(ne ha scritto Claudio Paudice per l’Huffington)
Un emendamento, tre errori nei riferimenti normativi. La “figuraccia”, per parafrasare le parole del ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, questa volta la fa il Partito Democratico. Dopo aver preso di mira i giudici del Tribunale amministrativo del Lazio per aver bocciato le nomine di cinque direttori dei musei, avvenute per effetto della riforma voluta dal ministro, il Pd è corso ai ripari. In Commissione Bilancio della Camera, il relatore Mauro Guerra ha inserito un emendamento alla “manovrina” che ha poco a che fare con questioni meramente economiche. Ma è sicuramente rilevante per “l’immagine dell’Italia nel mondo”, danneggiata secondo i dem dalla sbagliata interpretazione dei giudici amministrativi laziali.
L’intento quindi è chiaro ed è quello di superare, a distanza di pochi giorni, la sentenza del Tar dando “l’interpretazione autentica” della legge sui musei, derogando così al parziale divieto regolato dal Testo unico sul pubblico impiego per l’assegnazione di incarichi dirigenziali a cittadini stranieri. Di qui l’emendamento “salva-direttori”.
C’è un problema, però. Anzi, ce ne sono tre. Perché il testo dell’emendamento di cinque sole righe, presentato dai dem, contiene ben tre errori nei riferimenti normativi. Un pasticcio a regola d’arte. Riferendosi infatti al decreto di conversione della riforma dei musei (legge 106/2014) viene infatti riportata la data del 31 luglio 2016. Due strafalcioni: la legge non è del 31 luglio ma del 29 luglio, in primis. E soprattutto l’anno di riferimento è il 2014, non il 2016.
Non è finita. Altro errore nel riportare la data del decreto legislativo 165/2001 (il testo unico sul pubblico impiego, approvato dal secondo governo Amato in cui figurava, in qualità di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle riforme, anche Franceschini) del 30 marzo 2001: nell’emendamento-pasticcio viene invece riportata la data del 31 marzo. Per poco.