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‘ndranghetisti, condannati, confiscati e riaprono comunque: lo schiaffo della mafia alla Lombardia

Scritto per IL FATTO QUOTIDIANO

Giuseppe Antonio Medici è cugino di Salvatore Muscatello, originario di Sant’Agata del Bianco e emigrato al nord nel 1994. Era già stato implicato nell’indagine”La notte dei Fiori di San Vito”in quanto ritenuto affiliato al locale di Mariano Comense; tuttavia in relazione a tale procedimento fondato sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia è stato assolto.

Oggi invece è in carcere, a Opera, dove sconta la condanna dopo l’ultima operazione Crimine-Infinito. E’ uno che conta Medici: secondo la sentenza di primo grado emessa dal giudice Arnaldi per la locale di Mariano Comense (coordinata dal cugino Salvatore Muscatello) Giuseppe Antonio Medici è il custode di armi e esplosivi n un box di via Rossini a Seregno e vicino a gente di elevato spessore criminale come Cosimo Barranca, Giuseppe Salvatore e Vincenzo Mandalari. Medici era anche amico di quel Carmelo Novella, capo del distaccamento ‘ndranghetista in Lombardia (chiamato, con un eccesso di fantasia appunto “Lombardia”) che verrà ammazzato per il sogno di una ‘ndrangheta lombarda federalista che cercasse la secessione dalla Calabria. Morto ammazzato Carmelo Novella, Giuseppe Medici è comunque rimasto amico del figlio. Insomma, uno che ci tiene ai rapporti. Niente da dire. E tra ‘ndranghetisti le relazioni sono importanti per essere considerati e aggiungere spessore, non è un caso infatti che ci sia anche lui al summit di Cardano al Campo il 3 maggio 2008 dove vengono “battezzati” Alessandro Manno e Roberto Malgeri, in quel gioco di riti e conviti mafiosi che si intrufola tra le pieghe dell’operosa e indifferente Lombardia. Anche i famigliari di Medici sono “battezzati”, secondo il Tribunale di Milano.

Ma la passione vera di Medici era il suo ristorante: il Re Nove, con uno di quei bei nomi frugali e rustici come succede spesso per i ristoranti di mafia. Ristorante in stile medievale, pizze grandi e ben cotte, tavoli in legno con re e principesse alle pareti e qualche problema di parcheggio da risolvere arraggiandosi lungo la provinciale. Appena Medici sente odore di confisca del suo amato ristorante, il Re Nove viene ceduto in affitto alla New Re IX srl (quando si dice la fantasia, eh) originariamente di Giuseppe Zoccoli (cugino di Giuseppe Medici) e successivamente con odio unico e amministratore Adelio Riva: noto prestanome al quale sono state intestate numerose autovetture da parte dei clan (secondo l’annotazione di polizia giudiziaria riportata nelle motivazioni sono arrivate ad essere addirittura 29 (tra le quali Ferrari, Lamborghini, Bentley, Aston Martin) compresa una Audi A3 in uso (quando si dice il caso) proprio a Medici.

Medici sparisce dalle carte come proprietario ma non cambia gli atteggiamenti: si preoccupa delle aperture, delle chiusure, dei conti, fissa appuntamenti nel grande salone e si preoccupa dei lavori di ristrutturazione. Riciclaggio, pizze e prestanomi: la faccia pulita della mafia qui su al Nord. La Procura ascolta, trascrive, indaga e ne decide la confisca: dietro al ristorante Re 9, dicono, c’è sempre il boss.

Fino a qui potrebbe essere una storia a lieto fine di indagini e magistrature. Succede, invece, che come i cani che segnano il territorio di fronte al Re 9, oggi, di fronte al ristorante confiscato, dall’altra parte della strada come uno schiaffo a mano aperta in pieno viso, i prestanome hanno aperto un nuovo ristorante. Esattamente di fronte. Con dentro le stesse persone. Come a volersi imporre nonostante le sentenze e il tempo.

E allora la sfida oggi esce dalle carte giudiziarie e diventa civile. Di formazione e informazione, di consapevolezza e curiosità per tutto quello che si costruisce e apre intorno ai nostri luoghi. Nella disarmante semplicità di una Regione che ha l’obbligo di sapere, isolare e scegliere. Perché il senso di impunità che sta dietro all’apertura di un ristorante della stessa “compagnia di giro” in faccia a quello confiscato dice che oggi, in Lombardia, i boss contano ancora su cittadini poco vigili. E le sentinelle, nelle battaglie di mafia, sono importanti.

Buon appetito.

Antonino Bonura, sestese reggente del clan di Alcamo: una storia (antica) di Sesto San Giovanni che parte nel 2008

Abitava a Sesto San Giovanni. E convocava summit tra i clan di Alcamo, Castellammare e Calatafimi in aperta campagna per appianare le divergenze tra le famiglie. Come un buon mediatore agricolo.

Gli arrestati sono Antonino Bonura, imprenditore alcamese 49 anni residente a Sesto San Giovanni (Milano), pregiudicato per mafia, Antonino Bosco, pregiudicato mafioso di Castellammare del Golfo, 58 anni, detenuto all’ergastolo, Vincenzo Bosco, operaio di 49 anni, Sebastiano Bussa, pregiudicato di 38 anni,Vincenzo Campo, procacciatore d’affari pregiudicato di 45 anni, Salvatore Giordano, 54 anni, imprenditore pregiudicato di Ravanusa (Agrigento) e residente a Milano, Rosario Tommaso Leo, 44 a nni, imprenditore agricolo pregiudicato, Salvatore Mercadante, 28 anni, allevatore, Nicolo’ Pidone, 50 anni, dipendente stagionale del Corpo Forestale di Calatafimi, Diego Rugeri, 33 anni, pregiudicato, Giuseppe Sanfilippo, 30 anni, operaio pregiudicato, Michele Sottile, 50 anni, pregiudicato.

Su Salvatore Giordano di Ravanusa, dopo oggi, forse si spiega un antico articolo del 2008 di Repubblica:

18 gennaio 2008 — pagina 6 sezione: PALERMO

UNA misteriosa estorsione da un milione di euro a un ingegnere milanese di origini siciliane, Salvatore Giordano, nato a Ravanusa. Una storia che la polizia ascolta in diretta durante le indagini dell’ operazione Gotha ma i cui protagonisti sono i due uomini del racket fermati a Milano e sui quali si erano concentrate da qualche tempo anche le indagini della squadra mobile milanese coordinate dal pm Ilda Boccassini, piombata a Palermo qualche giorno fa dopo aver saputo per caso che l’ imminente fermo disposto dai colleghi palermitani avrebbe finito con il guastare la sua indagine su Luigi Bonanno, il rampollo della nota famiglia palermitana che agiva in territorio lombardo. Che l’ estorsione milionaria ai danni dell’ ingegnere ci sia stata, con il versamento in due tranche da 500 mila euro e con un “pensiero” anche per la famiglia di Ravanusa, competente per le origini del facoltoso professionista, sembra accertato. Quello che gli inquirenti non sono ancora riusciti a chiarire, neanche con l’ ausilio dei collaboratori, è quali sono «gli interessi di Giordano che potrebbero aver spinto l’ organizzazione a contattarlo per una richiesta di denaro per circa un milione di euro». Una richiesta che, per altro, avrebbe visto spartirsi la cifra tra famiglie mafiose diverse. «Lo abbiamo sotto contratto», si sente dire ad un esponente della famiglia di Pierino Di Napoli. «Ora appena l’ ingegnere scende a Palermo ci facciamo una camminata, uno, due, tre e l’ ingegnere». I mafiosi vengono intercettati mentre fanno i conteggi di come la grossa cifra verrà divisa: «Cinquecento milioni di lire a quelli là sopra (probabilmente – scrivono i magistrati – i soggetti che nel territorio milanese avevano curato il contatto con l’ imprenditore) e cinquecento milioni sono i nostri». Centossessanta milioni di lire, erano già stati riscossi «dai picciutteddi del paese che avevano il discorso nelle mani». Parte attiva nella trattativa avrebbero avuto “Angelino” e lo “zio Luigi”, Angelo Chianello e Luigi Bonanno, i due arrestati del blitz dell’ altra notte. Ma da altre intercettazioni, la polizia scopre che il misterioso ingegnere è stato attenzionato anche da un’ altra famiglia mafiosa, quella dei Mandalà di Villabate. E proprio Nicola Mandalà, andato personalmente a Milano, avrebbe chiesto all’ ingegnere Giordano altri quattrocentomila euro. Preoccupato però che la vittima predestinata si rivolgesse al fratello, finanziere, e denunciasse tutto. Resta misterioso, dunque, come e perché Salvatore Giordano fosse finito nel mirino del racket. L’ ingegnere risulta presidente del consiglio di amministrazione della ditta Hi-Tech Speciality srl con sede a Sesto San Giovanni ma che cosa rendesse giustificabile una tangente così alta e un interesse così trasversale nelle famiglie mafiose palermitane non si è ancora capito. a. z.

Beni confiscati, l’impegno non si brucia

scritto per IL FATTO QUOTIDIANO 

Dieci giorni fa incendio oliveto – denuncia Libera – a Castelvetrano, poi duemila piante di arance a Belpasso nel catanese, ieri due quintali di grano andati in fumo a Mesagne per non citare le varie intimidazioni subite a Borgo Sabatino e nella piana di Gioia Tauro in Calabria. Non possiamo più pensare a delle coincidenza, sono colpiti beni confiscati restituiti alla collettività, sono un attacco al lavoro quotidiano di chi si impegna quotidianamente contro il potere criminale. Nessuno pensi che con le fiamme di vandalizzare e fermare questo impegno. Contro queste fiamme il “noi” del nostro paese è chiamato in gioco e deve sentire forte questo impegno nella lotta alla criminalità”.  

Gli incendi sui terreni confiscati alle mafie sono stati all’ordine del giorno. Ho incrociato gli occhi dei ragazzi che lavorano nelle cooperative mentre si fanno umidi guardando un muro o una vigna tutti neri con la cenere che si infila nel colletto della camicia. E sempre, sempre, ho guardato la voglia di continuare. Mica ricominciare. Continuare come se quel fuoco fosse un imprevisto che stava nel preventivo delle cose che succedono in un percorso incidentato, più che accidentale. Sfregiare il bene che è stato tolto è il modo per le mafie di esibire il colpo di coda. Banale, arrogante, vigliacco:mafioso con tutti i suoi stili e le bassezze che comunque ci aspettiamo.

Eppure il punto che mi colpisce degli ultimi incendi in sequenza sui terreni confiscati è un altro: lastrategia. Questo riuscire così bene delle mafie a guardare la mappa dei propri problemi e delle proprie sconfitte dall’alto per convenire sui tempi, sui luoghi, sui modi e sulle modalità affinché la puzza di bruciato si attacchi alla gola in modo sistematico. Una codardia spalmata con metodo.

E allora mi chiedo se siamo riusciti mai a guardare lontano (e da lontano) cosa sta succedendo neiterreni confiscati. Se abbiamo fatto un passo in più rispetto all’etichetta di Libera messa in bella mostra nella presentazione di uno dei soliti libri o nella corsa campestre contro le mafie e quelle altre cose lì. Se abbiamo mai alzato davvero la voce con il governo (qualsiasi di quelli che sono stati in questi ultimi anni) per rivendicare l’impegno. Perché l’impegno va rivendicato, sì. In un Paese che partorisce un negazionista o un minimizzatore al giorno nei sui quadri dirigenti l’impegno va urlato. E andrebbe esposto (e imposto) nello stesso modo sistematico e con la stessa capacità di raccontare tutto e tutti tenendo tutto insieme. Come fanno loro. Sorprenderli per una volta con un accerchiamento simile a quello che stiamo subendo con uno sdegno organizzato tra i lavoratori di quei beni, i consumatori, la politica, gli atti amministrativi, i ministeri e le forze dell’ordine. Senza rimanere sfilacciati aspettando che qualcuno racconti con lirismo il prossimo incendio per sollevare una solidarietà di qualche ora.

Si pensi a risolvere il problema delle ipoteche che frenano l’assegnazione di beni confiscati e incagliati da anni chiedendo un’assunzione di responsabilità alle banche, si rinforzi lo strumento dellaconfisca, si custodiscano le arance non solo come arance ma come simbolo di una rivincita civile, si pensi ad una legge di confisca anche per i reati di corruzione, si pensi ad inserire i prodotti nelle mense scolastiche, si recepisca la legge dell’autoriciclaggio come ci chiede l’Europa (da cui prendiamo solo i moniti antisociali) e dica forte lo Stato che quel terreno confiscato è suo e lo difende.

Poi la cenere sarà solo un problema passeggero. Sicuro.

Quel pasticciaccio brutto di Expo e i suoi appalti

da Affaritaliani

BOTTA…/ “Apprendo da un’intervista di oggi che Giuseppe Sala, a.d. di Expo 2015, “consiglia” di non rendere pubblici i nomi delle ditte subappaltatrici dei cantieri Expo, appellandosi a nebulose questioni di privacy suggerite dai suoi legali. Ritengo che l’affermazione di Sala sia grave, strumentale e irresponsabile e contraddica la tanto sventurata linea di trasparenza e controllo. Le notizie sulle ditte subappaltatrici pubblicate anche sul mio blog (https://www.giuliocavalli.net/2012/05/21/il-primo-appalto-di-expo-2015-e-quello-strano-odore/), sono dati che mi rifiuto di delegare ad organismi di controllo senza una partecipazione reale dei cittadini, dei comitati e del mondo dell’informazione. Mi auguro che Roberto Formigoni e il dimissionario Giuliano Pisapia smentiscano questa linea con forza, senza diventare complici di una segretezza che non può sicuramente fare bene alla democrazia e invito Sala ad illustrarci secondo quale norma quei subappalti non vadano raccontati”. Lo dichiara il consigliere di Sel Giulio Cavalli.

…E RISPOSTA/ “Le parole del consigliere regionale di Sel, Giulio Cavalli non corrispondono al vero. Come prevede la legge, l’elenco delle ditte appaltatrici e subappaltatrici è esposto all’ingresso del cantiere di Expo Milano 2015. E’ spiacevole che il consigliere faccia allusioni a atteggiamenti poco trasparenti. Per averne conferma basta ascoltare la risposta dell’AD Giuseppe Sala alla giornalista de Ilfattoquotidiano.it. Le parole di Sala, il tono e, soprattutto, il senso generale delle affermazioni, sono chiaramente orientate nella direzione della totale disponibilità ed apertura al dialogo. Questa è la linea di Expo 2015 e tale resterà per tutti i prossimi anni”. E’ quanto si legge in una nota diramata dalla stessa società Expo.

…E CONTROREPLICA/ Ecco la dichiarazione di Cavalli: “In riferimento alla risposta di Expo Milano 2015 invito a riascoltare le parole di Giuseppe Sala che dice “noi siamo per la tutela della privacy delle aziende subappaltatrici perché lo dice la legge”, senza nessun senso generale delle affermazioni, come dice il comunicato della società Expo. Mi dica Sala (e non la società Expo Milano 2015) se si riconosce nel senso di quelle parole, cosa può dirmi delle notizie apparse e perché siamo stati così sfortunati da trovare un cartello all’ingresso di un cantiere, che non cita le ditte subappaltatrici.

Sala, inoltre, parla di consigli arrivati dai suoi legali e, in qualità di consigliere regionale, esigo di sapere le norme alle quali fanno riferimento. La reazione isterica (e palesemente falsa) contro di me ha l’odore di un imbarazzo.

Ma non è finita qui, perché Cavalli allega alla sua replica anche un post del suo sito pubblicato il 12 maggio:

(i post segnalati sono qui e qui)

Progressisti, ma per davvero, per un’alternativa socialista europea

L’argomento è spinoso e per fortuna ci costringe a volare un po’ più alti delle vicende lombarde o dei pettegolezzi italiani. Perché come mi faceva notare una mail che mi è arrivata pochi minuti fa, c’è questa impressione che l’Italia sia un’anomalia e si perde di vista che la situazione europea è figlia dei governi di questi ultimi anni. Come mi scrive Stefano invece che cercare di costruire anche in Italia le condizioni di una “normalizzazione” (qui sì, positiva) in senso europeo, riprendiamo ragionamenti che, tra le altre cose, hanno portato l’Italia ad avere l’unico partito democratico, all’americana, invece di una forza socialista di stampo europeo. Ecco il manifesto (e appello) per un’alternativa socialista europea:

I cittadini europei possono ora vedere da soli le conseguenze di una destra al potere in quasi tutti gli stati membri e, conseguentemente, capace di dettare legge a Bruxelles. La gestione della destra della gravissima crisi debitoria durante gli ultimi due anni è stata una triste saga di cattiva amministrazione politica e di analfabetismo economico. I cittadini europei pagheranno ora con livelli di disoccupazione da anni ’30 il prezzo degli illusori rimedi economici stile anni ’20 che i conservatori hanno imposto.

Il modello che stanno presentando è per una Unione Europea di Austerità che abbasserà il tenore di vita di quasi tutti, acuirà le diseguaglianze, distruggerà le fondamenta dello stato sociale – che è il contributo specifico dell’Europa allo sviluppo dell’umanità – e lentamente cederà l’arbitrio politico ad autorità non elette, in un vano tentativo di tranquillizzare il mercato. Noi sottoscritti, da lungo tempo membri dei partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti, crediamo che i cittadini d’Europa meritino di più delle prospettive inquietanti promesse dai conservatori al potere e dei risultati catastrofici che hanno ottenuto. Ma il rinnovamento della sinistra democratica in Europa può essere ottenuto soltanto tramite un ampio e vigoroso dibattito che coinvolga non soltanto gli eletti dei nostri partiti ma tutti i nostri membri e un più vasto pubblico. A questo scopo proponiamo in questo documento alcune idee progressiste per una riforma socialista che potrebbe costituire la base per un nuovo appello ai cittadini europei. La storia ha accelerato negli ultimi anni. I socialisti europei sono rimasti indietro. Spesso incapaci di dare voce alla rabbia pubblica contro “l’alta” finanza, reticenti a cooperare con gli altri socialisti al potere in altri stati membri dell’EU, passivi nei forum internazionali sul commercio o sui cambiamenti climatici, i partiti socialdemocratico e laburista in molti paesi hanno visto la loro popolarità sprofondare ai minimi storici. A peggiorare ancora le cose, il malcontento generato dalle attuali politiche dell’UE e dei suoi governi è stato sfruttato politicamente, non dalle sinistre ma dai populisti xenofobi, dai nazionalisti e dall’estrema destra.

La nostra convinzione è che questa crisi dovrebbe riscattare la sinistra e punire energicamente il fallimento della destra che l’ha mal gestita e non ha dato all’Europa una strada da seguire. Tutto ciò sarà credibile solamente se la sinistra sarà in grado di fornire una serie coerente di proposte alternative per rispondere alla crisi. Per essere credibile la sinistra ha bisogno di un’esposizione chiara della crisi attuale, di un insieme di principi condivisi per azione futura, e di un programma che vada al cuore della crisi. L’analisi è limpida. Le economie europee come tutte le altre sono state demolite dall’irresponsabilità quasi criminale del settore finanziario globale.

Ma l’Europa si confrontava già con un declino a lungo termine. Ciò in parte è dovuto a un riequilibrio già da tempo dovuto delle quote di ricchezza globale fra l’Occidente e le economie emergenti dell’Oriente e del Sud. Ma, nel corso di questo processo, abbiamo permesso alla globalizzazione di aumentare gli squilibri nelle quote di ricchezza all’interno di tutti i paesi. Senza mai mettere in questione le regole del gioco, abbiamo permesso che penalizzasse tutti i paesi con sistemi di welfare avanzati, abbassando il tenore di vita, aumentando le diseguaglianze, incrementando la parte di reddito nazionale destinata ai profitti delle imprese a spese dei salari in economie di mercato socialmente avanzate. La povertà sta di nuovo aumentando. Questo fenomeno che già era in corso in Europa sta ora accelerando. La voce dell’Europa nei forum internazionali come il G20, le conferenze sul commercio e sui cambiamenti climatici è spesso troppo debole al punto di essere inaudibile a causa di divisioni interne ed alla mancanza di una strategia alternativa chiara. I principi dell’azione socialista in Europa dovrebbero ugualmente essere chiari. Un’azione collettiva in Europa è semplicemente indispensabile. Chiunque creda che possiamo proteggere il tenore di vita e mantenere servizi di welfare tornando indietro al modello degli stati nazione del diciottesimo secolo, rimpatriando le competenze da Bruxelles alle capitali nazionali, minando le istituzioni comunitarie sta, volente o nolente, promuovendo la sottomissione delle nostre nazioni alle superpotenze, passate e future, ed alla dittatura del mercato. La risposta europea alla crisi è stata vacillante ed insufficiente, ma le soluzioni nazionali, anche se vigorosamente perseguite, sarebbero irrilevanti nel mondo globalizzato in cui ora viviamo. Una risposta socialista alla crisi deve pertanto essere europea. Non si tratta semplicemente di un mantra “più Europa” ma precisamente di dare all’Europa i mezzi per proteggere gli interessi ed il benessere dei cittadini europei. Deve essere una risposta concordata, condivisa, unitaria e sovranazionale per assicurare che la voce indipendente dell’Europa sia autorevole, forte e chiara nei G20, nel ciclo di Doha, nelle negoziazioni sui cambiamenti climatici ed alle Nazioni Unite. L’Unione Europea ha ora la sua propria voce nel sistema delle Nazioni Unite: essa deve mostrare il coraggio e la volontà di utilizzarla per perseguire i nostri interessi obiettivi ed i nostri valori, facendo causa comune con tutti i governi e le organizzazioni regionali di tutto il mondo che li condividono. Il suo approccio economico dovrebbe essere coerente e basato su tre elementi; responsabilità condivisa, crescita ed eguaglianza. Non c’è niente di socialista nello spreco della spesa pubblica e nell’accumulo del debito. Poiché noi crediamo nella spesa pubblica, abbiamo il dovere di assicurarci che il suo utilizzo sia efficace. Progetti stravaganti, lo stile di vita eccessivo di certe istituzioni pubbliche, la ridondanza riguardante la molteplicità dei programmi nazionali ed europei che hanno vita propria senza alcun controllo sull’efficacia, dovrebbero essere ridotti o eliminati. Ma una gestione rigorosa del budget si può ottenere equilibrando la spesa pubblica con un sistema fiscale equo, basato sul principio della “capacità contributiva”, con il settore privato che paga la sua parte dell’onere ed una lotta totale all’evasione fiscale così diffusa in tutta l’Unione; abbandonando le riduzioni d’imposta per i più ricchi, eliminando la manna dei bonus nel settore finanziario mediante specifiche tasse punitive ed attaccando vigorosamente i paradisi fiscali.

Il rigore senza la crescita condannerà gli Europei a un decennio perduto di declino e recessione. La crescita implica un’azione nazionale ed Europea avente come motore il budget dell’EU ed i suoi strumenti finanziari. La Sinistra al potere a livello europeo ha fatto progressi nell’affrontare discriminazioni di ogni tipo. La difesa e l’estensione delle eguaglianze – e l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in ogni parte dell’unione – deve essere nel cuore di un programma socialista europeo. Ma l’eguaglianza economica è un concetto quasi scomparso dal lessico socialista nelle ultime decadi pur essendo il fulcro di qualunque nozione di giustizia sociale. Adesso è indispensabile per la ripresa dell’Europa. Se i cittadini credono che il peso della crisi cada ingiustamente su di loro, se sono obbligati a fare i conti con tagli reali nelle buste paghe ed assistere ad un ritorno ai livelli di povertà degli anni ’80, mentre la protezione sociale ed i finanziamenti delle politiche pubbliche vengono tagliati, mentre gli scandali della cultura dei bonus, la crescita smisurata degli stipendi più alti e le volgari esibizioni di spese stravaganti da parte dei  super-ricchi continuano inesorabilmente, qualunque sforzo collettivo per raddrizzare il nostro declino economico sarà minato, l’efficienza economica sarà messa in discussione e la fede nella democrazia sarà indebolita. Sulla base di questo approccio comune, e della riasserzione delle nostre tradizionali convinzioni socialiste, la Sinistra deve adesso sviluppare una piattaforma comune per il futuro.

Questa dovrà avere i seguenti dieci elementi:

1) Una politica economica per l’Unione che collochi gli obiettivi economici e sociali stabiliti nel trattato (crescita, pieno impiego, inclusione sociale) al cuore del processo di decisione politica con altrettanto vigore e forza organizzativa di quella accordata all’obiettivo della disciplina di bilancio; inoltre un’attualizzazione degli obiettivi sociali dell’Unione, improrogabile per arrivare a sradicare la povertà e a rafforzare il dialogo sociale; a questo scopo, un insieme di diritti e di obiettivi sociali fondamentali deve essere fermamente incluso nel Trattato, con gli stessi strumenti di sorveglianza e di messa in opera che esistono per garantire le libertà economiche;

2) Sostenibilità per la moneta unica; il mandato della BCE deve evolversi nel riconoscere il suo diritto di comprare bonds governativi quando la valuta è sotto attacco, con una responsabilità realmente condivisa per la governance economica; se la Banca Centrale Europea non è autorizzata ad agire per salvare la valuta che si suppone debba gestire, a che cosa serve?

3) Riforma del bilancio; gli aumenti del budget europeo devono servire principalmente per promuovere le tecnologie innovative, per finanziare investimenti sociali, di infrastrutture e di sviluppo sostenibile; il Budget deve essere gestito in stretta collaborazione con la Banca Europea d’Investimento;

4) Riforma dei redditi; le risorse proprie dell’UE possono essere incrementate da tasse sull’energia; gli Stati Membri dovranno vedersi accordare più margine di manovra per ridurre l’IVA, per stimolare i consumi interni e per sopprimere le fiscalità regressive;

5) Una tassa sulle transazioni finanziarie per stimolare incentivi sull’impiego nell’industria e nei servizi per le PMI, per incoraggiare la ricerca e lo sviluppo, e per finanziare obiettivi pubblici globali come la lotta contro il cambiamento climatico e a sostegno dello sviluppo;

6) Investimenti Europei tramite Project Bonds, emessi dall’Unione e garantiti dalla BCE, allo scopo di realizzare l’enorme potenziale della nuova economia verde; Per un’Alternativa Socialista Europea l’accelerazione dei nuovi progetti d’infrastrutture tramite regole più flessibili per creare impieghi più rapidamente e ridurre la dipendenza eccessiva dai combustibili fossili e dal nucleare, insieme ad una Comunità per l’Energia con reciproco sostegno garantito in caso di minacce alle scorte di energia da parte di paesi terzi;

7) Una base più giusta per il commercio internazionale; i negoziatori dell’UE dovranno ottenere un nuovo mandato per combattere il dumping sociale ed ambientale; si dovranno prelevare tasse sulle importazioni da paesi terzi che non rispettano le norme ambientali europee;

8 ) Un supporto più forte ai nostri vicini, per affrontare l’inaccettabile e insostenibile ineguaglianza fra l’UE ed i suoi vicini del Sud e dell’Est, tramite reali concessioni nel commercio e nella mobilità, e ricompensando quelli che hanno combattuto così coraggiosamente per la loro libertà democratica nel Mondo Arabo. L’Europa non deve mai più chiudere gli occhi davanti a dittature autoritarie, nepotistiche, a vita, nel nome di qualche fuorviata realpolitik;

9) Una più robusta ed unita presenza sulla scena internazionale, utilizzando il nostro potere politico ed economico collettivo per promuovere i nostri valori ed interessi oltre i nostri confini, e facendo la nostra parte nel portare a termine il conflitto nel Medio Oriente;

10) Un rafforzamento della democrazia europea, quali che siano le nuove regole di governance economica, la responsabilità parlamentare deve essere in primo piano; gli stati membri devono rispettare pienamente il Trattato nominando il presidente della Commissione in accordo con il risultato delle elezioni europee; i voti parlamentari sui singoli Commissari e su una loro eventuale revoca dovranno essere vincolanti; i partiti socialisti dovranno coinvolgere membri e supporters in tutti gli aspetti delle decisioni politiche europee, nel programma, e nella nomina dei candidati per i vertici dell’UE; un’azione europea per rafforzare la libertà di stampa smontando i monopoli mediatici e limitando la proprietà dei media da parte di stati non europei.

È in gioco la sopravvivenza a lungo termine dell’integrazione europea. Questo è molto di più che un sostegno alla moneta unica. Solamente un nuovo approccio da parte dei socialisti democratici che riaffermi con forza i nostri valori e che abbia il coraggio di proporre soluzioni europee può infondere nel progetto europeo l’energia per sostenere quelli che dovrebbero essere i punti fermi – la solidarietà, l’efficienza economica e la vitalità democratica.

First signatoriesPanagiotis Beglitis, Member of the Greek Parliament (PASOK, Greece); Josep Borrell Fontelles, President of the European University Institute, Former President of the European Parliament (PSC/PSOE, Spain); Victor Bostinaru, Member of the European Parliament (PSD, Romania); Udo Bullmann, Member of the European Parliament (SPD, Germany); Sergio Cofferati, Member of the European Parliament (PD, Italy); Véronique de Keyser, Member of the European Parliament (PS, Belgium); Proinsias de Rossa, former Social Affairs Minister (Labour, Ireland); Harlem Désir, Member of the European Parliament, national secretary of the PS (PS, France); Leonardo Domenici, Member of the European Parliament (PD, Italy); Glyn Ford, former Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom); Evelyne Gebhardt, Member of the European Parliament (SPD, Germany); Ana Gomes, Member of the European Parliament (PS, Portugal); Enrique Guerrero Salom, Member of the European Parliament (PSOE, Spain); Elisabeth Guigou, Member of the French Parliament (PS, France); Zita Gurmai, Member of the European Parliament, President of PES Women (MSZP, Hungary); Jo Leinen, Member of the European Parliament (SPD, Germany); David Martin, Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom); Marianne Mikko, Member of the Estonian Parliament (SDE, Estonia); John Monks, Member of the House of Lords, former Secretary General of ETUC (Labour, United Kingdom); Leire Pajin Iraola, Member of the Spanish Congress (PSOE, Spain); Gianni Pittella, Vice-President of the European Parliament (PD, Italy); Sir Julian Priestley, former Secretary General of the European Parliament (Labour, United Kingdom);  Libor Roucek, Member of the European Parliament (CSSD, Czech Republic); Hannes Swoboda, Member of the European Parliament, President of the S&D Group of the European Parliament (SPÖ, Austria); Kathleen Van Brempt, Member of the European Parliament (SPA, Belgium); Kristian Vigenin, Member of the European Parliament (BSP, Bulgaria); Henri Weber, Member of the European Parliament (PS, France).

 

PROVISIONNAL LIST OF SIGNATORIES

 

Luis Paulo Alves, Member of the European Parliament (PS, Portugal);
Kader Arif, deputy Minister for Veterans (PS, France);

Ines Ayala Sander, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);
Maria Badia i Cutchet, Member of the European Parliament (PSC/PSOE, Spain);

Claude Bartolone, Member of the French Parliament (PS, France);
Panagiotis Beglitis, Former Minister of Defence, Member of the Greek Parliament, Spokesman of PASOK (PASOK, Greece);

Pervenche Berès, Member of the European Parliament (PS, France);

Alain Bergounioux, President of the OURS (PS, France); 
Luigi Berlinguer, Member of the European Parliament (PD, Italy);
Thijs Berman, Member of the European Parliament (PVDA, Netherlands);

Felice Besostri, former Member of the Senate (PSI, Italy);
Jean-Louis Bianco, Member of the French Parliament (PS, France);
Patrick Bloche, Member of the French Parliament (PS, France);
Hans Bonte, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Josep Borrell Fontelles, President of the European University Institute, Former President of the European Parliament (PSC/PSOE, Spain);

Victor Bostinaru, Member of the European Parliament (PSD, Romania);

Claudette Brunet-Léchenault, Vice-president of Saone-et-Loire General Council (PS, France);
Udo Bullmann, Member of the European Parliament (SPD, Germany);
Philippe Busquin, former Member of the European Parliament, former European Commissioner (PS, Belgium);
Salvatore Caronna, Member of the European Parliament (PD, Italy);

Françoise Castex, Member of the European Parliament (PS, France); 
Nessa Childers, Member of the European Parliament (Labour, Ireland);

Sergio Cofferati, Member of the European Parliament (PD, Italy);

Anna Colombo, Secretary General of the S&D Group (PD, Italy-PS, Belgium);

Ricardo Cortés Lastra, Member of the European Parliament (PSOE, Spain); Jean-Pierre Cot, former President of the PES Group in the European Parliament (PS, France);
Andrea Cozzolino, Member of the European Parliament (PD, Italy);

Frédéric Daerden, Member of the European Parliament (PS, Belgium);
Spyros Danellis, Member of the European Parliament (PASOK, Grèce);
Véronique de Keyser, Member of the European Parliament (PS, Belgium);

Bertrand Delanoë, Mayor of Paris (PS, France);
Michel Delebarre, Mayor of Dunkerque (PS, France); 
Proinsias de Rossa, former Social Affairs Minister (Labour, Ireland);

Harlem Désir, Member of the European Parliament, national secretary of the PS (PS, France);

Michel Destot, Member of the French Parliament (PS, France);
Maya Detiège, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Leonardo Domenici, Member of the European Parliament (PD, Italy);

Raymonde Dury, former Member of the European Parliament (PS, Belgium);

 

Guillermo Echenique-Gonzalez, Secretary-General for Foreign Affairs of the Basque Government (PSOE, Spain);

Saïd El Khadraoui, Member of the European Parliament (Belgium, SPA);

Edite Estrela, Member of the European Parliament (PS, Portugal); 
Tanja Fajon, Member of the European Parliament (SD, Slovenia);

Pietro Folena (PD, Italy); 
Daniel Font, Member of the Parliament of Catalonia (PSC/PSOE, Spain);
Glyn Ford, former Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom);

Peter Friedrich, Minister for Federal, European and International Affairs, Baden-Wuerttemberg (SPD, Germany);
Vicente Garcés Ramón, Member of the European Parliament (PSOE, Spain); 

Eider Gardiazabal Rubial, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);
Evelyne Gebhardt, Member of the European Parliament (SPD, Germany);

David Geerts, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);

Caroline Gennez, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);

Jean-Patrick Gille, Member of the French Parliament (PS, France);
Estelle Grelier, Member of the European Parliament (PS, France);

Ana Gomes, Member of the European Parliament (PS, Portugal);

Robert Goebbels, Member of the European Parliament (LSAP, Luxembourg);
Roberto Gualtieri, Member of the European Parliament (PD, Italy);

Enrique Guerrero Salom, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);

Elisabeth Guigou, Member of the French Parliament (PS, France);

Sylvie Guillaume, Member of the European Parliament (PS, France);

Zita Gurmai, Member of the European Parliament, President of PES Women (MSZP, Hungary);

Liêm Hoang-Ngoc, Member of the European Parliament (PS, France); 
Alain Hutchinson, Member of the Brussels Parliament (PS, Belgium);
Miquel Iceta, Member of the Parliament of Catalonia (PSC/PSOE, Spain);
Jamal Ikazban, Member of the Brussels Parliament (PS, Belgium); 
María Irigoyen Pérez, Member of the European Parliament (PSOE, Spain); 

Jean-Louis Joseph, Mayor of La Bastidonne (PS, France);

Apostolos Katsifaras, Head of the Region of Western Greece (PASOK, Greece) ;

Meryame Kitir, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);

Fadila Laanan, Minister for Culture of the Wallonie-Bruxelles Federation (PS, Belgium);
Karine Lalieux, Member of the Belgian Parliament (PS, Belgium); 
Karl-Heinz Lambertz, President of the PES Group in the Committee of the Regions (SP, Belgium);
Renaat Landuyt, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Bernd Lange, Member of the European Parliament (SPD, Germany);
Nicola Latorre, Member of the Senate (PD, Italy);
Marylise Lebranchu, Minister of the Reform of the State (PS, France);

Stéphane Le Foll, Minister of Agriculture (PS, France);
Jörg Leichtfried, Member of the European Parliament (SPÖ, Austria);

Jo Leinen, Member of the European Parliament (SPD, Germany);

Pia Locatelli, President of the Socialist International Woman (PSI, Italy);
Juan Fernando Lopez Aguilar, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);
Jean-Charles Luperto, President of the Wallonie-Bruxelles Parliament (PS, Belgium);

Paul Magnette, Federal Minister for Public Enterprises, Scientific Policy and Development Cooperation (PS, Belgium);

David Martin, Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom);
Jose Ignacio Martin, President of the Association of Financial clients of Spain (PSOE, Spain);
Manuel Mata, former Member of the Valencia Parliament (PSPV/PSOE, Spain);
Kyriakos Mavronikolas, Member of the European Parliament (KSEDEK, Cyprus);
Gennaro Migliore
, national secretary of the SEL (SEL, Italy);

Marianne Mikko, Member of the Estonian Parliament (SDE, Estonia);

John Monks, Member of the House of Lords, former Secretary General of ETUC (Labour, United Kingdom);

Juan Moscoso del Prado, Member of the Spanish Congress (PSOE, Spain);
Pierre Moscovici, Minister of the Economy and finances (PS, France);
Catherine Moureaux, Member of the Brussels Parliament (PS, Belgium);
Pierre-Alain Muet, Member of the French Parliament (PS, France);
Paolo Nerozzi, Member of the Senate (PD, Italy);
Raimon Obiols i Germa, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);

Özlem Özen, Member of the Belgian Parliament (PS, Belgium); 
Leire Pajin Iraola, Member of the Spanish Congress (PSOE, Spain);

Gilles Pargneaux, Member of the European Parliament (PS, France);

Christian Paul, Member of the French Parliament (PS, France);
Vincent Peillon, Minister of National Education (PS, France);

Andres Perello Rodriguez, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);
Gianni Pittella, Vice-President of the European Parliament (PD, Italy);

Anita Pollack, Former Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom);
Holger Poppenhaeger, Minister of Justice of the Thuringia Region (SPD, Germany);
Joao Proença, Secretary General of UGT (Portugal);
Sir Julian Priestley, former Secretary General of the European Parliament (Labour, United Kingdom);

Derek Reed, Deputy Secretary General of the S&D Group (Labour, United Kingdom);

Conny Reuter, Secretary General of Solidar, President of the Social Platform (SPD, Germany);
Ulrike Rodust, Member of the European Parliament (SPD, Germany);
Libor Roucek, Member of the European Parliament (CSSD, Czech Republic);

Angelica Schwall-Düren, Federal Affairs Minister of the Nordrhein-Westfalen (SPD, Germany);

Franco Seminara, Member of the Belgian Parliament (PS, Belgium);

Konstantinos Simitsis, Mayor of Kavala (PASOK, Greece);

Peter Simon, Member of the European Parliament (SPD, Germany); 
Birgit Sippel, Member of the European Parliament (SPD, Germany); 

Juan Soto, Member of the Valencia Parliament (PSOE, Spain);
Jutta Steinruck, Member of the European Parliament (SPD, Germany);
Leszek Swietalski, Mayor of Stare Bogaczowice (SLD, Poland);

Hannes Swoboda, President of the S&D Group of the European Parliament (SPÖ, Austria);

Marc Tarabella, Member of the European Parliament (PS, Belgium);
Karin Temmerman, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Pascal Terrasse, Member of the French Parliament (PS, France);

Patrice Tirolien, Member of the European Parliament (PS, France);

Bruno Tobback, President of the Socialistische Partij-Anders  (SPA, Belgium);
Walter Tocci, Member of the Italian Parliament (PD, Italy);
Carole Tongue, Former Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom);
Marisol Touraine, Member of the French Parliament (PS, France);
Catherine Trautmann, Member of the European Parliament (PS, France);

Bruno Tuybens, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Daniel Vaillant, Member of the French Parliament (PS, France);
Kathleen Van Brempt, Member of the European Parliament (SPA, Belgium);

Dirk Van der Maelen, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Anne Van Lancker, Former Member of the European Parliament (SPA, Belgium);  
Ann Vanheste, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Myriam Vanlerberghe, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Peter Vanvelthaven, Member of the Belgian Parliament (SPA, Belgium);
Nichi Vendola, President of the Puglia region (SEL, Italy);
Bernadette Vergnaud, Member of the European Parliament (PS, France);

Alain Vidalies, deputy Minister of the Relations with the Parliament (PS, France);
Kristian Vigenin, Member of the European Parliament (BSP, Bulgaria);  
Elisabeth Vitouch, Member of the Municipal Council of Vienna (SPÖ, Austria);
Henri Weber, Member of the European Parliament (PS, France);

Barbara Weiler, Member of the European Parliament (SPD, Germany);
Luis 
Yáñez-Barnuevo García, Member of the European Parliament (PSOE, Spain)

#nonmifermo Siamo in campo per la Lombardia. E ripartiamo da Brescia per ripensare l’ambiente.

Siamo in campo per la Lombardia. Mica per scherzo. E ripensiamo all’ambiente partendo da Brescia con #nonmifermo. Un’agorà per ripensarci e costruire. Lavorando in modo serio. Insieme.

“Lombardia nociva, ripartiamo da Brescia” – analisi e soluzioni

L’appuntamento è per sabato 16 giugno alle 14:30 presso l’Oratorio S. Maria in Silva (Via Sardegna, 24 – vicino alla stazione ferroviaria).

Fra i relatori ci saranno:

GIULIO CAVALLI – attore, scrittore, regista e consigliere regionale della Lombardia per Sinistra Ecologia Libertà;
MARCO FENAROLI – presidente provinciale dell’ANPI di Brescia;
DON FABIO CORAZZINA– parroco della Parrocchia di S. Maria in Silva di Brescia e membro di Pax Christi;
MARIO BRUNO BELSITO – non mi fermo;
DONATELLA ALBINI – Consigliera comunale di Brescia di Sinistra Ecologia Libertà;
COMITATO SPONTANEO CONTRO LE NOCIVITA’ – comitato impegnato dal 2009 in difesa del territorio e dell’ambiente bresciano, con particolare attenzione al quartiere di San Polo;
FRANCESCO ARCARI – non mi fermo;
ARTHUR CRISTIANO – Rete Antimafia Provincia di Brescia;
RETE ANTIMAFIA PROVINCIA DI BRESCIA – insieme di associazioni riunitesi nell’ottobre 2010 con lo scopo di sensibilizzare la cittadinanza bresciana sul problema della criminalità organizzata;
LIDIA BONTEMPI – membro del Comitato Spontaneo Contro le Nocività;
COMITATO CIVICO DI BEDIZZOLE;
ANDREA BIANCONI – docente universitario di fisica presso la facoltà di ingegneria dell’Università degli Studi di Brescia;
EDOARDO BAI – membro dell’ISDE (International Society of Doctors for the Environment) e Presidente della sezione costituita di Milano;
COMITATO SALUTE E AMBIENTE DI CAPRIANO DEL COLLE – comitato impegnato in difesa del territorio e contro la costruzione di un gassificatore per lo stoccaggio di gas;
VINCENZO PERNICE – membro del Comitato Salute e Ambiente di Capriano del Colle;
OVER SKIN – gruppo musicale

Caro centrosinistra lombardo,

Chi segue questo blog sa bene le motivazioni e le azioni. Ne abbiamo parlato prima della seduta d’Aula e nella riflessione successiva. Oggi abbiamo deciso di scrivere una lettera a tutti i consiglieri regionali del centrosinistra lombardo:

Caro amico/a,

siamo convinti che l’ultima seduta di Consiglio Regionale e i suoi risvolti politici impongano a tutti noi una seria riflessione. I tempi di presentazione della mozione di sfiducia, la gestione dell’aula, i contenuti e le sfumature che abbiamo potuto cogliere da alcuni interventi e la decisione di calendarizzare un provvedimento bipartisan nella stessa seduta hanno indubbiamente indebolito lo spessore dell’atto politico.

Noi non crediamo (e siamo certi, anche voi) che questo sia il tempo delle tiepidezze in attesa del prossimo salvifico avviso di garanzia, quanto piuttosto il tempo di rilanciare il progetto politico del centrosinistra e dei tanti cittadini che progettano, costruiscono e rivendicano un’alternativa reale a Formigoni puntando anche sul prezioso lavoro istituzionale di ognuno di noi.

Anche la campagna “Formigoni il tempo è scaduto” non può fermarsi all’affissione e ai comunicati stampa, ma meriterebbe un’energia continua e coordinata che sia quotidiana fuori dall’aula e riconoscibile dentro.

Per questo ti chiediamo di vederci per un confronto che sia schietto e definisca le sintonie.

Pensiamo ad esempio che sia necessario costruire insieme luoghi e percorsi di confronto (chiamiamoli cantieri, officine, laboratori, come volete, non siamo affezionati alle etichette) che vedano insieme confrontarsi politici e cittadini, esperienze professionali e istituzionali, saperi diversi, su tre principi questioni: lavoro e reddito; etica e trasparenza nella pubblica amministrazione; ambiente, acqua e beni comuni.

Per ripartire insieme, con vigore, a costruire la Lombardia migliore che i lombardi stanno aspettando.

Giulio Cavalli

Chiara Cremonesi

La Lombardia arroccata e l’assalto tiepido

Ci pensavo questa mattina rileggendo i quotidiani e la rassegna stampa sulla giornata di ieri. Doveva essere la mozione di sfiducia che disarcionava Formigoni e invece è andata male, dicono i giornali e commentano in molti. Ed è falso. Raccontata così la seduta di ieri non è mai accaduta e allora forse è il caso di provare a rimettere ordine e costruire un’analisi. Seria e onesta (per quanto soggettiva, per carità).

Qui in Regione nessuno sospettava che la Lega facesse cadere Formigoni. Nessuno di buon senso, almeno, e con reale percezione di ciò che sta accadendo. E mica per strani teoremi o illuminanti strategie politiche: semplicemente la Lega è consapevole della propria debolezza elettorale (e allo stesso modo il PDL in liquefazione) e ha bisogno di tempo (e poltrone) per riguadagnare una verginità credibile. Per questo due giorni fa mi ero permesso di scrivere che la vera mozione di sfiducia a Formigoni è in un tavolo di programma serio del centrosinistra senza accorpamenti algebrici insulsi su sigle e partiti ma che passi dalle soluzioni da proporre. E ieri sarebbe stata la giornata ideale per comunicare che siamo già in moto, che abbiamo chiare alcune delle priorità che raccontano quello che faremo noi, al posto di Formigoni. Non credo che le responsabilità giudiziarie degli amici degli amici di Formigoni e le ombre che si addensano su di lui siano cose da poco conto, sia chiaro, ma bastano davvero per essere credibili non solo nel gioco  dell’opposizione?

Il problema principale (e bisogna avere la voglia di dirlo chiaramente) non è l’assenza del capogruppo PD Luca Gaffuri (che pure è un pessimo segnale) ma piuttosto la tiepidezza dei contenuti politici che sono stati portati in Aula. Prendetevi un po’ di tempo e ascoltate gli interventi dell’opposizione: la sensazione (desolante) è che il sistema formigoniano di politica e potere sia riconosciuto come unico modello possibile (del resto sono in molti del centrosinistra a consigliarmi di non parlare di “modello Formigoni” ma piuttosto di “modello Lombardia” per poterlo riciclare con più tranquillità) ed è la solita sensazione che più di qualcuno sia intenzionato a proporre le stesse dinamiche credendo che basti garantire interpreti più etici negli identici meccanismi di oggi.

La mozione contro Formigoni è stata sbagliata nei tempi (sono mesi che si trascinava tra infinite incertezze), nei modi (non se ne può più di sentire parlare di scontrini senza centrare il punto politico) e nella forma (qualcuno in aula rivolgendosi a Formigoni ha detto “non è un attacco politico e non buttiamo via quanto di buono è stato fatto in questi anni”). Non è carino dirlo, lo so, ma va detto: una pezzo del centrosinistra è soggiogato “culturalmente” al formigonismo come già a livello nazionale accadeva ai tempi di Silvio.

Ora continuiamo ad essere vigili ma è il tempo (per noi, e per SEL) di rivendicare le differenze. Perché quell’Aula Consiliare è un’era geologica passata e non averne il polso e la sensibilità significa apparecchiarsi per l’estinzione. Ed è per questo che siamo in campo. Ma sul serio. Senza essere la costola di nessuno.

#openlombardia Avere coraggio. In Lombardia.

Il mio intervento per Affaritaliani.it

Dunque domani arriva in Aula la mozione di sfiducia per il Governatore Roberto Formigoni. E, comunque vada, è un’ottima notizia: le vicende del governatore (e soprattutto degli amici dei suoi amici) hanno riempito le pagine dei giornali, intasato le agenzie di stampa ma sono sempre state fuori dall’aula. In un processo di alienazione che forse sarebbe da analizzare con responsabilità in un momento in cui lo scollegamento delle istituzioni esplode in tutta la sua gravità.

L’atto politico è importante perché il centrosinistra potrà raccontare (e ascoltare) quanto sia difficilmente sostenibile questa ridda di voci che mina l’istituzione democratica regionale alle radici: nelle fondamenta della credibilità. Non è una questione meramente giudiziaria (e il mio augurio è che non si strisci in Aula solo su quello) è molto più semplicemente una questione di opportunità. E’ opportuno che un amministratore di condominio sia in amicizia con tutti gli inquilini su cui pesano ombre? Ecco, la risposta è semplice. Qui non si tratta di avvisi di garanzia o di aspettare la giustizia sul fronte delle condanne; ogni tanto la politica (e la società “civile”) ha l’obbligo di un rinvio a giudizio morale e etico e questo, Roberto Formigon,i non può non averlo colto in queste ultime settimane.

L’occasione della mozione di sfiducia è utile anche per stanare le tiepidezze dell’UDC (si vota, sì o no, niente trapezismi politici) e, soprattutto, per vedere all’opera la Lega post congressuale: quella Lega che urla a gran voce di volere tornare alle origini e si dichiara non più disposta a tollerare inciuci. Vuoi vedere che la Lombardia così retorica e intollerante spesso contro i nemici sbagliati domani si risveglia capace di assumersi la responsabilità di non tollerare anche le prepotenze, le zone grigie e i potentati?

Ma la Lombardia del futuro non nasce sotto il cavolo di una mozione di sfiducia. Anche di questo dobbiamo prenderci la responsabilità. Perché non è pensabile (e sarebbe una triste strumentalizzazione politica) non raccontare che la Lombardia formigoniana non ha funzionato nei suoi decennali passaggi amministrativi, nell’inefficace difesa del territorio, nella gestione privatistica e privatizzata della scuola e della sanità, nel fallimento ambientale che espone intere province a situazioni di nocività insostenibili, in una politica che si sa pensare solo sistematica e sistemistica. Oggi Regione Lombardia (e chi vuole essere credibile nel governarla) deve dare risposte concrete sui temi che contano: il lavoro, i costi sociali, le opportunità da inventare e mettere in campo subito e sull’uguaglianza. L’uguaglianza che non è una bandiera da sventolare ma passa tra le stesse opportunità per tutti, senza passare da lobby antisociali, e che una volta per tutte deve rendere anche la politica più uguale ai cittadini che vorrebbe rappresentare.

Per questo la vera mozione di sfiducia a Formigoni è in un tavolo di programma serio del centrosinistra senza accorpamenti algebrici insulsi su sigle e partiti ma che passi dalle soluzioni da proporre. Perché partecipazione non significa trovare la forma più empatica e simpatica di comunicare qualcosa ma sta tutta nel praticare il cambiamento, tutti insieme. E la partecipazione e il cambiamento stanno in un programma semplice e chiaro di cosa faremo noi al governo della Regione e passa, lasciatemelo dire, da un percorso di coinvolgimento attraverso le primarie con regole e tempi certi da stabilire il prima possibile.

#nonmifermo il programma che stiamo costruendo: integrazione, cooperazione e diritti degli immigrati

Sarà che siamo ostinati e contrari ma alla fine l’agorà di Non Mi Fermo a Bergamo è diventata anima, spunti e programma. Forse perché è giovanile e giovanilistico occuparsi dei comunicati stampa che rilanciano un hashtag su twitter e invece le proposte costano curiosità e la curiosità, si sa, costa fatica. Claudio mette in fila le parole della giornata e le condensa in un programma politico dei punti che vogliamo sostenere. Non è una lista ma è civica lo stesso, forse. Intanto noi stiamo già chiudendo il programma della prossimo incontro. A Brescia.

Molte idee e proposte hanno caratterizzato la nostra recente agorà (Bergamo, 12 maggio) dedicata a “inte(g)razione contro il razzismo”. Fra queste, riportandole su base tematica, ne cito alcune su cui stiamo lavorando per farne proposte politiche.

Valutazione degli impatti discriminatori su immigrati e minoranze.

Una proposta molto concreta è giunta durante il suo prezioso intervento di apertura da Luciano Scagliotti, già Presidente Enar ed esperto di razzismo. L’assunto è molto semplice. Se da una lato è indispensabile che non esistano diritti diversi o differenziati a seconda della provenienza di una persona; dall’altro, per prevenire ogni forma di discriminazione razziale, essa dovrebbe essere contrastata “ex ante”, ovvero già in fase di elaborazione normativa.

La proposta è dunque quella di istituire – sia a livello locale che nazionale –commissioni interne alle istituzioni (ovvero, senza alcun costo aggiuntivo per le stesse) con il compito di valutare i possibili impatti di leggi, ordinanze o disposizioni in termini di discriminazione su immigrati e minoranze.

Così come esiste in molti casi l’obbligo di valutazione d’impatto ambientale, la stessa cosa può essere fatta in una prospettiva anti-discriminatoria affinché siano tutelati i principi d’uguaglianza e i diritti inviolabili della persona, per altro come già espresso così bene nella nostra Costituzione.

Art. 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,economica e sociale.

Revisione/abrogazione dell’attuale legislazione “speciale”

Riaffermare con forza i diritti fondamentali della persona significa cercare di garantirne l’esercizio in primis a tutte quelle fasce in difficoltà perché deboli ed emarginate per motivi di natura culturale o razziale.

Gli stranieri in Italia rappresentano ormai il 10% della popolazione residente e, sebbene contribuiscano pienamente al loro dovere di cittadini (rispettando le nostre leggi o pagando contributi e tasse), ancora non sono riconosciuti come tali dalla legislazione vigente. Così come non lo sono i loro figli che, anche se nati in suolo italiano, si trovano di fatto a non avere patria. In questa direzione s’inseriscono – e a ragione – le battaglie, tutte sacrosante, per il riconoscimento del diritto al voto e di cittadinanza, ma più in generale qui dovrebbe rientrare un processo di rinnovamento legislativo più ampio a difesa dei principi d’uguaglianza.

Perché la legge non è uguale per tutti. Certamente non è uguale per gli stranieri che in Italia lavorano, vivono e qui hanno costruito una vita. E non si tratta solo dell’attuale sistema d’ingresso e gestione dei flussi sancito prima dalla “Turco-Napolitano” e infine dalla “Bossi-Fini”. Qui contano anche le piccole cose: la difficoltà di rinnovo dei permessi; le complicazioni burocratiche (meno file più autocertificazioni); l’assistenza sanitaria. Siamo convinti che la politica italiana abbia finora affrontato il tema dell’immigrazione prevalentemente attraverso una cultura dell’emergenza (l’immigrazione come problema), senza essere stata invece capace di coglierne la straorinaria opportunità dal punto di vista economico e sociale. L’immigrazione e la diversità andrebbero considerati per quello che sono: un riflesso fisiologico della storia dell’umanità e, per questo motivo, un valore fondante del progresso umano. Ed è solo partendo da questa prospettiva che le forze di “centro-sinistra” dovrebbero impegnarsi insieme per una politica inclusiva e solidaristica, che abbia come obiettivo l’abrogazione di ogni legge o prassi burocratica pensata in termini “speciali”.

Campagna d’informazione sul popolo e la cultura Rom, Sinti e Caminanti

Quante volte abbiamo sentito ripetere che i Rom sono sporchi, rapiscono i bambini, rubano?

Sono questi solo alcuni dei più tipici pregiudizi che ricorrono intorno ai Rom presenti in Italia. Semplici pregiudizi di carattere razziale spacciati per fatti o verità storiche. Insomma, semplice e barbaro razzismo. Eppure, di queste menzogne sono pieni persino le pagine dei nostri quotidiani così come le dichiarazioni di numerosi politici (non solo leghisti).

Piccole o grandi che siano queste bugie quotidiane svelano i pericolosi effetti dell’ignoranza e della mancanza di conoscenza. È dunque importante ripristinare la verità. Per esempio, quella dei fatti e della storia. In Italia la condizione in cui si trovano a vivere Rom, Sinti e Caminanti è al limite dell’incostituzionalità, se non già abbondantemente oltre. Ce lo raccontano così bene persone come Pino Petruzzelli (qui un suo video a TED, qui il suo intervento a Bergamo), attore e scrittore, e Romana Vittoria Gandossi (qui il suo intervento a Bergamo), insegnante in pensione che vive nel bresciano, più precisamente in quel di Adro, nota alle cronache nazionali per alcuni episodi di razzismo ai danni di alcuni bambini. Non è un caso che solo pochi anni fa l’Alto Commissario dell’Onu per i Diritti Umani, Navi Pillay, sia stata ascoltata in audizione dalla Commissione per i diritti umani del Senato esprimendo parole di sconcerto e di forte critica rispetto a quanto riscontrato nel corso di sopralluoghi nei campi Rom italiani (qui il Rapporto conclusivo dell’indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Caminanti in Italia della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato.

Per queste ragioni, siamo convinti della necessità di attivarsi affinché siano promosse iniziative e campagne d’informazione volte alla conoscenza della cultura Rom, Sinti e Caminanti.

Meno C.I.E. più cooperative

Introdotti dalla Turco-Napolitcano, i “CIE” – Centri di Identificazione ed Espulsione – sono nati con l’obiettivo di ospitare tutti gli stranieri “sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera nel caso in cui il provvedimento non sia immediatamente eseguibile”.

A noi sembrano più che altro dei centri di detenzione, per altro ingiustificata. Insomma, campi di reclusione il cui utilizzo (e abuso) è palesemente contrario ai principi costituzionali.

Già nel 2003 la Corte dei Conti affermava in un suo rapporto la “programmazione generica e velleitaria”, le “strutture fatiscenti”, la “scarsa attenzione ai livelli di sicurezza” e “mancata individuazione di livelli minimi delle prestazioni da erogare”. A queste critiche nel tempo se ne sono aggiunte molte altre (Medici Senza Frontiere, Croce Rossa Italiana, Amnesty International, Chiesa Cattolica), ma l’istituzione dei C.I.E. non è mai stata messa in discussione.

La loro eliminazione, invece, dovrebbe costituire un punto fermo del programma politico di tutti i movimenti politici, non solo a sinistra.

Le alternative ci sono e sono tante. A Bergamo ne abbiamo conosciuta una. Si tratta della Cooperativa Ruah, attiva anche con il supporto del Segretariato Migranti della Diocesi di Bergamo. Il suo obiettivo è quello di sostenere e formare donne e uomini immigrati e in grave difficoltà. È spontaneo domandarsi perché non potrebbero essere utilizzate strutture come queste in alternativa ai C.I.E. per ospitare le migliaia di persone che hanno solo il torto di essere fuggite dal proprio paese perché alla ricerca di un po’ di benessere o per scampare a una morte annunciata?

Dunque, meno C.I.E. più Cooperative!

I problemi dell’attuale legislazione italiana su immigrazione e stranieri

Ci sono almeno tre falle nell’attuale legislazione italiana che regola l’immigrazione e la vita degli stranieri in Italia. La prima di ordine umanitario; la seconda costituzionale; la terza di carattere generale.

Come ha messo così bene in evidenza Manila Filella durante il suo intervento a Bergamo (qui), siamo di fronte a una normativa che ogni giorno mette in evidenza l’urgente necessità di essere riformata.

I problemi principali:

  • Norme sui respingimenti, in particolare le disposizioni introdotte dalla Bossi-Fini che prevedono la possibilità da parte della polizia di agire in acque extraterritoriali senza far attraccare le navi sul suolo italiano. Tali norme hanno dimostrato di aver più volte violato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, come per altro messo già in evidenza dalla sentenza della Corte Europea di Strasburgo che all’inizio di quest’anno ha condannato l’Italia per i respingimenti attuati verso la Libia, a seguito degli accordi bilaterali e del trattato di amicizia italo-libico siglato dal governo Berlusconi.
  • Illegittimità costituzionale del reato penale di clandestinità. Sebbene il tema sia stato molte volte sollevato senza successo, resta a nostro giudizio evidente quale sia il bene giuridico leso. Il nostro ordinamento prevede, infatti, ammende (da 5.000 a 10.000 €) per chi si trova illegalmente nel territorio italiano e la pena della reclusione da 1 a 4 anni per gli stranieri che non rispettano i decreti di espulsione.  Fortunatamente, ma solo attraverso il contributo attivo di numerosi avvocati, è stato più volte salvaguardato il cittadino straniero che versa in uno stato di bisogno o perché in attesa del rinnovo.
  • Disfunzioni e paradossi generali. Di maggior rilevanza l’assenza del diritto di voto a chi risiede regolarmente in Italia e di cittadinanza (attualmente disponibile solo dopo 10 anni). A riprova dell’assurdità legislativa, oggi in Italia è prevista la possibilità di ottenimento della cittadinanza a nipoti di italiani che vivono in Argentina, laddove il nostro ordinamento non riconosce lo ius soli (ovvero il riconoscimento della cittadinanza a chi nasce sul suolo italiano) ai figli degli immigrati. Infine, sussistono altri numerosi elementi di carattere generale che andrebbero abrogati e rivisti. Fra questi: il meccanismo dei “contratti di soggiorno”; gli attuali termini di validità dei permessi (troppo brevi in molti casi); le procedure di rilascio (che potrebbero passare di competenza ai Comuni); il mancato riconoscimento dei titoli professionali conseguiti all’estero.

Dare voce allo sport di base

Lo sport è uno strumento fondamentale di coesione e integrazione. Affinché lo sia sempre di più, come ha spiegato Filippo Fossati (Presidente UISP, Unione Italiana Sport per Tutti) nel suo intervento a Bergamo (qui), è necessario promuovere una cultura sportiva solidale e lontana dalle luci effimeri dei riflettori dei grandi stadi.

Sulla questione, riprendiamo volentieri quanto espresso dal documento DIAMO VOCE ALLO SPORT DI BASE, presentato il 3 marzo 2012 a Roma alla presenza di molte società sportive e importanti associazioni quali CSI, UISP, US ACLI, ACSI e del CONI. Il documento chiede un riconoscimento del valore delle attività sportive svolte, della loro funzione di tipo sanitario, preventivo, ambientale e sociale. Troppo spesso si trovano fondi e risorse solo per le grandi squadre, per le manifestazioni ad alto livello (ovvero, con ritorno televisivo o un richiamo turistico) e vengono dimenticate l’attività motoria o la pratica sportiva svolte nelle scuole.Gravare troppo sulle tasche delle famiglie significa porre lo sport come prima rinuncia, in un momento di crisi come questo. Il documento, in particolare, evidenzia l’importanza che potrebbero avere l’introduzione di agevolazioni fiscali, spazi attrezzati in modo efficace, la sensibilizzazione degli Enti Locali, contributi per lo sport di base. Infine, nello stesso documento troviamo l’interessante proposta di una legge per la cultura sportiva.