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Giulio Cavalli

Addirittura il New York Times

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Il dibattito sulle droghe leggere in Italia si accende ad intervalli regolari per portare sistematicamente al nulla di fatto. Il gioco è sempre lo stesso: creare allarme sociale per spostare la discussione sul piano della sicurezza personale e quindi andare diritti alle pance senza dibattito scientifico e politico. Ora che il NY Times prende posizione (in un gradevolissimo modo senza sconti e senza tentennamenti) almeno sarà più difficile fare finta di niente:

Gli Stati Uniti ci misero tredici anni per riacquistare il senno e abolire il proibizionismo, 13 anni in cui la gente continuò a bere, e in cui viceversa cittadini rispettosi della legge divennero dei fuorilegge e organizzazioni criminali nacquero e prosperarono. Sono passati più di quarant’anni da quando il Congresso ha vietato la marijuana, infliggendo un danno alla società per aver proibito una sostanza molto meno dannosa dell’alcool. Il governo federale deve abrogare il divieto di vendere e consumare marijuana.
(…)
C’è un onesto dibattito nel mondo scientifico riguardo gli effetti sulla salute della marijuana, ma noi crediamo che ci sia una grandissima quantità di prove che dimostrano che la dipendenza da essa sia un problema minore, rispetto soprattutto a quella che causano alcool e tabacco. Un utilizzo moderato della marijuana non costituisce un rischio per una persona adulta sana. Le affermazioni secondo le quali la marijuana sarebbe una droga di passaggio verso l’assunzione di sostanze più pericolose è tanto fantasiosa quanto le immagini di omicidio, stupro e suicidio contenute nel film Reefer Madness [una specie di film di propaganda del 1936 contro il consumo di marijuana].
(…)
Creare sistemi per regolare la produzione, la vendita e la promozione del prodotto sarà complesso. Ma si tratta di problemi risolvibili, e sarebbero già stati trattati da tempo se come nazione non avessimo deciso di arroccarci sulla criminalizzazione della produzione e del consumo della marijuana.

La schiena diritta

Devo ammettere di avere sempre stimato Felice Casson come magistrato e devo ammettere che la criminalizzazione dell’opposizione alle riforme così come la vedo in questo momento mi appare come un punto bassissimo di cultura della politica e della democrazia. Per questo vale la pena non farsi sfuggire l’intervista di oggi dello stesso Casson sulle riforme:

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La scuola e i modelli educativi

Allo stato attuale, il sistema educativo è lontano dal raggiungimento dei suoi obiettivi fondamentali. È sul piano della mobilità sociale che i risultati sono più desolanti: come già notato dai sociologi degli anni Settanta (Boudon analizza ampiamente la questione) e come confermato da uno studio della London School of Economics nel 2005[6], e poi naturalmente dal lavoro ormai celebre di Thomas Piketty sul Capitale al XXI secolo, le società occidentali hanno smesso di fare progressi in questo senso malgrado l’aumento complessivo della media degli anni studio[7]. Certo, le statistiche mostrano ovunque che la media del reddito individuale aumenta con il numero di anni di studio[8], anche se talvolta seguendo una curva a U[9] che penalizza i risultati intermedi. Generalmente, nella maggior parte dei paesi occidentali studiare resta vantaggioso per chi può permetterselo. Tuttavia il dato in sé segnala semplicemente che il mercato del lavoro usa l’educazione come criterio di selezione (o di «signalling») entro una determinata popolazione, e non che i diplomi producono nuovi posti di lavoro o che incidono positivamente sulla distribuzione ineguale della ricchezza. Il meccanismo di selezione è un gioco a somma a zero e la competizione formativa è una specie di costosissima «conta» per allocare il capitale umano.

Ribadiamo il concetto, semplicissimo eppure evidentemente difficile da assimilare se non si dispone di un minimo di senso logico: il fatto che esista una correlazione tra livello di educazione e reddito individuale non implica in nessun modo che debba esserci, globalmente, un’influenza dell’educazione sulla crescita economica. Illustriamo questo paradosso con un esempio: se un’ipotetica società ripartisce la ricchezza in funzione dei risultati a una corsa, il più veloce avrà un guadagno superiore a quello del più lento. Ma questo non implica che correndo si sia creata della ricchezza, né che correndo tutti più veloce si possa influire sulla ricchezza complessiva. Senza dubbio bisogna tenere in considerazione anche gli effetti dell’educazione sulla produttività e gli effetti della produttività sulla crescita, ma questi effetti possono essere sia positivi che negativi. In effetti l’investimento eccessivo o male allocato produce cali di produttività o addirittura fenomeni di «controproduttività» (il concetto è di Illich), come mostra anche il fatto che il mercato del lavoro sanziona la forza-lavoro sovraistruita — una popolazione caratterizzata da elevati tassi d’insoddisfazione, assenteismo, sabotaggio industriale e uso di droghe![10] Anche in questo caso, il problema sta tutto in quella curva a U che sanziona chi fallisce in maniera più severa di chi non partecipa.

Un articolo importante sulla scuola. Da leggere tutto qui.

Buon lavoro

Buon lavoro a Luciano Argano (presidente), Oliviero Ponte di Pino, Roberta Ferraresi, Ilaria Fabbri, Massimo Cecconi: sono i membri della commissione consultiva per il teatro che affiancheranno il lavoro del ministro alla Cultura nella decisione dei finanziamenti in un momento molto importante per il teatro, quello del traghettamento dal vecchio al nuovo sistema decretato dalla riforma che entrerà in vigore a gennaio 2015.

Gaza: pavida Italia

Gaza_to_face_a_holocaust_2_by_Latuff2Il consiglio dell’Onu per i diritti umani ha approvato a Ginevra una risoluzione che chiede una commissione di inchiesta internazionale per condurre un’indagine su tutte le violazioni nella Striscia di Gaza. Il testo è stato approvato dai 47 paesi membri, con un voto contrario, quello degli Usa, 29 voti a favore, e 17 astensioni (tra le quali quella dell’Italia e di altri Paesi europei).

La risoluzione condanna con forza le “vaste, sistematiche e flagranti violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali derivanti dall’operazione militare israeliana nei Territori palestinesi occupati dal 13 giugno” ed in particolare il “recente assalto nella Striscia di Gaza” e chiede l’invio urgente di una commissione di inchiesta.

L’Italia si è astenuta. Davvero.

La favola BreBeMi

Guardate questa foto:

Ue:Renzi,con programma 1000 giorni ci prendiamo flessibilità

Vedere insieme Roberto Maroni, Maurizio Lupi, Matteo Renzi con alle loro spalle (che spingono per potere apparire in foto) i consiglieri regionali Mario Barboni (PD) e Mauro Parolini (NCD) può dare il polso dell’asservimento politico alla retorica delle “grandi opere”. In questo caso si tratta della BreBeMi ma il meccanismo è applicabile a qualsiasi altra opera. Ora provate a chiedervi: se l’avesse fatto Berlusconi?

Per informazioni sulle bugie (e l’inutilità) di BreBeMi potete leggere Luca Martinelli qui:

Chi avesse avuto la pazienza di ascoltare gli interventi di Roberto Maroni, Maurizio Lupi e Matteo Renzi alla cerimonia di inaugurazione della BreBeMI, avrà provato l’incredibile sensazione di “vivere dentro uno spot”, l’affresco molto romanzato di un Paese “in movimento”, in auto (come sempre).
Ci può stare, perché era -in fondo- la passerella per celebrare “la Grande Opera”, e spargere un po’ di ottimismo o anche intorno ad Expo, cui l’autostrada tra Brescia e Melzo sarebbe collegata. 

Dispiace però (ri)leggere oggi sui quotidiano le banalità e la false informazioni gettate nell’arena dalla politica, per cui vale la pena puntualizzarne almeno alcune.

È falso che la BreBeMi rappresenti in esempio di concorrenza per le autostrade lombarde. Non esiste la “concorrenza” sulla rete autostradale, affidate in concessione ad un unico soggetto. A meno di non considerare “concorrenti” due infrastrutture che corrono parallele (in questo caso la nuova A35 e la A4), ma probabilmente -prendendo in considerazione il consumo di suolo legato alle opere viarie e complementari- questa “concorrenza” avrebbe un costi sociale ed ambientale troppo elevato.

La concorrenza, semmai, avrebbe dovuto caratterizzare la fase dei lavori per realizzare l’opera, ma per le autostrade realizzate in project financing il fastidioso meccanismo delle gare d’appalto e del “vinca la migliore offerta” sono cancellate. Per questo tra i soci del concessionario ci sono grandi imprese di costruzioni, che hanno potuto anche svolgere direttamente e senza alcuna procedura competitiva i lavori, il cui costo è di circa 1,6 miliardi di euro (cui andrebbero aggiunti, per calcolare il costo complessivo dell’opera, almeno 800 milioni di euro di interessi sui debiti contratti per realizzare l’investimento).

È falso anche, come ripetuto anche ieri, che la BreBeMi sia la prima autostrada realizzata facendo ricorso solo a capitale privato. Lo è già di fatto, perché le “banche” che hanno garantito il project financing si chiamano Cassa depositi e prestiti (controllato all’80% dal ministero del Tesoro) e Banca europea degli investimenti (di proprietà dei Paesi dell’UE, comprese l’Italia). Come se non bastasse, però, come ieri ha ricordato Roberto Maroni l’opera è in attesa di una decisione del CIPE (“di una firmetta di Padoan”, ha specificato ieri il presidente di Regione Lombardia) relativa alla defiscalizzazione dell’opera, cioè di un finanziamento indiretto da parte dello Stato, che non incasserà IVA, IRES, IRAP dal concessionario per una cifra, pare, intorno al mezzo miliardo di euro.

Vale la pena aggiungere che la defiscalizzazione è possibile, per legge, solo per opere il cui piano economico e finanziario sia insostenibile: significa, in pratica, che il traffico atteso sulla BreBeMi, i numero usati per giustificare l’opera, non ci sono, che il concessionario rischia il collasso.

Infine, aprite Google Maps. Scrivete Pozzuolo Martesana, e vedrete l’anello degli svincoli dell’A35 in mezzo ai campi. Poi cercate il grande pesce -il sito EXPO- a Nord-ovest di Milano, tra l’A4 e l’A8 (scrivere via Roserio, Milano, per inquadrarlo): chi di voi sarebbe pronto a scommettere che il primo luogo individuato sia il punto d’arrivo di una infrastruttura pensata per arrivare nel secondo? In mezzo c’è Milano. Per arrivare al sito di Expo, dall’A35, si torna sulla A4…

 

Quando i Casalesi fanno politica: Luigi Cesaro

luigi-cesaro-giggino-a-purpetta-gaffeNAPOLI – La Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha inviato alla Camera dei deputati una richiesta di arresto nei confronti di Luigi Cesaro di Forza Italia nell’ambito di un’inchiesta sull’assegnazione di appalti nel comune di Lusciano, in provincia di Caserta, ad imprese vicine al clan dei Casalesi, fazione legata a Francesco Bidognetti detto «Cicciotto ‘e mezzanotte». Nel mirino soprattutto un incontro del 2004, nel quale, secondo l’accusa, Cesaro e l’ex boss del clan dei Casalesi Luigi Guida si accordarono per assegnare l’appalto sul Piano di Insediamento Produttivo di Lusciano. Di quell’incontro, parla anche un altro pentito di camorra, Gaetano Vassallo. Quest’ultimo riferisce di avere incontrato Cesaro, che conosceva molto bene per motivi politici, e subito dopo quell’incontro, di averlo chiamato per nome, in un’altra circostanza, provocando tuttavia l’imbarazzo del deputato.

ARRESTATI DUE SUOI FRATELLI – In totale sono nove le misure cautelari, una riguarda una persona deceduta (quindi ne restano otto). Tra gli arrestati l’ex consigliere regionale Udeur Nicola Ferraro, e i fratelli di Luigi Cesaro, Raffaele e Aniello.

LA REAZIONE DEL DEPUTATO – «Grande è la mia amarezza di fronte ad un’accusa ingiusta», afferma Cesaro . «Come già anticipato, chiederò che la Camera autorizzi rapidamente l’esecuzione del provvedimento», aggiunge.

IL POOL – L’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dai sostituti Antonello Ardituro, Giovanni Conso, Marco del Gaudio e Cesare Sirignano. Il pool contesta al deputato di Forza Italia i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e turbativa d’asta.

L’APPALTO INCRIMINATO – In lizza per gli appalti relativi ai lavori di realizzazione del Piano Insediamenti Produttivi e del Centro Sportivo Natatorio Polivalente, a Lusciano, erano in lizza due imprese, la «Cesaro Costruzioni Generali», della famiglia Cesaro, e la Emini Costruzioni, di Francesco Emini: la fazione Bidognetti del Clan dei Casalesi, però, ad un certo punto ritenne più vantaggioso appoggiare la prima impresa e si adoperò ottenendo la sostituzione del capo dell’ufficio tecnico del Comune, Gennaro Costanzo (ritenuto più vicino alla Emini) con Angelo Oliviero, arrestato dai carabinieri. Secondo quanto emerge dall’inchiesta, infatti, l’impresa «Cesaro Costruzioni Generali», avrebbe offerto al clan un corrispettivo maggiore rispetto a quello offerto dalla Emini Costruzioni. La vicenda viene raccontata dall’ex reggente della fazione Bidognetti del clan dei Casalesi, Luigi Guida, che in primo momento aveva sponsorizzato la Emini salvo poi ricredersi quando l’ex consigliere regionale Nicola Ferraro gli riferì che i Cesaro lo avevano contatto dicendosi disponibili a versare al una cifra più cospicua. La «Cesaro Costruzioni Generali» si aggiudicò la gara nel 2004, sollecitando più volte l’affidamento dei lavori. Qualche anno più tardi, però, quando si diffusero notizie sulle indagini della magistratura, rinunciò spontaneamente ai lavori.

IL PRECEDENTE – Nel 1984 Cesaro, detto «Giggin’ ‘a purpetta» fu arrestato nell’ambito di un blitz contro la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Cesaro venne condannato nel 1985 dal Tribunale di Napoli a 5 anni di reclusione. Il verdetto fu ribaltato in appello nell’aprile 1986, quando Cesaro venne assolto per insufficienza di prove; decisione confermata dalla Corte di Cassazione (presieduta dal giudice Corrado Carnevale) per non aver commesso il fatto.

LA CARRIERA POLITICA – Alle elezioni politiche del 1996 fu eletto per la prima volta deputato. Nel maggio del 1997 divenne coordinatore provinciale di Napoli per il suo partito, carica che ricoprirà fino al 2002. È stato eletto Presidente della Provincia di Napoli nel turno elettorale del 2009 (elezioni del 6 e 7 giugno), raccogliendo il 58,3% dei voti in rappresentanza di una coalizione di centrodestra. Il 9 ottobre 2012 il Consiglio provinciale di Napoli votò una mozione di incompatibilità per il suo doppio incarico di Presidente della Provincia e di parlamentare, in netto contrasto con la legge vigente. Dopo l’approvazione, Cesaro rassegnò le dimissioni. Le dimissioni consentirono a Cesaro di ricandidarsi al parlamento per le elezioni politiche del 2013 senza incorrere in alcun intoppo di carattere normativo. Il 16 novembre 2013, con la sospensione delle attività del Popolo della Libertà, aderì a Forza Italia.

DENTRO FI CAMPANA – «Sono stato negli ultimi cinque anni quanto mai vicino a Luigi Cesaro nel lavoro quotidiano sia alla Provincia di Napoli che al partito, e non posso altro che testimoniare di una persona limpida, onesta e sempre rispettosa delle istituzioni. Solo pochi giorni fa penso che Luigi Cesaro sia stato chiarissimo quando ha dichiarato la sua impotenza al cospetto di una gogna mediatica durata anni su episodi riportati da un pentito che non conosce nemmeno. Oggi credo che sia combattuto tra l’angoscia di sapere i suoi fratelli in carcere ed il sollievo che ora chiaramente potrà essere fatta completamente luce su una vicenda dove denuncia la sua assoluta estraneità. Gli sono umanamente quanto mai vicino e gli esprimo la mia piena e sentita solidarietà. Ho come lui fiducia nella magistratura e confido che i tempi lunghissimi che hanno preceduto i provvedimenti cautelari di oggi vengano compensati da una veloce verifica dei fatti. Dico queste parole quale amico della famiglia Cesaro ma anche nel mio ruolo di coordinatore provinciale di Napoli di Forza Italia>, dice il presidente della Provincia di Napoli, Antonio Pentangelo. E il coordinatore regionale, Domenico De Siano aggiunge: «A Luigi Cesaro, al quale mi lega un forte sentimento di amicizia e della cui correttezza non dubito, va la mia piena e sincera vicinanza in un momento a dir poco difficile. Rispetto pienamente il lavoro della Magistratura, verso la quale ho la massima fiducia, augurandomi che possa fare piena luce in tempi davvero rapidi. Osservo, non senza preoccupazione, l’avvio della celebrazione del più classico dei processi mediatici: ovviamente, da garantista vero mi auguro che il principio costituzionale della presunzione di innocenza prevalga su tutto, sugli interessi di chi in qualche modo può trarre vantaggi da questa vicenda».

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“La vera storia della vicenda Berlusconi? Mafia, mafia, mafia, soldi, mafia”

emilio-1I pm che indagano sulla trattativa Stato-mafia hanno interrogato Fede dopo che dalla procura di Monza è arrivata la registrazione di una conversazione. Un file realizzato con il telefonino da Gaetano Ferri, personal trainer di Fede, che nel luglio del 2012 registra una conversazione con l’ex direttore del Tg4, all’insaputa di quest’ultimo. Nella registrazione si sente Fede che spiega alcuni passaggi dei collegamenti tra Arcore, Dell’Utri e Cosa Nostra. “C’è stato un momento in cui c’era timore e loro avevano messo Mangano attraverso Marcello” spiega Fede al suo interlocutore. Che ribatte: “Però era tutto Dell’Utri che faceva girare”. “Si, si era tutto Dell’Utri, era Dell’Utri che investiva” risponde Fede.

Poi il giornalista si pone una domanda retorica con risposta annessa: “Chi può parlare? Solo Dell’Utri. E devo dire che in questo Mangano è stato un eroe: è morto per non parlare”. Quindi il giornalista fornisce al suo personal trainer la sua estrema sintesi di quarant’anni di potere economico e politico: “La vera storia della vicenda Berlusconi? Mafia, mafia, mafia, soldi, mafia”.

Parola di Emilio Fede.

Matteo Alampi e le sue discariche

Dalle prime ore di questa mattina i Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria stanno eseguendo in Calabria, Veneto e Francia, un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale reggino su richiesta della Dda, nei confronti di 24 persone accusate di associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, intestazione fittizia di beni e sottrazione di cose sottoposte a sequestro, con l’aggravante delle finalità mafiose. Al centro dell’operazione gli interessi della `ndrangheta nella gestione di alcune discariche in Calabria.

Le indagini del Ros hanno consentito di fare luce sulle infiltrazioni della `ndrangheta nel settore degli appalti ecologici, nel cui ambito, riferiscono i carabinieri, sono stati accertati gli accordi tra le cosche reggine per la spartizione degli enormi profitti derivanti dalla gestione fraudolenta delle discariche regionali. È stato documentato anche il controllo da parte degli indagati di imprese già sequestrate alla cosca, mediante la complicità di un amministratore giudiziario, anch’egli destinatario di un provvedimento restrittivo.

La polizia giudiziaria di Nizza e il Ros hanno rintracciato Matteo Alampi, notificandogli il mandato di arresto europeo emesso dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. Alampi è ritenuto la mente imprenditoriale dell’organizzazione criminale, già capeggiata dal padre Giovanni Alampi, quest’ultimo arrestato nel 2010 nel corso dell’operazione «Il Crimine», che ne aveva delineato il ruolo di capo del «locale» di Trunca, attivo nell’omonima frazione del capoluogo reggino. Matteo Alampi, definito dagli investigatori «imprenditore `ndranghetista” è stato arrestato, insieme alla moglie, mentre si trovava in Francia, in Costa Azzurra, dal servizio regionale della polizia giudiziaria di Nizza e dal Ros dei carabinieri, grazie al servizio di cooperazione interpol. Alampi, dopo la scarcerazione, avvenuta nel marzo scorso, al termine di un periodo di detenzione per associazione mafiosa, si era trasferito a Villefranche Sur Mer, per sottrarsi alla notifica della sorveglianza speciale.

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