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Mio padre in una scatola da scarpe

I frammenti che hanno punto

frammenti

Adamantia è una lettrice. Una di quelle che scompare nelle statistiche di questo Paese in crisi di lettori ma poi ti rinfranca con il mondo perché la incontri alla presentazione di un tuo libro o alla prima di un tuo spettacolo. Ci incrociamo poco. Ci si scrive ogni tanto. Quando la incontro, ogni volta, mi regala un libro. Insomma, Adamantia mi segue e conosce da anni e per questo le sue osservazioni sono fitte, precise. Adamantia ha letto ‘Mio padre in una scatola da scarpe‘ e mi ha inviati i frammenti che secondo lei pungono nel libro. In elenco. Così. E mi sembra una cosa talmente bella che li appoggio qui:

Un sospiro a forma di banalità
Ha le scarpe che chiedono scusa
E’ una casa dove si è consumato un urlo che non è mai passato
Può succedere che tu non te ne accorga ma sei già sporco di bianco o sporco di 
nero
Spalmata sul pavimento come un cadavere sgocciolato dal soffitto
Ilpomeriggioelasera tutti attaccati
Il riso dei servi è bava
La chiesa si beve tutta la piazza
Il babbo è un tuono afono, la mamma un fiore che cerca un fosso
Massimiliano ha in testa una visione talmente molle che sembra uscirgli dal 
naso
Il parroco che conosce i peccati e li rivende al mercato del compromesso
Chissà come fa Massimiliano ad aprire un sorriso così largo e non volare via
Spettinato nella sostanza
Non si può spostare l’asticella dei valori in nome della stanchezza
Giovanna è una donna punita. Troppo compita, troppo edicata, troppo recintata 
per essere solo una questione di equilibrio piuttosto che di dolore.
Ora è matematicamente imbarazzato.
Esce con un abbraccio che è partito con il suono della campanella.
Il loro amore è un amore antico … tra persone che sono cresciute imparando ad 
aggiustare le cose senza buttarle
Ecco il sonno che cammina
Il clic del telefono di un figlio lontano è un ferro da uncinetto
Quante cose succedono nelle persone mentre sembra che fuori continui a non 
accadere niente
Un equilibrio troppo precario per rischiare un rumore
La burocrazia carabiniera non ha la pancia per accogliere una frase così 
diretta
Dolori rallentati
Rinchiusa dentro il suo scheletro
Ci si abitua a tutto, tranne che alle attese
Dieci chili di rughe che le si sono appiccicati addosso
(La lucciola) è un lampione piantato su un pianeta largo come una mela.
La sua visione ha salvato tutti
Decidi di fare pace col tuo dolore. Come se fosse parte del tuo corpo … 
attaccato come un dito in più.

Un regalo (se vi piace): leggo il secondo capitolo

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Come promesso, ‘Mio padre in una scatola da scarpe’ diventa podcast con la lettura a voce alta. Ha qualcosa di magico, la lettura di un libro, perché mi tiene in bilico tra i miei diversi lavori, tra la scrittura e il palco, e per questo ci tengo moltissimo. Quindi pian piano aggiungeremo tutti i capitoli, un cammino svolto insieme, una compagnia prima di dormire. Eccoci al secondo, “le botte in piazza”, che rientra personalmente tra i miei preferiti.
Il podcast è anche facilmente scaricabile da iTunes qui (oppure abbonarvi via mail qui). Ma tra qualche giorno vi racconto anche come le portiamo sul palco. Restiamo in contatto. Buon ascolto.

«Una piccola luce nel buio»: zillyfree su ‘Mio padre in una scatola da scarpe’

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(l’articolo originale è qui)

(di zillyfree)

Tra i tanti libri di mafia che ci sono, che ho letto, questo, si, parla di mafia, ma parla delle vittime che la mafia fa, racconta di una storia dimenticata, che forse si vuole dimenticare, che per tanti anni è stata quasi cancellata, coperta ma ora no grazie a Giulio Cavalli che attraverso la figlia del protagonista del libro romanza la vita di Michele Landa, un uomo che per tutta la sua esistenza ha voluto condurre una vita onesta, nonostante fosse circondato da una malavita come la camorra presente in ogni angolo delle strade di Mondragone.

Michele Landa, 61 anni, guardia giurata, metronotte a Pescopagano, a controllare una antenna, una semplice antenna, una zona di droga, prostitute e qualcosa di più grande come affari di camorra. Gli mancava poco alla pensione, poche notti e avrebbe dedicato i suoi anni ai nipotini e ai suoi orti, invece viene trovato ucciso e bruciato nella sua macchina. Il paese Mondragone rimane nel suo silenzio di fronte a questo atto barbarico, un articoletto tra le cronache del giornale di paese e poi tanto e pesante silenzio intorno a questa vicenda che ancora oggi non si riescono trovare motivazioni di questa morte, i colpevoli di questa morte, solo tanta rassegnazione. Questo libro sembra una piccola luce nel buio più totale perchè ha ridato visibilità ad una vicenda piena di lati oscuri.

E’ una storia d’amore bellissima (amore, amicizia vera, rapporti tra padre e figlio, tra fratelli) ma è anche una storia d’omertà dove fin dalle prime pagine possiamo intuire chi può essere l’assassino anche se sono solo intuizioni non ci sono prove certe com’è  del resto ora. Michele Landa è un orfano, una vita difficile, ma ha un nonno che gli insegna a vivere onestamente stando lontano da chi è losco, di non ribellarsi se vuoi bene ai suoi cari, insegnamenti che poco riesce a digerire ma che seguirà ma nonostante questo si troverà alla fine in una scatola di scarpe in mano ai suoi famigliari…

“Vorrei stare ai campi e spiegare ai miei nipoti che Massimiliano, l’amico del nonno, è morto anche perchè diceva cose che tutti vedevano ma tenevano nascoste, e allora l’hanno preso per matto. Se vuoi uccidere qualcuno lo fai passare per matto e sei già a metà dell’opera…io vorrei che i miei nipoti e voi imparaste che le idee si sostengono anche in pubblico.”

(Lo puoi comprare anche direttamente dalla nostra piccola libreria qui)

Un regalo (se vi pare): la lettura del primo capitolo di ‘Mio padre in una scatola da scarpe’

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Come promesso, ‘Mio padre in una scatola da scarpe’ diventa podcast con la lettura a voce alta. Ha qualcosa di magico, la lettura di un libro, perché mi tiene in bilico tra i miei diversi lavori, tra la scrittura e il palco, e per questo ci tengo moltissimo. Quindi pian piano aggiungeremo tutti i capitoli, un cammino svolto insieme, una compagnia prima di dormire.
Il podcast è anche facilmente scaricabile da iTunes qui (oppure abbonarvi via mail qui). Ma tra qualche giorno vi racconto anche come le portiamo sul palco. Restiamo in contatto. Buon ascolto.

Le piantiamo e poi guardiamo non crescere le mele

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«Nonno!»
Sorride identica ad Angela, sua madre. Ha anche le mani e la forza di Michele e il sorriso del Nonno: è una bambina con tutta la famiglia dentro. Michele l’aveva im- maginata così, sua nipote, quando provava a rassicurare suo nonno su una famiglia che non si sarebbe fermata con la sua partenza.
«Michela, adesso andiamo con nonno ai campi, vuoi?» «Sì!»
«Com’è andata a scuola?»
«Bene.»
«Cosa hai mangiato?»
«Al ristorante…»
«Ah, già al ristorante.»
Per Michela la mensa scolastica è il ristorante, i campi
una meravigliosa vacanza e qualsiasi amico gentile il suo nuovo fidanzato.
«E cosa hai mangiato al ristorante?»
«La pasta. Col bis.»
Mondragone verso gli orti diventa quasi irlandese: verde, umida più forte dello scirocco.
«Mettiamo le mele, nonno?»
«Non crescono le mele, Michela. Stanno in montagna.
Dove c’è il freddo, la neve.»
«Qui a Mondragone non nevica, no.»
«No, quindi niente mele.»
«E proviamo a mettere le mele?»
«Non crescono.»
«E noi le mettiamo e poi le guardiamo insieme che non
crescono, allora.» «Va bene.»

(Mio padre in una scatola da scarpe, p 154)

LoSchermo.it su ‘Mio padre in una scatola da scarpe’ (di Nazareno Giusti)

(L’articolo originale è qui)

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LUCCA, 14 dicembre– Giulio Cavalli è un attore che, però, vive sotto scorta. Qualche decennio fa sarebbe stato definito un “artista impegnato”. Classe 1977, dopo aver mosso i primi passi nell’ambiente teatrale lodigiano, sin dall’inizio di carriera i suoi spettacoli sono stati contraddistinti da un forte impegno sociale e memorialistico. La visibilità arriva nel 2006 con “Kabum” in cui assieme a Paolo Rossi ripercorre la Resistenza italiana e “Linate 8 ottobre 2001: la strage” in cui cercava di far chiarezza sulla tragedia costata la vita a 118 persone. “Io sono solo lo spazzacamino della nebbia, non faccio un processo di piazza” chiarì a un giornalista dopo la prima dello spettacolo.

Nel 2011 in collaborazione con il regista Renato Sarti scrive e interpreta “L’innocenza di Giulio” a cui ha fatto seguito il volume, edito da Chiarelettere “L’innocenza di Giulio: Andreotti e la mafia”. Impegnato anche attivamente nel consiglio regionale della Lombardia prima con Idv, poi passa a Sel.
Due anni fa Luigi Bonaventura, per anni reggente della cosca crotonese dei Vrenna-Bonaventura e poi passato tra le fila dei pentiti, ha raccontato il progetto per farlo uccidere organizzato dalla cosca ‘ndranghetista De Stefano-Tegano.

Ma Cavalli sotto scorta c’era già dopo che, nel 2006, dopo la messa in scena dello spettacolo “Do Ut Des”, sulla vita dell’immaginario aspirante boss Totò Nessuno, aveva avuto numerose minacce di stampo mafioso. La sua vita era cambiata, irrimediabilmente, anche se non sembra pentirsene. Certo è difficile, ma può far affidamento alla compagna, la soubrette Miriana Trevisan.

Recentemente ha dato alle stampe, per i tipi di Rizzoli, “Mio padre in una scatola di scarpe”. Non solo un romanzo ma un progetto come sottolinea l’autore che lo porterà in scena in un reading che girerà l’Italia.

Il libro sarà presentato domani a Lucca, nella Sala Puccini di palazzo Bernardini, alle ore 18, grazie alla Società Lucchese dei Lettori con il Coordinamento imprenditoria femminile di Confindustria Lucca. Ad introdurre la serata, in cui Francesca Severini dialogherà con lo scrittore, il Prefetto di Lucca, Giovanna Cagliostro a cui farà seguito l’intervento del Provveditore Donatella Buonriposi. Mercoledì, invece, Cavalli parlerà ai ragazzi delle scuole superiori di legalità e lotta alle società criminali.

Il libro, che Cavalli ha definito “romanzo civile”, è nato dall’incontro con la figlia di quello che poi è divenuto il protagonista dello scritto: Michele Landa (“non è un eroe, e neppure un criminale. Tutto ciò che desidera è coltivare il suo orto e godersi la famiglia; vuole guardarsi allo specchio e vederci dentro una persona pulita” come sottolinea Cavalli).

Landa faceva la guardia giurata, il metronotte a Mondragone, in provincia di Caserta. Nell’alba livida del 6 settembre 2006 è stato ucciso a colpi di pistola e poi bruciato nella sua macchina. Aveva 61 anni, ancora qualche anno di turni di notte e sarebbe andato in pensione.

Il suo compito, quella notte maledetta era di piantonare un ripetitore per la telefonia mobile. Proprio in quel periodo i clan della camorra avevano scoperto il redditizio furto delle apparecchiature telefoniche. Forse Michele aveva visto o saputo qualcosa di troppo, qualcosa che non doveva. Il suo corpo fu ritrovato quattro giorni dopo carbonizzato in un fosso. Qualche trafiletto in cronaca locale, niente di più.

“Quella di Michele Landa- come sottolinea Cavalli che spera con il suo libro di far riaprire il caso sulla morte della guardia giurata che è ancora senza colpevoli-è una storia profondamente umana, non una vicenda “banalmente” di mafia, bensì la vicenda di un amore e di una famiglia molto unita che si ritrova coinvolta per caso in un dramma più grande di lei. A Mondragone Landa non era un eroe dell’antimafia; era, più semplicemente, una persona che non voleva avere a che fare con la camorra perché non voleva avere a che fare con l’illegalità in generale. Eppure è stato costretto a soccombere. Esatto, voleva solo seguire le regole con la geniale semplicità che fu dei nostri nonni. Negli anni l’antimafia ha spesso agito in modo vile, guidata da un sentimento di vendetta, io stesso dopo quello che mi è successo mi ero imbruttito, incattivito  Ho poi capito che a meritare ammirazione sono coloro che con la semplicità di cui sopra non perdono di vista i propri valori quando capita loro l’occasione di essere giusti”.

Insomma, si può fare antimafia anche raccontando storie piccole, minime ma importanti perché ci fanno capire ancora meglio la tragica attualità dell’argomento. “Dobbiamo ricominciare- conclude Cavalli- a innamorarci della legalità e ancor prima dei fragili e delle fragilità: la nostra attenzione dovrebbe essere rivolta verso chi ha paura, non verso chi ha le condizioni o la fortuna di poter non avere paura. La vera rivoluzione culturale e sociale avverrà quando comprenderemo che ognuno ha la propria battaglia personale da combattere, quindi va rispettato e trattato con gentilezza, come diceva Carlo Mazzacurati. “Mio padre in una scatola da scarpe” è un romanzo civile perché in un’epoca dominata dal cattivismo come quella attuale rilancia il buonismo non come debolezza, ma come senso di responsabilità sociale”.

Il romanzo civile di Giulio Cavalli e le scelte che sono scelte (di Salvo Ognibene)

12122542_868262876576517_1348074369069251953_nQui ci sono le guardie e i ladri, bianco e nero, abitare in mezzo non è possibile. Può succedere che tu non te ne accorga, ma sei già o sporco di bianco o sporco di nero.” E’ la quarta di copertina di “Mio padre in una scatola di scarpe” di Giulio Cavalli edito da Rizzoli. Un “romanzo civile” che a tratti ricorda “passione di Michele” di Giuseppe Fava. La narrazione, il ritmo delle parole, la scrittura elegante e mai banale sono solo alcuni dei punti di contatto. Poi sì, il nome del protagonista è uguale per entrambi ma la similitudine esiste nel ricordo di chi scrive e che a tratti si manifesta nelle pagine del libro. Michele Landa è il nome del protagonista. Un nome, che potrebbe essere anche un altro, se all’origine della storia narrata con il solito piglio da cantastorie da Giulio Cavalli, non vi fosse la realtà. Quella di tutti i giorni e quella vissuta da una persona perbene che vuole godersi la pensione, la famiglia e l’orto di casa, a Mondragone. Quella vita che ti toglie gli amici, che cambiano o volano via, e che ti regala la dolcezza di una compagna e di una famiglia normale.

Da metà libro in poi le pagine tengono attaccato il lettore senza lasciarsi mollare mai. Cresce l’attenzione, i nomi iniziano ad avere un volto e sale anche il magone su per la pancia. E’ vivo e te lo porti dentro. Una brutta storia che regala bellezza e scelte che sono scelte. Cavalli racconta di un paese indifeso, dove perfino la Stato ha i colori ingrigiti di Mondragone, ricordandoci che le urla e i grandi gesti non fanno la rivoluzione ma che basta poco, pochissimo, interessandoci di quello che avviene anche fuori del giardino di casa per cambiare una piccola città o un grande paese.

Qui per acquistare il libro

https://www.giuliocavalli.net/bottega/?product=mio-padre-in-una-scatola-da-scarpe