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Giulio Cavalli

Quindi Dell’Utri

Le notizie che arrivano dal Libano non sono per niente buone sull’estradizione di Marcello Dell’Utri. Non sono buone sicuramente per il presunto bibliofilo e sicuro amico di mafiosi che incassa il parere favorevole all’estradizione del Procuratore generale Samir Hammud già girato al Governo dal Ministro, il Generale Ashraf Rifi. Il reato di “concorso esterno” è assimilabile all’associazione di malfattori come riportata nel codice libanese. Il rientro (eventuale) di Marcello Dell’Utri in Italia riaprirà per qualche tempo ancora la favola delle persecuzioni politiche di un parte della magistratura contro Silvio Berlusconi e i suoi sodali, qualcuno esulterà per l’arresto finalmente definito e definitivo  e Marcello sicuramente tacerà, al più negando di tanto in tanto in base ai salotti che avrà a disposizione. Poi ci sarà il silenzio: l’omertà che circonda tutti i condannati di peso degli ultimi anni partendo da Cuffaro passando per Cosentino fino al prossimo arresto che sicuramente avverrà. Perché da noi non ci sono solo le terribili condanne per contiguità mafiosa di uomini di punta della classe politica ma anche e soprattutto il silenzio dei condannati che viene sopportato come se fosse prevedibile, normale e giustificabile Siamo pieni di tanti piccoli Andreotti che non sono mai riusciti (e non ne hanno nessuna intenzione) a spiegare le proprie ragioni, a dare una spiegazione etica o (sarebbe un sogno, lo so) pentirsi delle proprie azioni. Continuerà tutto così, come sta già ricominciando placidamente a galleggiare la zattera di EXPO: tutti zitti, qualcuno (pochi condannati) e le circostanze mai pienamente chiare.

Ci basta poco: ci accontentiamo del sangue del singolo e siamo troppo occupati per pretendere la luce sul sistema.

Cosa c’entra Scajola con i programmi di protezione

Oltre all’immoralità nell’utilizzo del servizio di scorta l’arresto di Scajola spiega perché l’Italia su certi temi non è un paese sicuro. Ne ho scritto qui, per il sito de L’Espresso.

Penso, oggi, a chi si ritrova in pericolo per avere denunciato il malaffare e legge l’arresto di un ex responsabile della propria incolumità. Non lo so, mi viene da pensare questa cosa qui, oggi, prima di tutte le valutazioni politiche. Questa ferita qui che sta più profonda di tutti gli editoriali di stamattina.

 

Non solo Di Matteo

A Palermo l’aria è caldissima:

Palermo, 15 mag. – “L’attenzione e l’allerta sono altissime, cosi’ come e’ massima la predisposizione di mezzi a tutela di coloro che sono minacciati. Cio’ vale certamente in riferimento a questo episodio, ma anche in ordine ad altri progetti che emergono e che vogliono colpire chi e’ impegnato nel contrasto alla criminalita’ organizzata”. Lo ha detto all’AGI il procuratore di Palermo Francesco Messineo, rispondendo a una domanda sulle notizie relative al presunto piano di morte che Matteo Messina Denaro avrebbe progettato per i prossimi mesi contro il pm palermitano Teresa Principato che coordina l’inchiesta finalizzata alla sua cattura. (AGI)

Pensa a Loredana Lipperini in Europa

Sarà che continuo ad essere convinto che ci sia bisogno di cultura politica (cultura, politica e di cultura politica) ma in questa campagna elettorale per le lezioni europee non si può non notare per l’ennesima volta una programmata sparizione dei contenuti e una rampante onda di accuse, bisticci da cortile e i soliti colpetti bassi da particella dell’oratorio. Anche per questo ho deciso di limitare le mie uscite elettorali a pochi fidati amici prediligendo i candidati a sindaco che si assumeranno il dovere di amministrare la crisi piuttosto che le città. Qualche giorno fa avrei dovuto partecipare all’incontro elettorale organizzato su Milano per Loredana Lipperini. Non sono riuscito ad arrivarci per diversi motivi ma tengo a rendere pubblica la mia predilezione per Loredana e ciò che rappresenta: una figura culturale a tutto tondo che non rinuncia all’impegno politico come percorso (accidentato, velenoso e a volte infame, vedi Loredana?) verso la bellezza. Leggete il suo ultimo post:

Questa campagna elettorale, dunque.
Dove sento parlare di vittorie, di derby, di avversari da annichilire. Ma dove non sento parlare di progetti, e tanto meno di progetti europei.
Questa campagna elettorale, dunque.
Dove scatta una annoiata voglia di sangue da parte dei molti che si accingono a guardare i talk show con l’account twitter già aperto per commentare battuta dopo battuta.  Pollice su e pollice giù, come ai vecchi, vecchissimi tempi.
Questa campagna elettorale, dunque.
Dove si sgomita per una poltrona in un salotto televisivo. Dove si punta a un rialzo che in realtà è un ribasso, convinti che la visibilità sia non un valore, ma IL valore, e non importa cosa ci metti dentro quella visibilità ottenuta, e quali progetti, e quali obiettivi.
Questa campagna elettorale, dunque, non è la mia.
La mia è anomala e verrebbe bocciata da ogni comunicatore, figurarsi. Si svolge nelle librerie e nei luoghi frequentati dai lettori (ma anche nei mercati, ma anche nei circoli di quartiere). E’ fatta di racconti e, magari, di utopie. In una parola: non è in nulla diversa da quanto ho detto e scritto negli ultimi dieci anni. Semplicemente, è confluita in un progetto.
La mia campagna elettorale è un manifesto. Perché delle battutine spiritose e delle risse e del tutti contro tutti, grazie, faccio a meno.
La mia campagna elettorale è qui. Nel manifesto di Culture Action Europe che faccio mio, virgole incluse. E che mi impegno ad attuare: sia nel caso venissi eletta, sia in caso contrario, nel mio lavoro quotidiano. 

Questa campagna elettorale, dunque, fatta di persone, di incontri vecchi e nuovi, di case in cui dormo, di stanze che conosco, è la campagna elettorale più bella che potessi immaginare. Servirà? E’ già servita, e molto.

Ecco, per un manifesto culturale europeo che sia serio e sincero stamattina mi sono detto: pensa a Loredana in Europa come ci farebbe bene a noi operatori culturali qui in Italia. E in Europa, a volere essere coraggiosi.

Tutti ci conosciamo e nessuno può dire di non sapere chi è il mafioso.

L’audizione in Commissione Antimafia di Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto a Reggio Calabria, è una lezione di schiettezza. Basta rileggere le sue dichiarazioni per capire quanto sarebbe stato un buon Ministro:

«Oggi, invece, sono i politici che vanno a casa dei capimafia, a chiedere pacchetti di voti in cambio di appalti. Mediamente in Calabria i paesi hanno 5.000 abitanti. Tutti ci conosciamo e nessuno può dire di non sapere chi è il mafioso. È impossibile, perché siamo nati nello stesso paese di 5.000 o 15.000 abitanti. Non puoi dire che non sai chi è il mafioso, chi è il faccendiere, chi è il politico, chi è la persona onesta. Lo sappiamo tutti. Eppure anche la Chiesa, anche i preti, anche i vescovi hanno detto che non possono chiedere il certificato penale. Se sei vescovo da dieci anni in quel paese, non mi puoi dire questo. Questa risposta non mi appaga. È una foglia di fico. Oggi se è il politico che va a casa del capomafia a chiedere i voti, vuol dire che nel comune pensare e sentire si ritiene che il modello vincente è il capomafia. Perché il capomafia interviene anche sulla ristrutturazione di un marciapiede da 20.000 euro? Con tutti quei soldi si interessa pure di un marciapiede? Sì, perché lui farà lavorare per venti giorni cinque padri di famiglia per quel lavoro, e quando sarà ora di votare quei cinque padri di famiglia si ricorderanno di votare per il candidato prescelto dal capomafia».

Come si muore a Brescia, Caffaro. E non solo.

Si continua a registrare un ”eccesso” di mortalità, ricoveri e casi di tumore nei siti di interesse nazionale per le bonifiche (Sin), a rischio per l’inquinamento ambientale, mentre nei luoghi dove vi è stata lavorazione dell’amianto aumentano i casi tumorali di mesotelioma pleurico polmonare. Da Casale Monferrato a Taranto, da Gela a Broni, si conferma dunque alto il rischio per la salute dei cittadini. Il dato emerge dall’aggiornamento del Rapporto Sentieri sugli insediamenti a rischio da inquinamento, finanziato dal ministero della Salute e coordinato dall’Istituto superiore di sanità (ISS).

 I siti Sin analizzati, spiega il direttore del Dipartimento Ambiente-Prevenzione dell’Iss Loredana Musmeci, ”sono stati 18 sul totale di 44, poiché si sono potuti prendere in considerazioni solo i siti per i quali sono disponibili i Registri tumori, ad oggi ancora non uniformemente presenti su tutto il territorio nazionale”. La mortalità è stabile rispetto al Rapporto 2010-11, ha sottolineato l’esperta, ”ma la novità di questo rapporto, pubblicato sul sito dell’Associazione italiana di epidemiologia, sta nell’aver analizzato anche altri parametri come, appunto, le schede di dimissioni ospedaliere e l’incidenza generale dei casi di tumore”. Emerge, avverte, ”un eccesso di morti, ricoveri e tumori in tutti i 18 Sin considerati, con un aumento dei tumori ‘da amianto”’. Dati che evidenziano l’urgenza di azioni mirate poichè, afferma Musmeci, ”c’è un rischio per la salute della popolazione”. Per questo, rileva, ”bisogna procedere quanto prima alle bonifiche ambientali in tutti i siti, anche se va precisato che l’eccesso nei casi di tumori può essere dovuto a più fattori e non solo a quello dell’inquinamento ambientale”.

 Il precedente Rapporto 2010 aveva documentato un eccesso di incidenza per cancro in tali aree pari al 9% negli uomini e al 7% nelle donne. Alcuni esempi: nel nuovo rapporto, per il tumore della tiroide in alcuni SIN sono stati rilevati incrementi per quanto riguarda sia l’incidenza (Brescia-Caffaro: + 70% per gli uomini, +56% per le donne; Laghi di Mantova: +74%, +55%; Milazzo: +24%, +40%; Sassuolo-Scandiano: +46%, +30%; Taranto: +58%, +20%) sia i ricoveri ospedalieri. Sempre grazie alle analisi dell’incidenza oncologica e dei ricoverati, inoltre, a Brescia-Caffaro sono stati osservati eccessi per quei tumori che la valutazione della Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS (IARC) del 2013 associa certamente (melanoma) o probabilmente (tumore della mammella e per i linfomi non-Hodgkin) con i PCB (policlorobifenili), principali contaminanti nel sito. L’incidenza di melanoma, infatti, rivela un eccesso del 27% e del 19% rispettivamente tra gli uomini e le donne, mentre i ricoveri ospedalieri per la medesima malattia fanno registrare un eccesso del 52% nel sesso maschile e del 39% in quello femminile.

(via)

Era iscritto al PD

Conosco persone sospese dal partito per divergenze con il barone locale (come in tutti i partiti), invece Primo Greganti era tesserato, senza problemi:

Perché “il compagno G”, torinese di nascita, ex operaio Fiat, travolto da Tangentopoli nel 1993 e finito in manette ancora una volta 21 anni dopo con l’accusa di far parte della “cricca degli appalti” dell’Expo 2015, dagli ambienti del Pd non si era mai definitivamente allontanato. Con buona pace dei dirigenti, che oggi prendono le distanze.

Greganti, infatti, confermano dalla segretarie provinciale Pd di Torino, risulta essere stato iscritto nella quarta circoscrizione torinese San Donato (quartiere Parella) negli anni 2012 e 2013 e proprio in questi giorni avrebbe dovuto rinnovare la tessera per il 2014.
Una quota associativa che però, appunto, potrebbe non versare mai. Visto che in caso di arresto o di “dubbia condotta” le regole del partito sono molto precise. E il compagno “G” non fa eccezione.

“Dopo la notizia dell’arresto è scattato immediatamente il provvedimento di sospensione cautelativa – spiega il segretario provinciale del Pd di Torino Fabrizio Morri – ovviamente se in queste settimane dovesse chiederci di iscriversi anche per l’anno corrente non glielo consentiremo”.

Fuori da Pd, dunque. Anche se fino a pochi mesi Greganti presenziava a molti degli eventi locali del partito, come quello di pochi mesi fa al teatro Carignano di Torino durante la prima iniziativa pubblica in sostegno alla candidatura alla Regione Piemonte di Sergio Chiamparino. Dove il “compagno G” è stato visto in prima fila. (link)