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A Brescia sgozza la mafia

Quell’omicidio di Brescia del professionista Cottarelli e la sua famiglia di cui avevamo scritto nel 2008 (grazie al bel libro ‘Polo nord’ di Fabio Abati e Igor Greganti) è una strage di mafia secondo la Corte di Assise di Appello di Milano:

La Corte di Assise di Appello di Milano ha condannato all’ergastolo due cugini trapanesi, Vito e Salvatore Marino, 47 e 53 anni, originari di Paceco (Trapani). Il 28 agosto del 2006 fecero strage a Urago Mella (Brescia) di una intera famiglia. Secondo l’accusa, sgozzarono Angelo Cottarelli, la moglie Marzenne Topor di 41 anni e il loro figlio, Luca di 17. Tre delitti al culmine di una diatriba per soldi tra Vito Marino e Angelo Cottarelli, una discussione dove fece da scenario una maxi truffa che era stata ordita da Marino assieme con altri imprenditori trapanesi, ai danni dello Stato e della Regione. Una truffa che inghiottì quasi 40 milioni di euro.

A Vito Marino, Cottarelli aveva garantito, pur stando lontano dalla Sicilia, delle fatture false, ma a un certo punto a Marino venne a mancare un milione di euro, e andò a chiederli indietro a Angelo Cottarelli, svegliando lui e la sua famiglia di buon mattino nella loro villetta a Urago Mella, facendosi spalleggiare da suo cugino Salvatore, al quale secondo la ricostruzione dei pm toccò il compito di sgozzare le tre vittime. I due furono arrestati poco dopo i fatti perché a Trapani gli investigatori della Squadra Mobile si stavano occupando già della truffa e con i colleghi di Brescia ricostruirono i motivi della strage. A casa Cottarelli fu addirittura trovato quel denaro che Vito Marino rivoleva a tutti i costi.

Assolti in primo grado, condannati all’ergastolo in appello, l’anno scorso i due cugini erano tornati liberi per l’annullamento deciso dalla Cassazione. Vito Marino è stato arrestato dalla Polizia in aula dopo la lettura della sentenza. A Trapani i poliziotti della Mobile hanno arrestato suo cugino Salvatore. Spietatezza e brutalità in questa storia. Ma non solo. Vito e Salvatore Marino sono figlio e nipote di un boss ucciso da Matteo Messina Denaro nel 1985 e i vini commerciati da Vito Marino avevano eloquenti etichette, come “Baciamo le mani” con tanto di uomo in coppola e lupara.

Non si festeggiano i rinvii

Sembra che sulla questione della questione degli F35 il PD stia convergendo su un accordo per rinviare la decisione dopo un’indagine conoscitiva (devono scoprire se hanno pale, eliche o reattori, probabilmente).

Mi dice qualche amico che è una vittoria, il rinvio degli F35. Che dobbiamo esserne contenti. E’ una buona mediazione mi dicono. Cioè vogliono convincermi che tenersi il governissimo PD-PDL obbligatorio per le urgenze che decide di rinviare le decisioni faccia bene al paese.

Vi prego: se da anziano comincio a festeggiare anche i rinvii datemi delle gocce per dormire.

Rossetto?

Ho guardato con un certo fastidio di stomaco la manifestazione in difesa di Silvio Berlusconi dopo la condanna del Tribunale di Milano per la il caso Ruby. Ho apprezzato (si fa per dire, eh) ancora una volta l’ignoranza e la superficialità come strumento di consenso coltivato con molta cura e arguzia in questi lunghi anni di berlusconismo iniettato nei diversi alimenti politici, culturali, televisivi e giornalistici. Ho rivisto la Santanché nel suo ruolo migliore: quello della Giovanna D’Arco in groppa al “luogo comune” che riesce ad ammiccare alle casalinghe con tutto il disprezzo che si riesce a scorgere nell’angolo delle labbra. Ho visto Francesca Pascale interpretare la languida compagna davanti ad un pubblico che non avrebbe nemmeno osato di sognare prima di scoprire che le fiction si producono anche “fuori” dalla televisione. Ho visto un PD incapace di sottolineare l’inopportunità questa volta anche se è scritta dentro una sentenza.

E poi ho visto il rossetto. Il rossetto come simbolo dell’essere puttana, nel 2013. E ho pensato che davvero che Giuliano Ferrara ha messo sul barbecue la propria intelligenza pur di riempire la pancia del padrone. Peggio di una puttana: come fanno i servi per vocazione.

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Quel che più spaventa

Quel che più spaventa nei partiti non è quello che dicono, è quello che trascurano o si rifiutano di dire.

(Louis Blanc, Organizzazione del lavoro, 1839)

Boccia bocciato sugli F35

Capite in che mani siamo? Capite cosa è il PD in alcuni pezzi della sua classe dirigente che non sa nemmeno do cosa sta parlando? Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio, crede che gli F35 siano elicotteri, per dire. Leggere per disgustarsi:

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Il resoconto della piccolezza è sul blog di Cristina.

Volevo essere un libro

«C’era come la sensazione che mentre gli uomini vanno e vengono, nascono e muoiono, i libri invece godono di eternità. Quand’ero piccolo, da grande volevo diventare un libro. Non uno scrittore, un libro: perché le persone le si può uccidere come formiche. Anche uno scrittore, non è difficile ucciderlo. Mentre un libro, quand’anche lo si distrugga con metodo, è probabile che un esemplare comunque si salvi e preservi la sua vita di scaffale, una vita eterna, muta, su un ripiano dimenticato in qualche sperduta biblioteca a Reykjavik, Valladolid, Vancouver».

(Amos Oz, Una storia di amore e di tenebra)

Bruno Caccia e un processo da riaprire

Sono passati trent’anni dall’uccisione di Bruno Caccia e ora spuntano nuove piste, nuovi documenti e uno scenario che potrebbe riscrivere quella storia. A casa di Rosario Cattafi (l’anello di congiunzione tra Cosa Nostra e strani servizi deviati) a Barcellona Pozzo di Gotto è stato ritrovato un documento che pone qualche legittimo dubbio.

 L’avvocato della famiglia Caccia, Fabio Repici, ritiene che esistano tutti gli elementi per una revisione del processo: “Sono documentate persino le riunioni tra emissari di Cattafi ed esponenti del Sisde che hanno come oggetto proprio le indagini sull’omicidio del Procuratore Caccia”.

Del resto la scalata mafiosa dei casinò del nord Italia, e in particolare quello di Saint Vincent, è una delle ultime inchieste di cui il procuratore Caccia si è occupato. Circostanza aggravata dall’inquietante parallelismo con l’attentato al pretore di Aosta Giovanni Selis, anche lui impegnato nelle indagini sul Casinò e vittima di un tentato omicidio dinamitardo, consumato pochi mesi prima del delitto Caccia e di cui non sono mai stati individuati i responsabili.

“Caccia era prossimo alla pensione. Bisogna capire quale era l’urgenza di ucciderlo in quel momento”, spiega l’avvocato Paola Bellone, che da più di un anno studia il caso. Ritiene che altre indicazioni potrebbero sorgere dalla collaborazione di nuovi pentiti calabresi e dalle inchieste di cui Caccia si stava occupando. Indagini da cui emergono i rapporti che la ‘ndrangheta coltivava, già allora, con la politica e le più alte cariche istituzionali.

Consumo di suole

Per ripensare un diverso consumo di suolo. Questa volte le brutte notizie arrivano dalla Puglia e le riporta Giuseppe: qui e qui.

Berlusconi

In questo momento è condannato a 12 anni: sette presi oggi, quattro per i diritti Mediaset, uno per l’intercettazione di Fassino.

Non so a quanti debba arrivare – ancora – perché l’etica prevalga sulla convenienza (o presunta tale) perché si capisca che governare insieme a quest’uomo e ai suoi sporchi affari è inaccettabile moralmente, prima ancora che politicamente.

Alessandro lo scrive qui.