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asilo

I bus per i negri

L’Alabama del Novecento in Val Brembana.
I leghisti hanno chiesto al prefetto di Bergamo che i richiedenti asilo prendano i mezzi pubblici in orari diversi rispetto agli studenti

Sembra una storia piccola, di provincia, che non meriterebbe nemmeno un commento e invece è la fotografia di qualcosa che si spande, che ogni giorno diventa sempre più normale, che addirittura non scandalizza e trova perfino consenso.

L’Alabama del secolo scorso si è trasferito in Val Brembana, amena valle nella provincia bergamasca, qui una folta truppa di leghisti ha deciso di andare in spedizione, con la scanzonata andatura di un’armata Brancaleone e con musichetta comica al seguito, dal Prefetto di Bergamo Enirco Ricci. Per dare peso all’importanza e alla sostanza della richiesta hanno pensato bene di partecipare anche due parlamentari della Lega, Daniele Belotti e Alberto Ribolla, tanto per farci capire che non si tratta di un inciampo di qualche piccolo e sconosciuto amministratore locale ma qui siamo di fronte a un’ideologia di partito che viene sfoggiata pure con una certa fierezza.

La combriccola ha chiesto al Prefetto di Bergamo che i “richiedenti asilo” (chiamati proprio così nel messaggio ufficiale, virgolettati come si virgolettano i diversi) prendano i mezzi pubblici in orari diversi rispetto agli studenti del mattino e forse, ancora meglio, che venga predisposto un servizio di trasporto appositamente per loro. Il bus per i bambini bianchi e il bus per i negri.

Il bravo Matteo Pucciarelli di Repubblica, che ha raccontato la vicenda, riporta anche le parole del dirigente locale della Lega, tal Enzo Galizzi che dice testualmente che i migranti “spintonando e sgomitando” e “vista la loro stazza”, “occupano tutti i posti disponibili” non permettendo agli studenti di rientrare a casa.

Nella richiesta, se ci pensate bene, c’è tutta l’inversione della propaganda leghista: piuttosto che brigare e lavorare per chiedere un servizio pubblico più efficiente (di cui è proprio la Lega la responsabile politica, da quelle parti) si preferisce agire per sottrazione ovviamente schiacciando il piede sulla xenofobia. E così, in nome di un’oggettiva difficoltà (quello del trasporto pubblico, segnatelo, sarà uno dei grandi problemi del rientro al lavoro) si riesce ancora una volta a dare sfogo alle proprie bassezze.

Del resto il leader attuale della Lega era lo stesso ridicolo consigliere comunale a Milano che nel 2009 propose di istituire delle carrozze della metropolitana solo per i milanesi per evitare contaminazioni con gli stranieri. Ai tempi quel giovane provocatore Matteo Salvini venne preso come un innocuo agitatore di proposte improbabili. Poi è andata a finire come sta finendo.

Buon lunedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Se la Corte Costituzionale arriva prima del Pd a bocciare i decreti sicurezza di Salvini

Alla fine è dovuta arrivare la Consulta a dire quello che tutti sapevano, che in molti ripetevano da tempo e che perfino il semplice cittadino aveva capito senza bisogno di studi costituzionali: il primo decreto sicurezza voluto dall’ex ministro Salvini, quello salutato come se fosse una rivoluzione epocale anche dall’attuale presidente del consiglio Giuseppe Conte e da Luigi Di Maio quando era capo politico del Movimento 5 Stelle, è una boiata pazzesca per impostazione, per tutela dei diritti e perfino per la sicurezza nazionale che veniva tanto decantata dalle parti in commedia.

“La Corte ne ha dichiarato l’incostituzionalità per violazione dell’articolo 3 della Costituzione sotto un duplice profilo: per irrazionalità intrinseca, poiché la norma censurata non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza; per irragionevole disparità di trattamento, perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti”, scrive nella sua nota stampa la Corte Costituzionale, dando una martellata a chi davvero pensava che rendere invisibili le persone fosse un metodo valido perché non esistessero, una martellata a questa sedicente sinistra che ha dovuto aspettare i tempi biblici della giustizia prima di dare un cenno di vita e una martellata a chi è caduto nel tranello di un decreto che fingendo di garantire sicurezza in realtà non ha fatto altro che aumentare l’incertezza legislativa (e quindi proprio il controllo di cui andavano riempiendosi la bocca).

Ora, ad aggiungere pochezza a questo pochissimo spettacolo, si aggiungono anche i membri della maggioranza, quelli stessi che stanno nello stesso governo che avrebbe potuto abolire i decreti prima che si pronunciasse un tribunale, a spiegarci che loro lo sapevano, che era chiaro che fosse così e a esultare per un’iniziativa che la politica (cioè: loro) non ha avuto il coraggio di prendere in nome della vigliacca timidezza che continuano a portarsi dietro. “La Corte costituzionale conferma l’assurdità di alcune delle scelte propagandistiche volute dall’ex ministro Salvini, i cui decreti hanno prodotto molti effetti negativi per tutti”, dice il viceministro dell’Interno Matteo Mauri, il viceministro in persona, quello che avrebbe dovuto fare qualcosa e invece oggi legge comodamente la sentenza scritta dagli altri che gli ha tolto le castagne dal fuoco.

Leggi anche: “Fermate il Decreto Salvini: 18mila licenziamenti tra noi operatori dei Cas, migranti in mano alle mafie” 

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Casapound invoca il rispetto della legge (per gli altri): ora finalmente hanno ordine e disciplina

Palazzo occupato, così Casapound ha ottenuto ciò che voleva: ordine e disciplina

Ordine e disciplina, finalmente. I prodi membri di Casapound, quelli che vorrebbero fare i fascisti fingendo di non essere fascisti e autoconvincendosi che il fascismo abbia fatto “anche cose buone” (come un orologio rotto che segna l’ora esatta due volte al giorno) alla fine hanno ottenuto due dei punti principali della loro scarna propaganda elettorale: ordine e disciplina. Per ordine e per disciplina dovranno smammare dal palazzo che hanno abusivamente occupato a Roma in via Napoleone III.

Del resto, pensateci bene, ve li vedete quelli che fanno gli eroi che con il pugno alzato mentre cacciano gli stranieri delle baracche che poi vanno a ristorarsi in una baracca ben più lussuosa, nel pieno centro della città di Roma, dando così un pessimo esempio? No, dai. Anzi, volendo ben vedere, se i coraggiosi di Casapound fossero stati più svegli di quello che sono avrebbero organizzato una bella manifestazione, magari in piena quarantena e con le mascherine abbassate, per “liberare Roma” dalla loro presenza abusiva. Sai che begli applausi.

Ordine e disciplina, certo, e nell’ordine c’è il rispetto della legge che loro invocano per gli altri ma poi si dimenticano tutte le volte di applicare a se stessi e così saranno sicuramente soddisfatti dell’indagine condotta dalla Digos della Questura di Roma, la Procura della Repubblica capitolina che contesta i reati di associazione a delinquere finalizzata all’istigazione all’odio razziale e occupazione abusiva di immobile nei confronti, tra gli altri, dei vertici del loro movimento Gianluca Iannone, Andrea Antonini e Simone Di Stefano. Oltre ad altre tredici persone.

Ordine e disciplina, dicono, e siamo sicuri che sapranno spiegarci per bene come possano ritrovarsi in “emergenza abitativa” la metà degli occupanti abusivi del loro palazzo che sono dipendenti pubblici, regolarmente e comodamente pagati, che stanno abusando della pazienza degli italiani. E il grande capo Gianluca Iannone siamo sicuri che ci potrà spiegare come possano essere in “emergenza abitativa” i dipendenti che lavorano nel noto ristorante di sua moglie.

Parlano di onore, quelli di Casapound, e siamo sicuri che non avranno il disonore di venirci a dire “ah beh, allora gli altri?” come dei bambini all’asilo per cercare di giustificarsi. Ordine e disciplina, mica benaltrismo. Sono i duri e puri, no? Mostratecelo.

Leggi anche: 1. Altro che famiglie indigenti. Ecco chi abita nel palazzo occupato di CasaPound a Roma / 2. Casapound, sequestrata la sede in via Napoleone III a Roma

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Lettera all’asilo di mio figlio

(fonte)

Caro asilo,

O scuola dell’infanzia, come è giusto chiamarti.

Avrei voluto scriverti questa lettera gli ultimi giorni dell’ultimo anno scolastico, ma ho imparato che le cose belle vanno dette subito.

Volevo dirti grazie perché il mio bimbo sta crescendo sereno e felice anche grazie a te (sì, sei un involucro che racchiude tutto. Dicendo “asilo” intendo tutte le persone che ne fanno parte, le loro idee, le loro capacità. Chiusa parentesi). Papà ed io affidiamo il nostro figlio maggiore ogni giorno a te e torna a casa stanco, felice, con le mani impiastricciate. Un nano ogni giorno più grande.

Nelle ore che passa lì, molte più di quelle che passa con noi, purtroppo, cresce, si confronta, vive avventure.

Grazie alle tue maestre che sanno trovare i modi migliori per riempire le sue giornate, il suo cervello e il suo cuore.

Grazie alle cuoche che ogni giorno preparano cibo sano e gustoso (dannate cuoche, ogni volta dice “è più buono quello dell’asilo”. Insegnatemi a cucinare!)

Grazie a chi pulisce. Ogni giorno nostro figlio vive un ambiente sano anche da quel punto di vista (non garantisco per casa, soprattutto certi giorni in cui lascio un po’ tutto allo sbando).

Penso non sia facile gestire un asilo. Ci sono tante piccole persone da crescere, da far crescere bene. E ci sono spese da affrontare, progetti da seguire, conti da far quadrare.

A me piacciono le cose che si possono vedere e toccare. In questo ultimo anno, caro asilo, sei migliorato esteticamente e molte cose sono state fatte (so che se ne faranno ancora). Sì, lo so che gran parte del lavoro l’ha fatto il presidente che, nonostante sia caotico, chiacchierone, e “faccio tutto io” sta dando una bella svegliata a tutto quanto.

Grazie perché fai crescere anche me, mi permetti di conoscere nuove persone, di scoprire genitori che, come noi, non vogliono altro che i loro bambini siano felici.

Non faccio la maestra di lavoro, non so nemmeno colorare senza uscire dai bordi, non so come si possa organizzare un posto con cento teste, cento idee tutte diverse.

Forse qualcuno non ne è felice, forse qualcuno pensa “io farei così”. A volte ho pensato anche io “si potrebbe fare…” Ma io sono una mamma. Aiuto dove posso. Cerco di contribuire attivamente aiutando nelle feste, raccontando agli amici che cercano un asilo per i loro bambini quanto sia bello l’asilo Antonio Nava. Dal nido alla materna.

Certo, nessuno è perfetto, ma è normale. Chi di noi fa tutto alla perfezione? Io no. E penso nemmeno voi.

So che mio figlio è felice. Se non lo fosse non lo terrei lì. Ma anche se non lo fossi io. Perché è la sua serenità che mi fa da termometro.

Ed è la mia fiducia che me lo fa lasciare serenamente ogni giorno.

Se non ci fosse, se anche solo un aspetto (maestre, didattica, cibo…) Non mi convincesse me ne andrei.

E spero continui così, perché so che hai rischiato di chiudere e sarebbe stata una grande perdita.

Scusa se ti ho tediato. Adesso torno alle mie faccende.

Ho scritto 500 parole e forse bastava dire: grazie

Così marcisce Serracchiani

Il buongiorno di oggi è un pessimo giorno. Debora Serracchiani (ve lo ricordate?) era quella che avrebbe dovuto ringiovanire il Pd, tempo addietro, con spirito fresco e nuovo. Ha raccolto migliaia di preferenze, stupendo tutti (chissà perché il “nuovo” è di per sé un valore, ma questo è un discorso lungo) e ci si aspettava che potesse davvero svecchiare le più vecchie liturgie. E invece no. Anzi: e invece peggio.

Ha cambiato davvero il corso del Pd, ma verso il dirupo della destra mascherata. Basta leggere le sue parole. Ecco qui. Comunicato stampa di ieri (è qui):

Udine, 10 maggio – “La violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre, ma risulta socialmente e moralmente ancor più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza nel nostro Paese”.

Lo ha affermato la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, commentando il tentativo di stupro subìto da una minorenne ieri sera a Trieste da parte di un cittadino iracheno richiedente asilo.

Per Serracchiani “in casi come questi riesco a capire il senso di rigetto che si può provare verso individui che commettono crimini così sordidi. Sono convinta che l’obbligo dell’accoglienza umanitaria non possa essere disgiunto da un altrettanto obbligatorio senso di giustizia, da esercitare contro chi rompe un patto di accoglienza. Per quanto mi riguarda, gesti come questo devono prevedere l’espulsione dal nostro Paese, ovviamente dopo assolta la pena. Se c’è un problema di legislazione carente in merito – ha aggiunto Serracchiani – bisogna rimediare”.

 

(continua su Left)