Evidentemente analizzare i profili penali «scevri da ogni lettura indotta da impostazioni soggettive, non immuni da una polemica politica o locale» per rinvenire «la coerenza degli obbiettivi perseguiti» dall’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, condannato e poi assolto per turbativa d’asta su un bando di piscine comunali, è riuscito solo alle giudici della Corte d’Appello di Milano visto che il sostituto procuratore generale di Milano Massimo Garballo ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione contestando l’interpretazione dell’articolo 353 del codice penale.
Secondo i giudici d’appello «ci si deve, infatti, confrontare con la necessità di non punire indiscriminatamente le mere irregolarità formali attinenti all’iter procedimentale, irregolarità che, invece, devono essere idonee a ledere i beni giuridici protetti dalla norma, non essendoci un interesse fine a se stesso a garantire la regolarità e la trasparenza della gara, essendo la tutela della mera regolarità formale dell’asta e della pubblica amministrazione non il bene tutelato dall’articolo 353 c.p., ma un presidio per la libera concorrenza, strumentale al perseguimento dell’interesse della Pubblica Amministrazione». La Procura generale invece ritiene che tutti i precedenti di giurisprudenza abbiano sempre considerato il reato come “di pericolo” e non “di evento”, non «essendo necessaria una lesione, anche potenziale, agli scopi economici della pubblica amministrazione e all’interesse dei privati di poter partecipare alla gara».
Ora toccherà alla Cassazione chiarire il punto ma la vicenda giudiziaria, ancora una volta, è solo il terminale di una battaglia politica dalle posizioni chiarissime: su Simone Uggetti si è giocata la conversione (vera o presunta che sia) di una parte considerevole del Movimento 5 Stelle (con Luigi Di Maio in testa) che ha innescato la rabbiosa reazione dell’ala giustizialista del movimento, ritrovatasi orfana di riferimenti politici nell’azione politica dettata dalle indagini (nemmeno dalle condanne) della magistratura. Non è un caso che alcuni (Il Fatto Quotidiano in testa) abbiano usato (e stiano usando) l’ex sindaco di Lodi come clava per un regolamento di conti interno, elevando un episodio locale come cartina tornasole di questioni che stanno tutte nell’alveo dei giustizialisti e post-giustizialisti.
Dalle parti del giornale di Travaglio ancora una volta si fa riferimento a una presunta confessione (mai avvenuta) e a un “condizionamento” che il “quarto grado” di giudizio esige di considerare una colpa nonostante l’assoluzione. Lodi, Uggetti, le piscine qui ormai non c’entrano più niente e sarebbe perfino patetico osservare da fuori l’accanimento su una vicenda di provincia per dare addosso a Di Maio e alla sua fronda se non ci fosse di mezzo una persona: che un consigliere comunale di Lodi (tal Massimo Casiraghi, del M5S, che si è costituito, perdendo, parte civile in appello) venga assurto a opinionista nazionale su temi di giustizia e di responsabilità penale del ruolo di sindaco rende perfettamente l’idea di un “gioco grande” che avrebbe perfino potuto essere applicato a un ladro di polli di Canicattì se fosse tornato utile per redimere questioni interne tra i grillini.
Considerare le Procure come fari dell’agire politico è un portamento molto in voga soprattutto quando manca lo spessore politico e sullo sconsiderato (e spesso sbagliato) allarme giudiziario il Movimento 5 Stelle è nato ed è riuscito a ingrossare non poco il proprio bacino di voti. Così ancora una volta la tesi dell’accusa è un certificata. Non servirebbe nemmeno il pronunciamento della Cassazione, il messaggio è già arrivato a destinazione.
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