Ne scrive La Stampa:
C’è un triangolo di violenza tra i comuni di Settimo, Chivasso, e Leini, dove regnano violenze e intimidazioni. Contro commercianti, baristi, gestori di impianti di autolavaggio, gioiellieri. Colpi di pistola contro le serrande. Agguati e ferimenti. «Una ’ndrina con una fortissima carica di intimidazione» dicono gli investigatori, descrivendo gli effetti della violenza sui tre comuni della cintura torinese. Dove giocavano un ruolo centrale giovani rampolli di ’ndragheta che impugnano le pistole per affermare il controllo del territorio, o anche solo per divertimento, per «spaventare» per gioco qualche «pusher» clandestino. E che si facevano selfie in pose da boss sui profili Facebook.
L’altra faccia di questa «presenza criminale» è una paura che «smorza ogni collaborazione». Ed è per questo motivo che il sostituto procuratore Monica Abbatecola, nell’illustrare l’attività investigativa ha detto: «Non abbiate paura di denunciare: la magistratura e i carabinieri non vi lasciano soli». Un invito alle vittime di violenze ed estorsioni, a cogliere al volo l’occasione dell’ondata di arresti, per non rimanere in silenzio.
Nelle province di Torino, Varese, Reggio Calabria, Cosenza e Vercelli, i carabinieri di Chivasso, in collaborazione con i reparti competenti per territorio, hanno dato esecuzione a 11 ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal GIP di Torino, nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, tentato omicidio, usura, estorsione, rapina, danneggiamento, incendio, detenzione illegale di armi e munizioni.Sequestrati beni immobili, società e attività commerciali, polizze vita, conti correnti, autovetture di grossa cilindrata, cassette di sicurezza, gioielli e orologi di lusso, e contanti.
In carcere sono finiti Domenico e Francesco Gioffrè, 31 e 34 anni, Antonio Guerra, 38 anni, Luciano, Francesco e Domenico Ilacqua, 29, 38 e 59 anni, Giovanni Mirai, classe 1976, Carmine Volpe del ’63, Salvatore Grosso, 39 anni, Salvatore Calò, 47 anni. Per Valentino Amantea, invece, sono scattati gli arresti domiciliari.
Quest’ultimo è accusato, come Volpe, di avere detenuto e portato un’arma in luogo pubblico, mentre a carico dei Gioffrè, Guerra, Mirai e degli Ilacqua, il GIP ha ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il delitto di associazione mafiosa e di concorso, a vario titolo, nei delitti di tentato omicidio, lesioni aggravate, estorsioni aggravate anche dal metodo mafioso, detenzione e porto abusivo di armi. Si tratta di diversi molteplici reati accaduti a Chivasso, Settimo Torinese, Leini e zone limitrofe dal 2012 ad oggi.
In particolare, le indagini sono scattate nell’estate 2012 a seguito di gravissimi fatti accaduti a Chivasso tra giugno e agosto di quell’anno, come gli agguati e le sparatorie contro Giovanni Ponente (già coinvolto nel processo “MInotauro” per violazione della normativa sugli stupefacenti), Salvatore Di Maio (poi arrestato nell’ottobre di quell’anno per detenzione di armi nell’operazione “Colpo di coda”), Valentino Amantea, ferito e costretto su una sedia a rotelle.
Lo sviluppo delle indagini, condotte senza alcuna collaborazione delle persone ferite che sin dall’inizio si sono mostrate del tutto reticenti, ha evidenziato, con l’ausilio delle comparazioni balistiche, una serie di connessioni con altri reati, nei quali erano state utilizzate armi da fuoco per intimidire i negozianti di Chivasso, Settimo T.se e Leinì. Il GIP ha accolto anche le richieste di sequestro preventivo di alcune ditte, oltre che di beni mobili e immobili che, allo stato, non risultano compatibili ai redditi dichiarati. Tra le ditte figurano alcune carrozzerie ed autolavaggi riconducibili, anche attraverso intestazioni fittizie, agli arrestati.