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armi e munizioni

Nell’uovo, le armi

Quatti quatti, zitti zitti, i signori delle armi entrano nella proposta di Pnrr che il governo Draghi si prepara a stilare per la consegna del Recovery Plan alla Commissione europea. Il comparto militare, settore precedentemente ignorato dal governo precedente, sorride sotto i baffi intravedendo la luce.

Il governo Conte aveva presentato le linee guida del Piano nazionale di ripresa e di resilienza il 15 settembre del 2020, poi formalizzato con la proposta del 31 gennaio 2021. Il testo aveva tre assi di intervento, già condivisi in ambito europeo: digitalizzazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Già durante la crisi di governo il Parlamento ha continuato a lavorarci con audizioni di operatori economici. Ebbene: il 9 febbraio si tiene alla Camera, davanti alle Commissioni riunite di Bilancio e Attività produttive, l’audizione informale della Leonardo S.p.A., azienda partecipata che si occupa di difesa, aerospazio e sicurezza. Subito l’insediamento del governo Draghi, poi, il 23 febbraio, la Commissione Difesa del Senato ascolta una rappresentanza di Anpam, Associazione Nazionale di Produttori di Armi e Munizioni, la settimana successiva è il turno dell’Aiad (Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza), il cui presidente è il fedelissimo di Giorgia Meloni, Guido Crosetto.

Ecco la novità: le Commissioni Difesa di Camera e Senato propongono l’utilizzo di fondi «per promuovere una visione organica del settore della Difesa, in grado di dialogare con la filiera industriale coinvolta, in un’ottica di collaborazione con le realtà industriali nazionali, think tank e centri di ricerca» e per «valorizzare il contributo a favore della Difesa sviluppando le applicazioni dell’intelligenza artificiale e rafforzando la capacità della difesa cibernetica e incrementare, considerata la centralità del quadrante mediterraneo, la capacità militare dando piena attuazione ai programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare».

Le osservazioni delle Commissioni Difesa vengono recepite nel parere della Commissione Bilancio ma anche il governo sembra essere d’accordo: nel resoconto della seduta del 17 marzo della Commissione Difesa del Senato, infatti, si legge che il sottosegretario Mulè «ringrazia il relatore per il lavoro svolto ed esprime apprezzamento per la bozza di parere della Commissione, che, nei contenuti e perfino nella scelta dei vocaboli, corrisponde alla visione organica che del Piano nazionale di ripresa e resilienza ha il Governo».

Dove siano innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale in tutto questo potrebbe spiegarcelo Draghi, magari ricordandosi che sono stanziati per i prossimi quindici anni ben 36,7 miliardi di euro in spese militari, più del 25% dei fondi pluriennali per l’investimento e lo sviluppo infrastrutturale dell’Italia.

Buon lunedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Li armano e poi li combattono /4

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di Mariella Colonna

Uno studio internazionale, Conflict Armament Research (patrocinato dall’UE), ha reso noto che i terroristi dell’Isis utilizzano armi e munizioni fabbricati in Usa, Russia e Cina. Lo studio – realizzato da osservatori inviati nelle zone di conflitto che hanno lavorato accanto ai peshmerga curdi tra luglio ed agosto di quest’anno – è stato possibile grazie alla raccolta e analisi di bossoli sparsi nei luoghi degli scontri armati con gli jihadisti nel nord dell’Iraq e nella Siria settentrionale. Questo lavoro ha tracciato una mappatura dei materiali bellici in dotazione al Califfato.

Lo studio dice che l’approvvigionamento armato dell’Isis ha diverse provenienze: una parte è in capo a gruppi antigovernativi e a pezzi della sicurezza siriana e irachena corrotti. L’altra arriva dalle incursioni jihadiste che hanno permesso all’organizzazione di raccogliere sul campo armi di fabbricazione americana date in dotazione all’esercito iracheno nel periodo post-Saddam. Ben oltre l’80percento delle circa 2000 cartucce raccolte risultano prodotte in Cina, Russia, Serbia e Stati Uniti. Di queste, più di 300 cartucce per fucili M4 ed M16 consegnati dagli Usa alle forze di sicurezza irachene durante l’occupazione dell’Iraq, sono state prodotte al Lake City Army Ammunition Plant, una fabbrica in Missouri di proprietà del governo americano che produce 4milioni di proiettili di piccolo calibro ogni giorno per l’Esercito Usa. Ma non è tutto. Le munizioni in mano all’Isis comprendono anche bossoli fabbricati dalla californiana Sporting Supplies International Inc e cartucce con il marchio Wolf. Gli M16 sono l’arma usata dagli americani nel 2003 per liberare l’Iraq, utilizzati qualche settimana fa dagli jihadisti durante l’assedio e la conquista di Mosul.

In seguito ai furti di armi commessi dallo Stato Islamico a danno dell’esercito iracheno, si legge nello studio, il Congresso americano si è fatto carico di nuove forniture di armi e munizioni ai militari iracheni e ad alcuni gruppi siriani, limitandosi a richiederne il controllo al Dipartimento di Stato. Controllo non privo di errori perché nel 2007 Washington ha pubblicato un rapporto che evidenziava lo smarrimento di 190mila armi in Iraq che molto probabilmente hanno equipaggiato un esercito.

L’analisi inoltre Conflict Armament Research mette in risalto che anche la Russia ne è coinvolta. Probabilmente indirettamente. Se si considera che Mosca è alleata di Bashar al-Assad al quale fornisce armamenti, ma Damasco è un obiettivo dell’Isis. Infatti, secondo gli osservatori la conquista di Ḥamā è stata fatta principalmente allo scopo di approvvigionamento di armi e munizioni. Perciò Putin risulta il secondo fornitore del Califfato.

I dati dimostrano inoltre che larga parte delle munizioni di produzione cinese sono state inviate in Siria e in Iraq e da lì portati nella zona di guerra. Una piccola parte proviene dall’Iran, paese sostenitore del governo iracheno a guida sciita ed alleato di Assad. Una minima parte proviene dalla terra dove tutto è iniziato.

(fonte)