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Mio padre in una scatola da scarpe

Se il racconto è un liquido

CAVALLIQuando sono capitato a Mondragone per incontrare Angela, la figlia di Michele Landa, ricordo prima di tutto il resto il caldo. Un caldo fisico, materiale, appiccicato addosso come una bava. Ci sono posti e giorni in cui il caldo è una pioggia al contrario che esce dall’asfalto e ti si arrampica addosso come un’edera.

Quando Angela mi ha raccontato la storia di suo padre, che è poi anche la sua, io che la storia l’avevo già ascoltata da un giornalista e un amico, Sergio Nazzaro, ora però che la ascoltavo in diretta, così, al tavolo come quando ci si siede al tavolo con gli assicuratori, ho avuto la sensazione che colasse. Non c’era niente di più da estrarre o da spulciare, sarebbe bastato un contenitore.

Ecco, forse questo libro è la pinta di quella storia. Che vi giuro aveva già tutti i sapori. Così.

In libreria dal 17 settembre. Poi caracollando in giro per l’Italia, con me.

Un libro non succede. Sgorga.

CAVALLIChe bello accorgersi di condividere l’attesa. Un libro in uscita è un “sabato del villaggio” di qualche settimana e succede che per chi l’ha scritto, credo che succeda a tutti ma di sicuro succede a me, adesso, in fondo è un libro finito: la differenza tra il mio fare teatro e un libro, che è una differenza che amo percorrere, è che se uno spettacolo non sale sul palco, nel senso che salga con me e io con lui, per farlo, uno spettacolo finché non sale su un palco non esiste, è solo un progetto mentre un libro prima che sia pubblico è già stato scritto.

Certo, si potrebbe dire che anche lo spettacolo è pronto perché finito, finito pronto per andare in scena ma per la mia esperienza, che è un’esperienza solipsistica facendo solo monologhi, cioè per quello che è sempre successo a me, uno spettacolo cambia per il pubblico, cresce con il pubblico e diventa spettacolo quando ormai ha tutti gli ingranaggi oliati dalle volte che è andato in scena. E io sono lì, a cambiare con lui.

Invece un libro quando finisce di essere scritto poi se ne va da solo. Si sistema in libreria, finisce in borsa, in tasca oppure spillato in digitale. Come se io gli servissi poco o niente. Forse magari non sono nemmeno io che lo faccio succedere, un libro, mica come un monologo. Sgorga.

(Ah: esce il 17 settembre, eh.)

E ho pensato che è una fortuna bellissima quella di imparare ancora.

CAVALLIAbituato per lavoro a scrivere inchieste, articoli e spettacoli (così profondamente giornalistici, del resto) quando mi sono messo a scrivere Mio padre in una scatola da scarpe ho vissuto la bellezza dello spaesamento di chi si ritrova di fronte a così tanto spazio. Una certa agorafobia tra la testa e le dita. Una cosa così.

Ma la differenza principale mai vissuta prima è il potersi dedicare alla parola giusta, anzi il doversi dedicare alla parola giusta come se quella pagina, quella frase o quel paragrafo debba per forza avere una parola che è quella parola lì. Come se non esistessero differenti opzioni.

Poi mi succede magari che mi avvicino, la rigiro ma so che il senso è quello ma non la parola, come se parola e senso fossero la mano destra e la sinistra di un tronco che deve stare in piedi, diritto, in equilibrio.

Quando studiavo teatro, ero giovane, premuroso per lo studio e il suo senso, quando facevamo gli esercizi da attori giovani, ci dicevano sempre, cioè cercavano di insegnarci, che l’equilibrio di tutti noi sul palco, per sentirlo e abitarlo bene, funzionava se ci immaginavamo che il palco fosse la zattera e tutti noi dovessimo tenere “in bilico” la zattera.

Ecco. Mentre scrivevo il libro, che si faceva scrivere, ho avuto la stessa sensazione, lo stesso strenuo tentativo di raggiungere l’equilibrio, come se le frasi fossimo noi, giovani, premurosi di abitare nel modo più professionale possibile lo spazio di lavoro.

E ho pensato che è una fortuna bellissima quella di imparare ancora. Dopo tutti questi anni.

Il coraggio di “essere giusti”

In larghissimo anticipo. Ma si parla del mio romanzo che sarà in libreria dal 17 settembre. L’articolo (di Rossella Mungiello) da Il Cittadino:

CAVALLICavalli e il coraggio di «essere gusti»
12 agosto 2015

«Pochi nascono eroi, molti cercano di esserlo. Ma capita a tutti l’occasione di essere giusti». Anche nelle piccole cose, in un microcosmo reso asfittico dalla paura, a Mondragone, Italia del Sud. Raccontata da una voce del Nord, come quella del lodigiano Giulio Cavalli, autore e drammaturgo, giornalista e oggi anche scrittore, in libreria da settembre con il suo primo romanzo. Mio padre in una scatola da scarpe è il titolo, edito per Rizzoli (288 pagine, 19 euro), in uscita il 17 settembre, con la prima presentazione fissata al Circolo della Stampa di Milano, segno di una commistione tra le diverse anime narrative di Cavalli, che ha all’attivo numerose collaborazioni giornalistiche e che oggi abbraccia per la prima volta la formula del romanzo. In oltre 280 pagine di racconto scorre la storia (vera) della famiglia Landa, di Michele e dei suoi sogni, quello di coltivare un orto e di vivere sereno con la sua famiglia. Aspirazioni di un uomo che non è un eroe e neppure un criminale. Speranze di chi crede nell’amore e sta al fianco di Rosalba, la «silenziosa» da quarant’anni, diventando prima genitore, poi nonno, sognando una casa grande e un albero di mele. Una vita semplice, insomma in una terra difficile, dove serve coraggio anche per vivere tranquilli. E dove Michele, che ha perso il lavoro e molti amici, vivrà la sua occasione di essere giusto, confrontandosi con gli spari, le minacce dei Torre e l’omertà dei compaesani. Dopo cinque anni di gestazione, nei quali Cavalli ha conosciuto la storia di Landa, « prima da Sergio Nazzaro e Carlo Lucarelli», poi incontrando direttamente i suoi figli, «soprattutto Angela, con cui è nata un’amicizia», arriva il tempo del debutto da romanziere per il lodigiano, sotto scorta dal 2007 per il suo impegno contro le mafie. Già autore di libri di inchiesta, comeNomi, cognomi e infami del 2010 e L’innocenza di Giulio del 2012, Cavalli è stato membro dell’Osservatorio sulla legalità e consigliere regionale della Lombardia, mentre oggi vive a Roma. «Credo che il mio lavoro sia questo – ammette – , anche se non ho mai avuto occasione di farlo. Nasco come autore e drammaturgo, poi per i casi della vita sono finito in un ruolo più giornalistico e di denuncia. È come se oggi facessi qualcosa che avrei dovuto fare dieci anni fa». Sempre con il piglio libero del cantastorie, anche se non ci tiene a commentare stile e linguaggio: «Trovo ammorbanti gli autori che commentano il proprio romanzo», chiarisce l’autore nel solco di quanto già fatto negli anni, ovvero «esercitare il mestiere della scrittura: se poi si tratta di arte, saranno i lettori a dirlo». La storia di Michele Landa ha colpito Cavalli nella drammatica semplicità, perché «è la vicenda di una persona che si ritrova a combattere una guerra che non ha mai cercato». Ma anche è e soprattutto una storia «d’amore antica, tra due persone che credono che una cosa rotta vada aggiustata, non buttata», narrata attraverso il filtro, umano, dei loro figli, che hanno raccontato all’autore, anche padre di tre bambini, la vita di famiglia. «A differenza dei mestieri dell’attore, dell’autore, del giornalista – spiega Cavalli – , quello di padre è un ruolo in cui ho sempre il terrore di essere inadeguato. Ma il terrore è positivo, testimonia di essere sulla buona strada».

Rossella Mungiello

Alla fin fine sono un esordiente

In fondo non ci avevo nemmeno mai fatto troppo caso: racconto storie per vivere ma non ne ho mai scritta una fatta e finita. Ho scritto inchieste, ho scritto libri per cercare di sviscerare processi, racconto fatti sul palcoscenico eppure non ho mai scritto un romanzo.

Insomma. Sono un esordiente.

E forse è proprio per questo che quando mi ci sono messo la prima volta mi si è sollevato il cuore con un vento leggero, come se davvero non avessi altri pensieri oltre alle parole, ai sentimenti e ai colori. Se penso a cosa mi assomiglia di più (tra il teatro, il giornalismo e le inchieste) questo libro è casa mia.

Esce in tutte le librerie il 17 settembre. Lo presenteremo probabilmente a Milano. Sicuramente sarò emozionato come un bambino.

Intanto qui c’è il suo spazio sul sito (per ora piccolo e in costruzione) e qui c’è la pagina Facebook.

Così. Mi andava di dirvelo prima che fosse notte fonda.

CAVALLI