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Altra Europa con Tsipras

Sulla Spinelli che dovrebbe rinunciare

Sono d’accordo con Christian Raimo:

maxresdefault-640x420Ma soprattutto sarebbe bene realizzare come la rinuncia alla rinuncia, il passo avanti che segue il passo indietro, l’aver prima rappresentato una candidatura-civetta e poi aver rivoluto il posto lasciato a qualcun altro, costituirebbe una ferita non da poco alla faticosa credibilità raggiunta da quest’agglomerato di sinistra, l’ennesimo arcobaleno che diventerebbe nel giro di un attimo una palude brunastra. Vogliamo anche ammettere che non è facile rinunciare se si pensa di essere utili forse, fondamentali, aggreganti. E c’è da dire che Alexis Tsipras la vorrebbe vicepresidente dell’Europarlamento. Ma. Ma per quanto questa prospettiva sarebbe augurabile, mi spiace affermare che la grammatica vuole un altro verbo: questa prospettica sarebbe stata augurabile. Perché Tsipras non ha tirato fuori quest’idea due mesi fa? Perché non ha insistito con i suoi candidati perché le candidature fossero tutte reali e non di facciata? Quanta gente ha votato sapendo che Curzio Maltese sarebbe andato, in caso, a Bruxelles; e quanta gente ha votato sapendo che Moni Ovadia sarebbe rimasto, in caso, a casa sua?

È evidente a chiunque dotato di buon senso che si tratta di un caso lampante di buchi & pezze peggiori dei buchi. Tuttavia Barbara Spinelli ha dalla sua un’arma incredibile. Dire no, vadano Furfaro e Forenza. Dire no, motivando bene questo no. E diventando all’istante una leader credibile di una sinistra allo sbando. Una leader credibile e non, come la chiamano sui giornali, “la figlia di Altiero”. Ma mettiamo il caso contrario: davvero Spinelli ritiene che si debba avallare il fatto che si è costruito un progetto così molteplice per poi convergere su una candidatura personale e non su un progetto. E che non si senta sola a pensarlo. Spinelli e Tsipras questo credono? Dovrebbero – come minimo – argomentarlo per bene. Altrimenti la prossima volta quel milione e centomila persone che gli hanno dato credito, voteranno la Lista Arrosticini. E di quelli, io sono il primo.

Pensa a Loredana Lipperini in Europa

Sarà che continuo ad essere convinto che ci sia bisogno di cultura politica (cultura, politica e di cultura politica) ma in questa campagna elettorale per le lezioni europee non si può non notare per l’ennesima volta una programmata sparizione dei contenuti e una rampante onda di accuse, bisticci da cortile e i soliti colpetti bassi da particella dell’oratorio. Anche per questo ho deciso di limitare le mie uscite elettorali a pochi fidati amici prediligendo i candidati a sindaco che si assumeranno il dovere di amministrare la crisi piuttosto che le città. Qualche giorno fa avrei dovuto partecipare all’incontro elettorale organizzato su Milano per Loredana Lipperini. Non sono riuscito ad arrivarci per diversi motivi ma tengo a rendere pubblica la mia predilezione per Loredana e ciò che rappresenta: una figura culturale a tutto tondo che non rinuncia all’impegno politico come percorso (accidentato, velenoso e a volte infame, vedi Loredana?) verso la bellezza. Leggete il suo ultimo post:

Questa campagna elettorale, dunque.
Dove sento parlare di vittorie, di derby, di avversari da annichilire. Ma dove non sento parlare di progetti, e tanto meno di progetti europei.
Questa campagna elettorale, dunque.
Dove scatta una annoiata voglia di sangue da parte dei molti che si accingono a guardare i talk show con l’account twitter già aperto per commentare battuta dopo battuta.  Pollice su e pollice giù, come ai vecchi, vecchissimi tempi.
Questa campagna elettorale, dunque.
Dove si sgomita per una poltrona in un salotto televisivo. Dove si punta a un rialzo che in realtà è un ribasso, convinti che la visibilità sia non un valore, ma IL valore, e non importa cosa ci metti dentro quella visibilità ottenuta, e quali progetti, e quali obiettivi.
Questa campagna elettorale, dunque, non è la mia.
La mia è anomala e verrebbe bocciata da ogni comunicatore, figurarsi. Si svolge nelle librerie e nei luoghi frequentati dai lettori (ma anche nei mercati, ma anche nei circoli di quartiere). E’ fatta di racconti e, magari, di utopie. In una parola: non è in nulla diversa da quanto ho detto e scritto negli ultimi dieci anni. Semplicemente, è confluita in un progetto.
La mia campagna elettorale è un manifesto. Perché delle battutine spiritose e delle risse e del tutti contro tutti, grazie, faccio a meno.
La mia campagna elettorale è qui. Nel manifesto di Culture Action Europe che faccio mio, virgole incluse. E che mi impegno ad attuare: sia nel caso venissi eletta, sia in caso contrario, nel mio lavoro quotidiano. 

Questa campagna elettorale, dunque, fatta di persone, di incontri vecchi e nuovi, di case in cui dormo, di stanze che conosco, è la campagna elettorale più bella che potessi immaginare. Servirà? E’ già servita, e molto.

Ecco, per un manifesto culturale europeo che sia serio e sincero stamattina mi sono detto: pensa a Loredana in Europa come ci farebbe bene a noi operatori culturali qui in Italia. E in Europa, a volere essere coraggiosi.