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«Il codice appalti? L’ANAC di Cantone? Non servono a niente»: parla Davigo

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«Più che le leggi, per contrastare gli abusi nelle gare pubbliche servono “operazioni sotto copertura” con agenti infiltrati. “I magistrati non sono capaci di fare politica”, aggiunge, lanciando però una frecciata al governo: “Non serve alzare le pene se non si sa a chi darle”». Il Fatto Quotidiano, 11 giugno 2016 (c.m.c.)

Piercamillo Davigo a tutto campo su Codice appalti, corruzione e Anac. La nuova normativa sulle gare pubbliche, sostiene il presidente Anm, “è tutta roba che non serve a niente” e la corruzione “non si combatte con l’Autorità nazionale anticorruzione”, che non ha poteri di repressione. Ma Davigo torna anche a parlare del rapporto tra magistratura e politica, che ha acceso vivaci polemiche pochi giorni dopo la sua elezione al vertice del sindacato delle toghe. “Io non farò mai politica. I magistrati non sono capaci di fare politica”, ha detto Davigo. E sulle attuali leggi contro la corruzione chiosa: “Non serve alzare le pene se non si sa a chi darle“. Poche ore dopo, il premier Matteo Renzi ribatte: “Il Codice degli appalti è un passo in avanti”.

“Il Codice appalti non serve a niente. Bisogna usare agenti infiltrati”

Il nuovo Codice appalti “è tutta roba che non serve a niente”, ha spiegato il presidente dell’Anm al convegno dei giovani di Confindustria. “Da anni” si scrivono normative sugli appalti “con regole sempre più stringenti che danno fastidio alle aziende perbene e non fanno né caldo né freddo a quelle delinquenziali”, ha proseguito, sottolineando quindi che “non serve fare normative sugli appalti, serve fare operazioni sotto copertura“, con agenti infiltrati che fingono di essere imprenditori. Su questo punto, in passato Davigo aveva già incalzato il presidente dell’Anac Raffaele Cantone: “Per contrastare la corruzione bisogna mandare i poliziotti a offrire denaro ai politici e arrestare chi accetta. Lo diceva anche Cantone, ma ora ha smesso di dirlo. Perché? Lo capisco. E non aggiungo altro…”.

“La corruzione non si combatte con l’Anac, non ha poteri di repressione”

E ora il presidente dell’Associazione magistrati torna a sferzare Cantone e il Codice appalti,che èstato fortemente voluto, anche se in parte criticato, sall’Autorità nazionale anticorruzione ” “Non si può dire che con l’Anac si combatte la corruzione“, perché “sarebbe contro la Costituzione”: se l’Autorità di Raffaele Cantone “non fa certo cose inutili”, comunque “fa cose diverse”. Per combattere la corruzione servono “strumenti altamente invasivi che la Costituzione riserva alla magistratura”. L’Anac, dice invece, “è un’autorità amministrativa: non può avere alcun potere serio per reprimere la corruzione”; fa “cose ottime”, ma “non c’entrano niente con la repressione della corruzione”.

“I magistrati non sanno fare politica. Non serve alzare le pene se non si sa a chi darle” 

E dopo le stoccate ad Anac e Codice appalti,il presidente Anm torna sulla delicata questione dei rapporti tra magistratura e politica, al centro di roventi polemiche con il governo. “Io non farò mai politica. I magistrati non sono capaci di fare politica”. A chi gli chiede cosa farebbe per prima cosa se diventasse ministro della Giustizia, Davigo risponde: “Farei dei disegni di legge sulla corruzione diversi da quelli che sono stati fatti”. Questo perché “non serve alzare le pene se non si sa a chi darle“. E sottolinea come il governo abbia introdotto una lieve premialità per chi confessa: “Se parli prendi un po’ meno… così uno diventa in un certo senso onesto”.

“Mi sento Re Mida. Chi indago fa carriera politica”

Davigo non si fa mancare l’occasione di lanciare una nuova frecciata alla classe politica italiana, partendo dal suo vissuto personale. “A volte ho pensato di essere come Re Mida, vedevo che a chiunque mi avvicinavo” con le indagini sulla corruzione “poi faceva una spaventosa carriera politica“, dice il presidente dell’Anm. Era così perché si trattava di persone con “una spaventosa forza di ricatto“. E’ ancora oggi così? “Beh, ho visto che ad Expo ne hanno presi due che ci erano cascati già 25 anni prima”.

La replica di Renzi: “Il Codice degli appalti è un passo in avanti”

E dallo stesso palco dell’assemblea dei giovani di Confindustria, il premier Matteo Renzi ribatte a Davigo poche ore dopo il suo intervento. “Il Codice degli appalti a me sembra un passo avanti, non un passo indietro – ha affermato il capo del governo – Certo siamo sempre pronti a fare meglio ma serve anche valorizzare il buono che c’è”. E ancora: “Rispetto tutte le opinioni ma penso che l’Anac di Raffaele Cantone sia particolarmente utile. Se non ci fosse stata Anac, non saremmo intervenuti su Mose ed Expo, centinaia di appalti sarebbero finiti in un vicolo cieco”.

Dio è femmina e comunista

L’amore che ci state dando in questi giorni mi fa pensare che mia madre ha fatto qualcosa per gli altri. Delle sue lotte diceva: non posso fare altrimenti, non si può lasciare che si trattino così le persone. Mia madre ha amato immensamente, me, mio padre, le mie figlie, la mia nipotina. Quando qualcosa non funzionava, diceva: ricordati che Dio c’è, ed è comunista. Io dico che non solo è comunista, ma è anche femmina. Andate a casa da qui con un po’ di fiducia. Il mondo lo cambieremo“.

Jacopo Fo oggi, al funerale della madre Franca Rame.

Niente Coppi senza i Carrea

In morte di Andrea Carrea, detto Sandrino forse per affrontare con un diminutivo la solennità del suo corpaccione contaidno, 89 anni, nato a Gavi ma cresciuto a Cassano Spinola, si è ricordato l ultimo gregario storico di Fausto Coppi e quindi di un certo ciclismo. Il penultimo ad andarsene era stato, poco più di un anno fa, Ettore Milano, 86 anni, anche lui di quella provincia di Alessandria che ha dato allo sport italiano campioni enormi di ciclismo e calcio, con una concentrazione di talenti che forse meriterebbe un qualche studio serio: Girardengo, Coppi, Baloncieri, Giovani Ferrari, Rivera

Milano, erre “roulée” alla francese proprio come Rivera e come tanti di quella provincia (idem per Parma), era in corsa il paggio psicologo di Coppi, Carrea era il suo diesel da traino e spinta.

Scelti entrambi, per aiutare il Campionissimo, da Biagio Cavanna detto l orbo di Novi Ligure, il massaggiatore cieco che tastava i muscoli e indovinava le carriere (e a Milano diede pure la figlia in sposa).

I due non avevano vinto mai in prima persona, Fausto vinceva anche per loro che lavoravano per lui portandogli in corsa acqua,panini,conforti vari, tubolari, amicizia. Un giorno al Tour de France del1952 Carrera si trovò, ”a sua insaputa”come uno Scaiola del ciclismo, in maglia gialla.

Un gendarme lo pescò in albergo per portarlo alla vestizione. Carrrea si scusò con Coppi per eccesso di iniziativa, avendo fatto parte di un gruppetto, teoricamente innocuo, di fuggitivi non ripresi.

Il giorno dopo il suo capitano gli prese, come da copione, la maglia gialla scalando l Alped Huez e arrivò da dominatore a Parigi. Un cantante ciclofilo, Donatello, che ha fatto anche Sanremo, ha composto una canzone splendida che è un sogno di bambino e dice: “Un giorno, per un giorno, vorrei essere Carrea”.

Il gregario nel ciclismo non c è più, almeno nel senso classico: libertà di rifornimento continuo dalle ammiraglie, licenza per ogni assistenza tecnica in corsa, severità della giuria quando, specialmente in salita, ci sono troppe spinte per i capisquadra, che facevano chilometri senza dare una pedalata, hanno procurato dignità aduna collaborazione che non è più umiliante e servile, e che consiste soprattutto nel pedalare con accelerazioni giuste al momento giusto, nell aiutare, aprendogli un tunnel nell aria, il capitano quando è il momento di tirare per rimediare aduna sua défaillance o rafforzare una sua iniziativa. Nello sport tutto i gregari sono di tipo nuovo.

Diceva Platini genio del calcio: “Importante non è che io non fumi, è che non fumi Bonini”. Il quale Bonini gli gocava dietro, riempiva il campo del suo gran correre, cercava palloni per servirglieli. Adesso i grandi gregari del calcio, alla Gattuso, guadagnano bene, sono stimati, cercati. Coppi lasciava comunque ai gregari tutti i suoi premi, e così li ha fatti ricchi.

Chi è adesso il gregario? Nell automobilismo il pilota che esegue gli ordini di scuderia, lascia passare il compagno che ha bisogno di punti, fa da “tappo” mettendosi davanti a chi lo insegue, e al limite “criminoso” sbatte fuoripista il concorrente pericoloso.

Nel ciclismo è ormai quello che sa propiziare il sonno al campione nelle dure prove a tappe, sa dargli allegrie o comunque distensione in corsa. Nel mondo dell atletica il gregario si chiama lepre, ed è pagato, nelle corse lunghe,per tenere alto il ritmo nella prima parte, sfiancando gli avversari e propiziando un tempo di finale di eccellenza: poi può ritirarsi. Sta sul mercato, è ingaggiabile anche al momento, per una corsa sola.

Nella scherma magari è quello che tiene per il campione il conteggio delle vittorie regalate in tornei di ridotta importanza o comunque prospettanti al campione stesso una eliminazione ormai sicura, gli fa il calcolo dei crediti e dei debiti così messi insieme nel rapporto con avversari importanti, gli dice quando è tempo di “passar vittoria”.

Il gregario nuovo può anche arrivare a sperimentare su se stesso il prodotto dopante o il prodotto coprente, correndo dei rischi. Ma la sua funzione diventa sempre meno materiale. E si deve ricordare che il prototipo altamente psicologico del gregario che dà serenità, oltre a procurare una buona compagnia negli allenamenti, tiene quattro gambe anzi zampe. E un cavallo: si chiamava Magistris, era un quasi brocco, ma senza di lui vicino, in pista come nella stalla,il favoloso Ribot era nervoso, tirava calci e nitriva di rabbiosa tristezza.