“Ciò a dimostrazione di come la ‘ndrangheta – è scritto nell’ordinanza della Dda – ponga in essere a vari livelli tentativi di awicinamento ed infiltrazione nei gangli del potere politico: tuttavia, mentre per Palermo Rocco sono stati acquisiti elementi probatori per sostenere che tale attività ha avuto un seguito ed una contropartita nell’asservimento della carica di sindaco agli interessi della cosca, a carico degli altri politici sopra indicati non sono emersi elementi sufficienti ad integrare condotte penalmente rilevanti”. E’ il solito filo, sottilissimo, che separa il coinvolgimento diretto della politica nei rapporti con le cosche, dalla normale campagna elettorale. La cosca Alvaro e i suoi affiliati giocavano d’anticipo. Prima dei voti occorreva essere candidati. E per esserlo bisognava sbattere sulla scrivania dei leader quelle centinaia e centinaia di tessere che permettevano di salire di grado. Quindici o venti tessere in ogni piccolo paese, dicono gli interlocutori nelle intercettazioni, che moltiplicate fanno centinaia di sostenitori. Spesso magari inconsapevoli. Oppure semplicemente costretti.E per raggiungere gli obiettivi, evidenzia la Dda reggina, c’era una vera e propria “catena”: il politico locale, l’imprenditore e il soggetto legato alla criminalità organizzata. Grazie a questa unione il gioco era semplice, e gli appalti erano il giusto prezzo da rimborsare in cambio dei pacchetti di tessere. La Procura reggina ricostruisce in poche righe il funzionamento del meccanismo: “Le conversazioni intrattenute non solo da Laurendi Domenico, ma anche da altri personaggi sottoposti ad analoga attività di intercettazione nell’ambito del presente procedimento penale – è scritto – hanno infatti consentito di acquisire numerosi riscontri circa la consolidata prassi utilizzata da personaggi politici locali al fine di accaparrarsi un peso politico fatto di ‘voti’ ovvero tesseramenti che, agli occhi di chi poi dovrà fare le scelte per eventuali candidature, costituiscono un patrimonio virtuale in occasione delle eventuali consultazioni elettorali. Nella pratica di ‘tesseramento’ il soggetto politico si pone nella condizione di chiedere ad un imprenditore, che a sua volta può vantare significative aderenze con numerosi soggetti appartenenti alla criminalità organizzata – quale certamente può essere considerato il Laurendi Domenico -, di fornirgli quella ‘dote’ necessaria affinchè egli stesso possa poi essere scelto dagli organi superiori di partito”.
Un bel articolo di Saverio Puccio.