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Giulio Cavalli

Ci passeggiano sopra

200502476-48bcdf97-3183-4948-ad70-ed3ebc31be64Insomma oggi è arrivato Putin e stando alle foto noi Italia ad accoglierlo come si deve accogliere un capo di stato. E fa niente tutto quello che continuiamo a sapere (e proviamo a non fare dimenticare) su di lui dalla Politkovskaja alle Pussy Riot, dai diritti negati all’economia castale fino al militaresco senso dello stare insieme. Vedo Putin dal Pontefice che bacia un’immagine sacra e penso al nostro Cristian D’Alessandro e ai membri dell’equipaggio dell’Arctic Sunrise che rischiano ancora una pena di sette anni di carcere in Russia. Vedo Putin che stringe mani e mi viene in mente che in questi ultimi decenni, vuoi per Berlusconi o comunque per un andreottismo instillato nella politica, abbiamo ricevuto criminali di guerra spacciandoli per ospiti degni di convenevoli. La dignità di un Paese si vede anche nell’ostentazione del farsi calpestare da persone non degne e fingere che sia un atto dovuto. Ecco, questa sera penso così, che quello spirito lì con cui i partigiani difendevano ogni centimetro come se fosse lo spazio vitale in cui ci stavano tutti i loro figli è andato perso e nessuno ci ha nemmeno spiegato né perché né come.

Insomma ci passeggiano sopra, quelli come Putin, e noi gli prepariamo anche la festa.

Contro il femminicidio: il pianto di Ulisse

050458242-ebeb3c5b-7d9f-4e66-8a49-1d93c5c296a1Le nuove donne devono continuare a essere differenti dagli uomini e fare valere in tutti i campi la ricchezza della loro storia, della loro intelligenza, dei loro pensieri, ma devono anche cambiare nel profondo e lasciare agli uomini la loro parte di responsabilità nel nuovo mondo. I ruoli dell’uno e dell’altra, rimanendo differenti, possono sovrapporsi e prendere l’uno dall’altra. E la madre può cedere la sovranità assoluta per una libertà conquistata che apre le porte di un mondo vasto, ricco della presenza di Due diversi ma pari. E penso che il padre possa insegnare la sua nuova forza al figlio: un dominio sovrano che deve trasformarsi nell’accoglimento della differenza delle donne, della loro parità. Può insegnare al figlio a non averne paura, a parlarne, sottraendo così il dialogo sui sentimenti all’impero delle donne. Forse la nuova forza degli uomini è fatta anche del pianto di Ulisse – uomo per eccellenza – che nell’isola dei Feaci ascolta il racconto della guerra di Troia e piange, coprendosi il viso col mantello purpureo, “come donna piange lo sposo che cadde davanti alla città”. Forse l’uomo può piangere ora come uomo, senza coprirsi il viso, anche davanti al figlio, e aprirsi nel racconto all’altro da sé. E le donne al contrario possono diventare più lievi, manifestare la loro imperfezione, dare ai figli la manifestazione vera di quello che sono e la possibilità di tenere testa senza violenza alle giovani donne libere che incontreranno nella loro vita adulta. Abbiamo la fortuna di vivere uno dei cambiamenti più importanti della storia, il mutamento profondo del rapporto tra i due generi, questo mutamento può cambiare il mondo e in questo nuovo mondo le donne e gli uomini possono amarsi e comprendersi molto più di prima.

Cristina Comencini nella sua lettera agli uomini che odiano le donne.

Sicurezza secondo Costituzione

Inutili, ha aggiunto, i “meccanismi di ottimizzazione delle risorse per rendere più efficiente la macchina organizzativa della sicurezza. Comunque il segno resterà meno”. E ancora: “Non è più pensabile – ha spiegato – ragionare come se sul territorio siano schierati 110 mila uomini. Dal 2014 ce ne saranno solo 94 mila”. Pansa ha espresso anche la preoccupazione che i tagli possano penalizzare il comparto della sicurezza a favore di quello della Difesa, impegnato da anni nelle “pattuglie miste” e in compiti di presidio di obiettivi a rischio nelle città. “Bisogna chiarire – ha dichiarato – chi ha la legittimità dell’uso della forza nell’ambito della sicurezza”. “Perché – ha polemizzato con la Difesa – se spostiamo l’asse verso il sistema militare, creiamo qualche scompenso anche rispetto ai principi costituzionali”.

La frase è di Alessandro Pansa. Pansa è al vertice del Dipartimento sicurezza del ministero dell’Interno. Da lui dipendono Polizia, Arma dei carabinieri, Guardia di finanza. Insomma, è il capo delle forze dell’ordine.

La nascita orchestrata

Un’orchestra nata dal finanziamento collettivo è un’orchestra che si è accordata con molti prima ancora di suonare. La storia della MG_INC ORCHESTRA è una di quelle notizie che fanno iniziare bene la giornata: Myriam Farina e Guido Ponzini, musicisti di 21 e 28 anni dopo essersi diplomati al Conservatorio di Parma hanno pensato di “mettersi in proprio” chiedendo un finanziamento di 5000 euro sulla piattaforma di crowdfunding  Ulule e rendendo partecipi i propri finanziatori della nascita di un duo iniziale (arpa e viola da gamba) e ora un ensemble in cantiere per giovani musicisti.

Ogni volta che la cultura diventa impresa e lavoro qualche deputato anticulturale viene smascherato. Ed è una bella notizia.

Se Riina perde la maschera

Abbiamo vissuto due tempi paralleli in questi ultimi anni, accorgendosene poco, sulla proiezione di Totò Riina: da una parte il boss raccontato (a volte anche male inseguendo fascinazioni negative) e dall’altra l’anziano e corto detenuto che ha sempre finto di essere solo anziano e corto. Ora le indiscrezione de Il Fatto Quotidiano sulle intercettazioni catturate durante l’ora d’aria del boss al 41 bis nel carcere di Opera fanno finalmente cadere il velo:

“Questi cornuti… (i pm di Palermo, ndr), se fossi fuori gli macinerei le ossa”. E ancora bisbigliando: “Sono stati capaci di portarsi pure Napolitano”.

Il boss corleonese parla anche dell’ex premier Berlusconi: “A quello carcere non gliene fanno fare… Ci vuole solo che gli concedano la grazia”. E poi, rispondendo agli elogi di Lorusso: “Io sono sempre stato un potentoso deciso, non ho mai perso tempo… e se fossi libero, saprei cosa fare, non perderei un minuto, a questi cornuti gli macinerei le ossa”.

Riina non ha freni con il suo interlocutore arrivando a parlare anche delle stragi del 1992, quelle di Capaci e via d’Amelio: “Quello venne per i tonni – ha detto alludendo a Falcone che nel maggio del ’92 era stato invitato a Favignana ad assistere alla mattanza – e gli ho fatto fare la fine del tonno”.

“U curtu” parla di “segreti fittissimi”, in particolare proprio su Capaci. Cose che “i picciotti di Cosa nostra non dovranno sapere mai”. L’unico ad aver avuto il quadro completo, a suo dire, è stato il pentito Totò Cancemi, ex capomandamento di Porta Nuova, deceduto nel 2011.
Ma è sul processo trattativa Stato-mafia che Riina sfoga la sua rabbia: “Mi fa impazzire. Questi pm mi fanno impazzire”. In particolare rivolge le proprie affermazioni contro il pm Antonino Di Matteo: “Ma che vuole questo? Perché mi guarda? A questo devo fargli fare la fine degli altri. Fa parlare i pentiti, gli tira le cose di bocca è uno troppo accanito”.
Le cimici registrano tutto e dall’altra parte ascolta gli inquirenti della Dia e della Procura di Palermo. Riina è come un fiume in piena e parla anche della strage che ha portato alla morte di Rocco Chinnici nell’83: “A quello l’ho fatto volare in aria, saltò in aria e poi tornò per terra, fece un volo”.

Riina parla delle stragi descrivendosi come il capo dell’organizzazione che sfidò lo Stato, dicendosi rammaricato per non aver potuto proseguire anche se avrebbe agito in maniera diversa rispetto ai suoi “successori”: “Io avrei continuato a fare stragi in Sicilia, piuttosto che queste cose in Continente, cose ambigue… dovevamo continuare qui”.

Ora le domande sono spontanee:

– Perché Riina teme così tanto il processo sulla presunta “trattativa”?

– Quali sono le “cose ambigue” fatte in Continente su cui Riina non era d’accordo?

– Se i pm di Palermo fanno addirittura “parlare i pentiti” chi sono quei pm che non li hanno fatti (o non li fanno) parlare?

– Perché escono queste intercettazioni?

Ecco, sarebbe bello partire da qui.

Il coraggio

Intervento registrato per un incontro a Rescaldina (PV) dal titolo “Il coraggio dell’antimafia”.

Il potere per il potere

Sì, direi che Francesco Colucci detto Ciccio è una metafora perfetta del neonato partito di Alfano: entrato in Parlamento per la prima volta nel 1972, già sottosegretario con Andreotti e con Spadolini, è ancora lì, transumato attraverso due repubbliche e diversi partiti, ai quali ha portato e continua a portare il suo pingue pacchetto di voti.

Il potere per il potere, allo stato puro: silenzioso e capace di scivolare attraverso mille fedeltà diverse, da Nenni ad Alfano passando per Berlusconi, ormai anche lui alle spalle.

E stamattina eccolo qui, al Tempio di Adriano: lezione vivente per tutti gli altri slalomisti dell’autopiazzamento, in fondo alle prime armi, davvero, rispetto al grande Ciccio.

Il “nuovo” centro destra e questo Paese che si avvita, in continuazione, nel post di Alessandro.

La cultura della responsabilità culturale

Basta un niente e la cultura sparisce dalla discussione politica. Ci siamo abituati, funziona così. Eppure un articolo importante di Laura Salvan dimostra non solo che “con la cultura si mangia” ma anche che attraverso la cultura passa una buona politica. Chissà se qualcuno ci farà caso:

Responsabilità Culturale (RC) significa anche favorire la crescita culturale e civile degli individui e delle comunità, realizzando così un contesto socialmente inclusivo.
Oggi viviamo in un momento storico in cui le relazioni economiche sono preponderanti, ecco perché si vorrebbe provare, a questo punto della riflessione, ad identificare quali dovrebbero essere le loro finalità. Il punto di partenza è che in una società di libero mercato, caratterizzata dallo scambio di merci, i mondi simbolici di riferimento degli individui rimangono centrali. Secondo Giulio Sapelli, esiste una interdipendenza tra le pratiche sociali del comportamento economico e le rappresentazioni culturali, che si realizza attraverso quello che lui chiama “antropologia economica”. Ne consegue che è necessario dare maggior peso all’antropologia, studiando le ragioni culturali che guidano le azioni umane. A ciò si aggiunge che il comportamento economico dovrebbe essere più rispettoso dei mondi simbolici e il sistema di libero mercato più equo e più etico. […] Si potrebbe affermare che un comportamento di questo tipo è quanto promosso dalla pratica della Responsabilità Sociale D’impresa (RSI) […], accompagnata dall’esercizio, nel comportamento economico, degli stessi valori che danno successo ai rapporti umani (fiducia, cooperazione, solidarietà). Così facendo, si realizzerebbe quello che Christian Felber definisce l'”economia del bene comune”, e Stefano Zamagni e Luigino Bruni chiamano “economia civile”.