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Il Green Deal evapora. Prima l’acqua, poi la verità

A Bruxelles il Partito popolare europeo, lo stesso di Ursula von der Leyen, ha preteso che ogni riferimento al Green Deal fosse rimosso dal rapporto parlamentare sulla resilienza idrica. Una richiesta esplicita, condizione per concedere il proprio sostegno.

La cancellazione è un segnale politico. Il Green Deal è stato espunto perché considerato tossico. Perché evocarlo significa riconoscere che l’acqua in Europa scarseggia, che l’agricoltura intensiva la prosciuga, che l’industria continua a inquinarla. Meglio riscrivere tutto: il testo originale chiedeva di attuare pienamente il Green Deal per affrontare la crisi climatica, fermare la perdita di biodiversità e contenere il consumo di risorse. La versione finale si limita a vaghe rassicurazioni su competitività agricola e sovranità alimentare.

Michal Wiezik e Christina Guarda, presenti ai negoziati, hanno raccontato che l’operazione è stata sostenuta anche dai gruppi di estrema destra. L’Epp, partito di maggioranza relativa, ha così sposato la linea del negazionismo pragmatista: se una parola disturba, si elimina.

Nel 2019 von der Leyen aveva lanciato il Green Deal come il cuore della sua legislatura. Oggi il suo stesso partito lo rimuove con cura dai documenti ufficiali. L’agenda ambientale viene sacrificata sull’altare della convenienza elettorale, nell’illusione che le priorità del presente siano un ostacolo rimandabile.

Nel frattempo, i rapporti scientifici segnalano che le riserve idriche europee sono sotto pressione crescente. L’evaporazione delle parole precede l’evaporazione dell’acqua.

Buon lunedì. 

Foto AS

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