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Giulio Cavalli

Il parassita e le imprese

Oggi va letto Bernardo Luraschi perché, mentre in Parlamento ci si attorciglia intorno all’elezione del Presidente della Repubblica, qui fuori le imprese chiudono, si scollano e aspettano qualche risposta:

In Italia ci sono quattro milioni d’imprese che non producono più utili tali da giustificare l’attività imprenditoriale, nonostante questo non chiudono continuano a lavorare per non creare crisi sociale e licenziare dipendenti che conoscono da una vita, in quel lavoro c’è la loro dignità di cittadini e pur con enormi sacrifici continuano a resistere.

Questi imprenditori, commercianti e professionisti, questi borghesi, cosa hanno da spartire con i capitalisti?  Ormai nulla, in tutto il mondo si è creata una frattura netta tra la finanza e le imprese quotate in borsa da una parte e le piccole e medie imprese dall’altra. In questo senso è evidente che sia per il piccolo imprenditore che per il suo dipendente, il nemico di classe è la finanza che non fa credito, che ritira i fidi o lo stato che non onora i debiti e non mantiene i patti per finire con la grande industri che sfrutta nell’indotto.

Questa è la realtà che si è creata in un mondo in cui il denaro è una pura rappresentazione del valore delle cose, che non ha più reale contropartita in un valore di garanzia (parità con l’oro).

Ad esempio, in ragione dell’onorabilità di una scrittura contabile che ha creato valuta conseguentemente all’attivazione di un fido, si procede al sequestro dei beni materiali necessari all’attività produttiva di un’azienda, causandone il fallimento, che renderà impossibile onorare qualsiasi altro debito pregresso o aprire altre linee di credito.

In natura, un parassita che causa la morte del proprio ospite è destinato all’estinzione e questo sarà il destino dell’attuale finanza, il guaio è che insieme al parassita si estingue anche l’ospite, per questo è vitale che tutti noi prendiamo coscienza della pericolosità del momento e che lottiamo insieme per arginare questa follia generale.

Mi auguro

Che gli amici democratici del PD (in tutte le sue innumerevoli correnti) non lancino Prodi solo per non “dare la soddisfazione” di convergere su Rodotà temendo di perdere la faccia. La sensazione è che oggi “Rodotà” significhi per qualcuno dei dirigenti del PD “cedere alla piazza” senza sapere che “cedere alla piazza” è la più bella virtù di un partito democratico davvero.

Se invece davvero qualcuno pensa a D’Alema, beh, allora stiamo parlando d’altro.

SEL secondo Monica

La minuscola SEL, che le profezie volevano fagocitata dalla coalizione col PD; dileggiata perchè si dava per scontato che avrebbe rinunciato al proprio programma pur di sedere sui banchi del Parlamento; accusata dalla sinistra di aver spaccato l’unità a sinistra per buttarsi al centro (leggenda urbana pari solo a quella che vuole Bertinotti colpevole di aver fatto cadere Prodi).
Questa piccola grande SEL è l’unico barlume di sinistra che rimane in piedi.
E mi auguro sia destinata a raccogliere e rimettere insieme pazientemente i cocci di un’identità frantumata. Un’eredità pesantissima, dolorosa e appassionante perchè, comunque vada, non c’è idea di sinistra che esca dalle macerie del PD (al massimo una manciata di giovani turchi volenterosi). Non è sinistra quella che con buona parte della Prima Repubblica si afferra al potere al prezzo di perpetuare, anzi, perpetrare Berlusconi. Non lo è l’alternativa di Renzi, per il quale l’articolo 18 è tabù almeno quanto per Confidustria. Mentre la proposta di Barca poteva essere tutto, non fosse stato per quel tempismo da legge di Murphy.
SEL un programma di sinistra ce l’ha, intatto.
Una dignità di sinistra l’ha conservata e dimostrata, votando compatta Rodotà, sfilandosi con coraggio da una coalizione che non rappresenta più da un pezzo i propri votanti (e nemmeno sé stessa, in buona parte).
Lo scrive Monica Bedana su Resistenza Internazionale e in queste ore è il pensiero di molti dei nostri militanti. Se ora riusciamo a raddrizzare la barra della votazioni di un Presidente all’altezza del cambiamento (dopo avere tenuta diritta la nostra, di barra) il nostro dovere l’abbiamo compiuto. Con serenità e contenuti. Prima di andare in mare aperto.

Un’ultima cosa prima del voto

Se il PD vota Marini la coalizione PD-SEL “Italia bene comune” è defunta, eh. Ovvio, vero? Perché non si affonda per solidarietà politica nelle scelte ingiustificabili. Mai.

Dispiace per quelli che ci hanno creduto, non per quelli che l’hanno posseduto.

Alessandro lo scrive oggi sul suo blog:

Il Pd, almeno questo Pd, è morto stanotte in un teatro a due passi da Montecitorio da cui Bersani non è apparentemente mai uscito – e se lo ha fatto, è stato da una porta posteriore.

E’ morto di stupidità, soprattutto, più ancora che di linea politica: e infatti Renzi, che forse è moderato ma non sciocco, non ne ha avallato l’eutanasia.

E’ morto con le facce irridenti e perfino spavalde di quelli che uscivano dal Capranica – i Boccia, i Misiani – che probabilmente neppure capivano la follia che avevano appena commesso e quanto questa – fra non molto – impatterà sulla loro ‘ditta’.

E’ morto con Chiara Geloni, la pupilla del segretario, che twittava frasi surreali tipo «Marini uno di noi» o «sarà un grande successo politico».

E’ morto con Stefano Fassina – sì, quello che lì dentro faceva la parte del poliziotto buono – che si schierava con Marini perché «mia cognata che lavora alla posta e mio cognato che fa l’elettrauto non sanno chi è Rodotà», mentre «Franco è in grado di ricostruire una connessione sentimentale con il paese». Sentimentale, capito?

Convergenti

Nichi Vendola ha dichiarato che Sinistra Ecologia e Libertà è “largamente convergente sul nome di Rodotà” e la cosa di certo rincuora. Pesa però la convergenza sempre abbastanza storta (e tendente a destra come succede nei peggiori gommauto) con il Partito Democratico che a questo punto spreca un occasione in cui non ci si può permettere di essere complici.

Quindi o ci ripensiamo (ci mescoliamo, dicevamo qualche giorno fa) con un soggetto più grande unico a sinistra che nasca indipendentemente dal PD (o da alcuni pezzi del PD in un’eventuale scissione) oppure alla fine anche a “sinistra” non avremo nemmeno la faccia di chiedere credibilità. Perché il condizionamento e gli aghi della bilancia devono essere fruttiferi altrimenti diventa manierismo di sinistra e poco di più. E non possiamo permetterci di continuare a sperare di spostare un PD che è sempre di più un sasso nella melma di se stesso.

Tutto questo al netto di eventuali ravvedimenti. Sperati. Con noi poco speranzosi.

Incapaci

Bisogna essere degli inetti per pensare a Marini. Niente contro Marini, per carità (certo non ne tengo il poster in camera di fianco a Berlinguer) ma farsi sorpassare in “sentimento collettivo” da un codice binario (altresì detto “internet”) significa avere la coscienza politica di una caffettiera. Oppure avere tutta l’intelligenza occupata per nascondere altro.

Che schifo.

Chapeau

Il Movimento 5 Stelle ha deciso di votare come Presidente della Repubblica Stefano Rodotà. Non ho lesinato critiche al Movimento sull’immobilismo dei giorni scorsi e su alcune meccaniche comunicative sulle Quirinarie ma oggi loro sono arrivati dove avremmo dovuto arrivare noi, da qualche giorno. E concedono al centrosinistra un’occasione d’oro per il “governo di cambiamento” di cui Bersani (e noi) ha parlato un minuto dopo le elezioni. Oggi un centrosinistra che non vota Rodotà alla Presidenza della Repubblica sarebbe il fallimento degli elettori, degli eletti e di un progetto a quel punto nemmeno potabile. Punto.

Quello che penso su Rodotà l’avevo scritto in tempi non sospetti qui.

La criminalità è organizzata, la tracciabilità dei rifiuti no

L’avevano annunciato in pompa magna e avrebbe potuto essere davvero un ostacolo per la criminalità organizzata: il sistema SISTRI per la tracciabilità dei rifiuti era un’innovazione notevole in un campo dove l’illegalità e le mafie continuano a mietere guadagni illeciti. Nel sito ufficiale si legge: “La lotta alla illegalità nel settore dei rifiuti speciali costituisce una priorità del Governo per contrastare il proliferare di azioni e comportamenti non conformi alle regole esistenti e, in particolare, per mettere ordine a un sistema di rilevazione dei dati che sappia facilitare, tra l’altro, i compiti affidati alle autorità di controllo.”

Oggi rimbalza la notizia. Uno scandalo annunciato. Tre persone in carcere, altre 19 agli arresti domiciliari, 4 con l’obbligo di presentarsi agli inquirenti e una miriade di società vuote e di conti all’estero individuati dalla Guardia di Finanza. Così arriva alla svolta l’inchiesta della Procura di Napoli su un grande imbroglio. Ovvero: l’ambizioso progetto di tutela ambientale battezzato Sistri, il sistema di tracciabilità dei rifiuti ideato dalla società Selex service management (gruppo Finmeccanica) con un contratto classificato come “riservato”, da 146,7 milioni di euro in 5 anni, lievitato fino a 400 milioni, e di fatto mai realizzato. Il previsto monitoraggio di ogni carico di scarti industriali o di immondizia urbana sul territorio nazionale (in special modo in Campania), difatti, non era mai partito, nonostante i 30 milioni di euro già bruciati per l’organizzazione e nonostante i notevoli costi imposti a centinaia di utenti, aziende, camion, perfino municipalizzate, costretti a dotarsi di una scatola nera sui camion. Nel corso delle indagini probabilmente saranno ascoltati come testimoni gli ex ministri dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, dei Verdi, e Stefania Prestigiacomo. Nel 2007, sotto il governo di centrosinistra, si cominciò infatti a lavorare al piano che sarà portato a compimento l’anno successivo, quando a Palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi, che nel settembre del 2008 appose il segreto amministrativo “sul progetto, le opere, i servizi, e le forniture per la realizzazione del Sistema”. Il progetto risulta attualmente bloccato almeno fino al 30 giugno prossimo a seguito delle perplessità espresse dalla Digit Pubblica Amministrazione.

Così lo strumento antimafia diventa un fardello inoperoso di burocrazia sugli imprenditori e le mafie continuano ad agire indisturbate. Viene da chiedersi perché la criminalità riesca ad organizzarsi e lo Stato no. Perché?