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Giulio Cavalli

Lo scorpione, affogando, disse: – Perché sono del PD

Francesco inaugura il suo spazio su Fanpage con una favola. E l’ironia porta all’isterismo.

C’era una volta uno scorpione. Dopo aver letto il suo oroscopo, nel quale c’era scritto “Tenetevi asciutti”, decise di farsi una passeggiata e arrivò nei pressi di un corso d’acqua. Lì incontrò una rana, che lo guardò con sospetto. Lo scorpione disse: – Di che segno sei? La rana rispose: – Pesci. Lo scorpione pensò: brutto segno, Pesci. Pignoli, sospettosi. Quindi ci fu un silenzio imbarazzato, di quelli che  piombano tra rana e scorpione nei pressi di un corso d’acqua. Per rompere questo terribile momento, lo scorpione disse: – Senti… La rana lo interruppe: – No. – “No” cosa? – disse lo scorpione – Non ho ancora parlato. – Lo so cosa vuoi dirmi. Mi vuoi chiedere se ti posso portare in groppa per attraversare il fiume. Allora io ti dirò che non mi fido e che ho paura di essere punta a morte. Tu mi dirai di ragionare, e che se mi uccidessi moriresti anche tu, dato che affonderemmo insieme in acqua, io mi fiderò, ti porterò, tu mi pungerai e mentre affonderemo e moriremo insieme io ti chiederò disperata “Perché?” e tu mi risponderai che è nella tua natura. Lo scorpione rispose: – Sembra un film di Ozpetek però con un finale migliore. La rana allora s’appersuase e caricò in groppa lo scorpione. Questi, circa a metà fiume, estrasse il suo pungiglione e colpì a morte la rana. La rana con un filo di fiato gridò disperata: – Perché? Perché l’hai fatto? Lo scorpione, affogando, disse: – Perché sono del PD.

continua su: http://www.fanpage.it/la-favola-della-rana-e-dello-scorpione-ai-tempi-del-pd/#ixzz2RD4ahZr9

Zambetti esce

E trova una Lombardia così tanto simile a quella che aveva lasciato:

Al San Raffaele i lavoratori non riescono ad avere risposte e continuano con le occupazioni. Ti aspetteresti che le nuove elezioni abbiano decapitato i vertici della sanità lombarda e invece Mantovani è l’elemento di continuità con il faraone Formigoni.

EXPO continua con i suoi ritardi e continua a chiedere un commissario straordinario che possa, in nome dell’urgenza, saltare la “burocrazia” che è quella bella cosa che serve per garantire controlli e legalità, tra l’altro.

Si continua a parlare di tagli nella sanità senza prendere in considerazione l’ipotesi di cambiare un sistema che è marcio alle radici (anche se va bene a molti in modo bipartisan).

La Lega continua a giocare sulla xenofobia e le paure per racimolare qualche voto basso basso.

E le firme di Formigoni continuano ad essere false.

La ‘ndrangheta? Beh, quella non è mai esistita e in più è stata creata la nuova Commissione Antimafia con tanta buona educazione e i soliti piani di morbidezza dalle nostre parti.

L’educazione di lasciarli fare

Dopo alcuni giorni convulsi ho avuto modo di leggere il botta e risposta tra Eugenio Scalfari e Stefano Rodotà. Anzi: ho letto l’attacco bilioso di Scalfari a Rodotà in un editoriale “normalizzante” che ancora una volta lascia a Repubblica il diritto di decidere la dignità politica di qualcuno. Il passaggio di Scalfari che testimonia la temperatura dell’arroganza potrebbe essere questo:

L’Italia l’hanno fatta Mazzini, Cavour e Garibaldi, diversissimi tra loro ma oggettivamente complementari. E se vogliamo giocare alla torre e si deve scegliere tra Gramsci e Togliatti, scelgo Gramsci. E se debbo scegliere tra Andreotti e Moro scelgo Moro. Tra Togliatti e Berlinguer scelgo Berlinguer. Infine scelgo Napolitano perché, purtroppo per noi, non trovo altro nome da contrapporgli. Ti chiedo scusa, caro Stefano, con tutto l’affetto e la stima che ho verso di te, ma il nome Rodotà in questo caso non mi è venuto in mente.

La sensazione (terribile per una certa stampa politica che vorrebbe smarcarsi dalla “rete” e ci riesce solo per l’evidenza dei condizionamenti) è ancora una volta che si costruisca un’ipotesi di Governo e poi si cerchino le parole per una narrazione credibile di un percorso logico. Ma trovare una certa logicità al “niet” su Rodotà che non ha avuto nessuna spiegazione chiara e discutibile (cioè: da potersi discutere) lascia il terribile sospetto che alla fine sia successo ciò che non auguravo al centrosinistra italiano proprio qui.

Fin troppo facile per Rodotà rispondere (sempre su Repubblica):

Non contesto il diritto di Scalfari di dire che mai avrebbe pensato a me di fronte a Napolitano. Forse poteva dirlo in modo meno sprezzante. E può darsi che, scrivendo di non trovare alcun altro nome al posto di Napolitano, non abbia considerato che, così facendo, poneva una pietra tombale sull’intero Pd, ritenuto incapace di esprimere qualsiasi nome per la presidenza della Repubblica.
Per conto mio, rimango quello che sono stato, sono e cercherò di rimanere: un uomo della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata verso il futuro. E alla politica continuerò a guardare come allo strumento che deve tramutare le traversie in opportunità.

Ma è la controreplica di Scalfari che chiarisce perfettamente lo status quo politico:

4. Resta il fatto che il governo che sta per nascere non deriva da una concertazione tra i partiti che lo appoggiano. Sarà un governo del Presidente e i voti per fiduciarlo verranno dati a quel governo. Un tempo si chiamavano “convergenze parallele” e questa credo sarà la natura politica del governo stesso, né più né meno come il governo Monti quando nacque nel novembre 2011.

5. Se il risultato sarà positivo ai fini dell’uscita dalla recessione ed anche dalla costruzione di un’Europa federale che è a mio avviso indispensabile in un mondo globalizzato, allora questo governo che a Rodotà sembra scellerato riconsegnerà il proprio mandato con un Paese finalmente rafforzato e solido. Chi verrà dopo  –  sempre che i risultati corrispondano alle aspettative  –  dovrà lodarlo insieme al Capo dello Stato che l’ha reso possibile ma, per l’esperienza che ho, posso fondatamente supporre che sarà invece ricoperto dai vituperi di chi senza essersi sporcate le mani riceverà un bel dono che non gli sarà costato sicuramente nulla.

Ecco, insomma: ci dicono lasciateci fare, come avete fatto con Monti in nome delle “convergenze parallele” senza rendersi conto che ci siamo stancati di non vederne la fine. E sospettarne il fine, però.

Il diritto di avere diritti

“L’articolo più bello della Costituzione è l’articolo 36, laddove si dice che la retribuzione deve assicurare al lavoratore «un’esistenza libera e dignitosa»: sono parole bellissime. L’esistenza deve essere libera e dignitosa, non può essere sempre e soltanto subordinata alla logica economica. Non possiamo vivere all’ insegna dell’emergenza continua e dell’esistenza dei soli problemi economici: i diritti non possono essere sacrificati impunemente.”

“Stefano Rodotà – Il diritto di avere diritti”

SEL: domani noi votiamo Rodotà

Bene:

“Abbiamo appoggiato una candidatura eccellente come quella di Rodotà ed il PD ha detto di NO.

Abbiamo votato Romano Prodi, la candidatura migliore tra quelle proposte dal PD, e cento franchi tiratori democratici l’hanno impallinato

Non solo, in maniera meschina almeno 50 di loro hanno votato Rodotà per far ricadere i dubbi sui parlamentari di SEL.

Ma noi abbiamo siglato le nostre schede con “R.Prodi” ed abbiamo dimostrato che siamo persone serie ed affidabili.

Adesso però BASTA.

Se vogliono fare il Congresso del PD lo facciano pure senza di noi e ci dicano quando hanno finito, SEL da domani se non c’è più Prodi vota nuovamente RODOTA””.

Nichi Vendola

Io voglio essere ripetitivo

Non è un errore di battitura. Proprio voglio essere ripetitivo e chiedermi perché non convergere ora su Rodotà, Prodi ha funzionato molto meno di come avrebbe potuto funzionare, portare Prodi al quinto scrutinio sarebbe incomprensibile e scadere in D’Alema o dalemini sarebbe la fine del centrosinistra. Si voti Rodotà, su, poi si dice “scusate abbiamo bighellonato  ora basta” e poi i dirigenti di questa farsa si facciano da parte. Su.

L’onestà secondo Salvuccio Riina

940102-figlio_rddPerò è stato in galera… «Ma l’onestà con la galera non c’entra niente. In galera ci puoi finire per tanti motivi… Non dico di essere colpevole o innocente, basti sapere che mi hanno condannato e ho scontato il carcere fino all’ultimo».

Anche il sindaco di Corleone dice che non è più il benvenuto… «La politica purtroppo, invece di fare il bene dei cittadini, fa campagna elettorale. Se rappresenti lo Stato, dovresti almeno fidarti del fatto che lo Stato sia in grado di vigilare sulle persone sottoposte a sorveglianza speciale…».

Cos’è per lei lo Stato? «Credo nello Stato italiano. Poi, posso non condividere alcune delle leggi, ma l’importante è che le rispetto. Non mi riconosco invece in alcun partito politico e quindi non voto ».

Non le è mai pesato il cognome che porta? «Non ho mai avvertito il mio cognome come un peso, anche se a volte, quando mi sento tutti gli occhi puntati addosso, mi chiedo se potrò mai avere una vita normale… Ma voglio che sia chiaro: per me è un orgoglio chiamarmi Riina. È un cognome che mi è stato dato da due genitori capaci di insegnarmi tante cose: i valori, la morale. Io sono onorato di essere figlio di Totò Riina e Antonietta Bagarella».

Prodi

Ora dicono Prodi. Ma l’applauso di cui si dice è l’applauso liberatorio di una riparazione dopo il disastro: non scambiamo il sollievo per giubilo, per favore.

Rimane addosso la brutta sensazione che si prova quando la curiosità legittima non viene soddisfatta: qualcuno che chiaramente ci dica perché no a Rodotà. Senza problemi, senza alambicchi: se è un strategia politica che ce la spieghino, con coerenza. Perché la “piazza” è ancora lì che aspetta di sapere cosa è cambiato e perché, quale evoluzione e per chi.

(Ah, l’augurio ovviamente è caduto nel vuoto.)