Una soddisfazione che mi tengo stretta di questa campagna culturale (prima che elettorale) è la gente. Mica solo quelli che ci voteranno (niente classismi, da queste parti) ma le persone che in questo Paese hanno ancora voglia di parlare di politica, piuttosto che di politici: quelli che alle proposte non chiedono “di chi sei?”, “chi ti manda?” o “di chi sei amico?” ma le valutano per quello che sono. I migliori editorialisti politici li ho incontrati nel mio giro di collegio di Monza e della provincia, in questo pezzo d’Italia che nonostante le paure prova ancora a non perdere il senno, qui dove i piccoli e medi imprenditori non credono alla farsa della demolizione dei diritti dei lavoratori come unica strada verso la produttività per il semplice fatto che sono anche loro lavoratori. Qui, dove volantinando al mercato può succedere che un elettore di Liberi e Uguali, uno del Movimento 5 Stelle e un convinto elettore del PD si fermino a confrontarsi per capire cosa servirebbe a Paese e non “chi” servirebbe al Paese. Alla fine della discussione uno di loro, andandosene, mi ha detto: “Giulio, proviamo comunque a fare bene, tutti” e a me è sembrato un impegno bellissimo, sentendolo così.
Poi c’è il dibattito nazionale, quello tossico, di cui alla fine bisogna occuparsi e questi giorni per me sono i giorni in cui i miei colleghi di Fanpage si ritrovano sommersi dagli insulti. Io conosco Sacha Biazzo, che sta dietro al servizio di cui tutti parlano: conosco la sua sete di storie e la cura che mette nel suo lavoro. Conosco Gaia Bozza che in tutto questo si è meritata spintoni e sberle alla convention di De Luca. Conosco l’impegno civile di Antonio Musella che si è sentito dare del camorrista dal presidente della Regione Campania. Conosco il direttore Francesco Piccinini dagli anni in cui tutti e due giovanissimi sognavamo di diventare giornalisti giornalisti, come avrebbe detto Siani, in mezzo ai troppi timidi. Vederli coinvolti nel solito becero giochetto di giudicare chi dà le notizie piuttosto che i fatti che stanno dentro quelle notizie per me è un dolore anche personale. Questa davvero è la fotografia di un “potere sfacciato” come dice Marco Demarco in un’intervista che vi consiglio di leggere.
Poi c’è la questione dell’antifascismo e, permettetemi, parlarne oggi significa decidere di avere il coraggio una volta per tutte di ripristinare i valori della sinistra. Ne ho parlato insieme a Laura Boldrini e Onorio Rosati due giorni fa a Cinisello Balsamo, se avete voglia di spendere dieci minuti del vostro tempo quello che ho da dire è tutto qui:
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C’è molto da fare, insomma.