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Intervista a Giulio Cavalli: “L’antimafia si fa innamorandosi dello Stato e non dei salvatori”

da ArticoloTre

articolotre_newlogo-G.C.– Giulio Cavalli: attore, politico, scrittore  da sempre in prima linea nella lotta contro le mafie. Tanto da volerle denunciare pubblicamente, scatenando la rabbia delle cosche che ora vorrebbero eliminarlo. L’ex consigliere lombardo di Sel vive ora sotto scorta e in una località protetta, ma, non per questo, ha scelto di tacere e di abbandonare il proprio impegno per la legalità.

“Mafie al nord” è un’espressione che finalmente comincia ad essere utilizzata. Si tratta però di una mafia “imprenditoriale”, in grado di esasperare i principi del capitalismo e, per questo, appare ancora più difficile da riconoscere. Se in meridione si parla di contiguità e convivenza, al settentrione è più opportuno parlare di connivenza o ignoranza?

Connivenza e ignoranza: perché non è vero che al nord ci sono solo mafie imprenditoriali difficili da riconoscere e lo dimostra bene il fatto che insieme ai soldi sono stati esportati anche i riti di affiliazioni e le dinamiche interne dei clan, sia per ‘ndrangheta che camorra che Cosa Nostra. L’ignoranza (mi piace di più chiamarlo “analfabetismo”) è soprattutto tra la gente che non ha contatti “diretti” ma semplicemente benefici indiretti o danni collaterali mentre la connivenza è evidentemente politica e finanziaria e imprenditoriale. Parlare di “mafia al nord” diventa quindi molto pericoloso se serve per chiedere una certa indulgenza di giudizio rispetto alle mafie del sud.

Nei giorni scorsi ha parlato di una “antimafia disorganizzata”, che si contrappone ad una criminalità, invece, organizzata. Qual è dunque, a Suo parere, la strada da imboccare per poter contrastare in maniera adeguata l’illegalità?

Un ruolo a cui la politica e la pubblica amministrazione non può rinunciare: non serve fare decine di conferenze stampa per protocolli in nome della legalità che poi non vengono applicati o si rivelano assolutamente antieconomici e allo stesso modo non può bastare un’iscrizione ad un’associazione antimafia per risultare aprioristicamente credibili. L’antimafia deve porsi degli obiettivi concreti e deve stare lontana dalla devozione mafiosa per cui siamo solidali sono con i nostri sodali. L’antimafia deve essere inclusiva e concludente altrimenti è semplicemente imprenditorialità di immagine.

Portare l’antimafia a teatro ha una valenza importantissima, in quanto sottintende, sostanzialmente, un rapporto tra cultura e legalità. In un’Italia che dimentica o consapevolmente ignora, non vi è però il rischio che l’antimafia si trasformi dunque in un valore elitario?

Certamente. Io però posso fare antimafia nei mestieri che so fare. Se tutti facessero semplicemente così risulterebbe facile. Credo che se fossi stato un idraulico avrei comunque inteso la mia professione allo stesso modo.

Il pentito Bonaventura ha illustrato il piano che la ‘ndrangheta aveva per eliminarLa. Nello specifico, ha parlato di un attentato che non dovesse apparire in alcun modo di matrice mafiosa, per evitare la creazione di martiri. La mafia ha dunque paura della memoria?

La mafia ha paura della consapevolezza e di tutto ciò che nel proprio piccolo prova a costruire chiavi di lettura collettive.

A seguito delle numerose minacce di morte ricevute, Lei vive sotto scorta. Altre centinaia di persone, in Italia, conducono una vita simile alla sua. Alcune vengono definite “eroi”: c’è speranza che arrivi il momento in cui gli individui che hanno scelto di combattere il fenomeno mafioso vengano ritenuti non straordinari ma, semplicemente, giusti?

Certo. Basterebbe parlare meno di scorte, ad esempio.

Tra i motivi che l’hanno resa una figura “scomoda” per la mafia vi è la denuncia dei rapporti tra politica e criminalità organizzata. Quanto è ancora forte il legame che intreccia lo Stato e l’antistato per eccellenza, e come è possibile reciderlo?

Le mafie stanno in ottima salute e hanno bisogno della politica per stare bene: la risposta quindi mi sembra evidente. Forse bisognerebbe innamorarsi di più dello Stato, delle sue leggi e della sua Costituzione e meno dei ciclici salvatori della Patria che ci vengono propinati.

Concorda con l’appello lanciato da Teresi, secondo cui i capi-mafia dovrebbero sganciarsi dai propri referenti politici in quanto semplicemente strumentalizzati da essi?

E’ una provocazione, ovvio. Io amo le provocazioni.

Dopo mesi di ritardo, è stata finalmente istituita la commissione antimafia. Tra i membri, spiccano nomi noti per le proprie posizioni controverse in merito al contrasto alle mafie. Come si pone un politico e un uomo di legalità di fronte a quello che potrebbe apparire un paradosso?

E’ la perfetta fotografia dello spessore della nostra classe dirigente. Perfetta: desolante ma precisa.