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Camorra, ti sparerà in faccia la memoria

scritto per IL FATTO QUOTIDIANO

Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra.

La Camorra oggi é una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana.

I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato.

E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche é caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi.

La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio.

Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili.

Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”.

Don Peppe Diana 25 dicembre 1991

Che civiltà che sanguina dietro quattro colpi sparati dentro ad una chiesa. Esistono echi che non si riescono a scrivere nemmeno sbriciolando il dizionario delle parole peggiori. Quattro rintocchi di pistola alle 7.30 del 19 marzo 1994 sono un tamburo muto. Quattro buchi sparsi tra la faccia, la mano e la testa di un uomo che ha deciso fiero di non seguire ma attraversare la strada.

Ci sono paesi coltivati in giro per il mondo che rimangono appesi con la strada principale. Non importa che sia Emilia di nome o Domiziana, non importa nemmeno che sia a forma di strada o battuta con i sassi delle strade lisce come sassi. Ci sono paesi in giro per il mondo che rimangono ammuffiti per anni con una strada che vale per tutti, come se cominciasse ogni porta fuori dalla porta che è così per forza, così perché è sempre stato. Che è così e basta. Perché la strada non è solo una via buona per lo struscio, perché la strada è un modo, e il modo appena si abitua diventa stile, e appena lo stile marcisce diventa sistema. Il sistema. Ci sono paesi che la storia si dimentica nelle note a fondo pagina, condannati a non illudersi finché non succede che qualcuno per troppo amore quella strada non si mette ad attraversarla.

Raccontano gli angeli della memoria che Don Peppe Diana, quel giorno che si è messo in testa di raccontare a tutti come ci fosse un’altra via, dicono gli angeli che avesse la tranquillità e la luce degli esploratori. Mentre invitava con  un mezzo sorriso appoggiato sulla bocca che sarebbe bastato girare all’angolo della paura per la via della dignità.

Caro Don Peppe,
forse te l’eri anche immaginata questa sera tutta appiccicata del tuo ennesimo anniversario che profuma di vita. Perché io ti confesso che non ci avrei scommesso un soldo di provare e non riuscire nemmeno a raccontarti di sfioro qui a casa tua mentre mi si chiude la gola. Perché non riesco a spiegarmi questa agonia di giusti che possono essere raccontati solo dopo la pistola. Perché mi ci vorrebbe, questa sera, un cuore a forma di Don Peppino per non urlarmi che dovresti tanto esserci tu a slavare questa erba e mezzi muri dalla puzza e il disonore dei suoi padroni e della vergogna che l’ha concimata fino a ieri. Caro Don Peppe, chissà se non ti scapperebbe un brivido lungo e sottile ad annusare che profumo ha la tua Casale con il vestito della dignità.

Caro Don Peppe,
il re infame che ti ha fatto cercare nel corridoio di spari è inciampato in uno spigolo di gente che ha scelto di stare accampata sulla tua strada. Dovresti vederli, Don Peppe, che padroni in mutande sono i boss mentre cercano di tappare le bocche che ricominciano da dove ti avevano fermato.

Caro Don Peppe,
chissà se ci avevano mai pensato loro, i professionisti comici e molli della prepotenza e della paura, i pagliacci del ricatto, con i vestiti coordinati dai polsini eleganti, le scarpe lucide e le macchine potenti, mentre sfilano mimando male la potenza lasciando una scia di puzzo mischiato tra rifiuti, il sudore dei nascosti e l’odore della merda. Chissà se ci avranno mai pensato, Schiavone o Bidognetti, che sono passati anni e continuano a rimbalzare quei quattro spari. Quattro rintocchi che bisogna custodirli stretti perché a guardarli oggi un po’ più dall’alto hanno la forma di carezze che continuano a cantare. Chissà se non vi rimbalzano, a voi mandanti ed assassini, gli spari, l’eco e gli angoli di quella chiesa, se non vi rimbalzano in testa come una condanna a ritmo per il resto della vita. Quei quattro spari che vi sono tornati in faccia con la potenza della semplicità che Don Diana coltivava.

Caro Don Peppe,
io queste parole avrei voluto dirtele all’orecchio, in questo desiderio infantile e finalmente sano di chiederti di esserci comunque. Avrei voluto almeno vederti in faccia per come hai curvato gli occhi quando ti è arrivata la notizia fin lì che il tuo compleanno si festeggia nella casa restituita di Sandokan. Perché ci dovranno restituire tutto, Don Peppe, e noi senza mai farci passare questa fame.

Dovranno restituirci i muri, le terre, gli uomini e la dignità; finchè non gli verrà rificcata in gola la paura. Dovranno restituirci la bellezza che hanno scambiato per quattro monete al mercato  dell’intimidazione. Dovranno restituirci la libertà di alzare gli occhi, di sorridere, di credere e camminare. Dovranno restituirci questi anni in cattività che passiamo per proteggerci. Ci dovranno restituire il respiro incondizionato. Ci dovranno restituire i paesi quelli veri: con l’incrocio di strade da scegliere, costruire, osservare e attraversare.

Caro Don Peppe,
quei quattro spari, te lo giuro, sono diventati aghi: un inno a non avere paura e un mazzo di punte sulla schiena di chi c’era e chi è rimasto: Schiavone, Bidognetti, Iovine o Zagaria. Mi piacerebbe chiederlo a loro come pungono sull’unto della schiena, mi piacerebbe chiederlo a loro se lo sentono il rumore del loro onore che davanti a quattro spari anno dopo anno si sgretola.

Caro Don Peppe,
non ci avresti sperato che la tua morte potesse profumare di vita così tanto, così forte e così a lungo in un paese che finalmente sta imparando a ricordare.

Caro Don Peppe,
chissà come ti suonerà strano un accento così diverso per un ricordo che arriva come una lettera lunga mille chilometri. Di una vergogna lunga come una nazione che ci è venuta a prendere per zittirci e invece ha perso mentre ci ha portato ad abbracciare. Chissà se non trovi anche tu che in questo mare di mafie che si arrampica su una nazione alla fine ci ritroviamo come navi attraccati nei porti che non avremmo mai creduto di visitare.

Che civiltà che sanguina dietro quattro colpi sparati dentro ad una chiesa. Esistono echi che non si riescono a scrivere nemmeno sbriciolando il dizionario delle parole peggiori. Quattro rintocchi di pistola alle 7.30 del 19 marzo 1994 sono un tamburo muto. Quattro buchi sparsi tra la faccia, la mano e la testa di un uomo che ha deciso fiero di non seguire ma attraversare la strada. Un paese normale dovrebbe registrarli quei quattro spari per tenerseli in tasca a sanguinare. Una pistola per zittire è l’arma dei codardi, è un gioco da conigli, un trucco per maghi dilettanti.

Cara camorra,
ti sparerà la memoria. Ogni giorno, tutto il giorno. La memoria che si è accesa in quella sacrestia dove vi siete mangiati la carità.

Caro Don Peppe,
io per amore del mio popolo non tacerò. Continuerò a raccontare questa storia da raccontare. Continuerò a essere partigiano nella scelta della parte dove stare. Io non ci sto, anche con te ammazzato e con la scorta. Io mi vergogno di questa gente che non si vergogna, io mi vergogno di dovermi difendere per avere invocato un contrattacco con le armi bianche e la parola. Io mi vergogno di andare in tourné con un pubblico che mi spia. Io mi vergogno di doverti conoscere solo troppo tardi. Io mi vergogno delle orecchie e gli occhi che latitano, leggono e ascoltano di Michele Zagaria forse da Casapesenna. Io mi vergogno di questa paura incivile di fare i nomi.Noi sappiamo, abbiamo le prove, conosciamo i nomi. Questa sera avrei dovuto scrivere, parlare, raccontare. Su questa sedia seduta sotto la finestra della tua Casale, avrei voluto scrivere un abbraccio, trovare le parole. Ma questo nodo in gola non mi si riesce a musicare, questa aria gialla che mi prende in giro fino a venirmi ad annusare. Forse ci sono ricordi che non andrebbero nemmeno parlati, che sono pieni e leggeri come un velo sul cuore. Questa sera recito da muto da un giardino liberato dalla prostituzione. Vorrei un monologo stasera che non facesse nemmeno rumore. Vorrei dirtelo di persona, perché seduto, di fianco, sono sicuro che la vedi, questa sera, questa casa di letame e morte che, per un secondo, ti dedica un inchino.

(scritto per la chiusura del Festival dell’Impegno Civile a Casal di Principe, 2009 dal libro “Nomi cognomi e infami“)

L’amico di Formigoni

Roberto Formigoni è molto teso, domani incontrerà il suo amico di facebook Alessandro Casillo, fresco vincitore di Sanremo giovani. Così domani (nel giorno dell’ennesima mozione di sfiducia al Presidente del Consiglio Davide Boni e una mozione “calda” contro l’Assessore alla sanità Bresciani) ha decido di dedicarsi alle cose importanti: incontrare il giovane cantante per premiarlo a Palazzo Lombardia. A lanciare l’iniziativa sono stati gli stessi Formigoni e Casillo su Facebook: «Caro Ale – ha scritto Formigoni lo scorso 2 marzo – che grande gioia per tutti noi che amiamo la canzone italiana la tua vittoria sul mitico palco dell’Ariston. È tutto vero: il pubblico di Sanremo ha premiato il tuo talento artistico e la tua capacità di trasmettere emozioni a 1000. Anche la rete ha contribuito a valorizzare le tue doti musicali. Per questa ragione ho pensato di farti un invito social tramite Facebook: mi piacerebbe consegnarti a Palazzo Lombardia, sede della nostra Regione, il premio al merito davanti agli amici che ci seguono con affetto e ammirazione sul web».

Domani in aula proponiamo di occuparsi di Denise Cosco, la figlia della testimone di giustizia Lea Garofalo uccisa a Milano, sciolta nell’acido come negli incubi peggiori. E Formigoni sta con Casillo.

Quando dici le priorità e le differenze.

L’appello e la multiutility

Ne avevo già parlato qui, ne abbiamo discusso alla prima agorà di NonMiFermo a Milano e oggi Francesco Arcari rilancia sul neonato sito di NonMiFermo: anche oggi possiamo e vogliamo farlo, chiedendo un confronto diretto e sfidando le amministrazioni ad assumere decisioni negli organi elettivi, per partecipare e verificare come voterà ciascun eletto.

L’appello per fermare il processo di creazione della multiutility del Nord, ora è on line. In cinque giorni ha raccolto 2143 firme, tra cui molte adesioni di personalità della cultura, dello spettacolo e delle istituzioni (Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia, Stefano Rodotà,  Elio e Mangoni  (Le storie tese),  Paolo Rossi,  Claudio Bisio, Daniele Silvestri, Paolo Jannacci, Ale e Franz, solo per citarne alcuni). E la mia.

L’appello è qui

Un mondo abitabile

Ogni giorno arrivano a Milano city-users in auto (ne entrano circa 800.000) in treno (320.000 persone ogni giorno in stazione centrale), in aereo (37 milioni di passeggeri l’anno) e con altri mezzi pubblici. Si stima che la popolazione diurna di Milano sia circa il doppio di quella residente. Da una parte la città dei residenti, invecchiati, un po’ impauriti e oppressi da problemi di congestione, inquinamento e abuso nei quartieri della movida, dall’altra la città-piattaforma delle funzioni dinamiche della Milano produttiva fatta di ricerca, finanza, moda, servizi avanzati, svago. Abitata questa da pendolari che faticano a raggiungerla nelle code interminabili di auto, nei treni malandati e nei bus spesso sovraffollati. È nella relazione fra queste due città che si gioca la questione dell’abitabilità: oggi la città-piattaforma schiaccia la città dei residenti. Occuparsi di abitabilità significa non pensare a progetti faraonici ma a ciò che può rendere la città accogliente, viva e in armonia, dando la casa ai giovani, ai lavoratori che fanno funzionare la macchina urbana, alle popolazioni temporanee. È necessario occuparsi degli spazi collettivi e dei luoghi della cultura che consentono l’incontro, del verde urbano, della valorizzazione delle aree agricole e naturali, della qualità dell’aria, delle forme e dei luoghi della mobilità, dei mezzi pubblici, della ciclabilità e di un uso delle auto non invasivo, dei servizi di welfare per la popolazione anziana e per l’accoglienza degli immigrati e delle nuove famiglie, di un decentramento vero di funzioni non marginali.

La riflessione di Alessandro Balducci apre una questione che sarebbe incosciente lasciare solo agli urbanisti: l’abitabilità del lavoro, l’abitabilità delle famiglie e l’abitabilità dei diritti e dei doveri sono il percorso obbligato per trovare lo slancio e costruire insieme. Perché l’accoglienza deve essere il nostro punto imprescindibile verso le elezioni che verranno e per gli amministratori che ci sono e che ci saranno. E l’accoglienza è l’ispiratrice di un momento che ci rende tutti migranti, nel passaggio di un’epoca che ha bisogno di reinventarsi e ha l’obbligo di essere includente. Lampedusa è anche nelle famiglie così difficili da costruire, nel lavoratore che rimane sempre più precario di quanto sia il suo lavoro e della famiglia che costa come un privilegio per pochi.

Ogni tanto mi piace pensare che partendo da qui, la Lombardia che ha innalzato i boriosi e gli spericolati a modelli di successo, l’inclusività diventi un punto di forza del nostro fare politica e si rompa il meccanismo che l’ha relegata tra le debolezze irrise dalla Lega e i suoi compari. Forti delle proprie fragilità, come scriveva qualcuno qualche millennio fa, e consapevoli. Un futuro abitabile perché attento ai meccanismi minori che determinano l’uguaglianza: e allora migrare sarà un viaggio verso il tempo che andiamo a prenderci.

Buttafuori per i gay

Succede a Luino ma succede ciclicamente in qualche città sparsa per l’Italia. Questa volta mentre stavano ballando “sono stati costretti a scendere, insultati, brutalmente pestati e infine allontanati dal locale. Su richiesta dei ragazzi sono intervenuti i carabinieri e al pronto soccorso dell’ospedale locale sono state prestate loro cure immediate”, come denuncia il presidente dell’Arcigay di Verbania Marco Coppola. Non stupisce il fatto che sia successo ancora quanto l’abitudine che sembra essere subentrata: qualche omosessuale pestato per strada o al ristorante è la notizia che non colpisce più e sta sotto le altre di cronaca di solito in un riquadro piccolo piccolo con la solita noiosissima foto dei due ragazzi abbracciati di spalle. Non mi importa se la questione nel comune sentire viene vissuta come una piccola disputa tra estremisti opposti (quante volte ho sentito dire “beh, anche loro però potrebbero non essere sempre così esibizionisti), per le strade dove è macho esporre il proprio essere protofascisti o sfanculare sorridendo i negri e i terroni: io questa cosa che rischi le botte per una tua idea o predisposizione legittima non so proprio come spiegarla ai miei figli. Non riesco a “normalizzare” il racconto per trovarci una logicità. E non riesco a capire perché crediamo sia normale che siano loro a doversi difendere il giorno dopo sui giornali come se non fosse una questione di convivenza e quindi di politica. Perché il dibattito sull’omofobia sembra scomparso ma la violenza no.

Il figlio di Provenzano che gioca alla verginella

Ma il figlio di Provenzano, dove vuole andare a parare? I figli dei mafiosi crescono. E crescono diversamente da come crescevano in passato. Vogliono essere intervistati. Escono allo scoperto, vanno in televisione, accettano il contraddittorio, lanciano appelli, si avventurano per strade mediatiche sconosciute, offrono la loro versione dei fatti, stabiliscono paragoni fra eventi lontani nel tempo, lasciano intendere di saperla lunga, si impongono all’attenzione dell’ opinione pubblica come gli insostituibili interlocutori di quanti sono alla ricerca della verità. O di quanti sono- istituzionalmente- preposti alla ricerca della verità. Se lo chiede Saverio Lodato e in fondo è la domanda che mi gironzola in testa in questi giorni: perché i figli dei mafiosi (e Bernardo Provenzano è la feccia tra quella schiera) hanno imparato portamenti civilissimi che chiedono solidarietà senza passare dalle scuse e senza sentire il dovere morale della dissociazione. “La mafia le fa schifo?” gli chiedeva la giornalista e lui con faccia televisiva ha risposto “tutti i tipi di violenza mi danno fastidio”. No, Angelo Provenzano, a noi fa schifo la mafia e fa schifo quello che tuo padre nella mafia è stato. Per l’analisi delle sue parole basta leggere Saverio qui.

Fanno politica per finta

Qualche giorno fa Roberto Maroni ci confessava beatamente che la Lega fingeva di essere xenofoba per racimolare voti ma che in fondo non ci credono troppo. Oggi Bossi ci dice che se il voto alle prossime amministrative andrà male torneranno con lo stesso Berlusconi con cui fingono di bisticciare un po’ dappertutto, Lombardia compresa. Sono all’opposizione per contarsi (dice Bossi) ma non ci credono molto: praticamente sono la stampella che finge di essere avversaria. Se fosse uno spettacolo teatrale Umberto Bossi e Roberto Maroni sarebbero i lestofanti che per tutta la serata stanno sulle palle a tutti gli spettatori ma si sopportano perché si sa bene che servono alla drammaturgia e allo svolgimento della storia. Invece siamo nel paese reale e la scenografia è un tracollo di diritti, di soldi, di speranze e di futuro e sembra una tragedia in 800 atti di cui non si vede la fine. Sarebbero anche da fischiare e cacciare a calci fuori dal palcoscenico – pensi – ma se escono i personaggi minori magari ci si accorge che in mezzo a tutti questi che fanno politica per finta ti sfugge chi ci sia per davvero. Senza recitazione, giochi di ruolo o trucchi populistici di chi mastica bene il mestiere. Dico: qualcuno che crede che la sua sia davvero una soluzione equa perché la crede equa e non perché è la soluzione che tiene buoni gli alleati, chi dice che le cause di questo disfacimento morale ce le ha bene in testa e non le lima per non sfiorare qualcuno dei suoi, chi ci dice  che vuole provare a costruire futuro in quella direzione perché è la strada per cui imbarcherebbe subito se stesso, la sua famiglia, i suoi figli.

E allora sicuramente Bossi (e molti altri) non avrebbero sempre quel sorriso di chi sa per certo che questo Monti è solo una pausa, piuttosto che la fine.

 

Il banchiere indignato

“In passato, la cultura aziendale era basata su lavoro di squadra, integrità e umiltà, ovvero i valori che hanno portato Goldman Sachs al successo, ma adesso non c’è più traccia di questi principi e l’ambiente è tossico e distruttivo come non si era mai visto”. Lo scrive Greg Smith nel suo editoriale per il NYTimes dove descrive le motivazioni che l’hanno spinto a licenziarsi dalla banca Goldman Sachs.


“Negli ultimi anni la società è cambiata molto: oggi mette da parte costantemente gli interessi del cliente per fare soldi, che è diventata l’unica preoccupazione dei vertici”, ha spiegato Smith, “l’obiettivo non è più guadagnare insieme al cliente, ma arricchirsi a ogni costo, anche a spese del cliente stesso”. La “questione morale” non è un giardino per litiganti di partito; la questione etica è la chiave della finanza e del lavoro in questi nostri anni. Oltre alla legge anti corruzione forse sarebbe il caso di pensare al favoreggiamento culturale alla corruttibilità, che si instilla e si perdona in nome della crisi. “Quando i libri di storia scriveranno di Goldman Sachs, diranno che durante il mandato dell’attuale amministratore delegato, Lloyd C. Blankfein, e del presidente, Gary Cohn, la cultura aziendale è andata persa”, ha avvertito Smith, prevedendo che “il declino dell’etica dell’istituto ne minaccerà l’esistenza”. Sarebbe bello sapere cosa ne pensa Monti.

Nomi da non dimenticare

Vogliamo ricordarli tutti. Quelli di cui conosciamo il nome e quelli di cui non siamo ancora riusciti a trovare informazioni sufficienti.


A tutte le vittime della violenza mafiosa va il nostro omaggio e la nostra promessa di impegno.

1893
Emanuele Notarbartolo.

1896
Emanuela Sansone.

1905
Luciano Nicoletti.

1906
Andrea Orlando.

1909
Joe Petrosìno.

1911
Lorenzo Panepinto.

1914
Mariano Barbato.
Giorgio Pecoraro.

1915
Bernardino Verro.

1916
Giorgio Gennaro.

1916
Giovanni Zangàra.
Costantino Stella.
Giuseppe Rumore.
Giuseppe Monticciolo.
Alfonso Cànzio.

1920
Nicolò Alongi.
Paolo Li Puma.
Croce Di Gangi.
Paolo Mirmina.
Giovanni Orcel.
Stefano Caronìa.

1921
Pietro Ponzo.
Vito Stassi.
Giuseppe Cassarà.
Vito Cassarà.
Giuseppe Compagna.

1922
Domenico Spatola.
Mario Spatola.
Pietro Spatola.
Paolo Spatola.
Sebastiano Bonfiglio.
Antonino Scuderi.

1924
Antonino Ciolìno.

1944
Santi Milisenna.
Andrea Raja.

1945
Calogero Comaianni.
Nunzio Passafiume.
Filippo Scimone.
Calcedonio Catalano.
Agostino D’alessandro.
Calogero Cicero.
Fedele De Francisca.
Michele Di Miceli.
Mario Paoletti.
Rosario Pagano.
Giuseppe Scalìa.
Giuseppe Puntarello.

1946
Angelo Lombardi.
Vittorio Epifani.
Vitangelo Cinquepalmi.
Imerio Piccini.
Antonino Guarisco.
Marina Spinelli.
Giuseppe Mìsuraca.
Mario Mìsuraca.
Gaetano Guarino.
Pino Camilleri.
Giovanni Castiglione.
Girolamo Scaccia.
Giuseppe Biondo.
Giovanni Santangelo.
Giuseppe Santangelo.
Vincenzo Santangelo.
Giovanni Severino.
Paolo Farina.
Nicolò Azoti.
Fiorentino Bonfiglio.
Mario Boscone.
Francesco Sassano.
Emanuele Greco.
Mario spampinato.
Mario La Brocca.
Vincenzo amenduni.
Vittorio Levico.

1947
Accursio Miraglia.
Pietro Macchiarella.
Nunzio Sansone.
Emanuele Busellini.
Margherita Clesceri.
Giovanni Grifò.
Giorgio Cusenza.
Castrense Intravàia.
Vincenza La Fata.
Serafino Lascàri.
Giovanni Megna.
Francesco Vicari.
Vito Allotta.
Giuseppe Di Maggio.
Filippo Di Salvo.
Vincenzo La Rocca.
Vincenza Spina.
Provvidenza Greco.
Michelangelo Salvia.
Giuseppe Casàrrubea.
Vincenzo Lo Iacono.
Giuseppe Manìaci.
Calogero Cajola.
Vito Pipitone.
Luigi Geronazzo.

1948
Epifanio Li Puma.
Placido Rizzotto.
Giuseppe Letizia.
Calogero Cangelosi.
Marcantonio Giacalone.
Antonio Giacalone.
Antonio Di Salvo.
Nicola Messina.
Celestino Zapponi.
Giovanni Tasquier.

1949
Carlo Gulino.
Francesco Gulino.
Candeloro Catanese.
Michele Marinaro.
Carmelo Agnone.
Quinto Reda.
Carmelo Lentini.
Pasquale Marcone.
Armando Loddo.
Sergio Mancini.
Carlo Antonio pabusa.
Gabriele Palandrani.
Giovan Battista Aloe.
Ilario Russo.
Giovanni Calabrese.
Giuseppe Fiorenza.
Salvatore Messina.
Francesco Butifar.

1951
Antonio Sanginiti.

1952
Filippo Intile.

1955
Salvatore Carnevale.
Giuseppe Spagnuolo.

1957
Pasquale Almerico.
Antonino Pollari.

1958
Vincenzo Di Salvo.
Vincenzo Savoca.

1959
Anna Prestigiacomo.
Giuseppina Savoca.
Vincenzo Pecoraro.
Antonino Pecoraro.

1960
Antonino Damanti.
Cosimo Cristina.
Paolo Bongiorno.
Antonino giannola.

1961
Paolino Riccobono.
Giacinto Puleo.

1962
Enrico Mattei.

1963
Giuseppe Tesauro.
Pietro cannizzaro.
Mario Malausa.
Silvio Corrao.
Calogero Vaccaro.
Pasquale Nuccio.
Eugenio Altomare.
Giorgio Ciacci.
Marino Fardelli.

1966
Carmelo Battaglia.

1967
Giuseppe Piani.
Nicola Mignogna.

1968
Francesco Pignataro.
Giuseppe Burgio.
Salvatore Surolo.

1969
Orazio Costantino.
Giovanni Domé.

1970
Mauro De Mauro.

1971
Pietro Scaglione.
Antonino Lorusso.
Vincenzo Riccardelli.

1972
Giovanni Spampinato.
Giovanni Ventra.
Domenico Cannata.
Paolo Di Maio.

1974
Angelo Sorino.
Emanuele Riboli.

1975
Calogero Morreale.
Gaetano Cappiello.
Francesco Ferlaino.
Domenico Facchineri.
Francesco Facchineri.
Tullio De Micheli.

1976
Gerardo D’Arminio.
Giuseppe Muscarelli.
Caterina Liberti.
Salvatore Falcetta.
Carmine Apuzzo.
Salvatore Longo.
Salvatore Buscemi.
Francesco Vinci.
Mario Ceretto.
Alberto Capua.
Vincenzo Ranieri.
Vincenzo Macrì.
fortunato furore.

1977
Rocco Gatto.
Stefano Condello.
Vincenzo Caruso.
pasquale polverino.
antonio custra.
Giuseppe Russo.
Filippo Costa.
Attilio Bonincontro.
Donald Mackay.
Mariangela Passiatore.

1978
Ugo Triolo.
Giuseppe Impastato.
Antonio Esposito Ferraioli.
Salvatore Castelbuono.
Gaetano Longo.
Paolo Giorgetti.
Pasquale Cappuccio.

1979
Alfonso Sgroi.
Filadelfio Aparo.
Mario Francese.
Michele Reina.
Giorgio Ambrosoli.
Boris Giuliano.
Calogero Di Bona.
Cesare Terranova.
Lenin Mancuso.
Giovanni Bellissima.
Salvatore Bologna.
Domenico Marrara.
Vincenzo Russo.
Giuliano Giorgio.
Lorenzo Brunetti.
Antonino Tripodo.
Rocco Giuseppe Barillà.
Carmelo di giorgio.
Primo Perdoncini.

1980
Piersanti Mattarella.
Giuseppe Valarioti.
Emanuele Basile.
Giannino Losardo.
Pietro Cerulli.
Gaetano Costa.
Carmelo Jannì.
Domenico Beneventano.
Marcello Torre.
Vincenzo Abate.
Giuseppe Giovinazzo.
Ciro Rossetti.
Filomena morlando.

1981
Vito Ievolella.
Sebastiano Bosio.
Leopoldo Gassani.
Giuseppe Grimaldi.
Vincenzo Mulè.
Domenico Francavilla.
Mariano Virone.
Angelo Di Bartolo.
Giuseppe Salvia.
Mariano Mellone.

1982
Luigi D’alessio.
Rosa Visone.
Salvatore Stallone.
Antonio Fontana.
Nicolò Piombino.
Antonio Salzano.
Pio La Torre.
Rosario Di Salvo.
Gennaro Musella.
Giuseppe Lala.
Domenico Vecchio.
Rodolfo Buscemi.
Matteo Rizzuto.
Silvano Franzolin.
Salvatore Raiti.
Giuseppe Di Lavore.
Antonino Burrafato.
Salvatore Nuvoletta.
Antonio Ammaturo.
Pasquale Paola.
Paolo Giaccone.
Vincenzo Spinelli.
Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Emanuela Setti Carraro.
Domenico Russo.
Calogero Zucchetto.
Carmelo Cerruto.
Simonetta Lamberti.
Giuliano Pennacchio.
Andrea Mormile.
Luigi Cafiero.
Antimo Graziano.
Gennaro De Angelis.
Antonio Valenti.
Luigi Di Barca.
Annamaria Esposito.
Antonio De Rosa.
Francesco Borrelli.

1983
Giangiacomo Ciaccio Montalto.
Pasquale Mandato.
Salvatore Pollara.
Mario D’aleo.
Giuseppe Bommarito.
Pietro Morici.
Bruno Caccia.
Rocco Chinnici.
Salvatore Bartolotta.
Mario Trapassi.
Stefano Li Sacchi.
Sebastiano Alonghi.
Francesco Buzziti.
Francesco Imposimato.
Domenico Celiento.
Antonio Cristiano.
Giuseppe Francese.
Nicandro Izzo.
Fabio Cortese.
Salvatore Musarò.
Ottavio Andrioli.
Gioacchino Crisafulli.

1984
Giuseppe Fava.
Renata Fonte.
crescenzo casillo.
giovanni calabrò.
Cosimo Quattrocchi.
Francesco Quattrocchi.
Marcello Angelini.
Salvatore Schimmenti.
Giovanni Catalanotti.
Antonio Federico.
Paolo Canale.
Giovanbattista Altobelli.
Lucia Cerrato.
Anna Maria Brandi.
Anna De Simone.
Giovanni De Simone.
Nicola De Simone.
Luisella Matarazzo.
Maria Luigia Morini.
Federica Taglialatela.
Abramo Vastarella.
Pier Francesco Leoni.
Susanna Cavalli.
Angela Calvanese.
Carmine Moccia.
Valeria Moratello.
Franco Puzzo.
Michele Brescia.
Santo Calabrese.
Antioco Cocco.
Vincenzo Vento.
Pietro Busetta.
Salvatore Squillace.

1985
Pietro Patti.
Giuseppe Mangano.
Gioacchino Taglialatela.
Sergio Cosmai.
Giovanni Carbone.
Barbara Rizzo Asta.
Giuseppe Asta.
Salvatore Asta.
Beppe Montana.
Antonino Cassarà.
Roberto Antiochia.
Giuseppe Spada.
Enrico Monteleone.
Giancarlo Siani.
Biagio Siciliano.
Giuditta Milella.
Carmine Tripodi.
Graziella Campagna.
Morello Alcamo.
Giuseppe Macheda.
Roberto Parisi.
Mario diana.

1986
Paolo Bottone.
Giuseppe Pillari.
Filippo Gebbia.
Antonio Morreale.
Francesco Alfano.
Antonio Pianese.
Vittorio Esposito.
Salvatore Benigno.
Claudio Domino.
Filippo Salsone.
Nicola Ruffo.
Antonio Sabia.
Giovanni Giordano.
Nunziata Spina.
Antonio Bertuccio.
Francesco Prestia.
Domenica De Girolamo.
luigi staiàno.
mario ferrillo.
salvatore ledda.
Giovanni Garcea.

1987
Giuseppe Rechichi.
Rosario Iozia.
Giuseppe Cutroneo.
Rosario Montalto.
Sebastiano Morabito.
Antonio Civinini.
Carmelo Iannò.
Carmelo Ganci.
Luciano Pignatelli.
Giovanni Di Benedetto.
Cosimo Aleo.
aniello giordano.
Michele Piromalli.

1988
Giuseppe Insalaco.
Giuseppe Montalbano.
Natale Mondo.
Donato Boscia.
Francesco Megna.
Alberto Giacomelli.
Antonino Saetta.
Stefano Saetta.
Mauro Rostagno.
Luigi Ranieri.
Carmelo Zaccarello.
Girolamo Marino.
Aniello Cordasco.
Giulio Capilli.
Pietro Ragno.
Abed Manyami.
Raffaele Antonio Talarico.
Michele virga.

1989
Francesco Crisopulli.
Giuseppe Caruso.
Francesco Pepi.
Marcella Tassone.
Nicola D’Antrassi.
Vincenzo Grasso.
Paolo Vinci.
Salvatore Incardona.
Antonino Agostino.
Ida Castellucci.
Grazia Scimè.
Domenico Calviello.
Anna Maria Cambria.
Carmela Pannone.
Pietro Giro.
Donato Cappetta.
Calogero Loria.
Francesco Longo.
Giovanbattista Tedesco.
Colin Winchester.
Giacomo Catalano.
Giuseppe Giovinazzo.
Pietro Polara.
Nicolina Biscozzi.
Giuseppe Tallarita.
Pasquale Primerano.
Pasquale Miele.
Giuseppe Tizian.

1990
Nicola Gioitta Iachino.
Emanuele Piazza.
Giuseppe Tragna.
Massimo Rizzi.
Giovanni Bonsignore.
Antonio Marino.
Rosario Livatino.
Alessandro Rovetta.
Francesco Vecchio.
Andrea Bonforte.
Giovanni Trecroci.
Saverio Purita.
Angelo Carbotti.
Domenico Catalano.
Maria Marcella.
Vincenzo Miceli.
Elisabetta Gagliardi.
Giuseppe Orlando.
Michele Arcangelo Tripodi.
Pietro Caruso.
Nunzio Pandolfi.
Arturo Caputo.
Roberto Ticli.
Mario Greco.
Rosario Sciacca.
Giuseppe Marnalo.
Francesco Oliviero.
Cosimo Distante.
Angelo Raffaele Longo.
Cataldo D’Ippolito.
Raffaela Scordo.
Calogero La Piana.
Emilio Taccarita.
Antonio Nugnes.
Feliciello pasquale.

1991
Valentina Guarino.
Angelica Pirtoli.
Giuseppe Sceusa.
Salvatore Sceusa.
Vincenzo Leonardi.
Antonio Carlo Cordopatri.
Angelo Riccardo.
demetrio quattrone.
Andrea Savoca.
Domenico Randò.
Sandra Stranieri.
Antonio Scopelliti.
Libero Grassi.
Fabio De Pandi.
Giuseppe Aliotto.
Antonio Rampino.
Silvana Foglietta.
Salvatore D’addario.
Renato Lio.
Giuseppe Leone.
Francesco Tramonte.
Pasquale Cristiano.
Stefano Siragusa.
Alberto Varone.
Felice Dara.
Vincenzo Salvatori.
Serafino Ogliastro.
Vito Provenzano.
Giuseppe Grimaldi.
Salvatore Tieni.
Nicola Guerriero.
Giuseppe Sorrenti.
Antonio Valente.
Nunziante Scibelli.
Vincenzo Giordano.
Salvatore Vincenzo Surdo.
Gaspare Palmieri.
Ignazio Aloisi.

1992
Salvatore Aversa.
Lucia Precenzano.
Paolo Borsellino.
Antonio Russo.
Antonio Spartà.
Salvatore Spartà.
Vincenzo Spartà.
Fortunato Arena.
Claudio Pezzuto.
Salvatore Mineo.
Alfredo Agosta.
Giuliano Guazzelli.
Giovanni Falcone.
Francesca Morvillo.
Rocco Di Cillo.
Antonio Montinaro.
Vito Schifani.
Paolo Borsellino.
Agostino Catalano.
Eddie Cosina.
Emanuela Loi.
Vincenzo Li Muli.
Claudio Traìna.
Rita Àtria.
Paolo Ficalòra.
Luigi Sàpio.
Egidio Campaniello.
Giorgio Villàn.
Pasquale Di Lorenzo.
Giovanni Panunzio.
Gaetano Giordano.
Giuseppe Borsellino.
Saverio Cirrincione.
Antonio Tamborino.
Mauro Maniglio.
Raffaele Vitiello.
Emanuele Saùna.
Antonino Siragusa.
Lucio Stifani.
Giovanni Lizzio.
Antonio Di Bona.

1993
Beppe Alfano.
Adolfo Cartisano.
Pasquale Campanello.
Vincenzo d’Anna.
Vincenzo Vitale.
Gennaro Falco.
Nicola Remondino.
Domenico Nicolò Pandolfo.
Maurizio Estate.
Fabrizio Nencioni.
Angela Fiume.
Nadia Nencioni.
Caterina Nencioni.
Dario Capolicchio.
Carlo La Catena.
Stefano Picerno.
Sergio Pasotto.
Alessandro Ferrari.
Moussafir Driss.
Don Giuseppe Puglisi.
Raffaele Di Mercurio.
Andrea Castelli.
Angelo Carlisi.
Riccardo Volpe.
Antonino Vassallo.
Francesco Nazzaro.
Loris Giazzon.
Giorgio Vanoli.
Giovanni Mileto.
Luigi Iannotta.

1994
Vincenzo Garofalo.
Antonino Fava.
Don Giuseppe Diana.
Ilaria Alpi.
Miran Hrovatin.
Enrico Incognito.
Luigi Bodenza.
Ignazio Panepinto.
Maria Teresa Pugliese.
Giovanni Simonetti.
Salvatore Bennici.
Calogero Panepinto.
Francesco Maniscalco.
Nicholas Green.
Melchiorre Gallo.
Giuseppe Russo.
Cosimo Fabio Mazzola.
Girolamo Palazzolo.
Leonardo Canciari.
Liliana Caruso.
Agata Zucchero.
Leonardo Santoro.
Palmina Scamardella.
Antonio Novella .
Francesco Aloi.
Francesco Bruno.
Angelo Calabrò.
Saverio liardo.

1995
Francesco Brugnano.
Giuseppe Di Matteo.
Francesco Marcone.
Serafino Famà.
Gioacchino Costanzo.
Peter Iwule Onjedeke.
Fortunato Correale.
Antonino Buscemi.
Giuseppe Montalto.
Giuseppe Cilia.
Giuseppe Giammone.
Giovanni Carbone.
Claudio Manco.
Antonio Brandi.
Antonio Montalto.
Epifania Cocchiara.
Giammatteo Sole .
Genovese Pagliuca.
Pietro Sanua.
Pierantonio sandri.

1996
Francesco Tammone.
Giuseppe Puglisi.
Anna Maria Torno.
Giovanni Attardo.
Davide Sannino.
Santa Puglisi.
Salvatore Botta.
Salvatore Frazzetto.
Giacomo Frazzetto.
Maria Antonietta Savona.
Riccardo Salerno.
Gioacchino Bisceglia.
Rosario Ministeri.
Calogero Tramùta.
Pasquale Salvatore Magrì.
Celestino Fava.
Antonino Moio.
Raffaele Pastore.

1997
Giuseppe La Franca.
Ciro Zirpoli.
Giulio Castellino.
Agata Azzolina.
Raffaella Lupoli.
Silvia Ruotolo.
Angelo Bruno.
Luigi Cangiano.
Francesco Marzano.
Andrea Di Marco.
Vincenzo Arato.

1998
Incoronata Sollazzo.
Maria Incoronata Ramella.
Erilda Ztausci.
Enrico Chiarenza.
Salvatore DE Falco.
Rosario Flaminio.
Alberto Vallefuoco.
Giuseppina Guerriero.
Luigi Ioculano.
Domenico Geraci.
Antonio Condello.
Maria angela Ansalone.
giuseppe maria bìccheri.
Giuseppe Messina.
Graziano Muntoni.
Giovanni Gargiulo.
Giovanni Volpe.
Giuseppe Radicia.
Orazio Sciascio.
Giuseppe IAcona.
Davide Ladini.
Saverio Ierace.
Antonio Ferrara.
Giuseppe Maria Biccheri.

1999
Salvatore Ottone.
Emanuele Nobile.
Rosario Salerno.
Stefano Pompeo.
Filippo Basile.
Hiso Telaray.
Matteo Di Candia.
Vincenzo Vaccaro Notte.
Luigi Pulli.
Raffaele Arnesano.
Rodolfo Patera.
Ennio Petrosino.
Rosa Zaza.
Anna Pace.
Marco De Franchis.
Francesco Salvo.

2000
Antonio Lippiello.
Salvatore Vaccaro Notte.
Antonio Sottile.
Alberto De Falco.
Ferdinando Chiarotti.
Francesco Scerbo.
Giuseppe Grandolfo.
Domenico Stanisci.
Domenico Gullaci.
Maria Colangiuli.
Hamdi Lala.
Gaetano De Rosa.
Saverio Cataldo.
Daniele Zoccola.
Salvatore De Rosa.
Giuseppe Falanga.
Luigi Sequino.
Paolo Castaldi.
Gianfranco Madia.
Valentina Terracciano.
Raffaele Iorio.
Ferdinando Liguori.

2001
Giuseppe Zizolfi.
Tina Motoc.
Michele Fazio.
Carmelo Benvegna.
Stefano Ciaramella.

2002
Federico Del Prete.
Torquato Ciriaco.
Maurizio D’elia.
Husan Balikçi.

2003
Domenico Pacilio.
Gaetano Marchitelli.
Claudio TagliaLatela.
Paolino Avella.
Michele Amico.
Giuseppe Rovescio.

2004
Bonifacio Tilocca.
Annalisa Durante.
Stefano Biondi.
Paolo Rodà.
Gelsomina Verde.
Dario Scherillo.
Matilde Sorrentino.
Francesco Estatico.
Fabio Nunneri.
Massimiliano Carbone.
Antonio Landieri.
Francesco Graziano.
Antonio Maiorano.

2005
Francesco Rossi.
Attilio Romanò.
Francesco Fortugno.
Giuseppe Riccio.
Daniele Polimeni.
Gianluca Congiusta.
Carmela Fasanella.
Romano Fasanella.
Domenico De Nittis.
Pepe tunevic.
Emilio Albanese.

2006
Salvatore Buglione.
Daniele Del Core.
Loris Di Roberto.
Rodolfo Pacilio.
Michele Landa.
Antonio Palumbo.
Anna Politikovskaja.

2007
Luigi Sica.
Francesco Gaito.
Umberto Improta.
Giuseppe Veropalumbo.
Luigi Rende.

2008
Mario Costabile.
Domenico Noviello.
Marco Pittoni.
Raffaele Gargiulo.
Raffaele Granata.
Gennaro Cortumaccio.
Giuseppe Minopoli.
Lorenzo Riccio.
Raffaele Manna.
Nicola Sarpa.
Samuel Kwaku.
Cristopher Adams.
Eric Affum Yeboah.
Kwame Antwi Julius Francis.
El Hadji Ababa.
Alex Geemes.
Francesco Alighieri.
Gabriele Rossi.

2009
Felicia Castaniere.
domenico gabriele.
Petru Birlandeanu.
Gaetano Montanino.

2010
Salvatore ALVATORE FARINARO.
Teresa Buonocore.
Angelo Vassallo.
Gianluca Cimminiello.
Lea Garofalo.

2011
Carmine Cannillo.
Vincenzo Liguori.

Il dovere della differenza

da La Sentinella News

“Personalmente definirei il reato di associazione mafiosa un reato di egoismo”. Esordisce così Giulio Cavalli(attore, drammaturgo e consigliere regionale per SeL in Lombardia, che da anni vive sotto scorta poiché la “fauna” mafiosa del nostro paese trova scomodi i testi di molti dei suoi spettacoli). Lo incontriamo a margine di un appuntamento con il sindaco di Cormano Roberto Cornelli, per parlare in una serata organizzata da  SEL, associazione Polis e associazione Democratici per Milano (all’interno del ciclo di incontri dal titolo “13 occasioni di fare politica”,ndr).

Si parla di Mafie al Nord, e proprio in Lombardia. Secondo Cavalli, il fenomeno mafioso viene letto sempre di più attraverso grafici e dati, diventando così un “problema per tecnici” e allontanandosi dal vissuto quotidiano della gente. “Un reato di egoismo – si spiega Giulio – è quando due o più persone si mettono insieme per accrescere il proprio bene a scapito di altri, questo reato si combatte con l’arma della solidarietà. La società attuale sembra essersi assopita, mentre davanti ai soprusi quotidiani dovrebbe rivendicare il proprio diritto allo sdegno è sempre più indifferente. Anche l’indifferenza è un reato, è incostituzionale”.

Infatti secondo l’articolo 4 della costituzione il cittadino ha il dovere di concorrere al progresso della società, prestando verso questa un costante interesse. Le progressive privatizzazioni attuate dalla giunta Formigoni in Lombardia fanno parte, secondo Cavalli, di quel reato di egoismo poichè Comunione e Liberazione “non fa altro che darsi una mano per accrescere il proprio bene a scapito di quello altrui” e inoltre, privatizzando, si elude il controllo delle regole da parte dello Stato.

Uno dei grandi problemi dell’associazione di stampo mafioso sembra quello di avere troppi soldi, così tanti che non si sa più dove nasconderli. Questo  a suo dire spiegherebbe ad esempio come mai in Lombardia vengano costruiti sempre nuovi ipermercati “mentre non ci sono abbastanza clienti da giustificarne l’apertura” prosegue Giulio. E anche i Bar, quelli storici, che vengono ricomprati e riammodernati senza la necessità di avere clienti, puzzerebbero allora di marcio. Così la mafia, quella pulita fino a prova contraria, quella dei “colletti bianchi”, della “terza generazione”, è sempre più vicina a noi.

Come si può contrastare questa feroce avanzata? Stando all’erta, soprattutto per quanto riguarda il mondo dell’edilizia. “E’ stato volontariamente creato un vuoto di interesse intorno al Piano di Governo del Territorio (PGT) – avverte Cavalli -. Questo importante strumento politico ha la facoltà di poter cambiare la destinazione d’uso dei terreni cittadini da commerciale (cioè area in cui si possono costruire strutture che arricchiscono i proprietari, ad esempio palazzi) a verde agricolo o aree in cui si ospitano attrezzature pubbliche (piscine, centri sportivi)”.

“Il volume degli affari della Mafia Italiana è di circa 130 miliardi di euro, con un utile di 70 miliardi – interviene Roberto Cornelli-. Il capitale mafioso viene principalmente investito poi nel traffico di droga e di armi e nelle cosiddette ecomafie (traffico di rifiuti, abusivismo edilizio,ndr). Il denaro viene riciclato con i paradisi fiscali, aumentati di numero da 25 a72, fino al duemilasette.

Cosa possono allora le amministrazioni comunali di fronte a questa situazione? Cornelli dichiara che lui stesso, con le nuove leggi sul Patto di Stabilità, si trova “ nell’impossibilità di fare il sindaco, con le possibilità di scelta sempre più vincolate e le decisioni prese dal comune in fatto di urbanistica sorpassabili da altre normative. I comuni, in ristrettezze economiche, sono spesso costretti a vendere a privati il patrimonio pubblico (per esempio Farmacie), diventando così sempre più deboli”.

In conclusione ci si rivolge ai giovani: Cavalli lancia una bella sfida ai ragazzi della città portando l’esempio di una scuola superiore in cui gli studenti, che necessitavano di un laboratorio ( e chiedendolo con insistenza al preside e al prefetto), hanno ottenuto uno stabile confiscato alla Mafia. Questa è la lotta alla criminalità organizzata che si può portare avanti quotidianamente e che nei suoi risultati concreti vede la Mafia retrocedere di un piccolo passo dalla scuola, dalle piazze, dai posti di lavoro. Un altro consiglio importante lasciato ai cittadini di Cinisello? La testimonianza ultima di Rita Atria, testimone di giustizia suicida a soli diciotto anni, dopo aver denunciato il padre e il fratello: “Per poter sconfiggere la mafia intorno a noi bisogna prima sconfiggere quella che è dentro di te. La mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarci”.

di Noemi Tediosi