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Giulio Cavalli

Aldo Morto 54 parla

aldo-morto-di-daniele-timpanoDaniele Timpano (ne scrivevo qualche giorno fa qui) ci scrive dalla sua prigionia-spettacolo sullo stato dell’arte e di salute del teatro italiano, a Rima, di narrazione soprattutto:

DANIELE TIMPANO / ALDO MORTO 54 PARLA
24 marzo 2013 – SECONDA LETTERA dal carcere (a integrazione di quella mandata ieri al Taburo di Kattrin)

Ciao a tutti, sono il protagonista e la vittima sacrificale di questa avventura irragionevole: 54 giorni di auto-reclusione al Teatro dell’orologio più 54 giorni di repliche del mio spettacolo “Aldo morto / tragedia” su Moro, anni ’70, lotta armata e ciò che resta e la palude in cui mi e ci sento, nel trentacinquennale del Sequestro Moro, nei giorni esatti del sequestro. Beh, il progetto ha raccolto e raccoglie entusiasmi come anche perplessità. Ad una settimana dall’interramento (il teatro dell’orologio è sottoterra) tento di abbozzare una veloce riflessione, a mo’ di primo bilancio, sul senso dell’operazione, senso che in parte è a monte, progettuale, in parte ancora in corso d’opera e suscettibile di sviluppi e contributi.
Dunque. La sostanza di Aldo morto 54 l’ho spiegata più volte in questi giorni in streaming e in interviste (Ansa, Rai News), spero ci sia un video da recuperare e postare prima o poi. Cos’è Aldo morto 54, questo progetto che a molti pare ambiguo, costruito intorno a un mio spettacolo? Che roba è? Il teatro che diventa reality? È un gesto estetico? Narcisistico? Politico? È squallido marketing? Non lo so. Parliamone. E partiamo dal teatro. Il teatro è il mio mestiere, la mia vita, il mio tempo, il mio amore, il mio respiro; ma il teatro non è niente ed Il teatro non può diventare niente, purtroppo perché il teatro è morto, è un cadavere incredibilmente abitato da gente vivissima ma è morto e noi vermi che ci viviamo dentro non riusciamo a farlo muovere…
Certo che nel progetto c’è l’elemento maketing, anche se mi pare esagerato definirlo tale; direi piuttosto che c’è l’idea 1) di strumentalizzare un poco la mentalità di stampa e tv, che infatti sono molto curiosi di questa cosa che a lor pare un evento (mentre dello spettacolo non glie ne importa palesemente molto, come sempre, né molto probabilmente ne capiscono) ed in quanto evento infatti un certo interesse per il progetto lo stanno dimostrando (i sopracitati Rai News e Ansa che mai si sono interessati a me in precedenza); direi poi 2) che c’è l’idea di stimolare la curiosità della gente normale non teatrante diversamente alienata (rispetto all’alienazione di chi fa questo mestiere ma pur sempre alienata come tutti); sì, proprio così, la gente c.d. “normale”, ve la ricordate? Sì, proprio loro perché – prima di tutto – l’intero progetto (non solo la prigionia in streaming ma anche gli approfondimenti di senso come gli incontri con Miguel Gotor, Lorenzo Pavolini, Francesco Biscione, Christian Raimo, quello su Baliani, il concerto di Pino Masi, le presentazioni di libri, o i seminari sul cinema di Flavio de Bernardinis o le interviste in cella o gli incontri con gli studenti) è un progetto che nasce prima di tutto – ma prima di tutto, ma prima di tutto, ma prima di tutto – intorno ad un progetto semplice ma ambiziosissimo: realizzare a Roma – finalmente! – la lunga tenitura in scena di uno spettacolo di drammaturgia contemporanea (italiana) tentando in tutti i modi di creare un pubblico diverso dai quattro gatti colleghi-operatori-parenti-elite intellighenti da salottino radical chic cui par condannato il nostro segmento di teatro, specie in questa orrenda capitale cadaverica, questo demimonde di artisti cui appartengo, non benedetto da luci televisive o altro eppure così pieno di senso, vita, fatica, amore, sforzi, tensione anche politica, di certo intellettuale.
Tutto il progetto tenta in ogni modo, cercando di creare senso e mantenerne in corso d’opera, di rendere possibile una cosa del genere. Non è poco. Ne ho bisogno io. Ne ha bisogno la città. Ne ha bisogno il teatro forse in generale ma senz’altro il segmento di teatro cui appartengo. Di questo sono convinto. Sto puntando molto su questo progetto e sul suo senso.
Se no, Daniele Timpano lo spettacolo “Aldo morto / tragedia” se l’era già fatto l’anno scorso a Roma in 3 repliche trionfali nella cornice c.d. “prestigiosa” del Palladium, pagato bene e pieno di tutto quel pubblico là, di cui sopra, tutto là riunitosi per l’eventino speciale di Timpano con ‘sto spettacolino di cui si parlava tanto bene ospitato chissà perché nella stagione della Fondazione Romaeuropa.
Se no, si accontentava di fare le sue solite repliche in giro per l’Italia, si accontentava di aver vinto il Premio Rete Critica 2012, della segnalazione “alla carriera” al Premio IN-BOX 2012, di essere arrivato per la prima volta in finale ai PREMI UBU 2012 come “migliore novità italiana (o ricerca drammaturgica)”, pazientemente proseguendo la faticata ascesa verticistica del teatrello in estinzione italiano.
Insomma, chi me lo faceva fare di chiudermi sotterra, in una tomba anticipata in cui comunque già ero, come tutto il teatro, come tutta la cultura, come tutto il paese depressivo in cui viviamo (per questo peraltro, sin troppo didascalicamente per i miei gusti, la mia tutina è verde, il pavimento rosso e le pareti della cella bianco sporco-grigette: la mia cella 3 x 1 non solo cita Moro ma è un tricolore depressivo che mi soffoca).
Concludendo, secondo me, ed anche a prescinder da me, vi dico – e faccio questa affermazione in assoluta buona fede e assoluta convinzione -, vi dico questo: c’è poco da essere perplessi e da storcere la bocca. Il progetto, per criticabile e fallibile che sia, ha un suo senso “storico”.
Se al mio posto ci fosse un Andrea Cosentino, un Fabrizio Arcuri, o Gaetano Ventriglia e Silvia Garbuggino, o Massimiliano Civicaa, o i Tony Clifton Circus, Dario Aggioli, Elvira Frosini, Fabio Massimo Franceschelli, Alessandra Sini, i Maniaci D’amore (Luciana Maniaci e Francesco d’Amore, Roberto Latini, Teatro Magro, Stefano Cenci, Riccardo Goretti o Biancofango Compagnia, Gianfranco Berardi e altre compagnie e artisti che stimo (ma forse anche se al mio posto ci fosse qualcuno che non stimo come xxxxx), questo sarebbe un progetto che comunque sosterrei. Anche se non portasse benefici a me direttamente (se pur me ne sta portando, cosa che è ancora tutta da vedere: per ora è ancora una lotta contro i mulini a vento).
Il Teatro dell’Orologio – nella sua nuova gestione – è stato coraggioso ed incosciente a investire con me in questo progetto soldi (che non ci sono), energie, tempo, idee, contatti ed io spero tanto che questo irragionevolissimo e ambizioso “Aldo morto 54” aiuti anche loro a sfuggire al destino disdicevole di “Affittacamere” (a Roma il 90% dei teatri non fa una programmazione ma affitta la sala a caro prezzo alle compagnie che glie la chiedono) da cui provengono e a cui speriamo non siano costretti – come quasi tutta la città teatrale orrenda in cui viviamo noi romani che è losca, spregevole, disordinata, cialtrona e fuorilegge – a tornare…
Anche i nostri buoni e generosi Media Partner condividono con noi queste non piccole speranze. Il Tamburo Di Kattrin e Fattiditeatro, Andrea Giansanti (cui va il mio ringraziamento speciale per aver reso possibile tutta la faccenda dello streaming!), ma anche Grapevine studio, anche Kataklisma, anche – in sostanza – la Fondazione Romaeuropa.
Ecco qui. Ho finito. Solo un piccolo tentativo di lucidità. Mi rendo conto della delicatezza di tutto questo. Ed ho parlato solo delle questioni di “politica teatrale”. Figuriamoci se affrontavo il problema della delicatezza dei temi che affronta lo spettacolo!
Un bacio, comunque.
Un bacio a tutti dal mio lettuccio sottoterra.
Cordiali saluti e baci appassionati,
Daniele Timpano
www.aldomorto54.it

L’Antologia della Memoria (Fuorilegge)

Schermata 2013-03-24 alle 08.16.42FuoriLegge è un sito che promuove la lettura per accompagnare adolescenti ed educatori nel percorso di avvicinamento ai libri. Mi fa bene in mezzo a questo caos (poco creativo e speriamo almeno produttivo) là fuori scoprire siti così. Mi riconciliano con la vita.

La loro Antologia della Memoria, scritta da partigiani della parola, è il diario di un Italia ama fare il proprio lavoro terribilmente sul serio. Qui c’è la pagina che Angela Vitti ha scritto dopo un nostro incontro.

Questa domenica la inizio così: ringraziando i bibliotecari che resistono nonostante tutto. E ci fanno mangiare.

“Ci invita ad allenare quello che chiama il “muscolo” della curiosità. Questo significa guardarsi intorno, fare domande a genitori e insegnanti, leggere per informarsi, capire e poi fare delle scelte consapevoli di comportamento e di vita.”

Cosa votano gli operai

berlinguer-operaidi Nicola Melloni
da Liberazione

L’analisi dei flussi elettorali è impietosa per il centro-sinistra. Secondo tutti gli istituti di ricerca, dalla Polis di Diamati all’Ipsos, la coalizione di Bersani-Vendola è solo terza nel voto tra gli operai, superata sia dal Movimento 5 Stelle (primo), che dal Pdl (secondo). Un risultato, in realtà, che non sorprende più di tanto.
Già negli scorsi anni si era parlato e discusso a lungo del voto operaio pro-Lega. Ora la situazione è completamente degenerata, con solo un quinto delle tute blu che hanno scelto il Pd e la sua propaggine di sinistra, Sel – che pure candidava operai e sindacalisti. Non è una situazione nuova nella storia e non è un problema solamente italiano – basti pensare ai voti operai che prende Le Pen in Francia, fortissimo in quelle che una volta erano roccaforti del Pcf – ma configura un problema molto serio, sia per la sinistra nel suo complesso, sia per la democrazia in generale. 
Una sinistra senza classe operaia è, per sua natura, una non sinistra. Non occorre essere marxisti per riconoscere che gli interessi del lavoro, degli sfruttati sono da sempre il pane quotidiano di tutti i partiti che si riconoscono nelle diverse famiglie del laburismo, dalla socialdemocrazia alla sinistra comunista. Per dirla con Bersani, la difesa del lavoro dovrebbe essere la ragione sociale della ditta – che altrimenti ha davvero poca ragione d’essere. A maggior ragione in un periodo di crisi, con la disoccupazione in preoccupante aumento e la povertà, che pareva una volta sconfitta e che fa sentire i suoi morsi anche tra la classe media. 

(continua qui)

Aldomorto e Daniele Timpano recluso (in streaming)

ALDO MORTO 54 TITOLODaniele Timpano è un autore e attore teatrale. Ma detto così suona molto riduttivo: Daniele è un performer tutto tondo nel senso più ampio di tutte le sensazioni e gli spazzi suonabili. Ora si è rinchiuso per 54 giorni al teatro dell’Orologio di Roma. Il perché lo spiega lui stesso:

ALDO MORTO 54 / 54 giorni di reclusione in live streaming / 54 repliche consecutive di ALDO MORTO

un progetto di e con Daniele Timpano, al Teatro dell’Orologio di Roma dal 16 marzo al 9 maggio 2013

«Desolato, io non c’ero quando è morto Moro. Aldo è morto senza il mio conforto. Era il 9 maggio 1978. Non avevo ancora quattro anni. Quando Moro è morto, non me ne sono accorto. Ma dov’ero io quel 9 maggio? E cosa facevo? A che pensavo? E soprattutto a voi che ve ne importa? È una cosa importante cosa facevo e che pensavo io a tre anni e mezzo? Aldo è morto, poveraccio. Aldo Moro, lo statista. Che un certo Moro fosse morto l’ho scoperto alla televisione una decina di anni dopo, grazie a un film con Volontè. Un film con Aldo morto. Ci ho messo un po’ a capire fosse tratto da una storia vera. Oh, mio Dio! Hanno ammazzato Moro? E quando? E perché? E come? Lo hanno trovato nel bagagliaio di Renault 4 rossa, undici colpi sparati a bruciapelo addosso. Oh, mio Dio! Hanno ammazzato Aldo! Brutti bastardi. E vabbè, pazienza. Niente di importante. Cose che capitavano negli anni ’70. Bisognava fare la rivoluzione. Chi? Brigate rosse. Era il 9 maggio del 1978. Non avevo ancora quattro anni. Brigate rosse, sì. Ma rosse in che senso?» [Daniele Timpano]
Teatro dell’Orologio
16 marzo. 9 maggio
Fondazione Romaeuropa – Teatro dell’Orologio – amnesiA vivacE
ALDO MORTO 54 / 54 giorni di reclusione
un progetto di Teatro dell’Orologio e Daniele Timpano
in collaborazione con Fondazione Romaeuropa e Kataklisma
media partner  Tamburo di KattrinGrapevine Studio
social media partner fattiditeatro
ideazione e realizzazione della cella Alessandra Muschella
live-streaming Andrea Giansanti
ideazione e realizzazione video teaser Emiliano MartinaGrapevine Studio
progetto grafico Angelo Sindoni
ufficio stampa Donatella Maresca
promozione Bruna BenvegnùFilippa Piazza
cordinamento sezione Incontri: Bruna BenvegnùMarzia PacellaFlavio De BernardinisChristian RaimoGraziano Graziani, Stefano BettiDario Morgante
organizzazione Katia Caselli
drammaturgia della prigionia di Daniele Timpano
in collaborazione con Elvira Frosini

“Un bel mattino ci sveglieremo e capiremo che siamo morti”
[Claudio Lolli, 1973]

Un attore nato negli anni ’70, che di quegli anni non ha alcun ricordo o memoria personale, partendo dalla vicenda del tragico sequestro di Aldo Moro, trauma epocale che ha segnato la storia della Repubblica italiana, si confronta con l’impatto che questo evento ha avuto nell’immaginario collettivo. In scena, assieme al suo corpo e a pochi oggetti, solo la volontà di affondare fino al collo in una materia spinosa e delicata senza alcuna retorica o pietismo.
Dopo essere stato in scena nella scorsa stagione al Teatro Palladium, torna Aldo morto, lo spettacolo di Daniele Timpano che si interroga sul rimosso storico del delitto Moro e lo affronta contestualizzandolo in quegli anni settanta di cui il nostro duemila non è che un prodotto.
Lo spettacolo torna per ricordare il trentacinquennale dalla morte dello statista, trentacinque anni che hanno lasciato una memoria non sempre lucida, spesso distorta da racconti di seconda mano, da immagini televisive e fotografiche ormai iconizzate.
Aldo morto diviene ora spunto e fulcro per un evento totale: il Progetto Aldo Morto 54, prodotto dal Teatro dell’Orologio in collaborazione con la Fondazione Romaeuropa. Daniele Timpano, autore e interprete dello spettacolo, si auto-recluderà per 54 giorni, dal 16 marzo all’8 maggio, nella celletta costruita appositamente in una delle sale del Teatro dell’Orologio, dalla quale uscirà ogni sera per mettere in scena il suo spettacolo. Per tutto il periodo verrà realizzato un live streaming che permetterà di seguire la vicenda della prigionia da casa. È stato costruito un apposito canale You Tube ed un sito dedicato (www.aldomorto54.it) dove si potranno seguire tutte le vicende del prigioniero: potremo vedere Timpano che legge il giornale la mattina, Timpano che legge i Quaderni dal carcere di Gramsci, Le avventure di Pinocchio di Collodi e i comunicati scritti dalle Brigate Rosse, Timpano che incontra nella sua celletta persone volontarie disposte a portare la propria testimonianza su quegli anni, chi li ha vissuti in prima persona, chi ne ha sentito soltanto il racconto, chi ha affrontato l’argomento sui banchi di scuola; ricordi, emozioni e frammenti della propria storia che diverranno pezzi di un puzzle più grande per offrire un affresco della nostra società.
Lo spettacolo sarà l’unico momento non ripreso dal circuito streaming, un momento unico, intimo che richiede la presenza fisica dello spettatore, la condivisione del punto di vista in una rottura mediatica e catartica del voyerismo.
Una presenza costante su twitter (attraverso un #fdtalk ovvero una chiacchierata con fattiditeatro, social media partner di Aldomorto54) e su facebook permetterà a Daniele Timpano di interagire con l’esterno in un costante scambio di memorie e esperienze. Il web 2.0 diventerà un rifugio, una fuga immaginaria, una culla contro la solitudine della detenzione, ma anche sopratutto un urlo – o un cinguettio! – disperato contro la mistificazione, la violenza, la massificazione, il senso di impotenza, quel vero e proprio compromesso “etico”, non “storico”, che è la base identitaria di questo bel paese.
Lo spazio “carcerario” si animerà ulteriormente attraverso occasioni di incontro con le scuole, per attivare un confronto generazionale tra genitori e figli, tra chi ha vissuto in prima persona il fatto storico e l’Italia di quegli anni e chi ne ha conoscenza solo attraverso l’immaginario.
Il lunedì sarà dedicato al cinema, con un seminario curato dal professore Flavio De Bernardinis dal titolo Il cinema e le immagini negli anni Settanta.
Il sabato sarà l’occasione della musica con alcuni appuntamenti insieme e protagonisti di quegli anni. La domenica invece sarà l’occasione per degli incontri di approfondimento dedicati a letteratura, teatro e saggistica: si comincerà domenica 24 marzo con Miguel Gotor e Lorenzo Pavolini, continuando con Marco Baliani e molti altri. Saranno organizzati anche degli incontri e dibattiti con i protagonisti di quella storia coordinati da Tamara Bartolini: in occasione della presentazione del suo ultimo libro, sarà presente anche Ferdinando Imposimato, giudice istruttore del rapimento Moro, pronto a svelare il suo punto di vista di persona (molto) informata dei fatti.
Molte di queste iniziative sono in progress e verranno definite nel corso della prigionia.
Il 9 maggio, giorno del ritrovamento del corpo di Moro, il progetto si concluderà fuori della cella, presso la sede della Fondazione Romaeuropa, nell’Opificio Telecom Italia, con una serata speciale, a cura di Christian Raimo, il Moro day: una riflessione ampia su quel cinquantacinquesimo giorno che non è mai appartenuto a Moro ma appartiene a noi italiani che lo abbiamo vissuto, anche in maniera spesso sin troppo voyeuristica.

LE INIZIATIVE DEL PROGETTO

1) LO SPETTACOLO

Dal 16 marzo all’8 maggio – maratona teatrale senza pause
dal lunedì al sabato ore 21 – domenica ore 18 

ALDO MORTO/ Tragedia
uno spettacolo di e con Daniele Timpano
collaborazione artistica Elvira Frosini
aiuto regia, aiuto drammaturgia Alessandra Di Lernia
oggetti di scena Francesco Givone
disegno luci Dario Aggioli e Marco Fumarola
editing audio Marzio Venuti Mazzi
elaborazioni fotografiche Stefano Cenci
progetto grafico Antonello Santarelli
produzione amnesiA vivacE
con il sostegno di Area06
in collaborazione con Cité Internationale des ArtsComune di Parigi
si ringrazia Cantinelle Festival di Biella
drammaturgia, regia, interpretazione Daniele Timpano
spettacolo vincitore Premio Rete Critica 2012
segnalazione speciale Premio IN – BOX 2012
finalista Premio Ubu 2012 come “Migliore novità italiana (o ricerca drammaturgica)”

2) GLI INCONTRI E I CORTOCIRCUITI
Il progetto Aldo Morto 54 prevede una serie di incontri, seminari, cortocircuiti di riflessione e memoria a cadenze settimanali:

Tutti i lunedì
Il cinema e le immagini negli anni Settanta
seminario a cura del Prof. Flavio De Bernardinis
Un excursus storico e critico sul cinema italiano degli anni Settanta tra impegno politico e grida di protesta.

Giovedì 28 marzo_4.11.18.25 aprile_2 maggio h 19
Il piombo nelle parole
coordinamento a cura di Dario Morgante
Scrittori che hanno raccontato e analizzato l’Italia degli anni di piombo e i suoi protagonisti, incontrano il pubblico presentando la loro opera: tra gli altri Angela Scarpaio, Fabio Calenda, Ivo Scanner, Carlo Bordini e Andrea Di Consoli, Paolo Grugni, Giorgio Vasta.

Il Memoriale: lettura del racconto in prigione
Alcuni attori – tra cui Valerio Aprea, Cristina Pellegrino, Claudia Campagnola e Norma Martelli –si confrontano con alcune letture selezionate di estratti dal c.d. “Memoriale”, quella parte cioè degli scritti prodotti da Moro durante la prigionia, che raccoglie le risposte che il Presidente della DC diede alle Brigate Rosse, durante gli interrogatori ai quali fu sottoposto nella c.d. “prigione del popolo”.

Le domeniche di Moro
a cura di Christian Raimo
Dei veri e propri approfondimenti critici, drammaturgici, generazionali, musicali che ci immergeranno nel decennio dei settanta e nel suo universo. Tra i punti di vista privilegiati quelli di Miguel Gotor e Lorenzo Pavolini (24 marzo), che partendo dal paradigma interpretativo di Sciascia affronteranno la questione dell’interpretazione degli scritti prodotti da Moro durante la prigionia, e quello di Marco Baliani che al Caso Moro ha dedicato uno spettacolo importante, “Corpo di Stato”, in occasione del ventennale del 1998.
Tra gli appuntamenti Piombo su piombo/ Come il teatro ha riletto gli anni ’70 a cura di Graziano Graziani: piccola maratona di letture di alcuni testi drammaturgici trans-generazionali, da quello di Marco Baliani a quello di Magdalena Barile, che hanno affrontato il tema degli anni Settanta, la lotta armata, Aldo Moro.

3) EVENTI SPECIALI

Sabato 27 aprile h 23.30
Concerto Rosso di Pino Masi

Opificio Telecom Italia _9 maggio / h 18
MORO DAY
a cura di Christian Raimo
con interventi di Daniele Timpano, Miguel Gotor, Marco Belpoliti e molti altri.

4) LA CELLA
Daniele Timpano e i suoi 54 giorni di reclusione performativa, parte strutturale del progetto. La quotidianità della cella sarà scandita da appuntamenti fissi, incontri, riprese, letture.

Riti di vita quotidiana
La ripresa streaming prosaica e più “umana”: Daniele che si sbarba, che legge il giornale, che beve una spremuta, che pranza; Daniele al pc, vestizioni, svestizioni, Daniele che spegne e va in bagno, Daniele che spegne e va a dormire.

Riti di comunicazione quotidiana
Daniele Timpano ogni giorno risponderà a mail, messaggi facebook, messaggi twitter e in più ci saranno degli appuntamenti social in collaborazione con i nostri media partner:

– Appuntamento Twitter con fattiditeatro tutti i giorni alle ore 15 circa. Si potrà seguire la chiacchierata cercando @fattiditeatro e @aldomorto54 e intervenire usando il doppio hashtag #fdtalk #aldomorto54.
– Aggiornamenti e appuntamenti quotidiani con la redazione de Il Tamburo di Kattrin: rassegna stampa dal 1978, canzoni di quei giorni, commento allo spettacolo di Timpano della sera precedente, riflessione sulla politica teatrale oggi, infine la rubrica “Cosa mi sono perso oggi?” in cui Daniele Timpano utilizzerà la rassegna stampa elettronica a cura del Tamburo di Kattrin per costruire un percorso critico sugli spettacoli che si è perso recludendosi in teatro, sugli spettacoli che gli spettatori si perdono partecipando alle iniziative del progetto Aldo Morto 54, sugli spettacoli a cui rinuncia chi a teatro non ci va mai.

Progetto Amnesia / interviste a spettatori in cella (archivio testimonianze) 
Dal lunedì al venerdì, Daniele Timpano incontrerà, su prenotazione, persone volontarie disposte a portare la propria testimonianza su quegli anni: chi li ha vissuti in prima persona, chi ne ha sentito soltanto il racconto, chi ha affrontato l’argomento sui banchi di scuola; ricordi, emozioni e frammenti della propria storia che diverranno pezzi di un puzzle più grande per offrire un affresco della nostra società.

Letture
Daniele Timpano approfitterà del tempo in cella per condividere la lettura di due opere simbolo della letteratura italiana:
gramsciana / lettura estratti ragionati gramsci – quaderni dal carcere
selezione a cura di Fabio Frosini
da apocalittico a integrato / le avventure di pinocchio di Carlo Collodi – lettura integrale a puntate

INFO
orario spettacolo+lettura
dal lunedì al sabato h 21
domenica h18
botteghino
dal lunedì al sabato dalle ore 12
tel. 06_6875550
prezzi
intero €13.00 + tessera €2.00
ridotto € 10.00 + tessera €2.00
Tutte le iniziative collaterali sono riservate ai soci.
www.teatrorologio.it – www.aldomorto54.it

Un buon affare

piero-calamandreiPer fare buona politica non c’è bisogno di grandi uomini, ma basta che ci siano persone oneste, che sappiano fare modestamente il loro mestiere. Sono necessarie: la buona fede, la serietà e l’impegno morale. In politica, la sincerità e la coerenza, che a prima vista possono sembrare ingenuità, finiscono alla lunga con l’essere un buon affare.

(Piero Calamandrei)

Lo chiamavano “Continuità”

516199_mantovani maroniRicapitoliamo, anche se è molto semplice:

in Lombardia la Lega Nord disse di essere stata costretta a “staccare la spina” a Roberto Formigoni per i troppi dubbi e le troppe contiguità del governatore e dei suoi fedelissimi nell’ambiente della sanità lombarda. Fin qui sembrerebbe anche “potabile” come azione se non fosse che quel sistema malato della sanità lombarda la Lega l’ha costruito insieme al PDL per tutti questi anni ma tant’è, magari i leghisti si sono ravveduti cammin facendo, viene da pensare.

Roberto Maroni si candida presidente della Regione Lombardia rivendicando discontinuità con il formigonismo e una svolta nella gestione della regione. Qualcuno (i più arguti e i più comunisti) gli fa notare che però la coalizione che lo sostiene ha anche il PDL: vero, dice lui, ma il candidato presidente è leghista e quindi sarà la Lega a ergersi a garante del nuovo corso.

Oggi Maroni presenta la nuova giunta regionale e si scopre che alla sanità c’è Mario Mantovani: uomo PDL, molto vicino a Paolo Berlusconi e tra l’altro fondatore della Mantovani Onlus proprietaria di quattro Residenze per anziani e di una Residenza per disabili. 

Insomma Maroni comincia la sua avventura alla guida della Lombardia svendendo subito la delega più importante al berluscones meno presentabile per il ruolo.

Buona notte, Lombardia.

 

La guardia alta, sull’antimafia

Editoriale per il foglio de I Siciliani Giovani

E141230121-ab421c56-67b6-4709-bdbd-056be0d39b60 ora in tutta questa deflagrazione di bave e umori urlati dove finisce l’antimafia sociale? Dove può prendere radici un tema che già faticava nell’ordinaria attività istituzionale e oggi si ritrova a camminare sulle pareti irte dell’emergenza di un governo di scopo?

Le domande sono importanti, dicono i bravi giornalisti, perché allenano il muscolo della curiosità e i tendini delle risposte non scontate, eppure in questo turbine di scenette e sceneggiate l’antimafia è sparita dall’agenda politica come se bastasse averne parlato in campagna elettorale per essere a posto con la coscienza e il proprio elettorato. In questi ultimi anni si è capito quanto sia fondamentale per un serio percorso di responsabilizzazione e alfabetizzazione antimafiosa l’organicità dell’azione che non ha bisogno di personaggi o eventi straordinari ma del lavoro indefesso e continuo di narrazione, istruzione e discussione come avviene nelle migliori famiglie a tavola durante la cena. Servirà più forza, servirà un’energia più vigorosa e unita per tenere il mento alto mentre ci diranno che la trattativa, le stragi e i rapporti tra mafia e politica sono cose del passato (e ce lo diranno, oggi più di ieri), mentre ci vorranno convincere che c’è altro da fare. Come è sempre successo un secondo prima di perdere. Di nuovo.

Io la Lombardia la difendo


Editoriale scritto  per ArcipelagoMilano

cavalli screenLa Lombardia è la mia terra e la difendo, da cittadino, mica eletto, e nemmeno da scortato antimafioso perché mi verrebbe troppo comodo e troppo paratelevisivo, ma da cittadino con i figli che lavoreranno e faranno altri figli qui in Lombardia, la difendo dai faccendieri, gli affaristi, i viscidi commensali, i lacchè senza dignità e la retorica della propria terra che ha innescato un meccanismo perverso (e inverso alla democrazia) che in alcuni settori chiede “chi ti manda” e “a chi appartieni” per decidere la possibilità di assunzione e di carriera. La Lombardia la difendo dall’analfabetismo (coltivato ad hoc) verso le persone serie, oneste e dedite all’etica come dovere morale, in una regione che per decenni ci ha convito che la spericolatezza fosse una virtù in politica e nell’imprenditoria e una regione che ha voluto convincerci che la solidarietà sia un vezzo democratico che non possiamo permetterci per non mettere a rischio la sicurezza dei nostri figli.

Io non so cosa debba succedere ancora per chiederci di andare oltre all’indignazione sulle associazioni criminali che sono arrivate fino ai gangli più alti della politica regionale; se serva un morto ammazzato proprio in mezzo al corridoio del Pirellone o l’arresto di un altro assessore con la coppola in testa e la lupara sotto il cappotto per convincerci che l’emergenza è passata da un pezzo e l’infiltrazione mafiosa è stata un momento di una diffusione radicata e ormai difficilmente riconoscibile che svena ma non tormenta, non si sente: sembrano al massimo un paio di linee di febbre.

Io non tollero più di fare lo scortato buono per le interviste, le televisioni, gli antimafiosi una volta al mese nei convegni tra amici e poi non riuscire a raccontare cosa è cambiato alla sera quando me lo chiedono i miei figli. Perché abbiamo sbagliato noi, forse, a credere che bastassero questi ultimi mesi per dare l’idea di un allarme che suona muto da decenni e invece siamo ancora visionari (forse meno di una volta), allarmisti (anche se con più seguaci) e minoranza. Di una battaglia che è politica dove mafia e Stato (o Regione) fanno lo stesso identico mestiere: offrono occupazione, welfare e protezione. E due concorrenti nello stesso territorio o si fanno la guerra all’ultimo respiro oppure viene il dubbio che si siano messi d’accordo.

Per chi suona la Campanella (del Senatore,eh)

francesco-campanellaAllora:

– Francesco Campanella è un libero cittadino e un (meno libero) senatore del Movimento 5 Stelle che disobbedisce a Grillo: vota altro in Senato rispetto agli ordini di scuderia e vota Grasso per la Presidenza del Senato.

– Viene massacrato in quelle strane assemblee online che ormai sono diventate facebook e twitter dai “suoi” elettori che non gli perdonano il tradimento (a chi?).

– Si riscatta (sempre su facebook, eh) dichiarando di avere eroicamente e stoicamente rifiutato un offerta (economica, verrebbe da intendere tra le sue righe) nientepopòdimenoche da Nichi Vendola che con una telefonata gli avrebbe offerto un rifugio e un ristoro in SEL (che, per noi qui in SEL, viene da ridere sentendo il freddo che fa…).

– Ottiene un grande giubilo dagli elettori grillini che lo ringraziano per la coerenza, il coraggio e l’integrità d’animo. E forse gli perdonano (con memoria breve) il grande tradimento con il voto a Grasso. Sta per finire nel migliore dei modi: tutti vissero felici e contenti.

Poi c’è il fulmen in clausola (niente di spaventoso, eh: il finale a sorpresa):

Vendola non ha mai telefonato a Campanella. Tutto inventato. La grande rivincita contro la partitocrazia è una scoreggina nell’universo dei bugiardi. 2.0 però, eh.

Una strada per Lea Garofalo

post_30887Una bella notizia da Rossano (CS), perché le cose cambiano se siamo disposti a cambiare:

Una strada per Lea Garofalo, la testimone di giustizia che ha pagato con la vita la sua ribellione alla ‘ndrangheta. La notizia arriva da Rossano, portata dal vicesindaco Guglielmo Caputo sabato sera nel corso della presentazione del libro “Il coraggio di dire no. Lea Garofalo la donna che sfidò la ‘ndrangheta” (Falco Editore) del giornalista molisano Paolo De Chiara.
“Penso che Lea sta cambiando qualcosa – spiega Marisa Garofalo, sorella di Lea – questa sera abbiamo avuto la bella notizia che il comune di Rossano si prenderà l’impegno di ricordare Lea con l’intitolazione di una via. L’altro giorno sono stata a Lamezia dove ho incontrato il ministro Barca ed è stato presentato un progetto “Miur” in cui si parla Lea e di legalità. Ho preso l’impegno di dare voce a mia sorella, una voce che probabilmente non ha mai avuto e quelle poche volte che l’ha avuta nessuno l’ha mai ascoltata. Ho preso l’impegno con il mio avvocato di istituire una fondazione che aiutasse i testimoni di giustizia in difficoltà, perché ora Denise non deve stare sola”.
E proprio la ventunenne Denise, figlia di Lea Garofalo, presto cambierà cognome attraverso un’istanza presso il tribunale civile: “Si trattava di una volontà di mia sorella – spiega Marisa Garofalo – era lei che voleva cambiare il cognome alla figlia visto che il tribunale ha tolto anche la patria potestà al padre. Denise userà il cognome di mia sorella, si chiamerà Garofalo, anche perché lei non vuole portare questo cognome, il padre le ha distrutto la vita”.
Il ringraziamento della sorella di Lea Garofalo va al comune di Rossano Calabro e soprattutto «a quei giornalisti come Paolo De Chiara si occupano di ‘ndrangheta, che si occupano di mafia e sono quelli più a rischio. Parecchi giornalisti in passato sono stati uccisi dalla mafia, subiscono violenze, subiscono minacce e molto spesso anche loro sono costretti a stare sotto scorta come Giulio Cavalli che ha curato l’introduzione di questo libro, è stato minacciato al processo di Lea Garofalo dai Cosco».

da Strill.it