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Caro Toti, è veramente così difficile dire: “Ho sbagliato”?

Alla fine ha pure fatto la sua intervista d’ordinanza al Corriere della Sera per provare a rettificare e c’è riuscito malissimo, e non c’erano dubbi. Il presidente della Liguria, intervistato sul suo tweet in cui definiva gli anziani “non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese” non ha affatto rimediato alla gaffe, forse perché in fondo la sua idea è proprio quella, quella di un’utilità sociale che sia fermamente ancorata all’utilità di produzione, secondo il feroce schema “nasci, produci, consuma, muori” che fa tanto comodo a una certa politica. Quella politica che vorrebbe appiattire tutta la questione sanitaria al semplice fatturato, come se non esistesse un’emergenza sociale, un’emergenza affettiva, un’emergenza mentale. Niente.

Ridurre tutto all’eugenetica di chi produce e di chi invece non produce è il crinale in cui Toti si è avventurato tralasciando, come al solito, la complessità a favore di una banalizzazione che come tutte le banalizzazioni risulta feroce nella sua semplicità. Poi ci sono le scuse, sempre quelle, sempre allo stesso modo: dice Toti che la colpa è del suo social media manager (che è il nome altisonante per definire spesso coloro che, sottopagati, si occupano di tutta la comunicazione e che alla fine risultano determinanti per costruire il personaggio politico). Gli sfugge che il fatto che sui suoi profili social ci sia la sua faccia, e ciò implica necessariamente che sia sua tutta la responsabilità di quello che esce da quei canali.

Non ce la fanno proprio a dire semplicemente “scusate ho sbagliato, ho fatto una cazzata” e così accade addirittura che la sua responsabile dei social, Jessica Nicolini, si metta a cianciare in un’intervista di “chi non vede l’ora di far licenziare qualcuno in un momento come questo o gode sugli errori degli altri”, come se alla fine anche l’indignazione fosse colpa nostra, scemi noi che ci siamo permessi di farci irretire dal suo orrido messaggio. Ma il punto principale è che questi sono disabituati alla cura, alla cura delle parole, alla cura della memoria, alla cura delle persone nella loro totalità e così appaiono sempre impreparati ogni volta che si ritrovano a doversi occupare delle cose umane, loro così attenti solo agli algoritmi e ai flussi della preferenza elettorale, loro sempre così attenti al gradimento. E Toti si è anche dimenticato di guidare la regione più anziana di uno dei Paesi più anziani del mondo. Pensa a volte il destino.

Leggi anche: 1. Toti: “Tweet maldestro, ma confermo: isolare gli anziani per proteggerli” / 2. Toti, la gaffe e lo staff

L’articolo proviene da TPI.it qui

A proposito di solidarietà: l’anziana spremuta

Non so esattamente di che reato si tratti ma questa storia raccontata da alcuni giornali dell’anziana signora che ha perso 200.000 euro in due anni giocando e che veniva addirittura “rincorsa” dai titolari delle ricevitorie ha dentro tutto: la solitudine della terza età in pasto alla ferocia. Eccola qua, come la riporta l’Huffington Post:

 

Settantotto anni e la passione – o la malattia – per i “gratta e vinci”. Così una 78enne di Treviso ha perso 200 mila euro in circa un anno: sfidando la sorte, giocando d’azzardo.

Ogni mattina usciva dalla casa di riposo in cui viveva per recarsi nelle vie centrali della città. “Era del tutto autonoma, si gestiva la sua vita in autonomia come se vivesse a casa propria – ha spiegato a Treviso Today il direttore dell’Israa di Treviso, Giorgio Pavan – e questo ha purtroppo rallentato il nostro intervento. Dovevamo rispettare la sua autonomia”.

“Questo caso è stato la punta dell’iceberg, ma si tratta di un problema serio”, ha aggiunto Pavan parlando della ludopatia degli anziani, sempre più frequente in Italia. Da quanto scrive il Messaggero, poi, i titolari delle ricevitorie erano soliti accompagnare la 78enne in auto quando lei non aveva voglia di camminare.