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arnaldo capezzuto

Una bella domanda

La pone Arnaldo partendo dall’enorme patrimonio accumulato dal clan Contini:

Ciò che appare normale, quotidiano, a volte non lo è. Occorre guardare dentro. Mettere le mani su ospedali, gestire supermercati, bar, ristoranti, pizzerie, locali notturni, negozi di alimentari, distributori di benzina è un canovaccio studiato analiticamente dal clan. Avere direttori di banche e finanziarie a disposizione è possedere le leve del potere. I Contini hanno puntato alla normalità: infiltrarsi, contaminare, vivere la vita di tutti i giorni diventando un pezzo, uno strato, un collante della società intesa come luogo proprio della vita e degli interessi della gente.

La domanda è puntuale: i Contini come hanno potuto fare tutto questo da soli? Mi chiedo: l’enorme potere di mobilitazione, aggregazione, chiamata alle armi della cosca è stato mai sfruttato da qualche politico? Le varie Commissioni parlamentari antimafia hanno mai percepito l’esistenza di questo sistema? E se no, non occorre urgentemente rivederne i meccanismi della stessa Commissione ? E poi, se Eduardo Contini e Patrizio Bosti hanno avuto tutto il tempo di intarsiare il loro potere enorme non è forse giunto il momento di legiferare norme antimafia più stringenti e serie? Perché le istituzioni e in particolare il Parlamento continuano a ignorare questi temi e non inseriscono la lotta alle mafie economiche ai primi posti dell’agenda del fare?

Otto contatori idrici

Il ripristino della legalità è una guerra dura lì dove la regola è l’illegale, l’interesse è sempre particolare e la “normalità” è una minoranza. Otto contatori idrici installati a Casal di Principe (ne dà notizia Arnaldo qui) sono addirittura un presidio in territorio nemico.

Per chi ci vive in quelle terre disgraziate l’installazione dei primi otto contatori a Casal di Principe segna un traguardo storico. La triste realtà è questa. Perfino i vari commissari prefettizi succedutesi promettevano l’installazione dei misuratori, stanziava i soldi, trovavano le ditte, ma poi non accadeva nulla. Allora bisogna darne atto all’attuale commissario prefettizio Silvana Ricciodi essere riuscita in un’impresa titanica. Non si sa se gioire o piangere di rabbia.

A Castel Volturno ci si mangia la costa

In meno di dieci anni sono scomparsi oltre duecento metri di costa. Un’emergenza che nasconde dell’altro. Il mare risucchia la sabbia che “qualcuno” abusivamente ha prelevato altrove per costruire mega insediamenti. Parliamo delle grandi speculazioni edilizie, escavi abusivi per il “Villaggio Coppola” a Pinetamare o l’occultamento dei rifiuti gettati in buche e tompagnati. “La prima denuncia sul rischio di erosione della costa di Bagnara, a Pascopagano, risale al 2007 – riflettono Ciro Scocca e Anna De Vita di “Res Volturno”, associazione molto combattiva e concretamente anticamorra – da allora è stato un susseguirsi di segnalazioni e sollecitazioni agli enti locali, alla regione Campania e a vari organi di competenza. Purtroppo senza risultato”. I commissari straordinari del comune di Castel Volturno non solo hanno aderito all’iniziativa ma hanno confezionato una nota (vedi protocollo 43193 del 5 settembre 2013) al presidente della Regione Campania Stefano Caldoro “…sarebbe auspicabile che Lei promuovesse, nell’ambito della programmazione regionale, un’azione tesa a contrastare tale fenomeno erosivo, con la realizzazione di opere di rifacimento e di difesa, affinché questo territorio con grandi potenzialità, sia turistiche che produttive, possa rinascere nella legalità e creare occupazione…”.

Lo scrive Arnaldo qui.