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Dalla loggia al governo: il piano è compiuto

Dalla “paura della firma” all’improcedibilità, dall’abolizione dell’abuso d’ufficio al divieto di pubblicare le ordinanze: il mosaico è completo. Quello che per decenni era stato solo il «piano di rinascita democratica» della P2 oggi è diventato testo normativo, e ciò che fu la rivincita personale di Silvio Berlusconi contro la magistratura è ormai architettura di governo. Non è un incidente: è una linea.

La riforma Cartabia del 30 dicembre 2022 ha aperto la breccia con la mannaia dell’improcedibilità e la compressione delle indagini preliminari. I governi successivi, quello Meloni in particolare, ci hanno infilato dentro tutto il resto: abolizione dell’abuso d’ufficio «per eliminare la paura della firma», restringimento del traffico d’influenze, obbligo di interrogatorio preventivo che avverte l’indagato prima della misura, taglio alle intercettazioni, legge-bavaglio sulla pubblicazione degli atti. È la stessa traiettoria che il procuratore Nicola Gratteri ha definito «premessa per sottoporre il pm al controllo politico». È la stessa constatazione dell’ex procuratore Giuseppe Volpe: le riforme di oggi sono la fotocopia di quelle rivendicate da Licio Gelli nel luglio 1982.

Nel documento della P2 c’era tutto: separare le carriere, rendere il Csm dipendente dal Parlamento, responsabilizzare il Guardasigilli sull’operato dei pm. Oggi ci siamo arrivati passando dalla porta presentabile della “presunzione di innocenza” e della “giustizia più veloce”. Ma i cittadini non avranno processi più rapidi: avranno, questo sì, politici e amministratori più protetti, soprattutto con la proliferazione dei reati a querela di parte.

A ogni epoca i suoi padri ispiratori: Calamandrei e Dossetti per costruire l’indipendenza, Gelli e Berlusconi per addomesticarla. Il referendum che arriva serve a dire se quella giustizia deve restare libera o diventare domestica al potere.

Buon venerdì. 

Foto di ALEJANDRO POHLENZ su Unsplash

L’articolo proviene da Left.it qui

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