marzo, che analizza il quadriennio 2020/2023, è stato realizzato in collaborazione con la Lega Pallavolo Serie A Femminile visto che le giovani campionesse hanno arricchito il documento con le loro testimonianze sul valore dello sport per promuovere un’effettiva parità di genere. Per quanto attiene alle vittime delle delittuosità l’incidenza di quelle di genere femminile ha registrato valori che si attestano tra il 57 e il 96%, tranne che per la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, i cui valori oscillano dal 26% del 2022 al 17% dell’anno successivo.

Nel 2023 si è registra una diminuzione dei maltrattamenti contro familiari e conviventi e degli atti persecutori

Nel 2023 si registra anche, una diminuzione dei maltrattamenti contro familiari e conviventi e degli atti persecutori, reati nei tre anni precedenti, avevano entrambi già evidenziato un incremento costante. Trend in crescita invece per le violenze sessuali che, viene fatto notare nel documento, almeno in parte, può essere letto quale il parziale “affioramento di un sommerso”, ossia la testimonianza anche di una aumentata sensibilità verso il fenomeno.

“Interessante” anche il dato inerente all’applicazione del “codice rosso”, che vede un “significativo incremento”, sia dei delitti commessi che delle segnalazioni a carico dei presunti autori noti” come la violazione di provvedimenti di allontanamento della casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Ma anche in questo caso il dato “può essere interpretato in modo positivo” ovvero “come un incremento della propensione alla denuncia”.

Nel mondo una donna su tre è stata violentata, picchiata, costretta all’atto sessuale oppure abusata almeno una volta nella sua vita

Poi ci sono i numeri nel mondo. Una donna su tre, secondo dati dell’Unifem, è stata violentata, picchiata, costretta all’atto sessuale oppure abusata almeno una volta nella sua vita. Secondo uno studio dell’Oms e della Banca Mondiale, la violenza domestica è la causa principale di morte o di lesioni gravi per donne tra 16 e 44 anni: più importante del cancro, della malaria o degli incidenti stradali. La violenza contro le donne è una fra le forme più gravi e diffuse di violazione dei diritti umani.

 

Leggi anche: Mattarella scende in campo contro la violenza sulle donne. La denuncia del capo dello Stato: “Ancora oggi troppe e inaccettabili molestie”

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La sicurezza al tempo del governo Meloni. Alto impatto, grosso flop

Anche ieri le agenzie di stampa hanno battuto frenetiche: “Nella serata del 7 marzo ad Aprilia, i Carabinieri del Reparto Territoriale di Aprilia, – dovete immaginarlo letto con la voce marziale dell’Istituto Luce dell’anno 2024 – hanno svolto un servizio straordinario di controllo del territorio ad alto impatto in coordinamento con la Questura di Latina, Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Aprilia e tutta una lista di forze, interforze, forze minori coinvolte nell’operazione”.

Mentre si dà grande eco mediatica alle operazioni “Alto impatto” volute dall’esecutivo cala l’attenzione sulle inchieste di mafia

Risultato? La segnalazione di “un cittadino indiano classe ‘66 residente ad Aprilia, commerciante di autolavaggio per violazioni in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”, “un cittadino turco classe ‘91 residente ad Aprilia titolare di un’attività di rosticceria” e il “titolare di una frutteria, per commercializzazione di borse in plastica non rispondenti alle caratteristiche di legge”. Sembra una barzelletta e invece è la fotografia del concetto di sicurezza secondo questo governo. Sempre ieri a Napoli un’altra “operazione a alto impatto” ha recuperato “due pistole sequestrate, di cui una con matricola abrasa ed una a salve priva dell’obbligatorio tappo rosso, numerose cartucce, 22 orologi, di cui 10 contraffatti”.

Due giorni fa l’operazione “a alto impatto” è caduta su Nocera Inferiore. Risultati? L’arredto di “G.N. (classe 1975), colto nella flagranza del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. L’uomo, sottoposto a perquisizione domiciliare, è stato infatti trovato in possesso di 13 panetti di sostanza stupefacente del tipo hashish”. Una settimana fa è stata imperdibile l’operazione “a alto impatto” nel quartiere Forcella di Napoli. “Circa 200 uomini di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza stanno eseguendo numerose perquisizioni”, battono le agenzie. Risultato? Poco meno di zero. Tant’è che le notizie che si ritrovano parlano dei militari coinvolti e non dei risultati.

A dicembre dell’anno scorso oltre 500 i poliziotti che, coordinati dal Servizio centrale operativo (Sco) della Polizia di Stato, sono stati impiegati in una operazione contro il fenomeno della criminalità giovanile in 14 province italiane (Arezzo, Bari, Catania, Genova, Milano, Modena, Napoli, Palermo, Padova, Pescara, Reggio-Emilia, Rovigo, Salerno e Verona). In totale sono state arrestate 41 persone, di cui un quarto minori, e denunciate in stato di libertà 74 persone, 24 delle quali minorenni. Sono i minorenni che stanno riempiendo le carceri italiani che straripano dopo il cosiddetto Decreto Caivano. Gente arrestata per reati minori che si aggiunge alle straripanti emergenze delle carceri italiane.

Esibizioni muscolari e scarsi risultati. A parte riempire le carceri di minorenni

Nel frattempo ieri i Carabinieri del Comando Provinciale di Vibo Valentia e del Reparto Crimini Violenti del Raggruppamento Operativo Speciale, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Vibo Valentia, nei confronti di due persone, una delle quali già detenuta per associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, mentre l’altra con precedenti in materia di armi risultava libera per la morte di Francesco Tutino, 63 anni, il cui corpo carbonizzato è stato trovato all’interno di un’auto bersagliata da colpi di fucile edinterrata tra le campagne di Calimera, frazione di San Calogero, nel gennaio 2022.

A Palermo sono stati confiscati beni per un valore di circa 3500mila euro tra le disponibilità economico-imprenditoriali riconducibili ad Albanese Stefano, tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “cupola 2.0” perché’ intraneo alla “famiglia mafiosa di Polizzi Generosa. In Sicilia 8.600 beni confiscati attendono di essere assegnati. La Direzione nazionale antimafia resiste sotto i colpi della maggioranza di governo.

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Europa delle donne?

A proposito di Europa, delle prossime elezioni europee che si svolgeranno dal 6 al 9 giugno e dei partiti di estrema destra che stanno guadagnando posizioni e che potrebbero cambiare la geografie dell’Europarlamento e della Commissione: non sarà un buon tempo per le donne. Il gruppo di estrema destra Identità e Democrazia (Id) e il gruppo di destra dei conservatori e dei riformatori europei (Cer) sono destinati a guadagnare seggi. A livello nazionale i partiti affiliati a questi gruppi si distinguono per il continuo tentativo di annacquare o di eliminare diritti chiave come l’accesso all’aborto o le leggi contro la discriminazione di genere. 

I populisti di estrema destra hanno preso di mira in Andalusia “il ruolo della donna come vittima e dell’uomo come aggressore” e quelli che molti considerano diritti fondamentali negli ultimi anni. Il partito polacco di destra Law and Justice ha messo fuori legge l’aborto nella maggior parte dei casi nel 2020, una misura che il nuovo primo ministro Donald Tusk sta lavorando per rovesciare. Nel frattempo, il governo di Viktor Orbán in Ungheria ha reso obbligatorio per le donne in gravidanza ascoltare il battito cardiaco del feto prima di poter accedere alla procedura.

In Italia, il governo della coalizione di destra è stato preso di mira per non aver protetto le donne tagliando i finanziamenti ai programmi per combattere la violenza di genere. Il partito di estrema destra spagnola Vox, che è presente in diversi governi di coalizione a livello locale e regionale, si è spostato a rottamare i dipartimenti incaricati di promuovere l’uguaglianza e in alcuni casi ha inoltre soppresso ogni menzione della violenza di genere o dei diritti LGBTQ+.

“La destra e l’estrema destra potrebbero cercare di replicare a livello dell’Ue le misure restrittive che sostengono a livello nazionale” ha affermato Jéromine Andolfatto, responsabile della politica e della campagna presso la Lobby europea delle donne. Non ci sono dati completi sull’argomento, ma un sondaggio su 145 parlamentari di 45 Paesi europei nel 2018 ha rilevato che oltre l’85% delle donne intervistate aveva subito violenza psicologica e quasi la metà aveva ricevuto minacce di stupro o percosse fisiche. Circa una deputata su quattro che era stata vittima di molestie sessuali ha riferito l’incidente alle forze dell’ordine.

Buon 8 marzo. 

Nella foto: sciopero femminista in Spagna, 8 marzo 2019 (Wikipedia)

Per approfondire leggi Left di marzo All’opposizione per Costituzione

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Un Daspo per Calenda dal Centrosinistra. L’ex ministro sposa il bavaglio al dissenso

Strano modo quello di Carlo Calenda per cercare di inserirsi nel cosiddetto campo largo tra Partito democratico e Movimento 5 stelle. Ieri il leader di Azione ha voluto farci sapere di essere “assolutamente d’accordo” al Daspo “per le persone che commettono violenze in piazza, così come se la commettono negli stadi. è giusto che siano allontanati e gli sia impedito di partecipare a cortei dove possano esercitare la violenza. Mi sembra un principio di buon senso”.

Strano modo quello di Carlo Calenda per cercare di inserirsi nel cosiddetto campo largo tra Pd e M5S

La frase letta così potrebbe sembrare una norma quasi di buon senso. Peccato che il cosiddetto Daspo per i manifestanti sia l’ennesima roncola agitata dalla maggioranza di governo contro coloro che non sono d’accordo con le posizioni e con le opinioni del governo. Il Daspo in mano a Meloni e soci sostanzialmente è un bavaglio che comprime gli spazi del dissenso. Del resto siamo in un tempo in cui si viene identificati se si grida viva l’Italia antifascista durante la prima alla Scala di Milano oppure mentre si appoggia un fiore sulla tomba di Anna Stepanovna Politkovskaja per ricordare l’assassinio di Aleksej Navalny.

Purtroppo le esigenze di posizionamento politico costringono Calenda a dare un colpo al cerchio e uno alla botte, ogni giorno, trasformandolo in un cocciuto bastian contrario che vorrebbe stare in mezzo a un bipolarismo che nel mezzo prevede il niente. Peccato perché così facendo il leader di Azione non fa altro che dare ragione a Giuseppe Conte che da mesi si incaponisce contro la segretaria del Partito democratico Elly Schlein che vorrebbe allargare il fronte anche all’ex ministro. Professarsi “assolutamente d’accordo” con il Daspo ai manifestanti è un modo banale per dire di voler giocare alla politica dei due giorni. Ma no, non c’è tempo.

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Crollo delle nascite. Il lavoro precario farà affondare il Paese

Perché in Italia nascono così pochi bambini? Tra le cause, certamente, c’è quel terzo delle donne che nel periodo cruciale per la fecondità si ritrova ad avere un contratto a tempo determinato, con troppe poche garanzie per programmare un futuro. In un’analisi del sito di informazione economica lavoce.info si indaga se la diffusione dei contratti a termine abbia effetti sulla fecondità, e come i due aspetti interagiscano tra loro, ovvero se l’eventualità di una nascita in futuro riduca le opportunità di accesso a un contratto a tempo indeterminato per le donne. Lo studio di Ylenia Brilli, Bernardo Fanfani e Daniela Piazzalunga affronta il problema denatalità nel nostro Paese.

Tra i 25 e i 34 anni procreare è un lusso. E l’Italia che si spopola si impoverisce

Il tasso di fecondità in Italia – scrivono i ricercatori – è tra i più bassi di Europa: nel 2021 – ultimo dato disponibile – ha raggiunto 1,25 figli per donna, rispetto a una media europea di 1,53; Germania e Francia si collocano rispettivamente a 1,58 (in leggero aumento) e 1,84 figli per donna. Nel 2022 il numero di nati è stato pari a 393 mila, quasi 7 mila in meno rispetto all’anno precedente (-1,7 per cento), e i dati provvisori suggeriscono un ulteriore calo nel 2023. Il governo ha da poco licenziato il cosiddetto Bonus mamme che consente l’esonero della contribuzione previdenziale, fino a un massimo di 3 mila euro annui, per le lavoratrici con almeno tre figli, e, in via sperimentale per il solo 2024, per le lavoratrici con almeno due figli, di cui il più piccolo di età inferiore ai 10 anni e fino al raggiungimento della suddetta età.

L’agevolazione pensata dal governo però è rivolta alle madri con contratto a tempo indeterminato, sfavorendo le lavoratrici che in stato di precarietà lavorativa si ritrovano a essere più fragili. Anche perché secondo Eurostat in Italia nel 2022 oltre il 28 per cento dei lavoratori di età compresa tra i 25 e 34 anni aveva un contratto a termine, 10 punti percentuali in più della media europea e oltre 11 punti percentuali in più rispetto alla media della popolazione. Numeri che ci rendono uno dei Paesi europei con più alto tasso di contratti a termine. Nella fascia tra i 25 e i 34 anni la differenza di genere è evidente: sono a termine il 25 per cento dei contratti tra gli uomini e il 32 per cento tra le donne.

Pure il Bonus mamme del governo Meloni si applica solo a chi ha un contratto a tempo indeterminato

I dati- spiegano i ricercatori – risultano ancora più preoccupanti prendendo in considerazione le differenze geografiche: se al Nord Italia circa il 27 per cento delle donne di età compresa tra i 25 e 34 anni ha un contratto a tempo determinato, nel Centro Italia la percentuale sale al 37 per cento e nel Sud Italia raggiunge il 40 per cento. “Considerata – si legge nello studio – l’importanza che questa fascia di età ha per le scelte di fecondità, in un nostro lavoro (di cui una descrizione dettagliata è disponibile nell’Allegato del XXII Rapporto Inps) indaghiamo se la diffusione dei contratti a termine abbia effetti sulla fecondità, e come i due aspetti interagiscano tra loro – ovvero se l’eventualità di una nascita in futuro riduca le opportunità di accesso a un contratto a tempo indeterminato per le donne”.

La precarietà invita a fare pochi figli e avere dei figli riduce drasticamente la possibilità di uscirne, innestando un circolo vizioso. In uno studio Alessandra Casarico e Salvatore Lattanzio avevano già osservato nel 2020 come prima della nascita, le traiettorie di donne con e senza figli sono pressoché identiche, ma subito dopo la nascita del figlio iniziano a divergere. A quindici anni dalla maternità, i salari lordi annuali delle madri sono di 5.700 euro inferiori a quelli delle donne senza figli rispetto al periodo antecedente la nascita (ossia, i loro salari sono inferiori del 53 per cento). Serve molto più di un bonus e della retorica per rendere conveniente la maternità.

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Doppia poltrona, Gasparri molla la Cyberealm

“Non è una resa”, annuncia il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri dopo avere comunicato via lettera al presidente del Senato di essersi “dimesso dalla presidenza non operativa di Cyberealm, società che non merita astiosi e immotivati attacchi”, scrive nella sua missiva, spostando come al solito il focus da se stesso alla società che non è mai stata argomento di discussione giornalistica.

Il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri ha lasciato la presidenza della società Cyberealm rivelata da La Notizia

Il punto era piuttosto che un presidente dal 2021 di una società che si occupa di sicurezza informatica non abbia mai comunicato al Senato il proprio ruolo, come rivelato da La Notizia. E quell’omissione avrebbe potuto comportare la decadenza del seggio. Gasparri è stato salvato dalla Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato in una sottocommissione presieduta dal leghista Manfredi Potenti, secondo cui non esistono presupposti di incompatibilità perché non ci sarebbero elementi che facciano presumere che l’azienda abbia rapporti con la pubblica amministrazione.

Aveva taciuto l’incarico al Senato ma è stato salvato dalla Giunta delle elezioni

“La mia è una libera scelta – dice Gasparri -. Non mi sono arreso assolutamente a nulla, Report e gli esponenti grillini continuano a dire menzogne. Ho fatto il contrario, non mi sono dimesso prima per consentire agli organi del Senato di esprimersi. Un giudizio che mi ha dato ragione”. Poi, come accade per altri parlamentari, allo scoperchiamento di uno scandalo Gasparri ha deciso di dimettersi dalla società da cui trovava ingiusto e inutile dimettersi. Probabilmente si è dimesso per dimostrare che aveva ragione. Come no.

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