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Giulio Cavalli

Le primarie sono le primarie, primarie, primarie

Scrive Filippo Azimonti che Per seguire il dibattito sulle primarie lombarde, anche quando tende a farsi carsico come in queste ore, può essere utile citare Gertrude Stein: «Una rosa è una rosa, una rosa, una rosa» (Sacred Emily, 1913) nella sua interpretazione più lineare («Le cose sono quel che sono») come nella più complessa lettura che segnala come usando semplicemente una parola se ne evochino tutti i significati, e ha ragione. Sarei semplicemente meno ottimista di lui (ma lo sono per natura) quando scrive: Ora il problema per chi vorrà aderire al patto civico è piuttosto quello di mantenere aperta la sfida senza rinunciare al contributo di chi, generosamente, ha già dichiarato la propria disponibilità e, in ipotesi, a quanti altri volessero farlo. Solo così la rosa resterà una rosa, anche con le sue spine. Perché le primarie sono primarie e sembra che ci si dimentichi che alle primarie tutti i candidati partono con pari dignità, e allo stesso modo i partiti dovrebbero diventare civici senza bisogno di fare passi di lato quanto piuttosto “saltandoci dentro” per mettersi in gioco, senza paure e con la consapevolezza del lavoro fatto dal centrosinistra in questi anni (ed è stato fatto).

Altrimenti siamo tutti Vladimiri ed Estragoni che aspettano Godot con la corda in mano per impiccarsi all’albero. Una cosa così.

Come scrive oggi Paola su PubblicoMa l’operazione non convince e sembra comunque una retromarcia. E Ambrosoli tentenna e si arrocca. Suona una musica tutta sua. E così, la candidatura che doveva essere la soluzione di tutti i mali, inizia ad assomigliare, più che altro, a un problema.

E mi dispiace se questo post crea dispiacere a qualcuno.

Alfano, Cavalli, De Magistris

In fondo il terzetto si è sempre pronunciato insieme, così, tutti di seguito come se fosse un nome tutto attaccato. E le battaglie sono state le stesse con lo spirito di chi crede che la politica debba essere una linea retta molto più retta anche dei partiti, quando serve. Ed è una storia politica di cui non rinnego un solo passo e che mi ha portato fino a qui dove sono ora: a credere che Vendola possa essere un uomo importante per questo Paese così bistrattato e che la sinistra abbia il dovere di riaprire la partita nella casa di SEL.

Ci ritroviamo domani per provare a discutere del punto in cui siamo, con il terzetto che ha staccato gli ormeggi per prendere strade solo apparentemente diverse: Sonia in Europa dove le mafie finalmente diventano un fenomeno di analisi, considerazione e dibattito politico, Luigi a Napoli per un’amministrazione che pareva impossibile e vuole essere responsabile e io in mezzo a questa palude delle primarie lombarde.

Ci troviamo a Milano domani alle 21 in Sala Buozzi della Camera del Lavoro per provare a ripartire con ancora più slancio se ci viene possibile. Per credere, costruire, semplificare e raccontare un quadro che dipanatosi dei soliti giochetti è molto più chiaro di quello che sembra.

(ps voci di corridoio danno in transito da quelle parti anche Pippo Civati, per dire.)

Intanto

Le primarie si faranno, dicono, ed è una buona notizia. Resta da vedere come saranno le nuove regole (perché Ambrosoli si prende 48 ore per stendere un progetto sulla carta d’intenti dei partiti e le firme per le candidature slittano sotto questa tempistica di Damocle) e soprattutto quale sarà la coalizione.
La Lega incorona Maroni.
Albertini tenta faticosamente di rimanere in sella.
L’UDC dice che starà con Ambrosoli se non ci sono IDV e SEL oppure con Albertini se non c’è la Lega oppure da sola (il solito decisionismo UDC, insomma).
Forse visto da fuori non è un bel vedere. Forse. Davvero.

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La strada più semplice

La indica Gad Lerner su Repubblica e ricorda qualcosa che scrivevamo proprio ieri:

Il centrosinistra lombardo, a sua volta, si ritrova a fare i conti con errori politici non certo riducibili alla vicenda giudiziaria di Filippo Penati. Il “modello lombardo” di Formigoni, grazie alla sua longevità e alla sua tendenza inclusiva, è stato sopravvalutato da un’opposizione istituzionale che gli riconosceva caratteri innovativi con cui giustificava scelte consociative e subalterne. Quando gli scandali hanno rivelato la vera natura di quel sistema di potere, quindi, la costruzione di un progetto alternativo ha reso necessario il ricorso a personalità della società civile esterne al perimetro dei partiti. Un percorso diverso da quello realizzato vittoriosamente a Milano grazie a una leadership alternativa di natura politica, impersonata da Giuliano Pisapia, anch’egli estraneo al gruppo dirigente del centrosinistra ma dotato di idealità e virtù aggregatrici.
Umberto Ambrosoli è emerso così come figura prestigiosa, paladino della legalità, refrattario a lasciarsi rinchiudere in una logica di schieramento. Non solo e non tanto perché sul suo nome può convergere anche il centro moderato, come testimonia l’appoggio di Casini; quanto invece perché Ambrosoli è in grado di mobilitare in Lombardia vasti settori di associazionismo civico gelosi della propria autonomia dai partiti.
La sua disponibilità ha messo in crisi il meccanismo delle primarie di coalizione del centrosinistra, cui si erano già candidate figure degnissime come Alessandra Kustermann, Fabio Pizzul, Giulio Cavalli. E ora si vivono momenti di tensione. Ambrosoli rifiuta l’etichetta di uomo del centrosinistra e, sebbene tutti o quasi lo riconoscano come il candidato giusto, ora su di lui si concentrano accuse di élitarismo. Superabili quando egli manifesti disponibilità a un vasto confronto pubblico sul suo programma e, eventualmente, a primarie che non siano più di centrosinistra ma di natura civica.
Si tratta di un passaggio cruciale che il Pd sbaglierebbe a sottovalutare, perché il prolungato sequestro delle decisioni politiche in Lombardia ha riacceso un bisogno ineludibile di partecipazione e di cittadinanza attiva. Già il Pd ha dovuto fare un passo indietro per riaccendere la speranza di una riscossa civica. Ora si tratta di connettere la prestigiosa leadership di Ambrosoli al ripristino di meccanismi democratici troppo a lungo vilipesi.

Premio Borsellino, grazie

Le motivazioni del premio Borsellino 2012 che mi onoro di ricevere come un impegno da mantenere:

Perché la mafia colpisce in mille modi. Ricevono il premio per il loro impegno nel campo artistico e culturale che è stato già stato assegnato tra li altri a Fabrizio De Andrè, Dario Fo, Franca Rame, Francesca Comencini, Marco Bellocchio, Mario Monicelli, Moni Ovadia, Erri De Luca, Ascanio Celestini, Giorgio Tirabassi, Angelo Branduardi e idealmente a quanti hanno il merito di mettere in comunicazione il genio, l’inventiva umana, con il necessario sguardo sul mondo, che spesso invece rimane, per gli artisti come per i politici, una distratta incombenza. A GIULIO CAVALLI e ANDREA SCANZI il Premio Borsellino 2012 per la cultura.

#apply194 ce lo chiede l’Europa

A proposito di Lombardia, laicità e diritti: sulla legge 194, le sue applicazioni e i troppi obiettori di coscienza in Consiglio Regionale come gruppo SEL abbiamo portato avanti la battaglia fin dall’inizio (soprattutto Chiara Cremonesi, trovate tutto sul suo sito qui) e oggi Il Fatto Quotidiano riporta che alla fine, oltre a Sinistra Ecologia e Libertà, ce lo chiede anche l’Europa:

Questa volta il tema è la legge 194sull’aborto e il tasso abnorme di medici obiettori di coscienza. Il Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa ha infatti dichiarato ricevibile il ricorso presentato contro l’Italia dall’ong International Planned Parenthood Federation European Network (Ippf En), cui ha collaborato la Laiga (Libera associazione ginecologi per l’applicazione della l.194). La loro tesi è che l’alto numero di personale medico obiettore non garantisca il diritto delle donne ad avere accesso alle procedure per l‘interruzione volontaria della gravidanza come stabilito dalla legge 194. 

Per l’ong, la 194 non garantisce, come dovrebbe, il diritto all’ivg, e quindi viola il diritto delle donne alla salute e quello a non essere discriminate, sanciti dalla Carta sociale europea. L’Ippf En sostiene nel ricorso che la violazione della Carta sociale è dovuta all’articolo 9 della legge, che nel regolare l’obiezione di coscienza degli operatori sanitari non indica le misure concrete che gli ospedali e le Regioni devono attuare per garantire un’adeguata presenza di personale non obiettore in tutte le strutture sanitarie pubbliche, in modo da assicurare l’accesso alla procedure per l’interruzione di gravidanza. Il numero insufficiente di medici non obiettori, soprattutto in alcune regioni, mina il diritto delle donne alla salute e discrimina quelle che per motivi finanziari non possono recarsi in un’altra regione o in strutture private.

Del resto, che l’obiezione di coscienza sia un fenomeno in continua crescita in Italia, lo confermano anche i dati dell’ultima relazione al Parlamento del ministero della Salute sulla legge 194. Tra i ginecologi si è passati da un tasso di obiezione del 58,7 per cento del 2005 al 70 per cento circa del 2010, tra gli anestesisti dal 45,7 per cento al 50,8 per cento, e tra il personale non medico dal 38,6 per cento del 2005 al 44,7 per cento del 2010. Al sud si raggiungono picchi tra i ginecologi superiori all’80 per cento: è il caso di Basilicata (85,2 per cento), Campania (83,9 per cento), Molise (85,7 per cento), e Sicilia (80,6 per cento)-

Il Comitato europeo, per contro, ha bocciato la richiesta del Governo italiano di dichiarare irricevibile il ricorso, sulla scorta del fatto che uno Stato non può limitare il numero di medici o di altri operatori sanitari che decidono di ricorrere all’obiezione di coscienza. Vista la gravità delle accuse, il Comitato ha deciso di dare precedenza al ricorso e limitare i tempi a disposizione delle parti per la presentazione delle loro tesi sul merito. Il Governo italiano ha tempo fino al 6 dicembre per inviare le proprie argomentazioni, mentre l’Ippf fino al 17 gennaio per rispondere.

Pane e primarie

Mangiamo pane e castagne, in questo chiaro di luna, 
le mani ben ancorate su questa linea. 
Domani ce lo diranno dove dobbiamo andare, 
domani ce lo diranno cosa dobbiamo fare. 

Mangiamo pane e primarie tutti i giorni ma Ambrosoli va bene anche senza“: e invece no.

Come abbiamo avuto modo di dire ieri (e forse vale la pena ribadire oggi) abbiamo accolto con piacere la disponibilità di Umberto Ambrosoli a correre per il centrosinistra in Lombardia ma riteniamo indispensabile la sua partecipazione alle primarie già partite. Un’investitura costruita con un’ampia partecipazione popolare può solo fare bene a Umberto, a noi e alle secondarie che rimangono il vero obiettivo in Lombardia. Senza il passaggio delle primarie il quadro politico sarebbe un’altra cosa perché non ci può essere contraddizione tra Ambrosoli e le primarie.

Giulio Cavalli, Pippo Civati

Un consiglio ad Umberto

Umberto Ambrosoli si candida, ha sciolto le riserve. Ora passi dalle primarie sul serio e si faccia riconoscere dalla partecipazione democratica evitando la fastidiosa sensazione di élites che concordano tra loro. Come scrive bene Pippo non farlo sarebbe un errore. E un peccato. E metterebbe in difficoltà molte coscienze democratiche, a cominciare dalla mia.

Qui il video della conferenza stampa (con un titolo fuorviante).

Il percorso e le regole e il Gronchi rosa

Questa sera avevo deciso di dormirci sopra perché la candidatura di Ambrosoli è una notizia bifronte: un nome credibile e senza ombre per la Lombardia e un percorso incredibile, incredibile proprio nel senso letterale di “senza credibilità”. Il percorso. Il percorso e le regole, appunto: quelle cose lì che in politica sono il termometro della serietà del progetto molto di più dei suoi interpreti e alla fine ne stabiliscono la serietà.

Per questo avevo deciso di dormirci sopra. Ma prima di farlo vorrei che si rileggesse quello che scriveva Pippo proprio oggi pomeriggio quando chiedeva di non andare a sbattere, perché dal pericolo di “ciascuno il suo” alla fine rischiamo di cadere nel “solo a modo suo” e non è una buona notizia. Per tutti.

‘Notte, eh. Al posto di contare le pecore potete guardare la foto in cui si annunciano le primarie per il centrosinistra in Lombardia: è un Gronchi rosa della politica lombarda.