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Un appello milanese dalla cultura per Nichi #oppurevendola

“… non si tratta di un capitolo laterale, la cultura è la traccia su cui bisogna costruire un’intera agenda di governo del cambiamento e dell’alternativa” Nichi Vendola Ercolano 7 ottobre

Per anni il nostro Paese ha subito un progressivo depauperamento del patrimonio culturale e un imbarbarimento veicolato da comunicazioni di massa dal contenuto spesso volgare e violento.

Per anni l’indirizzo prevalente del patrimonio culturale è stato quello della sua alienazione a favore del settore privato considerato per definizione più capace, efficiente ed efficace del pubblico.

Per anni l’atteggiamento dominante è stato quello tristemente sintetizzato dalla frase “La cultura non si mangia” pronunciata dall’ex ministro Tremonti per giustificare l’ennesimo taglio ai bilanci di Cultura e Ricerca.

Tutto ciò ha trasformato l’Italia in un Paese senza memoria e senza qualità in cui viene vanificata la coscienza della nostra storia.

Un Paese in cui la memoria e la sedimentazione del tempo hanno creato un paesaggio e un patrimonio archeologico, architettonico e artistico incomparabili, diviene sempre più un mercato colonizzato da un pensiero unico subordinato al profitto e al potere.

L’Italia del grande cinema, dei grandi teatri lirici e di prosa, delle avanguardie culturali, delle grandi e piccole case editrici di estrema raffinatezza, dei grandi architetti e dei grandi designer sta diventando un Paese in cui le prime voci a essere massacrate nei bilanci pubblici sono la Cultura, la Scuola, la Ricerca.

Un Paese in cui la manipolazione dei media tenta di trasformare un popolo di cittadini in un popolo di clienti consumatori.

Le correnti di pensiero dominanti ritengono che la cultura, come tutto il resto, debba diventare un “business” completamente affidato al settore privato: in questa visione si riduce la funzione del pubblico a semplice finanziatore. La tendenza alla privatizzazione del patrimonio e dei servizi culturali, inaugurata dai governi di centro-sinistra con Veltroni e Melandri titolari del Ministero è stata ulteriormente sviluppata dai successivi governi della destra.

La burocrazia pubblica del Ministero, delle Regioni e perfino dei Comuni è stata in questi anni spogliata di funzioni e competenze per affidarle a società di diritto privato, che quasi sempre si sono rivelati carrozzoni che hanno gestito milioni di euro per alimentare reti clientelari.

Con un centrosinistra guidato da Vendola, invece, noi crediamo che l’intervento pubblico nella cultura possa divenire un poderoso fattore di ripresa economica.

Con un centrosinistra guidato da Vendola, invece, noi crediamo che la valorizzazione del nostro patrimonio e della nostra tradizione culturale possa contribuire fortemente a rilanciare il ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo.

Con un centrosinistra guidato da Vendola, invece, noi crediamo che il governo delle politiche degli investimenti culturali possa diventare un fattore di sviluppo di nuova occupazione stabile e qualificata.

Pensiamo che in Italia vada rifondato il sistema pubblico della cultura e che adeguate politiche d’investimento delle risorse possano da un lato sostenere l’industria culturale dall’altro, sviluppare occupazione non solo in campo strettamente culturale, ma anche nelle filiere connesse alla produzione creativa sia nell’ambito pubblico sia nell’ambito privato.

“Non è sopportabile il depauperamento del nostro patrimonio che vive solo se viene manutenuto e arricchito, protetto e socializzato. Questo si può fare con politiche pubbliche magari capaci di stimolare l’investimento privato e di attivare l’impegno del volontariato. Non è sopportabile che venga messa in liquidazione questa fabbrica di memoria e di bellezza che sono i nostri beni culturali che potrebbe dare lavoro ad archeologi, geologi, architetti paesaggisti, agricoltori, falegnami, ingegneri, interpreti, chimici, antropologi, biologi, lavoratori manuali mescolati a lavoratori dell’intelletto persino dentro una traccia feconda di possibile ricomposizione della frattura tra cultura scientifica e cultura umanistica”. Nichi Vendola – Ercolano 7 ottobre 2012

In un quadro economico di recessione, che vede i consumi scendere in quasi tutti i settori, la spesa delle famiglie in campo culturale è cresciuta dal 2009 al 2011 del 2,6% arrivando a 70,9 miliardi di euro. Si tratta di una domanda controcorrente espressa dalla popolazione che vede la cultura come un utile terreno d’investimento in momento di crisi. La risposta a questa domanda va costruita e presidiata da un prossimo governo di centrosinistra.

Crediamo che per storia personale, sensibilità e attitudine politica Nichi Vendola sia la persona adatta a promuovere un rilancio della cultura italiana, è anche per questo che vi chiediamo di sostenerlo alle primarie.

 

Roberto Escobar, filosofo politico e critico cinematografico Enzo Minervini Adelio Rigamonti, poeta Pap Khouma, scrittore Luca Gibillini, consigliere comunale Sel Milano Daniela Benelli, Assessore al Decentramento, area metropolitana, servizi civici comune di Milano Luigi Lunari, drammaturgo e critico letterario Stefania Casini, archeologa, direttore Museo Archeologico di Bergamo Bruno Segre, storico, saggista Lucia Vasini, attrice Bruno Arpaia, scrittore, giornalista Sandrone Dazieri, scrittore e sceneggiatore Giuseppe Deiana, presidente Associazione Centro Comunitario Puecher / Docente di Storia e Filosofia Chiara Cremonesi, Presidente gruppo consiliare Sinistra Ecologia Libertà Regione Lombardia Franco Fabbri, musicologo e docente Università di Torino Michela Fiore, presidente Commissione Cultura CdZ 5 Milano Rita Barbieri, presidente Commissione Cultura CdZ 6 Milano Claudia Fredella, archeologa, Parco Archeologico del Forcello Matteo “soltanto” terzi, artista di strada Elena Hileg Jannuzzi, Associazione Sherwood Milano Ermanno Tritto, operatore culturale Guglielmo Landi, Direttivo Centro Culturale Conca Fallata Emilia Martinelli docente di slavistica in pensione. Università IULM Roberta de Monticelli, docente di Filosofia della persona, Università San Raffaele Alberto Figliolia, giornalista e autore Chiara Tassan, direttore editoriale Attilio Paparazzo, Direttivo Nazionale FLC Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL. Paolo Righetti, Fabbrica del Vapore Rossella Traversa presidente Commissione Cultura, Biblioteche e Comunicazione CdZ 4 Milano Gian Luigi Mauri, scrittore Gianni Mimmo, musicista compositore Lorenzo Mazzi, presidente ARCI Varieazioni Paolo Zanini, dottore di ricerca in storia contemporanea Bea Marin, esperta di tematiche editoriali Silvia Pettinicchio, gallerista Mirella Maestri, archeologa e guida turistica Camilla Masciadri, architetto Claudio Monnini, artista e architetto Duccio Monnini, Art director, illustratore e copywriter Alessandro Buono, assegnista di ricerca Università di Milano Tatiana Bertolini editore Sauro Sorana Fotografo Carolina Orsini, Conservatore delle Raccolte Extraeuropee, Castello Sforzesco di Milano Francesco Collotti, architetto docente universitario Lorenzo Calzeroni, direttore di produzione audiovisivi Alessandro Papale, ricercatore (precario) S. Raffaele, Presidente Comm. Cultura e Socialità CdZ 3 Luca Santini, libraio Giorgio Maimone, giornalista Cosetta Colla, direttrice artistica Il Teatro di Gianni e Cosetta Colla, Milano Alessandro Testa, attore del Teatro di Gianni e Cosetta Colla Stefania Mannacio Colla, marionettista Marzia Zancanella, operatrice Parco Archeologico Forcello Mantova Gabriele Finzi, attore “Centro Internazionale di Creazione Teatrale Policardia Teatro”. Elisabetta Fraccacreta, regista, fondatrice Elf Teatro-elf associazione culturale Maria Sara Mignolli attrice, organizzatrice teatrale Elf Teatro-elf associazione culturale Fabio Martino, consulente e operatore culturale Stefano Villani, sceneggiatore, consulente cinematografico. Massimo Roccaforte, editore NdA distribuzione editoriale, presidente Librerie Interno4. Lorenzo “zialollo” Rabaioli, dj Enzo Beccia, musicista Adriano Noli, musicista Diana Signorelli, illustratrice Sebastiano William Arilotta, Fondazione Stelline Milano Fabio Martina, regista Nerina Fiumanò, produttrice cinematografico Emilia Minnie Ferrara, Lombardia film Commission, produttrice cinematografica. Fausta Mercantini, insegnante Mirko Mazzali, avvocato, consigliere comunale Sel Milano Ines Patrizia Quartieri, capogruppo SEL Consiglio Comunale Milano I 7 Grani, rock band Cristiano Dognini, storico assistente di Storia romana dell’Università di Perugia Gianluca Melandri, archeologo e bibliotecario Isabella D’Isola, docente di filosofia Nicola Ciancio, Associazione ex-voto, Elita. Dino Lupelli, Elita Krishna Agazzi, operatore cinematografico Giulio Cavalli, attore e scrittore Paolo Mottana, professore di Filosofia dell’educazione all’Università di Milano BicoccaLorenzo Argentino, insegnante, Presidente Associazione Culturale Circuiti Dinamici Daniela Schiavone, regista e coreografa teatrale Fulvio Bella, poeta David Ondini, insegnante Modou Gueye, attore operatore culturale Ivan Guerriero, scrittore Federico Riccardo Chendi, scrittore underground Domenico De Monte Presidente Associazione Culturale “La scheggia” PierFrancesco Adduce, musicista cantante Paolo Gonzaga, esperto Medio Oriente Stefano Rivas, Presidente del Centro Aggregativo Polifunzionale 20151, Associazione di Promozione Sociale Angelo Barbato, psichiatra, ricercatore Istituto Mario Negri Paolo Castelletti, psicologo psicoterapeuta Angelo Cursano, Direttore Tecnico Settore Turismo Alessandro Brambilla Pisoni, avvocato, membro Segreteria Unione Inquilini Milano Riccardo Ghidoni, Prof. Ordinario Biochimica Università degli studi di Milano Giacomo Menini, docente a contratto di Composizione Architettonica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bergamo Luigi Campolo, medico, Primario Emerito Ospedale Niguarda di Milano Bruno Ambrosi, medico, docente universitario Iacopo Chiodini, MD Unit of Endocrinology and Diabetology Department of Clinical Sciences and Community Health Fondazione IRCCS Cà Granda – Ospedale Maggiore Policlinico Sara Rigamonti, studentessa Beni Culturali Paola Fantaguzzi, impiegata Deborah Besseghini, dottoranda di ricerca in Scienze Umanistiche presso l’Università di Trieste 

Se la mafia costruisce le caserme dei carabinieri. Al nord.

Ne scrive Biagio Simonetta per Il Sole 24 Ore:

Così a Dueville, comune di 13mila anime in provincia di Vicenza, soffia un brutto vento di ‘ndrangheta sull’appalto per la costruzione della nuova caserma dei Carabinieri. La costruzione di quella struttura che dovrà ospitare la tenenza potrebbe essere finita in mano a un’impresa edile vicina a una famiglia calabrese con un pedigree criminale di tutto rispetto: i Iannazzo di Lamezia Terme. Questo, almeno, secondo l’inchiesta del Ros (il Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri, ndr) di Padova.

Nei giorni scorsi i militari, coordinati dalla Dda di Venezia che ha in mano le indagini, si sono presentati nella sede della impresa lametina “Elle due costruzioni”, a Vicenza, e hanno portato via computer e incartamenti relativi alla caserma di Dueville. E oggi si apprende che i titolari dell’azienda edile Domenico, Gennaro e Pasqualino Longo (tutti e tre calabresi) sono indagati per corruzione e turbativa d’asta, con l’aggravante di aver agito con metodi mafiosi.

Succede in Veneto ma è successo anche a Milano, in Lombardia: la mafia che entra nel “cuore” di chi la combatte, che fabbrica caserme o edifici pubblici, che gestisce il bar sotto al tribunale (succedeva a Torino con i Belfiore assassini di Bruno Caccia) o che si riunisce negli ospedali (il caso dell’ospedale Niguarda a Milano).

Non stupisce tanto l’infiltrazione (ci abbiamo fatto il callo, l’abbiamo capita e comunicata abbastanza, no?) ma colpisce il valore simbolico del reato e l’importanza di prenderne atto: ci sono luoghi e ruoli che non possono essere lasciati alla mafia perché suonerebbe la musica del disarmo, della resa e della desistenza.

Quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?

Di chi sono i morti? Di chi li perde, di chi li uccide e anche di chi li dimentica, forse. Riflettevo qualche giorno fa con gli amici di SEL Recanati in un bella serata di bella politica sul fatto che le parole non pronunciate nei comizi siano sempre amore e morte. Sembra banale, lo so, ma non lo è: rimane la sensazione che per le più basse tragedie e le più alte poesie in politica si debba trovare una formula accomodante che eviti di centrare il punto travestendosi da analisi in improbabili sigle: coppie di fatto, omogenitorialità e diritti civili senza pronunciare “amore” e immigrazione, sbarchi, flussi o tragedie del mare piuttosto che pronunciare “morte”.

Non so se mi hanno fatto bene questi due anni e poco più di politica per la mia igiene affettiva. Non so se sia strategicamente sbagliato rinunciare alla rincorsa disperata e disperante dell’anaffettività per essere forte, coraggioso e oltraggioso quanto basta, sempre in difesa di bassezze che sono umane prima che politiche. Non so nemmeno se sia folle coltivare amicizie in un campo dove ogni apertura diventa uno spiffero buono per entrarci a piedi uniti.

Quello che so, e non è poco, è che se la politica diventa disumana e incapace di usare il vocabolario del sentimento e della speranza diventa inattiva, retorica e terribilmente lontana.

Poi a volte leggi lettere come quella del sindaco di Lampedusa di Giusi Nicolini. Le ritrovi di solito in rete o in qualche occhiello basso di un quotidiano mentre sfogli veloce la rassegna stampa insieme al caffè. Di solito sono i lamenti e gli sguardi di qualche amministratore locale (non è un caso, del resto) che precipitano fortunosamente nel cuore più sentimentale del problema, nel nocciolo da cui partire prima di costruire l’analisi, nel dolore da non dimenticare per trovare soluzioni efficaci sì, economicamente sostenibili anche ma umane. Politicamente umane. Senza commissariamenti del dolore, dell’amore e in questo caso della morte:

“Sono il nuovo Sindaco delle isole di Lampedusa e di Linosa

Eletta a maggio, al 3 di novembre mi sono stati consegnati già 21 cadaveri di persone annegate mentre tentavano di raggiungere Lampedusa e questa per me è una cosa insopportabile. Per Lampedusa è un enorme fardello di dolore. Abbiamo dovuto chiedere aiuto attraverso la Prefettura ai Sindaci della provincia per poter dare una dignitosa sepoltura alle ultime 11 salme, perché il Comune non aveva più loculi disponibili. Ne faremo altri, ma rivolgo a tutti una domanda: quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?

Non riesco a comprendere come una simile tragedia possa essere considerata normale, come si possa rimuovere dalla vita quotidiana l’idea, per esempio, che 11 persone, tra cui 8 giovanissime donne e due ragazzini di 11 e 13 anni, possano morire tutti insieme, come sabato scorso, durante un viaggio che avrebbe dovuto essere per loro l’inizio di una nuova vita. Ne sono stati salvati 76 ma erano in 115, il numero dei morti è sempre di gran lunga superiore al numero dei corpi che il mare restituisce.

Sono indignata dall’assuefazione che sembra avere contagiato tutti, sono scandalizzata dal silenzio dell’Europa che ha appena ricevuto il Nobel della Pace e che tace di fronte ad una strage che ha i numeri di una vera e propria guerra.

Sono sempre più convinta che la politica europea sull’immigrazione consideri questo tributo di vite umane un modo per calmierare i flussi, se non un deterrente. Ma se per queste persone il viaggio sui barconi è tuttora l’unica possibilità di sperare, io credo che la loro morte in mare debba essere per l’Europa  motivo di vergogna e disonore.

In tutta questa tristissima pagina di storia che stiamo tutti scrivendo, l’unico motivo di orgoglio ce lo offrono quotidianamente gli uomini dello Stato italiano che salvano vite umane a 140 miglia da Lampedusa, mentre chi era a sole 30 miglia dai naufraghi, come è successo sabato scorso, ed avrebbe dovuto accorrere con le velocissime motovedette che il nostro precedente governo ha regalato a Gheddafi, ha invece ignorato la loro richiesta di aiuto. Quelle motovedette vengono però efficacemente utilizzate per sequestrare i nostri pescherecci, anche quando pescano al di fuori delle acque territoriali libiche.

Tutti devono sapere che è Lampedusa, con i suoi abitanti, con le forze preposte al soccorso e all’accoglienza, che dà dignità di esseri umane a queste persone, che dà dignità al nostro Paese e all’Europa intera. Allora, se questi morti sono soltanto nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene  consegnato. Come se avesse la pelle bianca, come se fosse un figlio nostro annegato durante una vacanza”.

Giusi Nicolini

 

 

Primarie nazionali: sei domande per la scienza

E la scienza? Nel recente confronto televisivo tra i cinque candidati alle primarie del centrosinistra, i problemi della scienza e della ricerca non sono comparsi, né trovano particolare spazio nel dibattito politico in corso a dispetto della loro centralità per lo sviluppo nazionale.

Un gruppo di giornalisti scientifici, blogger, ricercatori e cittadini, constatata la mancanza di domande ai candidati alle primarie del centrosinistra sulle loro posizioni politiche in materia di scienza e ricerca, e ritenendo invece che da queste politiche dipenderà il futuro sociale ed economico a medio e lungo termine del paese, ha quindi deciso di chiedere ai candidati di rispondere a sei temi di grande respiro, in modo da offrire ai cittadini un panorama più completo della loro proposta politica.

1. Quali politiche intende perseguire per il rilancio della ricerca in Italia, sia di base sia applicata, e quali provvedimenti concreti intende promuovere a favore dei ricercatori più giovani?

2. Quali misure adotterà per la messa in sicurezza del territorio nazionale dal punto di vista sismico e idrogeologico?

3. Qual è la sua posizione sul cambiamento climatico e quali politiche energetiche si propone di mettere in campo?

4. Quali politiche intende adottare in materia di fecondazione assistita e testamento biologico? In particolare, qual è la sua posizione sulla legge 40?

5. Quali politiche intende adottare per la sperimentazione pubblica in pieno campo di OGM e per l’etichettatura anche di latte, carni e formaggi derivati da animali nutriti con mangimi OGM?

6. Qual è la sua posizione in merito alle medicine alternative, in particolare per quel che riguarda il rimborso di queste terapie da parte del SSN?

Magari alzare i contenuti?

Perché se il candidato fosse Umberto Ambrosoli, persona rispettabilissima e apprezzata, in tanti vorrebbero sapere che modello di sanità o di scuola ha in mente per la Lombardia, quali sono le sue priorità in campo sociale ed economico, quali sono i mezzi da lui pensati per combattere la criminalità organizzata e il sistema di convergenze che hanno inquinato e inquinano la vita politica e istituzionale in tutta la Lombardia. E non si risponda che ancora è presto, perché il voto non è lontano e i temi sono troppo importanti per poterli esporre compiutamente in un paio di mesi. Siamo in un momento cruciale, in una regione cruciale, dove la discontinuità con il passato è l’obiettivo irrinunciabile, fondamentale.

Siamo nella fase in cui, cadute di stile e di credibilità favoriscono il voto di protesta e l’avanzamento di forze atipiche, che rappresentano una rischiosa incognita per quel che riguarda la governabilità e che, su numerosi temi di vitale importanza, sono lontanissime dalla visione della sinistra. Commettere errori come quello delle primarie è diabolico, oltre che ridicolo. C’è ancora tempo per rimediare almeno sulla chiarezza dei programmi o, meglio, sull’esistenza di un progetto preciso che vada al di là delle dichiarazioni di apertura ad aree politiche che nulla hanno a che fare con il centro-sinistra. Bisogna fare in fretta, perché sprecarne ancora di tempo e di parole rischia di far resuscitare quello stesso sistema che si annuncia di voler abbattere. Ed allora, non pensare male sarebbe davvero complicato.

Vale la pena leggere Massimiliano Perna qui.

Ma se…

Se le elezioni regionali dovessero essere accorpate alle elezioni politiche e si andasse a votare verso la fine di marzo, non sarebbe il caso di spostare la data delle primarie del patto civico a cui il centrosinistra ha deciso di aderire, attualmente previste nei giorni immediatamente precedenti le festività natalizie (e subito dopo i due turni delle primarie nazionali), e celebrarle a metà gennaio, dando tempo e modo ai cittadini di informarsi e partecipare attivamente alla costruzione del programma del centrosinistra?

Con l’occasione, i partiti che fossero interessati a promuoverle, potrebbero anche indire le primarie per i parlamentari, richieste da più parti, che renderebbero ancora più alto il momento del confronto e della partecipazione.

Si può fare?

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Moderati e rivoluzionari

Moderato è il termine con cui si indica nei tempi della musica l’allegro ma non troppo. Moderato vuol dire sotto tono. In latino “in medio stat virtus”. Moderato vuol dire sopravvivere. Il moderato aborrisce il fantastico. Il moderato non esce dalla consuetudine. Il moderato non è rivoluzionario, è contro la rivoluzione. A me non piace come termine perché è il contrario di impeto e coraggio. (Dario Fo)

Civismi e antipolitica. E politica.

Lo scrive bene Pippo Civati:

Diciamoci la verità: a cominciare dal sindaco di Milano e da molti esponenti che sono intervenuti in queste ore, siamo tutti un po’ civici e un po’ politici (e per me quest’ultimo è un complimento, sia chiaro). Ora, prima di perderci e di perdere, ritroviamo la misura che sembriamo avere smarrito.

Anche perché a volte ciò che appare civico è più politico di quanto possa sembrare. E viceversa. E non è bello prendere lezioni di civismo da personalità, che spesso sono ex-politici del tempo che fu. E magari di altri schieramenti. Civici incursori, terzisti da sempre, che si sorprendono del fatto che poi a vincere sia stata per anni la destra, in questa regione. Che poi sono civici, ma non vogliono le primarie. Chi li capisce è bravo.

L’appello è semplice: dopo esserci lungamente preoccupati di noi ed aver parlato solo a noi stessi, rivolgiamoci ai cittadini, che sono civici di sicuro. E che si aspettano primarie vere e candidati di prestigio. Saranno i cittadini a valutare il tasso di civismo e la qualità politica che questi sanno esprimere. E lo faranno attraverso il loro voto. A volte vince Pisapia, a volte Fassino, a volte Doria, a volte Merola. Dipende. Dalla scelta dei cittadini, appunto.