Nella California dell’epoca Trump ci sono settecentotrentasette detenuti nel braccio della morte. Settecentotrentasette persone che, per legge, dovrebbero morire. In California, nell’epoca Trump, c’è un governatore, Gavin Newsom, democratico che ha concesso la sospensione delle esecuzioni e, di fatto, ha detto basta ala pena di morte.
Il fatto è considerevole perché la California non è uno Stato qualunque in Usa e l’importanza politica della California potrebbe essere un importante incentivo per gli altri Stati, tenendo anche conto del fatto che, anche se pare incredibile ile, anche sotto la presidenza Trump la pena di morte gode di sempre meno appoggio da parte della popolazione.
Che si continui a ritenere gli USA maestrini della democrazia mentre ancora rimangono inchiodati a questa barbara misura rende l’idea di quanto siamo strabici nel misurare i valori, secondo amicizie e inimicizie e poteri più o meno forti.
“So che la gente pensa che sia giusto ragionare con la legge dell’occhio per occhio ma a violenza non si risponde con altra violenza. – ha detto il governatore Newsom – Penso che se qualcuno uccide, noi non lo dobbiamo uccidere. Dobbiamo essere meglio di lui”.
Nel suo coraggioso discorso tra l’altro il governatore ha sottolineato “l’alto costo sociale” e le disparità razziali (lo, sembra incredibile di questi tempi) oltre alle condanne errate.
Può sembrare una cosa minima e invece è una scintilla che profuma di buono.
Ed è bello. Svegliarsi così.
No?
Buon martedì.
L’articolo Che pena, la pena di morte proviene da Left.
Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2019/03/19/che-pena-la-pena-di-morte/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.