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Gli ultimi eroi. Del vuoto.

Il calciatore-eroe che non si fa corrompere. Il marinaio-eroe che non fugge. Ma non esistono eroi, esistono vite degne di essere vissute, e nel caso perdute, ed esiste la nostra ipocrisia, la nostra debolezza. Ci faremmo corrompere, noi? E se sì, per quale cifra? Scapperemmo da una nave, dal senso delle nostre esistenze ammesso che ne abbiano uno, insomma da noi stessi, se avessimo paura di morire non facendolo? Gli eroi sono figure retoriche che riempiono il vuoto, e al limite qualche pagina di giornale. Ma nella disperata assenza di giustizia, di normalità (è normale denunciare una truffa, è normale fare il proprio dovere di marinaio, postino, insegnante, battilastra, giornalista), certi esempi diventano immani. Succede quando uomini piccoli fanno naufragio, e abbandonano le navi di loro stessi. (Maurizio Crosetti, qui)

Il primo polo

Scrivo poco (e qualcuno me lo fa notare) di partito piuttosto che di politica. Sono mesi che ricevo telefonate pronte a lenzuolate giornalistiche per un mezzo scandalo di questo o quel gruppo dirigente di qualche partito. Mi chiedono se non sarebbe bello versare un po’ di bile da spargere a caro prezzo. No, rispondo io, perché non ne ho e non interessa a nessuno. Perché quando ci diciamo che c’è un paese da ascoltare in fondo chiediamo (anche a noi stessi) di smettere di parlarci addosso e provare a sentire le corde che vibrano nel Paese. Un comune sentire, forse si direbbe così, che sposa i bisogni, gli obbiettivi, le modalità.

Se un giorno pensassi che non fosse possibile, rinuncerei per non perderci troppo tempo: non ho mai iniziato uno spettacolo o un libro che non avesse forte nel cuore una pur piccola presunzione di cambiamento. Eppure le riflessioni dopo la tecnicità di questi mesi è quasi sempre una riflessione algebrica, di solito nemmeno troppo articolata, di somme e sottrazioni e il comune sentire rimane solo l’ultimo paragrafo da scrivere per metterci sopra a tutto il resto un pelo di poesia. Si decide dell’UDC, si somma la parte cattolica del PD, si sottrae la parte sinistra dell’IDV insieme alle ancelle di qualche paio di movimenti. Si tira una riga e si prega a mani giunte che faccia cinquanta più uno. Con la boria dei matematici senza dubbi. Ecco, no. Grazie.

Forse abbiamo bisogno di decidere che il sentire comune sia il padre di ogni bene comune. E che sia un padre naturale senza strane adozioni o affidamenti speculativi. E la ricerca si spegne davanti all’ansia matematica. Come scrive bene Gustavo Zagrebelsky la democrazia, come la concepiamo e la desideriamo, in breve, è il regime delle possibilità sempre aperte. Non basandosi su certezze definitive, essa è sempre disposta a correggersi perché – salvi i suoi presupposti procedurali (le deliberazioni popolari e parlamentari) e sostanziali (i diritti di libera, responsabile e uguale partecipazione politica), consacrati in norme intangibili della Costituzione, oggi garantiti da Tribunali costituzionali – tutto può sempre essere rimesso in discussione. In vita democratica è una continua ricerca e un continuo confronto su ciò che, per il consenso comune che di tempo in tempo viene a determinarsi modificandosi, può essere ritenuto prossimo al bene sociale. Il dogma – cioè l’affermazione definitiva e quindi indiscutibile di ciò che è vero, buono e giusto – come pure le decisioni di fatto irreversibili, cioè quelle che per loro natura non possono essere ripensate e modificate (come mettere a morte qualcuno), sono incompatibili con la democrazia.

Per questo penso che l‘Assemblea Generale di Sinistra Ecologia e Libertà di domenica a Roma abbia un buon profumo: perché a Roma con noi ci sono Rita BorsellinoLuigi De MagistrisRossana DettoriMichele EmilianoMaurizio LandiniMimmo PantaleoGiuliano PisapiaMassimo Zedda e molti altri. E sono ospiti dello stesso sentire. Nessun polo da aggiungere. Il primo polo. Il nostro polo.

(Per quelli che amichevolmente mi rimproverano di “indipendentismo”: sì ci sono anch’io. Intervento in tarda mattinata. Fiero di essere nel nostro polo.)

(Foto di Turi Di Domenico)

Tutti a casa (e due!)

L’avevamo già detto come gruppo SEL in occasione dell’arresto di Nicoli Cristiani: il PD chiedeva a Formigoni di riferire e io scrivevo di non dare più fiducia al celeste e andarsene tutti a casa. Poi l’abbiamo ripetuto per la vicenda Ponzoni.  Non si è visto giubilo per la nostra richiesta, anche nel centrosinistra. Ieri Pippo Civati finalmente comincia ad essere della mia stessa idea. Ottimo. Adesso magari sarebbe bello che arrivi anche il PD. O magari che arrivi Pippo, che sarebbe più facile e veloce.

I rigurgiti sul ‘volto di Dio’ di Castellucci

A Milano si muove un dibattito sull’opportunità di uno spettacolo teatrale. Mica 500 anni fa. Oggi. Anche il Vaticano dice la sua definendo l’ospitalità inopportuna. Quel Vaticano che ha tace su Don Verzè (tempestivamente indultato dal Signore), che abbandona i preti antimafia in trincea e che tace sulla moralità della classe dirigente di questo Paese. Quel Vaticano si dedica alla critica teatrale. Ecco l’appello pubblicato da www.ateatro.it

I “se” e i “ma” su uno spettacolo o su un’opera d’arte sono materia del dibattito critico o delle sempre legittime reazioni del pubblico. Ma quando la censura preventiva prende il posto del dissenso e diviene intimidazione, non è più questione di questa o quella interpretazione, è la libertà stessa di interpretare che viene messa in pericolo. E’ quanto sta accadendo con lo spettacolo di Romeo Castellucci “Sul concetto di Volto nel figlio di Dio” in programmazione al Teatro Franco Parenti di Milano: un’orchestrata campagna di minacce e di anatemi lo ha preceduto nel tentativo, sfacciatamente dichiarato, di non farlo andare in scena. Di fronte allo sconfortante avanspettacolo dell’intolleranza che si traveste da diritto di critica e dell’intimidazione che si richiama alla libertà di parola, pensiamo di non potere e di non dovere restare indifferenti. Tanto meno indifferenti nel momento in cui l’offensiva integralista contro lo spettacolo ha rivelato la sua vera natura investendo la persona della direttrice del Franco Parenti André Ruth Shammah  con le espressioni dell’antisemitismo più classico ed abietto.  Non si tratta di scegliere tra chi dice di aver scritto il suo spettacolo come una preghiera e chi, senza averlo visto, lo accusa di essere blasfemo (due cose che in molte opere d’arte del novecento si sono spesso confuse senza che questo generasse guerre di religione). Si tratta semplicemente di garantire a Romeo Castellucci la prima ed essenziale libertà di ogni arte e di ogni artista: quella di essere compreso o frainteso con cognizione di causa, di essere giudicato secondo la sua opera e non secondo il pregiudizio di un manipolo di fondamentalisti che agita la fede in Cristo come una clava identitaria. Chiediamo ai cittadini, agli intellettuali, agli artisti e a chiunque consideri la libertà dell’espressione artistica un cardine irrinunciabile della nostra esistenza civile, di non lasciare Romeo Castellucci e la sua opera nel cerchio di solitudine che l’alleanza tra il fanatismo di pochi e la reticenza di molti rischia di creargli attorno. “Sul concetto di Volto nel figlio di Dio” deve andare in scena. Massimo Marino (critico di teatro), Attilio Scarpellini (critico di teatro), Oliviero Ponte di Pino

Più che le dimissioni, lo scioglimento

Sembra passato un secolo da quando il Presidente del Consiglio Regionale Davide Boni minacciava querela nei miei confronti per avere detto in studio da Gad Lerner che alcuni personaggi del Consiglio avevano ricevuto voti dalla ‘ndrangheta. Erano gli stessi giorni in cui Formigoni dava del ‘drogato’ a Vendola che aveva ribadito il concetto e lo stesso tempo in cui Ponzoni mi ha avvicinato per riferirmi che mi “sbagliavo di grosso, le indagini sono state prorogate quindi non hanno trovato nulla di consistente” (ma lo sappiamo, nel PDL più la giustizia si allunga e più intravedono la luce della vittoria).
Oggi Ponzoni è in carcere, la ‘ndrangheta ha perso il proprio “capitale sociale” (ma l’aveva già mollato da tempo, sulla puzza di politicamente morto le mafie hanno sempre avuto l’occhio lungo) e a pensarci bene il ‘drogato’ è sempre da quelle parti.
Oggi i giornali titolano con articoli che sono gli stessi di un’era fa, scrivono di abitudini brianzole che sono state denunciate e raccontate nei circoli, nei libri e tra i comitati; e una Lombardia alle prese con il San Raffaele (e Santa Rita) nella sanità, con l’affare Nicoli Cristiani (dirigente dell’Arpa incluso) nel mondo delle discariche e dell’ambiente, con il caso Minetti nel campo etico della paraprostituzione, con un listino presentato con firme false e il “sistema Sesto” come ombra nel candidato presidente dell’opposizione è una Lombardia che ha svenduto la credibilità arroccata in autodifesa. Formigoni parla di ‘caso personale’. E forse ha ragione. Suo e in ricaduta di ogni cittadino lombardo.
Perché se non è stata la politica a scegliere allora piuttosto che le dimissioni in Regione Lombardia sarebbe il caso di parlare di scioglimento. Per il bene di tutti. Quello comune. Appunto.

Libertà e Giustizia chiede le dimissioni di Formigoni

E forse sarebbe il caso di firmare qui. Noi siamo sulle stesse posizioni.

Già nello scorso dicembre LeG aveva chiesto le dimissioni di Formigoni, della Giunta, del Consiglio a fronte dei gravissimi fatti commessi da esponenti di rilievo.

A partire da Filippo Penati che ancora siede nei banchi del consiglio regionale all’ex vice presidente Nicoli Cristiani sorpreso con la mazzetta in casa per una vicenda legata a cave di amianto e a pezzi di autostrada costruiti con rifiuti proibiti. Per arrivare a Nicole Minetti indagata per induzione alla prostituzione, senza dimenticare le pericolose commistioni nel crack del San Raffaele.

L’ultimo caso dell’ex assessore, membro dell’ufficio di presidenza Massimo Ponzoni, arrestato per bancarotta, corruzione, concussione e finanziamento illecito è la goccia che fa traboccare il vaso. Sullo sfondo legami con la criminalità organizzata, la ‘ndrangheta del nord.

LeG chiede nuovamente, con forza, che si torni alle elezioni, per ridare la parola ai cittadini. Formigoni non può continuare a trincerarsi dietro il “Io non sapevo” gridando al complotto politico. Lui è il responsabile della regione Lombardia e di tutta la ciurma. Si assuma le sue responsabilità invece di cercare una penosa via d’uscita sulla scialuppa di salvataggio.
Twitter #formigonidimettiti

Ti chiediamo di firmare il nostro appello

Legge legalità in Lombardia solo per pochi intimi

LEGGE EDUCAZIONE ALLA LEGALITÀ: CONSIGLIO ESAUTORATO, ASSOCIAZIONI IGNORATE

“C’è voluta un’interrogazione all’assessore Colozzi per apprendere che i 500 mila euro stanziati nel 2011 sulla legge bipartisan di iniziativa consiliare per l’educazione alla legalità sono impegnati in due progetti. E per avere la conferma che nel 2012 sono stati dimezzati e spostati sul capitolo della protezione civile. Senza che in tutto ciò l’Assemblea fosse minimamente coinvolta.

Mentre nella formulazione della legge il ruolo del Consiglio per l’elaborazione dei bandi era stato considerato fondamentale, all’evidenza dei fatti è risultato nullo. E quest’anno, le risorse destinate alla legge finanzieranno così l’ennesimo spot della Giunta attraverso l’assessore La Russa, con le forze consiliari e le associazioni attive sul tema – che tanto avrebbero da dire – lasciate prive di alcuna voce in capitolo.

Una situazione che proprio non ci piace e che cercheremo di cambiare. Auspichiamo che l’istituzione odierna dell’osservatorio, finalmente sbloccata dopo quasi un anno di fermo per la mancata indicazione dei componenti della maggioranza, sia utile in tal senso. Perché non accettiamo di essere la bella faccia per il marketing antimafia di una Regione che sembra legiferare solo in funzione del comunicato stampa”.

Milano, 17 gennaio 2012

La nostra interrogazione su Brescia radioattiva

Oggetto: criticità legate alla ex cava Piccinelli (BS)

I SOTTOSCRITTI CONSIGLIERI REGIONALI

PREMESSO CHE

la falda dell’ex cava Piccinelli, in via Cerca 45 a Brescia, sita tra i quartieri di San Polo e Buffalora, è contaminata in profondità da Cesio 137 con una radioattività che sfiora il milione di becquerel/Kg, e l’ultimo intervento di messa in sicurezza del sito risale al 1999;

PREMESSO INOLTRE CHE

i tecnici di Arpa Lombardia il 14 settembre 2011 scrivono che, considerando la risalita della falda di circa 4 metri, è possibile che la contaminazione radioattiva sia stata, ormai, in parte sommersa dalle acque;

CONSIDERATO CHE

a poca distanza dalla ex cava, nella direzione di scorrimento della falda, si trova un pozzo che rifornisce l’acquedotto della città di Brescia;

CONSIDERATO INOLTRE CHE

l’Arpa ha rilevato nella falda altre sostanze cancerogene, tetracloroetilene e cromo esavalente, con livelli superiori ai limiti di legge;

RILEVATO CHE

i teli impermeabili posizionati nel 1999 dalla ditta Nucleco, che dovevano arginare l’emergenza del Cesio per al massimo due anni, in dodici anni si sono deteriorati e nella discarica abusiva ha cominciato a formarsi percolato radioattivo;

RILEVATO INOLTRE CHE

il sito contaminato dell’ex cava Piccinelli è ormai da anni in stato di abbandono: manca la segnaletica di pericolo e la rottura dei teli impermeabili favorisce la formazione di percolato radioattivo; il progetto di bonifica, approvato dall’Asl, giace in un cassetto dal luglio 1998;

ATTESO CHE

il direttore dell’Asl Brescia, Dott. Francesco Vassallo, dichiara che sin dal 1994 il cesio era presente nella falda della cava, dal 1988 abbandonata e divenuta discarica abusiva;

ATTESO INOLTRE CHE

secondo un’indagine di Radio Popolare il Cesio all’ex cava Piccinelli di Brescia, scoperto nel 1994, è fermo, contaminando il terreno e l’ambiente da quasi vent’anni;

CONSTATATO CHE

ci sono voluti quattro anni perché, dopo le prime rilevazioni l’Asl si decidesse a mettere in sicurezza il sito e addirittura altri dodici anni di oblio per scoprire che l’isotopo radioattivo ha probabilmente contaminato anche le acque;

CONSTATATO INOLTRE CHE

nei comuni di Lumezzane e di Sarezzo per proteggersi dal Cesio 137 in poco tempo hanno creato un bunker in grado di ospitare le scorie, che devono riposare piombate per almeno due o trecento anni;

INTERROGANO IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE LOMBARDA, ROBERTO FORMIGONI, LA GIUNTA REGIONALE, L’ASSESSORE REGIONALE ALL’AMBIENTE, ENERGIA E RETI, MARCELLO RAIMONDI, NONCHE’ L’ASSESSORE ALLA SANITA’, LUCIANO BRESCIANI PER CONOSCERE:

  • se Regione Lombardia sia a conoscenza della presenza di Cesio 137 all’interno della falda dell’ex cava Piccinelli;
  • se Regione Lombardia sia a conoscenza della presenza nella falda di altre sostanze cancerogene, tetracloroetilene e cromo esavalente, con livelli superiori ai limiti di legge;
  • se sì, quali misure intende mettere in atto per risolvere questa grave situazione pericolosa non solo per l’ambiente, ma per la salute stessa degli abitanti della zona;
  • se Regione Lombardia sia a conoscenza di un progetto di bonifica totale della zona;
  • se sì, in cosa consiste il progetto e quale è il costo del suo finanziamento.

 

Milano, 13 gennaio 2012

Giulio Cavalli (SEL)

Chiara Cremonesi (SEL)

L’ora d’aria del Consiglio Regionale


ore 18.13
Il Consiglio Regionale all’unanimità ha preso atto delle dimissioni di Ponzoni, inadatto per l’ufficio di presidenza

ore 18.03
Si vota la presa d’atto delle dimissioni di Ponzoni

ore 17.25
è irritante che ciò per cui affonderà Formigoni non saranno i suoi errori politici ma le sue relazioni personali #ponzoni

ore 17.13
@DavideBoni: “@giuliocavalli inizio a sentirmi un po solo #openlombardia” lettere di solitudine del Presidente del Consiglio Lombardo su Twitter. A voi

ore 15.52
Ricomincia la discussione in Aula. Si parla di emergenza carceri. Mai giornata più indicata.

ore 15.37
Durante una pausa del consiglio Civati lancia lo scoop: Renzo Bossi è uno dei maroniani.

ore 13.15
Lega in aula: noi dobbiamo essere fieri dei nostri politici in Regione Lombardia. L’ha detto davvero

ore 12.49
Si vota la proposta di legge zeroprivilegi la maggioranza vuole evitare il passaggio agli articoli.

ore 12.05
Tra poco gli arrestati del Pdl in Lombardia raggiungono il numero per creare un gruppo misto a San Vittore. Sono soddisfazioni.

ore 12.00
La Minetti abbandona l’aula dopo ben 2 ore di seduta. Oggi la palestra chiude prima, probabilmente.

ore 11.45
Ponzoni si è consegnato in Procura.

ore 11.30
Formigoni dichiara che l’affaire Ponzoni è un attacco della sinistra. Schizofrenia.

ore 11.01
La legge legalità in Lombardia (quella delle grandi cerimonie di Formigoni) è stata gestita dalla Giunta senza consultazioni

ore 10.46
Voti per l’ufficio di presidenza: prendono un voto Nicole Minetti e uno Ponzoni. Ci si diverte, evidentemente

ore 10.42
Si procede all’elezione del membro dell’ufficio di presidenza per sostituire l’arrestato. Mica Ponzoni. L’altro!

ore 10.30
Abbia cominciato con la commemorazione di Don Verzè. Di fronte agli ultimi fatti sembra un male minore.

ore 10.28
In questo momento l’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale Lombardo ha una maggioranza di csx. Tutti arrestati

ore 10.22
Comincia la seduta di Consiglio. Formigoni è in aula.

Giulio Cavalli, così un “giullare” va contro la mafia

La mafia, la camorra e la ‘ndrangheta sono tra noi, fanno affari nei capannoni dismessi, nei centri commerciali dove non ci va nessuno, nel bar sotto casa che ti chiedi come possa tirare avanti, vuoto com’è dalla mattina alla sera. Sono arrivate al Nord negli anni Sessanta cominciando a fare i primi soldi con i sequestri di persona e poi con lo spaccio di eroina e cocaina. Da qualche anno, con l’avvento dei “picciotti” di terza generazione che girano con il suv nero in giacca, cravatta e Rolex d’ordinanza al polso, si sono riciclate con attività apparentemente lecite come l’edilizia, il movimento terra, il mercato dell’ortofrutta.
Sotto la patina rispettabile sopravvivono i criminali di sempre, cinici, crudeli, pericolosissimi. Il loro brodo di coltura è il silenzio ottenuto con le intimidazioni. Chi alza la voce viene avvisato, minacciato, impaurito. Ne sa qualcosa Giulio Cavalli, attore, scrittore e uomo politico lombardo (è consigliere regionale nel gruppo di Sinistra Ecologia e Libertà dopo aver lasciato l’Italia dei Valori a seguito di un’indagine dell’Antimafia che ha coinvolto alcuni esponenti del partito di Di Pietro).
Da cinque anni Cavalli vive sotto scorta, proprio per avuto il coraggio di denunciare pubblicamente l’infiltrazione delle mafie nelle nostre pacifiche e laboriose contrade. Il suo ultimo monologo, Nomi, cognomi e infami, è stato presentato al teatro Astra in collaborazione con “Libera”, associazione che dal 1995 promuove l’impegno civile contro tutte le mafie. Prima dell’avvio della recita il coordinatore regionale don Luigi Tellatin ha ringraziato per l’ospitalità La Piccionaia, da tempo iscritta a “Libera”, e ha ricordato che l’attività criminale non si combatte solo con le indagini e gli arresti ma anche con la trasparenza e la collaborazione tra gli onesti.
Giulio Cavalli si definisce un giullare, un erede di quei buffoni di corte che usavano lo sberleffo per dire che il re è nudo e che, se esageravano con questo uso della libertà di espressione, finivano appesi alla forca. In tempi meno cruenti (ma simili per quanto riguarda la suscettibilità dei bersagli), i suoi ispiratori sono Dario Fo e Paolo Rossi, maestri dai quali ha appreso l’arte dell’affabulazione solitaria, dell’ammiccamento complice, della digressione irriverente, dell’indignazione controllata ma puntuale e puntuta.
Il suo status di sorvegliato speciale gli provoca qualche scompenso, come quando deve spiegare ai figli piccoli chi sono quei signori in divisa che non lo lasciano mai solo un momento, oppure quando pensa di fare di necessità virtù portando la scorta sul palco per allestire un musical con i carabinieri. La sua narrazione è serrata e partecipe, si capisce che l’argomento lo appassiona e che ne conosce profondamente ogni aspetto. Descrive con sdegno la miseria morale e intellettuale di capi mafia come Totò Riina e Bernardo Provenzano, personaggi di bassissimo profilo che però – e questo resta un mistero – sono riusciti per decenni a dirigere un colossale giro d’affari e a terrorizzare tutta la nazione.
Rende omaggio al sacrificio di chi questi mostri li ha combattuti e ha pagato il suo coraggio con la vita come l’avvocato Giorgio Ambrosoli, fatto uccidere nel 1979 da Michele Sindona, il giudice Bruno Caccia, ammazzato dai killer della ‘ndrangeta mentre portava a spasso il cane, Giuseppe Impastato e Pippo Fava, fatti fuori per aver osato colpire la mafia con l’arma docile ma appuntita dell’ironia e del disprezzo.
A tutti l’attore dedica un monologo, un ricordo, una poesia che recita con vigore e passione convincendo il pubblico a condividere la sua battaglia contro un nemico invisibile e spietato e ricevendo in cambio lunghi applausi convinti.

Lino Zonin VICENZA

Da Il Giornale di Vicenza