A proposito di Alatri e l’omertà (e quelli che si incazzarono)
Qualche giorno fa scrissi un editoriale su Alatri (era il #buongiorno per Left che trovate qui) sottolineando come l’omicidio di Emanuele non potesse considerarsi il caso isolato in un’isola felice. Scrivevo anche “Ma gli eventuali omertosi con la fiaccola in mano pensano davvero di essere assolti? Ma soprattutto coloro che sotto la cenere vorrebbero organizzare le prossime spedizioni punitive in cosa credono di essere diversi dalla ferocia degli assassini?”.
Tra i commentatori (che ringrazio per l’attenzione, sempre) più di qualcuno proprio da Alatri mi ha scritto indignato perché avrei “rovinato l’immagine del paese” (come diceva quell’altro, ve lo ricordate, a proposito degli “scrittori di mafia”). Eppure quell’editoriale (come tutto quello che scrivo) nasceva dalle dichiarazioni delle forze dell’ordine che già da qualche giorno ci avvisavano di un clima generale tutt’altro che pacifico, contrito e solidale.
Ora arriva la conferma. Come scrive l’Ansa:
“Sono state messe sotto sequestro le armi in casa di parenti e amici di Emanuele Morganti. La decisione è stata presa dalla Prefettura di comune accordo con i carabinieri e la Questura per precauzione probabilmente anche a seguito del ritrovamento da parte della squadra mobile di Frosinone di un biglietto contenenti insulti “agli infami” responsabili dell’omicidio. Ad Alatri e nelle sue frazioni,infatti, l’atmosfera è tesa: si temono vendette verso gli indagati a piede libero e i loro familiari. La tragedia del ventenne di Tecchiena, massacrato di botte all’esterno di una discoteca nella notte tra venerdì 24 e sabato 25 marzo, ha scosso il paese. La fontana di piazza Regina Margherita davanti all’ingresso del locale Mirò teatro dell’omicidio è stata svuotata dai carabinieri e dai colleghi del Ris che cercavano l’arma che ha ucciso Emanuele, ma senza esito.”
Ecco. Appunto.