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Un buon affare

piero-calamandreiPer fare buona politica non c’è bisogno di grandi uomini, ma basta che ci siano persone oneste, che sappiano fare modestamente il loro mestiere. Sono necessarie: la buona fede, la serietà e l’impegno morale. In politica, la sincerità e la coerenza, che a prima vista possono sembrare ingenuità, finiscono alla lunga con l’essere un buon affare.

(Piero Calamandrei)

Lo chiamavano “Continuità”

516199_mantovani maroniRicapitoliamo, anche se è molto semplice:

in Lombardia la Lega Nord disse di essere stata costretta a “staccare la spina” a Roberto Formigoni per i troppi dubbi e le troppe contiguità del governatore e dei suoi fedelissimi nell’ambiente della sanità lombarda. Fin qui sembrerebbe anche “potabile” come azione se non fosse che quel sistema malato della sanità lombarda la Lega l’ha costruito insieme al PDL per tutti questi anni ma tant’è, magari i leghisti si sono ravveduti cammin facendo, viene da pensare.

Roberto Maroni si candida presidente della Regione Lombardia rivendicando discontinuità con il formigonismo e una svolta nella gestione della regione. Qualcuno (i più arguti e i più comunisti) gli fa notare che però la coalizione che lo sostiene ha anche il PDL: vero, dice lui, ma il candidato presidente è leghista e quindi sarà la Lega a ergersi a garante del nuovo corso.

Oggi Maroni presenta la nuova giunta regionale e si scopre che alla sanità c’è Mario Mantovani: uomo PDL, molto vicino a Paolo Berlusconi e tra l’altro fondatore della Mantovani Onlus proprietaria di quattro Residenze per anziani e di una Residenza per disabili. 

Insomma Maroni comincia la sua avventura alla guida della Lombardia svendendo subito la delega più importante al berluscones meno presentabile per il ruolo.

Buona notte, Lombardia.

 

La guardia alta, sull’antimafia

Editoriale per il foglio de I Siciliani Giovani

E141230121-ab421c56-67b6-4709-bdbd-056be0d39b60 ora in tutta questa deflagrazione di bave e umori urlati dove finisce l’antimafia sociale? Dove può prendere radici un tema che già faticava nell’ordinaria attività istituzionale e oggi si ritrova a camminare sulle pareti irte dell’emergenza di un governo di scopo?

Le domande sono importanti, dicono i bravi giornalisti, perché allenano il muscolo della curiosità e i tendini delle risposte non scontate, eppure in questo turbine di scenette e sceneggiate l’antimafia è sparita dall’agenda politica come se bastasse averne parlato in campagna elettorale per essere a posto con la coscienza e il proprio elettorato. In questi ultimi anni si è capito quanto sia fondamentale per un serio percorso di responsabilizzazione e alfabetizzazione antimafiosa l’organicità dell’azione che non ha bisogno di personaggi o eventi straordinari ma del lavoro indefesso e continuo di narrazione, istruzione e discussione come avviene nelle migliori famiglie a tavola durante la cena. Servirà più forza, servirà un’energia più vigorosa e unita per tenere il mento alto mentre ci diranno che la trattativa, le stragi e i rapporti tra mafia e politica sono cose del passato (e ce lo diranno, oggi più di ieri), mentre ci vorranno convincere che c’è altro da fare. Come è sempre successo un secondo prima di perdere. Di nuovo.

Io la Lombardia la difendo


Editoriale scritto  per ArcipelagoMilano

cavalli screenLa Lombardia è la mia terra e la difendo, da cittadino, mica eletto, e nemmeno da scortato antimafioso perché mi verrebbe troppo comodo e troppo paratelevisivo, ma da cittadino con i figli che lavoreranno e faranno altri figli qui in Lombardia, la difendo dai faccendieri, gli affaristi, i viscidi commensali, i lacchè senza dignità e la retorica della propria terra che ha innescato un meccanismo perverso (e inverso alla democrazia) che in alcuni settori chiede “chi ti manda” e “a chi appartieni” per decidere la possibilità di assunzione e di carriera. La Lombardia la difendo dall’analfabetismo (coltivato ad hoc) verso le persone serie, oneste e dedite all’etica come dovere morale, in una regione che per decenni ci ha convito che la spericolatezza fosse una virtù in politica e nell’imprenditoria e una regione che ha voluto convincerci che la solidarietà sia un vezzo democratico che non possiamo permetterci per non mettere a rischio la sicurezza dei nostri figli.

Io non so cosa debba succedere ancora per chiederci di andare oltre all’indignazione sulle associazioni criminali che sono arrivate fino ai gangli più alti della politica regionale; se serva un morto ammazzato proprio in mezzo al corridoio del Pirellone o l’arresto di un altro assessore con la coppola in testa e la lupara sotto il cappotto per convincerci che l’emergenza è passata da un pezzo e l’infiltrazione mafiosa è stata un momento di una diffusione radicata e ormai difficilmente riconoscibile che svena ma non tormenta, non si sente: sembrano al massimo un paio di linee di febbre.

Io non tollero più di fare lo scortato buono per le interviste, le televisioni, gli antimafiosi una volta al mese nei convegni tra amici e poi non riuscire a raccontare cosa è cambiato alla sera quando me lo chiedono i miei figli. Perché abbiamo sbagliato noi, forse, a credere che bastassero questi ultimi mesi per dare l’idea di un allarme che suona muto da decenni e invece siamo ancora visionari (forse meno di una volta), allarmisti (anche se con più seguaci) e minoranza. Di una battaglia che è politica dove mafia e Stato (o Regione) fanno lo stesso identico mestiere: offrono occupazione, welfare e protezione. E due concorrenti nello stesso territorio o si fanno la guerra all’ultimo respiro oppure viene il dubbio che si siano messi d’accordo.

Per chi suona la Campanella (del Senatore,eh)

francesco-campanellaAllora:

– Francesco Campanella è un libero cittadino e un (meno libero) senatore del Movimento 5 Stelle che disobbedisce a Grillo: vota altro in Senato rispetto agli ordini di scuderia e vota Grasso per la Presidenza del Senato.

– Viene massacrato in quelle strane assemblee online che ormai sono diventate facebook e twitter dai “suoi” elettori che non gli perdonano il tradimento (a chi?).

– Si riscatta (sempre su facebook, eh) dichiarando di avere eroicamente e stoicamente rifiutato un offerta (economica, verrebbe da intendere tra le sue righe) nientepopòdimenoche da Nichi Vendola che con una telefonata gli avrebbe offerto un rifugio e un ristoro in SEL (che, per noi qui in SEL, viene da ridere sentendo il freddo che fa…).

– Ottiene un grande giubilo dagli elettori grillini che lo ringraziano per la coerenza, il coraggio e l’integrità d’animo. E forse gli perdonano (con memoria breve) il grande tradimento con il voto a Grasso. Sta per finire nel migliore dei modi: tutti vissero felici e contenti.

Poi c’è il fulmen in clausola (niente di spaventoso, eh: il finale a sorpresa):

Vendola non ha mai telefonato a Campanella. Tutto inventato. La grande rivincita contro la partitocrazia è una scoreggina nell’universo dei bugiardi. 2.0 però, eh.

Una strada per Lea Garofalo

post_30887Una bella notizia da Rossano (CS), perché le cose cambiano se siamo disposti a cambiare:

Una strada per Lea Garofalo, la testimone di giustizia che ha pagato con la vita la sua ribellione alla ‘ndrangheta. La notizia arriva da Rossano, portata dal vicesindaco Guglielmo Caputo sabato sera nel corso della presentazione del libro “Il coraggio di dire no. Lea Garofalo la donna che sfidò la ‘ndrangheta” (Falco Editore) del giornalista molisano Paolo De Chiara.
“Penso che Lea sta cambiando qualcosa – spiega Marisa Garofalo, sorella di Lea – questa sera abbiamo avuto la bella notizia che il comune di Rossano si prenderà l’impegno di ricordare Lea con l’intitolazione di una via. L’altro giorno sono stata a Lamezia dove ho incontrato il ministro Barca ed è stato presentato un progetto “Miur” in cui si parla Lea e di legalità. Ho preso l’impegno di dare voce a mia sorella, una voce che probabilmente non ha mai avuto e quelle poche volte che l’ha avuta nessuno l’ha mai ascoltata. Ho preso l’impegno con il mio avvocato di istituire una fondazione che aiutasse i testimoni di giustizia in difficoltà, perché ora Denise non deve stare sola”.
E proprio la ventunenne Denise, figlia di Lea Garofalo, presto cambierà cognome attraverso un’istanza presso il tribunale civile: “Si trattava di una volontà di mia sorella – spiega Marisa Garofalo – era lei che voleva cambiare il cognome alla figlia visto che il tribunale ha tolto anche la patria potestà al padre. Denise userà il cognome di mia sorella, si chiamerà Garofalo, anche perché lei non vuole portare questo cognome, il padre le ha distrutto la vita”.
Il ringraziamento della sorella di Lea Garofalo va al comune di Rossano Calabro e soprattutto «a quei giornalisti come Paolo De Chiara si occupano di ‘ndrangheta, che si occupano di mafia e sono quelli più a rischio. Parecchi giornalisti in passato sono stati uccisi dalla mafia, subiscono violenze, subiscono minacce e molto spesso anche loro sono costretti a stare sotto scorta come Giulio Cavalli che ha curato l’introduzione di questo libro, è stato minacciato al processo di Lea Garofalo dai Cosco».

da Strill.it

Se Maroni perde le staffe

l43-maroni-alfano-120809204441_bigE se ne accorge anche Repubblica:

17 marzo 2013 —   pagina 2   sezione: MILANO

SCINTILLE tra il neogovernatore Maroni (che accusa una caduta di stile) e Giulio Cavalli, candidato non rieletto alla Regione per Sel. Tutto comincia con un’intervista di qualche giorno fa, quando Cavalli ironizza sulla presenza nella nuova giunta regionale della giornalista Paola Ferrari, e soprattutto accusa Maroni di aver rimesso la sanità lombarda nelle mani dei ciellini. Poi ricorda, su Twitter, che il leader della Lega è stato sfiduciato da Bossi. La sera del suo compleanno, ieri l’altro, il governatore affida sempre a Twitter un commento, diciamo così, poco elegante, rivolgendosi direttamente a Cavalli: «Ehi, ma tu 6 stato eletto in Regione? No? Già, a proposito di essere sfanculati ». L’altro gli risponde: «Se andate avanti così, ci rivediamo presto; stai sereno, padanamente sereno». E ieri sera, Cavalli rincara la dose, stavolta non su Twitter: «Questo modo di parlare rende l’idea del livello politico e culturale di Maroni; lui è democraticamente eletto, ma io posso anche democraticamente criticarlo».

Su Boeri

l43-pisapia-boeri-milano-130317222803_mediumNon ho mai particolarmente condiviso alcune scelte di Stefano Boeri. Non ne ho appoggiato la partecipazione alle primarie e non ho apprezzato alcune sue uscite ma c’è un ma: forse sarebbe il caso di sbrogliare la matassa della situazione politica milanese e su Milano città una volta per tutte. E’ ora, ad esempio, di capire attraverso quali canali passi la “partecipazione” che è stata a lungo sventolata nella linea (sempre più sottile) della primavera arancione: se passa attraverso i partiti allora ci venga detto attraverso quali partiti (perché, escluso un “pezzo” del PD, non sembra che ci siano particolari coinvolgimenti per tutti gli altri) o se passa attraverso altri canali forse sarebbe il caso che ci vengano svelati.

Aspetteremo oggi di conoscere le motivazioni ma sicuramente come scrive bene Marina Terragni nevica, in tutti i sensi, sulla primavera arancione.

 

Cosa succede a Cipro

Imbarazzante quello che sta succedendo a Cipro. Dopo la vittoria dei conservatori alle ultime elezioni, come al solito sotto ricatto della bancarotta, il nuovo governo ha firmato un accordo umiliante per il salvataggio da parte della UE. Il bail out, che doveva essere di 17 miliardi di Euro è stato ridotto a 10 miliardi. E da dove sono venuti questi soldi? Una parte da una tassa di quasi il 10% messa sui depositi sopra i 100 mila euro. E fin qui…. soprattutto tenuto conto che molti dei conti correnti di Cipro sono intestati a milionari russi che usano l’isola per evadere le già bassissime tasse russe, si può anche capire.

ciproMa una tassa del 6.75% su tutti gli altri depositi (anche se ora sembra possa essere ridotta ad un più modesto 2.5), quelli cioè sotto la franchigia dei 100 mila euro, è una vera e propria rapina dei piccoli risparmiatori ciprioti. Ora non bastano più solo i programmi di austerity che riducono occupazione e salario, ora bisogna pure pagare per essere “salvati”. L’idea sarebbe quella di far pagare i responsabili invece di chiedere ai cittadini del resto d’Europa di contribuire.

Su Resistenza Internazionale un quadro della stampa estera sulla questione cipriota e l’Europa antisociale.