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Giulio Cavalli

RadioMafiopoli 18a puntata: 416ter approvato in Senato. Così cambia la lotta alla mafia

Schermata-2013-06-01-alle-06.39.58In Senato è passato il 416-ter, un passo fondamentale per la lotta alla mafia che ora ritorna alla Camera prima di diventare definitivo. Sull’articolo 416-ter si sono scatenate le ire di alcuni berluscones e soprattutto si è accesa la speranza di chi crede che l’antimafia debba essere una priorità. Nella costruzione di una legge influiscono i passaggi dei diversi rami del Parlamento e i cambiamenti del quadro politico di governo. Ho decido di parlarne e farne parlare da Davide Mattiello che oltre ad essere 8un deputato eletto da indipendente nelle fila del Partito Democratico è anche un testimone da anni di associazionismo antimafia e impegno sul territorio. Un passaggio importante per comprendere, per capire, per analizzare. Buona puntata.

Appunto

Luigi Di Maio (M5S):

 

Intanto zitti zitti

I giovani del Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano portano il saluto romano al loro segretario. E questo è un segnale che non ha bisogno di interpretazioni. E mi viene in mente mio nonno Cleto e tutti i nonni cleti d’Italia che cosa penseranno di questa decadenza, di questo vile mietere voti negli angoli più oscuri di questo Paese mentre vorrebbero farci passare  l’antifascismo come archeologia o al massimo hobby d’antan.

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Spiace

Ma se scrive una cosa del genere il portavoce di un movimento con milioni di voti significa che stiamo toccando davvero il fondo.

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(Adesso arriveranno i “ma però”, “vamos”, “anche lei ha provocato” e tutto il repertorio di Scanzi: comunque la si pensi è un brutto eccesso di difesa)

 

Dopo Silvio l’Italicum resuscita Casini

Io non so se riusciamo a renderci conto che la legge elettorale in discussione in Parlamento sta rispondendo a tutte le esigenze di Silvio ed ora sta riuscendo a riabilitare il solito molliccio centro di Pierferdinando Casini. Così oggi sul Corriere della Sera esce un articolo che ricorda tutti gli articoli degli ultimi anni in cui il minuscolo centro diventa determinante e subito ovviamente comincia il balletto “Casini sì o Casini no”.

Quel pm così solerte sul caso Uva…

Vi ricordate il fastidioso video dell’interrogatorio al testimone Alberto Biggiogero (è qui)?

Si muovono i primi provvedimenti per il pubblico ministero Agostino Abate:

Cosa accadde allora Giuseppe Uva in quei sessanta minuti da solo con carabinieri e poliziotti? Proprio per questo la Procura generale incolpa Abate di aver violato tre diversi articoli del codice di procedura penale (326, 335, 358) poiché non ha svolto “le indagini preliminari necessarie all’esercizio della azione penale”, né ha curato gli accertamenti obbligatori, né ha curato il registro dei fascicoli contenenti i capi di imputazione e i nominativi degli indagati. Al pm viene imputata anche “la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile”. Tutto ciò, scrive sempre la Procura generale, aggravato dal fatto che si trattava dell’indagine sulla morte di una persona come conseguenza di un sospetto reato, violando dunque il Convenzione dei diritti fondamentali dell’uomo che imporrebbe “indagini tempestive” prima che avvenga la prescrizione ed esponendo in questo modo il ministero della Giustizia al risarcimento semmai la Corte europea di Strasburgo un domani dovesse essere chiamata a esprimere un giudizio sulla vicenda Uva.

Le “cose non vere” comprendono anche gli slip di Giuseppe Uva. Sempre durante l’interrogatorio a Manconi, Abate afferma che il defunto non portava gli slip perché era un uomo trasandato. “La vita di Uva era priva di riferimenti, di supporti famigliari e di ordine personale, era dedito alle droghe e all’alcol”, scrive il magistrato nell’ultima richiesta di archiviazione. Eppure l’infermiere Giovanni Rossi durante una udienza al processo Fraticelli disse chiaramente di aver tagliato gli slip all’uomo e di averli gettati: dunque esistevano.

Ugualmente Abate spiega a Biggiogero che le lesioni visibili sul cadavere di Uva erano state provocate da una testata che lo stesso Uva avrebbe dato contro il muro . “Lo testimoniano i due medici del 118”, afferma il pm. Ma di questa sicurezza non c’è traccia nei verbali. Uno dei medici intervenuti dice soltanto di avere udito un tonfo sordo ma di non esserne stato testimone oculare.

“Destano qualche preoccupante sospetto l’impegno, lo zelo e l’incessante sforzo del pm per evitare il processo agli agenti” scrivono i legali della famiglia Uva nell’istanza di opposizione all’archiviazione. Ma la Procura generale trova molto sconvenienti anche “le considerazioni volte a polemizzare con i famigliari della vittima e con i consulenti delle parti offese” che avrebbero secondo Abate non chiesto giustizia ma “distorto la ricostruzione dei fatti” e inventato “uno stato immaginario di costrizione, che si è rivelato inesistente”. E allora, incalzano i legali, perché del trattenimento di Uva in caserma per almeno un’ora non esiste nemmeno un verbale?

Il Csm non ha ancora fissato una data per la convocazione del magistrato varesino. Secondo la legge che regola gli illeciti disciplinari dei magistrati, Abate potrebbe rischiare non solo una nota formale di biasimo ma anche la perdita temporanea dell’anzianità e il trasferimento.

La notizia completa è qui.

Chi ha messo lì Mastrapasqua? quasi tutti.

Me lo chiedevo giusto ieri qui e mi ha risposto Sergio Rizzo per Il Corriere della Sera:

mastrapasqua-presidente-inps-indagatoBasta guardarlo, Mastrapasqua, per capire che il suo fisico segaligno è modellato sulla corsa di resistenza. Ne ha corse tante, insieme a Giampaolo Letta, il capo di Medusa, la società di produzione cinematografica di Silvio Berlusconi. Giampaolo è il figlio di Gianni, lo zio di Enrico e braccio destro del Cavaliere. Sono amici dai tempi della scuola, al San Leone Magno: ancor di più ora, al circolo Canottieri Aniene dove sgambetta tutta la Roma che conta.

Corre forte, il maratoneta Mastrapasqua. Troppo forte per Alfredo Antoniozzi, figlio dell’ex ministro democristiano Dario, a sua volta politico dc e poi forzista, del quale è collaboratore. A un certo punto stacca pure lui, per agganciarsi definitivamente a Gianni Letta. Il Nostro passa per essere un brillante commercialista nell’avviatissimo studio del papà. Così, quando l’Ospedale israelitico, struttura convenzionata con la sanità pubblica, finisce nei guai, Letta lo propone per il salvataggio.

E chi meglio di lui quando c’è da riempire un posto nel consiglio di amministrazione dell’Inps? Di nuovo, è Gianni Letta che fa il suo nome. In quegli anni da semplice consigliere il maratoneta corre senza sosta. Trovando il tempo anche per curare i propri affari, scrive nel libro «Tutti a casa» Mario Giordano, raccontando come fa a conquistare una residenza principesca in via Filippino Lippi a Roma, nel cuore dei Parioli: compra per un milione e mezzo di euro due case dell’Inail dagli inquilini che le hanno acquistate dall’ente qualche giorno prima.

Mastrapasqua sa dove vuole arrivare: in cima. Il suo protettore è potente, ma ci vuole qualcosa di più. Come un appoggio dentro l’istituto. Allora si lega alla Cisl e al direttore generale Vittorio Crecco. Preparandosi a fare le scarpe al presidente Gian Paolo Sassi.
Accade quando l’Inps entra in Equitalia con il 49 per cento. La vicepresidenza della società dovrebbe andare al numero uno dell’istituto. Ma quando Sassi sta per assumere l’incarico, ecco la solita telefonata da Palazzo Chigi: «Il posto è di Mastrapasqua, non si discute».

E non è una poltrona da nulla, considerando che nel 2011 garantiva al suo occupante, dice la Corte dei conti, 465 mila euro l’anno. Il triplo del presidente. Quella telefonata è una investitura in piena regola. La nomina di Mastrapasqua al vertice Inps viene approvata in Parlamento anche dal Partito democratico. Se ne occupa l’ex ministro del Lavoro unionista Cesare Damiano in persona. Mentre nessuno bada agli oltre cinquanta incarichi che in quel momento riveste.

La responsabilità delle provocazioni e del web

Guido Scorza non è sicuramente piddino e anzi è stata una delle voci più critiche dei nostri ultimi governi, è stato spesso ospite del blog di Grillo, è esperto di web e si dedica con preparazione e passione alla difesa della rete anche dal punto legislativo (e come sappiamo negli ultimi anni ha avuto quindi parecchio da fare). Gli insulti alla Boldrini sul blog e sui social di Grillo non hanno bisogno di commenti. Anzi sembra proprio che l’idiozia sia un obiettivo politico, a volte. Ma la provocazione alla Boldrini ha anche una ricaduta negativa su chi il web lo sta difendendo, come dice Scorza nel suo post:

E’ per questo, caro Grillo, che trovo di inaudita gravità l’utilizzo del Web per forme di gratuita istigazione alla violenza – che non hanno nulla a che vedere né con la politica, né con la democrazia, né con la satira – come quella mandata in Rete ieri, invitando un popolo di “web-sudditi”, legittimamente inferocito contro un certo modo di amministrare la cosa pubblica, a dar sfogo alle più primitive ed ignoranti pulsioni offensive e sessiste contro una delle più alte cariche dello Stato.

“Cosa fareste soli in macchina con Laura?” – con chiaro riferimento a Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati – era, e non può essere sfuggito ai guru della comunicazione nella cabina di regia del Movimento, una evidente domanda retorica alla quale non potevano che darsi risposte imbecilli e offensive prive di qualsivoglia contenuto e significato politico.

E’ una vicenda drammaticamente preoccupante perché oggi e poi domani e poi ancora nei giorni e nelle settimane che verranno, il Web verrà di nuovo raccontato sui giornali e nella televisione come teatro di inaccettabili violenze verbali e si tornerà a proporne una più rigorosa disciplina e regolamentazione capace di prevenire certi abusi.

Le colpe di pochi – che pure hanno il merito di aver acceso i riflettori sul Web anche come strumento di partecipazione democratica – ricadranno su tutti o, almeno, sui tanti che, da anni usano il Web per “fare politica” e sognano il giorno nel quale, anche in Italia, attraverso la Rete, si potranno riaffermare in maniera integrale gli straordinari principi scritti nella nostra Costituzione.

Il Movimento Cinque Stelle poteva essere uno straordinario laboratorio di esperimenti di democrazia elettronica ma chi ne tiene in mano il mouse – e non certo le centinaia di rappresentanti e attivisti che ci hanno creduto ed investito tempo e passione – lo sta, purtroppo, trasformando solo in una nuova Tv, superficiale, violenta e, soprattutto, unidirezionale proprio come la vecchia – ma sempre di moda –televisione commerciale.

E io non posso non essere d’accordo.