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Giuseppe Imbalzano risponde

Giuseppe Imbalzano mi scrive una lettera aperta sull’episodio dell’infelice battuta. Inevitabilmente la sensibilità di molti ha amplificato la sua infelice uscita su diversi quotidiani (e, lasciatemelo dire, per fortuna) ma attenzione al giochetto di chi vorrebbe sotterrare dietro questa polemica i nodi cruciali di una sanità che riesce ad essere più elegante nelle parole ma con risultati disastrosi verso i cittadini e l’etica pubblica (non serve nemmeno citarli, basta guardare le prime pagine dei quotidiani degli ultimi mesi). Perché noi abbiamo chiesto la rimozione di Pietrogino Pezzano, tanto per dire, o di Felice Tavola. E sui quei problemi ci concentriamo. E abbiamo chiesto le scuse (che sono qui) di Imbalzano. Ora il dirigente (con cui ci siamo sentiti telefonicamente) prenderà le sue decisioni sperando che non siano decisioni convergenti con il sistema che “combattiamo”.

“Caro Dr Giulio Cavalli

Sono il reo (non mostro, spero) di quanto accaduto. Le scuse, man mano che ho potuto, le ho presentate. La battuta, che nulla aveva di provocatorio, ma che fa parte della cultura Yiddish, raccontatami da un mio amico ebreo israeliano, è assolutamente paradossale e rappresenta il rifiuto per la totale assenza di umanità che ha reso il rapporto tra gli uomini violento e senza prospettive se il nostro comportamento non persegue una etica di sensibilità e di rispetto che travalichi quelli che sono gli elementi sensibili di ognuno di noi, colore della pelle, religione, distinzioni di genere, salute e speranze in ogni atto o situazione.

Scusarmi è dovuto, ed è anche poco, considerato che non solo non volevo essere offensivo, ma rimarcare quali siano le mostruosità a cui sono state sottoposte milioni di persone. E in qualche parte del mondo lo sono tuttora. Il mio lavoro, la mia vita, la mia quotidianità, sono impostati alla ricerca di soluzioni e risposte ai bisogni dei cittadini, in particolare dei deboli e dei fragili. Da oltre 35 anni lavoro in sanità pubblica e credo che tanto del mio lavoro sia stato fatto proprio per rispondere alle esigenze di tutti, dalla semplificazione organizzativa alla gestione di servizi per favorire l’accesso ai cittadini con limitazioni funzionali o fisiche, dalla informatizzazione di intere aziende all’avvio del primo call center lombardo nei primi anni 90, da interventi e sviluppi nel settore della telemedicina, dagli interventi di riorganizzazione di ospedali o intere aziende alla ristrutturazione di parti o settori di ospedali.

Revisioni che hanno portato alla riduzione dei tempi di attesa o di degenza con servizi più efficienti, e, spero, anche più efficaci. Alcuni progetti innovativi come” l’ospedale aperto” e per “l’umanizzazione degli ospedali” sono tuttora operanti in strutture dove ho prestato la mia opera. Sono progetti che hanno cercato di rendere le strutture di ricovero più vicine ed assimilabili al domicilio, dal telefono a disposizione ai servizi essenziali forniti con il costo stesso del drg e non a pagamento. E non solo questo, naturalmente.

Poco, forse, ma costante e continuo. Ma oltre a questa attività mi sono occupato di progetti e interventi sulla prevenzione umana, sia in generale che, negli ultimi anni, sulla prevenzione dei tumori che tanto affligge la Nostra Regione. Azioni che hanno portato a modelli ed attenzioni diverse rispetto al passato, coinvolgendo intere comunità e aziende ospedaliere, pubbliche e private di intere Province.

Non aggiungo altro se non che sono stato premiato su un progetto, “sciogliete le file” nell’ambito del concorso “cento progetti” che sono stati attivati nel 1995 dal Governo Italiano. Non vinto ma segnalato per altri progetti, sempre nelle edizioni successive. Ho partecipato e sono stato responsabile scientifico di progetti della UE sulla semplificazione in Sanità e sulla informatizzazione della medicina generale.

Non vado oltre perché, pur avendo fatto molte altre cose, che poi sono esitate in documenti, pubblicazioni e partecipazioni a congressi, nazionali ed internazionali, tutte orientate a cercare di risolvere problemi esistenti per le barriere, non solo fisiche ma anche culturali, morali e relazionali, che si creano tra servizi e cittadini, diventerei oggettivamente troppo lungo.

Ma ci sono i documenti e sono a disposizione di chiunque voglia valutare e considerare quanto io abbia fatto nel corso di questi anni.

Sono assolutamente dispiaciuto ed amareggiato per come sia stata mal interpretata una mia, insisto, infelicissima battuta, che non mi appartiene come pensiero e come azione. Nel quotidiano come da sempre è stata mia cura agire per il bene e non per danneggiare la collettività intera. Sono davvero dispiaciuto e chiedo scusa per le mie parole, che abbiano o no offeso qualcuno, con tutta la sensibilità che credo di avere e di poter dimostrare di avere, umana e culturale.

Nel caso lo ritenesse, sono a Sua disposizione per un incontro per chiarire questo od altri argomenti che Lei ritenesse opportuni. La ringrazio per aver dato il giusto valore a parole esecrabili se lette nella forma scorretta e per l’attenzione ai temi sulla dignità umana che sono il fulcro del Suo operare e che perseguo anche io quotidianamente, seppure commettendo, come in questo caso, un errore grave data la posizione che occupo in seno alla attività dei Servizi Sanitari Lombardi. Cordialmente Giuseppe Imbalzano”.

‘Differenze tra torte ed ebrei? Le torte nel forno non gridano’

La frase l’ha pronunciata il  direttore sociale dell’Asl di Pavia, Giuseppe Imbalzano, 59 anni, a lungo dirigente dell’Asl di Lodi per poi passare a Bergamo e Milano, durante un incontro con i rappresentati di Comune e Provincia. Lui si difende dicendo «Quando ho detto quella battuta, le persone hanno sorriso — dice —.Non voleva essere un’affermazione pesante nei confronti di chi ha sofferto ed è stato trattato senza considerazione per la sua dignità umana. È stata una sciocca battuta, che non aveva alcuno spirito offensivo». Imbalzano continua: «Non avrei mai immaginato che una sciocchezza del genere potesse sollevare un “polverone”, anche per il contesto nel quale è stata pronunciata». E ripete: «Non volevo offendere la sensibilità degli ebrei, nella mia vita non ho mai manifestato mancanza di sensibilità nei confronti di ebrei e altre minoranze». Aggiunge anche che nessuna denuncia è giunta allo sportello.

Beh, Imbalzano, la denuncia e la questione in Aula la portiamo noi, stai tranquillo. Perché non solo non ci ha fatto ridere ma siamo proprio curiosi di sapere cosa ne pensano la gente, i dirigenti, l’assessore e il caritatevole Formigoni. E abbiamo un dovere di sdegno da esercitare. Senza battute.

Morire di nocività. A Brescia

scritto per IL FATTO QUOTIDIANO

Da giorni a Brescia semplici cittadini si sono organizzati in un comitato spontaneo per alzare la voce sulla città più inquinata di Lombardia.  Dalle conclusioni del loro intervento in Commissione Ambiente durante la loro audizione in Regione Lombardia si apprende che nelle zone di San Polo, San Polino e Buffalora della città di Brescia è diffuso un intenso inquinamento di aria, acqua e suolo tanto che recenti dati dell’Asl bresciana dimostrano una grave diffusione di patologie respiratorie più alte rispetto al resto d’Italia. Solo nel quartiere di San Polo, inoltre, i bambini dai 6 ai 14 anni soffrono di malattie respiratorie per il 30% in più rispetto ai residenti nelle altre circoscrizioni della città.

Tutto ciò è provocato da varie fonti di inquinamento: il termovalorizzatore di A2A; l’acciaieria Alfa Acciai, che ha provocato inquinamento per diossina, scorie e fumi radioattivi; la piattaforma di trattamento di rifiuti industriali speciali e pericolosi della società Systema Ambiente s.r.l. (ex Ecoservizi), che tratta circa 250.000 tonnellate all’anno e che, inoltre, ha richiesto un ampliamento per cui è in corso la VIA di Regione Lombardia; l’AEB, azienda chimica, che produce detergenti industriali nel centro di San Polo; Bonomi Metalli, un deposito di materiali ferrosi che in diverse occasioni ha suscitato perplessità sulla gestione del deposito rifiuti; l’ex cava Piccinelli, una discarica abusiva di materiali contaminati (Cesio 137) e altamente inquinanti, che ad oggi non è ancora stata sottoposta ad un progetto di bonifica e vi è il rischio che il materiale radioattivo  contamini la falda; una discarica di rifiuti speciali tossici nocivi situata in via Buffalora, nella quale sono presenti fango galvanico, fango da acidi, morchia oleosa, morchia di verniciatura, fango di depurazione, acque di verniciatura, rifiuti provenienti dall’abbattimento fumi, dalle tintorie, terre di fonderia e che presenta gravi problemi di percolato; numerose cave di ghiaia che si stanno trasformando in discariche di ogni genere poiché non sono state rinaturalizzate.

In questo contesto drammatico si inseriscono nuovi progetti. Nella zona classificata area critica per la qualità dell’aria e, quindi, non idonea alla realizzazione di nuovi impianti di trattamenti rifiuti a circa 350 metri dell’abitato di Buffalora, è stato concesso il permesso di costruire un nuovo impianto di produzione di conglomerato bituminoso con contestuale recupero di fresato, un impianto di lavorazione e selezione di inerti naturali ed uno di messa in riserva e recupero di rifiuti non pericolosi da costruzione e demolizione. Il predetto progetto prevede la distruzione di un bosco e il ritombamento con rifiuti inerti di un laghetto di falda affiorante.

La Profacta del gruppo Faustini sta realizzando una discarica di amianto, mentre nel Comune di Rezzato (BS), Località Cascina Castella, la ditta Castella s.r.l. è in attesa della V.I.A. di Regione Lombardia  per una discarica di rifiuti putrescibili con impianto a biomasse. Il comitato spontaneo contro le nocività e il Co.Di.S.A. sono intervenuti con proprie osservazioni nella procedura.

Nella zona già destinata dal P.R.G. al Parco delle Cave, infine, l’attuale giunta di Brescia vorrebbe destinare 1.500.000 metri quadrati alla realizzazione dello stadio e della cittadella dello sport e le strutture dovrebbero essere ubicate in una zona non servita dalla metropolitana leggera in corso di realizzazione.

Il nuovo PGT di Brescia prevede la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali, commerciali e produttivi in questa zona che sarebbe opportuno venisse bonificata e destinata a parco naturalistico, ovvero il Parco delle Cave.

Bisogna evidenziare che nella zona delle cave, nonostante le molteplici criticità ambientali, coesistono con le zone degradate numerose zone a grande valenza naturalistica e zone umide, ricche di fauna e di flora, preziose per la biodiversità. Appare, quindi, indispensabile tutelare tutte le aree già spontaneamente rinaturalizzate o in corso di rinaturalizzazione.

Il comitato spontaneo contro le nocività a fronte di questa situazione chiede la sospensione di tutte le richieste in corso per nuove escavazioni e discariche; la sospensione dell’autorizzazione alla Profacta; il divieto ad intervenire in aumento dei volumi di escavazione previsti nei piani provinciali cave e la verifica dell’effettiva necessità dei quantitativi da scavare; il recupero ambientale delle cave e la fissazione di un termine per la fine dell’attività di escavazione; la tutela delle zone umide e a valenza naturalistica; il blocco del rilascio di qualsiasi autorizzazione a nuovi impianti inquinanti; il recepimento delle osservazioni Cerani/Ruzzenenti presentate all’ “Atto di indirizzi” per il Consiglio Regionale ai sensi del c. 3 art. 19 l.r. 26/2003 in materia di programmazione della gestione dei rifiuti Delibera Giunta della Regione Lombardia n. IX/2072 del 28 luglio 2011 (pag. 11); lo stanziamento di fondi regionali per la bonifica delle discariche e dei siti inquinati per i quali si renda necessario l’intervento della pubblica amministrazione a tutela della salute pubblica, a fronte dell’accertata inadempienza dei responsabili o dell’impossibilità di individuare una precisa responsabilità; il riconoscimento dello stato di emergenza ambientale per il territorio di Brescia e dintorni.

A causa della mancanza di risposte e dell’imminente inizio dei lavori della discarica, i membri del comitato spontaneo contro le nocività hanno deciso di organizzarsi in uno sciopero della fame a staffetta per ottenere una risposta. Dopo venti giorni il Comune di Brescia ha deciso di discutere nella prossima seduta di Consiglio Comunale una mozione in cui si chiede di sospendere i lavori della nuova discarica in attesa della sentenza del Consiglio di Stato. Il 2 maggio dalle 18 alle 20 in Piazza della Loggia una manifestazione cercherà di tenere alta l’attenzione. E forse sarebbe il caso di esserci. Perché di ‘Brescia’ ne abbiamo tante, in giro.

Cesio 137: Chernobyl, provincia di Brescia

Sarebbe da non crederci se non fosse tutto registrato senza filtri o mediazioni. Una cava dismessa potrebbe (è un eufemismo, certo) avere contaminato le falde acquifere nei pressi di Brescia. Come si legge sul sito AmbienteBrescia “La provincia di Brescia può definirsi l’immondezzaio d’Italia: qui si producono grandi quantitativi di rifiuti urbani (50% in più della media nazionale); qui opera in piena città il più grande inceneritore d’Europa (800 mila tonnellate/anno); qui vengono importati enormi quantità di rifiuti speciali (circa 10 milioni ditonnellate/anno)  per il loro trattamento in siderurgia e in metallurgia (rottami), nell’inceneritore (urbani e speciali importati), nelle diverse piattaforme  specializzate (rifiuti speciali pericolosi e non) e, quindi, per la collocazione in discarica (rifiuti speciali pericolosi e non). Si può affermare che oggi la vera specializzazione produttiva dell’industria bresciana, insieme a quella delle armi, sia il trattamento dei rifiuti, come candidamente ha auspicato il responsabile energia di An on. Stefano Saglia (RifiutiSaglia.pdf). Questo imponente afflusso di rifiuti ha provocato e continua a provocare unadevastazione ambientale che ancora attende di essere pienamente valutata nella sua reale dimensione: emissioni in atmosfera degli impianti di trattamento, inquinamento delle falde, compromissione dei terreni con la disseminazione di centinaia di tumuli di materiali contaminati nelle varie discariche, oggi “controllate”, fino a poco più di vent’anni fa del tutto selvagge. Non si contano le “scoperte” fortuite di questi sgradevoli depositi del passato. Ciononostante si continua imperterriti ad aggiungere rifiuti a rifiuti, discariche a discariche, per poi far finta di stupirsi quando qualche magistrato, magari di Napoli,  come avvenuto ai primi di ottobre 2007, denuncia un traffico illecito di rottami/rifiuti pericolosi verso la siderurgia bresciana, “mascherati” da non pericolosi (RottamiPericolosiBrescia.pdf). “Il re è nudo”, verrebbe da commentare, perché era da tempo a tutti noto quali rischi ambientali comportasse la filiera del recupero del rottame (RottamiPericolosiComunicato.pdf) e della collocazione in discarica della parte non ferrosa, il cosiddetto fluff (Fluff.pdf). A Brescia ogni limite di compatibilità in questo settore è stato ampiamente superato, sia nel campo dei rifiuti urbani, sia in quello dei rifiuti speciali. Si deve invertire la rotta ed il nuovo Piano Rifiuti che la Provincia, approntato in bozza, a cavallo tra il 2007 e il 2008, varebbe dovuto definire una chiara prospettiva di fuoriuscita da questa “specializzazione” devastante per il nostro territorio”.

Il quadro che si apre in questi giorni a Brescia è imbarazzante. Per tutti. Basta ascoltare l’audio dell’inchiesta di Radio Popolare per accorgersi che la situazione è paradossale. Stiamo depositando proprio oggi l’interrogazione e la richiesta di audizione. E stiamo valutando un eventuale esposto in Procura. Perché questa Lombardia come un merdaio impunito comincia sinceramente a essere intollerabile.

L’articolo di QuiBrescia per capirne di più:

(g.g.) Una cava dismessa contenente materiale radioattivo potrebbe aver contaminato la falda superficiale della periferia a sud-est di Brescia?
È il timore contenuto nella relazione dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, che si è recata sul posto lo scorso giugno dopo 12 anni dalla scoperta del sito radioattivo.
Lo riferisce un’inchiesta di Radio Popolare a firma del giornalista  Andrea Tornago che, nella trasmissione “Radiosveglia” in onda questo giovedì sull’emittente prende in esame l’ex cava Piccinelli, in via Cerca 45, che si trova tra i quartieri di San Polo e Buffalora.
La falda, secondo quanto riferisce Radio popolare (che si è occupata anche del caso rifiuti illeciti a Brescia) è contaminata in profondità da Cesio 137 con una radioattività che sfiora il milione di becquerel/Kg, e l’ultimo intervento di messa in sicurezza del sito risale al 1999.
“Considerando la risalita della falda di circa 4 metri”, scrivono i tecnici di Arpa Lombardia, “è possibile che la contaminazione radioattiva sia stata, ormai, in parte sommersa dalle acque”. Un’eventualità che crea particolare inquietudine perché a poca distanza, nella direzione di scorrimento della falda, si trova un pozzo che rifornisce l’acquedotto della città.
L’Arpa ha inoltre rilevato altre sostanze cancerogene, tetracloroetilene e cromo esavalente, con livelli superiori ai limiti di legge.
Il sito contaminato dal Cesio, ricorda la radio, è ormai da anni in stato di abbandono: manca la segnaletica di pericolo, e la rottura dei teli impermeabili favorisce la formazione di percolato radioattivo. Il progetto di bonifica, approvato dall’Asl, giace in un cassetto dal luglio 1998.
Nello scorso giugno la radio aveva intervistato Francesco Vassallo, direttore sanitario dell’Asl di Brescia che aveva spiegato la presenza di teli a copertura del sito, per “non fare diffondere la radiocontaminazione in tutto il terreno ma soprattutto di andare a inquinare la falda sottostante” e aveva sostenuto che “la messa in sicurezza d’emergenza del sito radioattivo di via Cerca, nella periferia sud-est di Brescia, avrebbe ancora scongiurato, dopo 12 anni, una contaminazione radioattiva”.
Una settimana dopo, però, ricorda Tornago, “l’Arpa sarebbe entrata nel sito abbandonato da anni, e si sarebbe accorta che la situazione non era assolutamente sotto controllo. I teli impermeabili posizionati nel 1999 dalla ditta Nucleco, che dovevano arginare l’emergenza del Cesio per al massimo due anni, in 12 anni si sono deteriorati e nella discarica abusiva ha cominciato a formarsi percolato radioattivo”.
“Non solo”, ricorda il giornalista che ha curato l’inchiesta, “i teli non hanno retto, ma nemmeno le recinzioni di sicurezza: qualcuno si è introdotto nel sito e ha scaricato abusivamente del materiale, e due dei quattro rilevatori degli inquinanti nell’acqua sono spariti, a quanto pare interrati dalle ruspe. Così l’Arpa non può più dire se il Cesio 137 è finito nella falda acquifera oppure no”.
Succesivamente Mariagrazia Santini, dirigente fisico dei Monitoraggi Ambientali dell’Arpa di Brescia, competente in materia di radioprotezione ammette, ai microfoni della radio che la intervistava, di non prendere in mano il fascicolo da diversi anni. “La relazione allarmata di Arpa del 14 settembre 2011, resa nota soltanto adesso”, prosegue radio popolare, “porta proprio la sua firma”.
“Se il Cesio 137 sia finito nella falda acquifera di Brescia, ormai, non lo riesce a dire con certezza più nessuno”, prosegue l’inchiesat dell’emittente,”ma, dato l’innalzamento della falda di circa 4 metri, secondo i tecnici è addirittura probabile che il Cesio si sia sciolto nelle acque superficiali”.
Radio Popolare ha poi sentito anche l’assessore all’Ambiente del comune di Brescia, Paola Vilardi che afferma: “me non risulta. A me non risulta, a me non risulta che ci sia presenza di radioattività ma, qualora questo elemento venisse rilevato è evidente che…voglio ricordare…”. L’assessore comunale prosegue dicendo che “quella cava è dismessa se non ricordo male, quindi lì adesso ci saranno anche tutti i recuperi…e sono recuperi che vanno fatti. Ci sono anche dei laghetti…naturali…noi vogliamo davvero poter migliorare quelle condizioni naturali…”.
La storia della cava Piccinelli, contaminata dal Cesio, viene poi spiegata dal direttore dell’Asl, Vassallo, che, sottolinea il giornalista di Radio Popolare, “nel frattempo si è preparato”.
“Questa cava Piccinelli”, spiega Vassallo, “ risale al 1976, data in cui il Piccinelli diede in affitto la cava a una ditta che poi si trasferì in Romania, e scomparve. Una piccola fonderia di ottone ed alluminio”. La ditta in questione è la Rivadossi-Doronzo.
“Nell’88”, prosegue il direttore dell’Asl, “questa cava fu abbandonata e quindi divenne tipo una discarica a cielo aperto, cioè la gente metteva lì dei rifiuti inerti, e quindi il Comune intervenne con una ordinanza di bonifica notificata ai proprietari della cava. Nel frattempo all’inizio degli anni ’90 i proprietari riaffittarono questa cava ad una società: Cagimetal. Nel ’94 delle analisi fatte dall’Asl consentirono di evidenziare che i rifiuti presenti sul posto presentavano una radiocontaminazione da Cesio 137”.
Già nel 1994 quindi il cesio era presente. “Nel ’94. C’era il Cesio 137”, conferma Vassallo. “Peraltro questo fu confermato poi indirettamente successivamente da una vicenda che interessò l’Alfa Acciai. Nel ’98 un camion entra e porta del materiale all’interno dell’Alfa Acciai. Nell’Alfa Acciai c’è un portale attraverso il quale il materiale viene verificato per la presenza o meno di radiocontaminazione. E lì si verificò presenza di radiocontaminazione. Sembrava in un primo momento che la radiocontaminazione interessasse il contenuto del camion, e invece si scoprì che era il camion ad essere radiocontaminato, in particolar modo le ruote. E il fango deposto sulle ruote. Questo fango, da un’indagine retrospettiva si appurò che proveniva poi dall’ex cava Piccinelli”.
“Dal  ’94 al ’98 che cosa è stato fatto?”, incalza il giornalista. “Interviene l’autorità giudiziaria”, precisa Vassallo, “addirittura, che condanna una serie di persone legate allo smaltimento di rifiuti provenienti dal recupero metalli, quindi verosimilmente la Cagimetal,e vi è inizio alle azioni di approntamento della bonifica”.
“Scoperto nel 1994”, prosegue l’inchiesta dell’emittente, “il Cesio all’ex cava Piccinelli di Brescia è fermo contaminando il terreno e l’ambiente da quasi vent’anni. Ci sono voluti quattro anni perché, dopo le prime rilevazioni l’Asl si decidesse a mettere in sicurezza il sito. Ora ci sono voluti altri dodici anni di oblio per scoprire che l’isotopo radioattivo ha probabilmente contaminato anche le acque”.
“Nei comuni di Lumezzane e di Sarezzo”, continua la radio, “per proteggersi dal Cesio 137 in poco tempo hanno creato un bunker in grado di ospitare le scorie, che devono riposare piombate per almeno due o trecento anni. Perché a Brescia invece in dodici anni non si è fatto niente?”
Alla domanda risponde nuovamente Vassallo che spiega che “in attesa di varare un piano (che è stato varato) di bonifica totale della zona e l’asportazione di 2mila metri cubi di terreno e la collocazione di tutto il materiale radiocontaminato in 250 contenitori di acciaio. È un progetto che ancora è in fase di finanziamento”.
“Ventiquattro milioni di euro per il nuovo parcheggio sotto al Castello80 milioni per la Metropolitana leggera sbloccati pochi giorni fa dal ministro Corrado Passera. Ma quando si tratta di evitare la contaminazione radioattiva o i veleni dell’industria Caffaro, Brescia è sempre una povera città”, conclude Andrea Tornago di Radio Popolare.

Regole 2012 della sanità lombarda

Ieri durante la seduta della giunta regionale è stata votata una delibere sulle regole 2012. Le regole come dice la parola stessa regolano il servizio sanitario, sociale e socioassistenziale della ns. regione. Nella delibera si legge tra l’altro che ci sarà la cancellazione del day hospital su alcuni interventi. Ad esempio il tunnel carpale e la catarrata d’ora in avanti diventerà una prestazione ambulatoriale e come tale con ticket a carico del cittadino. La novità è l’intervento su tutta la partita cronicità. Viene introdotto il CReG(Cronic Related Group) sul territorio per la cura dei pazienti cronici in 5 ASL sperimentali (Milano, Milano2, Bergamo, Como, Lecco). Le patologie considerate sono: broncopenumopiatia, diabete di tipi I e II, ipertensione e cardiopatia ischemica, osteoporosi, patologie neuromuscolari. I pazienti coinvolti saranno circa 126.000. Per discutere e confrontarsi su questa nuova realtà lombarda il gruppo regionale di Sel organizza un convegno il giorno 16 dicembre alle ore 14.00 presso il palazzo Pirelli via F. Filzi.

Hospice di Codogno: retromarcia sospetta

Dietro la revoca del parere favorevole dell’Asl di Lodi al passaggio di gestione dell’Hospice di Codogno temiamo si nasconda l’intenzione di privatizzare la struttura. E per questo abbiamo presentato un’interpellanza al presidente Formigoni e all’assessore Bresciani.

Non è infatti comprensibile per quale altra ragione, dopo un percorso condiviso dai vari livelli istituzionali che ha individuato nell’Asp Santa Chiara il soggetto pubblico idoneo ad assicurare le necessarie garanzie per l’erogazione del servizio a favore dei malati terminali, improvvisamente la direzione dell’Asl abbia cambiato opinione. Peraltro a fronte di una voltura già emessa.

Da Regione Lombardia vogliamo quindi sapere se fosse al corrente dell’iter, a partire dall’intesa istituzionale dello scorso luglio tra il Presidente della Santa Chiara, il direttore generale dell’Asl e il sindaco di Lodi per un tavolo tecnico ad hoc fino all’atto di trasferimento della gestione dell’hospice che risale al 19 settembre .

E, soprattutto, se conosca le motivazioni di questa irragionevole marcia indietro dell’Azienda sanitaria, che suona quantomeno sospetta.

 

INTERPELLANZA CON RISPOSTA SCRITTA EX ART. 120 DEL REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO REGIONALE

Oggetto: gestione della R.S.A. (Residenza sanitaria assistenziale) ex psichiatrica e dell’Hospice di Codogno

I SOTTOSCRITTI CONSIGLIERI REGIONALI

PREMESSO CHE

nel marzo 2011 l’ASL della Provincia di Lodi, in attuazione a quanto deliberato dalla Conferenza dei Sindaci dell’ASL, che ha espresso la volontà prioritaria di mantenere in ambito pubblico la gestione della RSA e dell’Hospice di Codogno, ha interpellato l’ASP (Azienda di servizi alla persona) Santa Chiara di Lodi chiedendo di manifestare il proprio interesse ad assumerne la titolarità;

PREMESSO INOLTRE CHE

l’ASP, dopo aver accettato la richiesta, ha dato avvio a processi di analisi tecnica, amministrativa e contabile per lo studio di fattibilità della gestione di tali unità, valutandone i costi e le possibilità di gestione, a cui sono seguiti incontri per l’esame delle condizioni della fattibilità del passaggio di gestione;

CONSIDERATO CHE

nel giugno 2011 il Consiglio di Amministrazione dell’ASP Santa Chiara ha deliberato parere favorevole all’assunzione della titolarità e gestione sia della RSA sia dell’Hospice di Codogno ad una serie di condizioni necessarie, ritenute atte a garantire l’economicità della gestione, tra le quali quella di avere accreditato presso l’ASP stessa un Hospice di 11 posti letto;

CONSIDERATO INOLTRE CHE

a luglio 2011 si è giunti ad un’intesa istituzionale, in seguito all’incontro avvenuto presso il Comune di Lodi tra il Presidente dell’ASP Santa Chiara, Direttore Generale dell’ASL di Lodi e Sindaco del Comune di Lodi, anche nella sua veste di Presidente dell’Assemblea dei Sindaci e del Consiglio di Rappresentanza, dal quale è scaturita la decisione di istituire un tavolo tecnico ad hoc in cui affrontare in termini amministrativi e contabili gli aspetti sostanziali per uno studio di fattibilità del passaggio di gestione;

ATTESO CHE

il 31 agosto e il 5 settembre 2011 si sono svolte ulteriori sedute del costituito tavolo tecnico e il 14 settembre l’ASL della Provincia di Lodi ha richiesto all’ASP Santa Chiara la disponibilità di acquistare la gestione dell’Hospice di Codogno a far data dall’1 ottobre 2011 anche con la finalità di collocare ivi l’Hospice;

ATTESO INOLTRE CHE

l’ASP Santa Chiara in data 16 settembre 2011 ha deliberato, con apposita convocazione consiliare, l’accoglimento della richiesta dell’Asl per la gestione dell’Hospice per 11 posti letto da trasferire, al termine dei necessari lavori di adattamento, al primo piano dell’Ala Nord dell’ASP;

RILEVATO CHE

il 19 settembre 2011 l’ASL ha emesso atto di voltura della DIA dell’Hospice di Codogno da parte dell’ASL di Lodi a favore dell’ASP Santa Chiara affidandone la gestione a partire dall’1 ottobre, identificato quale soggetto pubblico idoneo ad assicurare le necessarie garanzie per l’erogazione delle prestazioni a favore dei malati terminali;

RILEVATO INOLTRE CHE

la Direzione Generale dell’ASL con nota del 27 settembre 2011 ha comunicato all’ASP Santa Chiara la revoca del parere favorevole in merito al passaggio di gestione dell’Hospice, che resterà a Codogno almeno fino alla fine del 2012

I SOTTOSCRITTI CONSIGLIERI REGIONALI INTERROGANO IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE LOMBARDA, ROBERTO FORMIGONI, LA GIUNTA REGIONALE, L’ASSESSORE REGIONALE ALLA SANITA’, LUCIANO BRESCIANI PER CONOSCERE:

Se Regione Lombardia fosse a conoscenza della richiesta effettuata dall’ASL della Provincia di Lodi all’ASP Santa Chiara di Lodi per la gestione della RSA ex psichiatrica e dell’Hospice di Codogno;

Se Regione Lombardia fosse a conoscenza dell’intesa istituzionale avvenuta nel luglio 2011 tra il Presidente dell’ASP Santa Chiara, Direttore Generale dell’ASL di Lodi e Sindaco del Comune di Lodi, anche nella sua veste di Presidente dell’Assemblea dei Sindaci e del Consiglio di Rappresentanza, dal quale è stato istituito un tavolo tecnico ad hoc;

Se Regione Lombardia fosse a conoscenza dell’atto di voltura della DIA dell’Hospice di Codogno da parte dell’ASL di Lodi a favore dell’ASP Santa Chiara emesso il 19 settembre 2011;

Se Regione Lombardia sia a conoscenza dei motivi della revoca del parere favorevole da parte della Direzione Generale dell’ASL in merito al passaggio di gestione dell’Hospice di Codogno

Milano, 4 ottobre 2011

Giulio Cavalli (SEL)

Chiara Cremonesi (SEL)

Interrogazione sull’Osservatorio epidomiologico di Mantova

INTERROGAZIONE CON RISPOSTA IN COMMISSIONE EX ART. 116 DEL REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO REGIONALE

Al Signor Presidente del Consiglio regionale

Oggetto: criticità in merito alla “riorganizzazione” messa in atto dal nuovo direttore Generale dell’Asl di Mantova riguardo all’ Osservatorio epidemiologico dell’ Asl di Mantova

I SOTTOSCRITTI CONSIGLIERI REGIONALI

PREMESSO CHE

l’insediamento del nuovo direttore generale dell’Asl di Mantova non è certamente passato inosservato specialmente in seguito agli recenti cambiamenti operati come quello relativo al trasferimento ad altro servizio di chi ha avuto in cura la banca dati dell’Osservatorio epidemiologico, struttura che raccoglie le informazioni per studiare le patologie della popolazione mantovana;

PREMESSO INOLTRE CHE

il suddetto Osservatorio, che riveste una particolare importanza in quanto monitora l’insorgere di malattie legate soprattutto alla presenza di contaminanti provenienti e prodotti dal Polo chimico di Mantova, dal 1988 è diretto dal Professor Paolo Ricci che, appena dopo un anno dal suo insediamento, firmò la prima diffida  nei confronti del Petrolchimico mantovano (allora Montedison);

CONSIDERATO CHE

è tuttora in corso il processo per le morti di settantadue lavoratori al Petrolchimico avvenute tra il 1970 e il 1989 e che, secondo l’accusa, sarebbero state determinate da tumori sviluppatisi in seguito alla prolungata esposizione a sostanze cancerogene come benzene, stirene e amianto;

CONSIDERATO INOLTRE CHE

la suddetta inchiesta prese l’avvio, otto anni fa, proprio a seguito di uno studio epidemiologico condotto dall’Asl di Mantova ed è proprio quella suddetta struttura che l’attuale direttore generale dell’ Asl di Mantova intende “riorganizzare”;

ATTESO CHE

tale riorganizzazione avviene proprio alle soglie della presentazione dei risultati sulla diversa incidenza delle malformazioni congenite nell’area cittadina di impatto del Petrolchimico;

INTERROGANO IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

LOMBARDA, ROBERTO FORMIGONI, LA GIUNTA REGIONALE

LOMBARDA, L’ASSESSORE REGIONALE ALLA SANITÀ, LUCIANO BRESCIANI, E L’ASSESSORE AL BILANCIO, FINANZE E RAPPORTI ISTITUZIONALI, ROMANO COLOZZI, PER CONOSCERE:

  1. se non sia utile rafforzare anziché indebolire una struttura fondamentale per il controllo epidemiologico in un territorio, come quello mantovano, colpito e martoriato fortemente dalle conseguenze ambientali e sanitarie determinate dal Petrolchimico;
  2. quali siamo le misure che si intendono prendere al fine di permettere al Professor Paolo Ricci di poter svolgere il suo lavoro e all’Osservatorio epidemiologico di poter continuare la preziosa attività svolta;
  3. se non ritengano che la riorganizzazione dell’Osservatorio epidemiologico di Mantova voluta dall’attuale Direttore Generale sia una scelta determinata da motivazioni politiche;
  4. quali siano le motivazioni che hanno portato al trasferimento della persona che curava la banca dati dell’Osservatorio epidemiologico;
  5. se la suddetta struttura possa contare anche in futuro delle adeguate e necessarie risorse economiche e finanziarie.

 

Milano, 28 aprile 2011

 

Giulio Cavalli (IDV)

Francesco Patitucci (IDV)

Gabriele Sola (IDV)

Stefano Zamponi (IDV)

 

 

Rimuovere Pezzano. Ci riproviamo.

(ANSA) – MILANO, 14 MAR – La Giunta lombarda revochi la nomina a Pietrogino Pezzano, il direttore generale dell’Asl Milano 1 fotografato in compagnia di due boss della ‘Ndrangheta nell’ambito dell’inchiesta ‘Infinito’. Lo chiedono il Pd e ilconsigliere Idv, Giulio Cavalli, in una mozione che approda domani all’esame del Consiglio regionale.

Ecco la mozione sulla vicenda ASL Milano 1 nomina di Pietrogino Pezzano

MOZIONE

Ecco la mozione che ho presentato sulla vicenda Pezzano. La mia mozione è stata sottoscritta (oltre IDV) anche da UDC, Sel, Pensionati e PD. La discussione è fissata per la prossima seduta del Consiglio di martedì 18.

IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA

PREMESSO CHE

con delibera n. 1095 del 23/12/2010 la Giunta Regionale ha provveduto a nominare Pietrogino Pezzano direttore dell’ASL Milano 1;

CONSIDERATO CHE

come risulta dalle cronache di stampa, il nome di Pezzano è comparso nelle carte della maxi inchiesta contro la ‘ndrangheta Infinito della Procura di Milano come soggetto nominato in alcune intercettazioni del boss della ‘ndragheta pavese Pino Neri ed inoltre risulta essere stato fotografato in compagnia dei boss della ‘ndrangheta Saverio Moscato e Candeloro Polimeno;

RILEVATO INOLTRE CHE

risultano esserci altre intercettazioni che confermano i contatti del Direttore Generale Pezzano con i malavitosi Candeloro Polimeni e Giuseppe Sgrò, fratello di Eduardo Sgrò arrestato ex art. 416 bis c.p.;

EVIDENZIATO CHE

alcune forze politiche del centrosinistra di Monza,  avevano scritto a Formigoni affinché disponesse la sua sospensione, da direttore generale della Asl di Monza e Brianza e nonostante ciò la Giunta Regionale, come evidenziato in premessa, ha recentemente promosso e nominato, Pietrogino Pezzano Direttore Generale dell’Asl Milano 1, tra le più grandi in Lombardia;

CONSIDERATO INOLTRE CHE

nel territorio afferente alla ASL Milano 1, in questi giorni, si sono svolte manifestazioni, raccolte di firme promosse da amministratori, forze politiche e cittadini che denunciano ciò che è stato evidenziato e richiedono la rimozione del nuovo direttore generale;

ATTESO CHE

il Consiglio Regionale della Lombardia e il Comitato ristretto della Commissione Consiliare II “Affari Istituzionali” si sono impegnati facendo fronte comune per contrastare fermamente qualsiasi tipo di infiltrazione della criminalità organizzata, soprattutto all’interno delle istituzioni e degli enti pubblici;

ATTESO INOLTRE CHE

la Presidenza del Consiglio ha più volte ribadito da un lato il ruolo di garanzia cui è chiamato il Consiglio Regionale e dall’altro la necessità che non vi siano ombre relativamente ai soggetti chiamati a dirigere enti di particolare importanza quali le Aziende sanitarie in Lombardia;

IMPEGNANO IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA

DELLA REGIONE LOMBARDIA, ROBERTO FORMIGONI,

NONCHÉ LA GIUNTA REGIONALE LOMBARDA

  • Affinché, alla luce della situazione e dei fatti sopra descritti, provvedano alla revoca del provvedimento in base al quale il sig. Pietrogino Pezzano è stato nominato Direttore Generale della ASL Milano 1, anche in base a quanto previsto dalla delibera della Giunta Regionale n.304 del 21/07/2010, che prevede la possibilità di revoca dell’incarico di direttore generale in caso in cui si manifestino gravi incompatibilità e/o conflittualità tra le istituzioni locali e il direttore generale;
  • A rivedere le modalità e il metodo di scelta dei direttori di asl ed aziende ospedaliere secondo criteri di trasparenza e valorizzazione della qualità professionale anche tramite l’istituzione di un’autorità terza che valuti i profili professionali dei candidati iscritti agli albi;

Milano, 12 gennaio 2011

Un solo obiettivo: rimuovere Pezzano dall’ASL di Milano

Ho voluto aspettare prima di scrivere (e agire) sulla nomina di Pietrogino Pezzano per diversi motivi: prima di tutto perché abbiamo studiato quale fosse la modalità migliore per un’azione “politica” che non si fermasse all’ovvia censura di fronte ad una nomina talmente scellerata da sembrare una sfida e poi perché ho osservato (per niente divertito) l’aria che tirava tra i garantisti al limite della collusione e gli imbarazzati sottovoce.

Innanzitutto è il caso di ricordare chi è Pietrogino Pezzano: classe 1947, è nato a Palizzi in provincia di Reggio Calabria e ha avuto un’irresistibile ascesa professionale che l’ha portato dall’ASL di Monza fino alla stanza dei bottoni dell’ASL di Milano, una delle più grandi d’Italia. Ma la biografia (non ufficiale) di Pezzano ce lo racconta anche come “uno che fa favori a tutti”, parole di Pino Neri, l’avvocato tributarista e massone che nelle carte processuali della maxi operazione antimafia di luglio scorso risulta essere il grande boss della ‘ndrangheta pavese. Dice Neri “E’ uno che si muove bene, con Abelli sono grandi amici, l’ho presentato io a Gino”.

Ma Pietrogino Pezzano è raccontato anche in altre carte: Eduardo Sgrò, arrestato per 416bis, parla al telefono con un ingegnere per un appalto di suo interesse nella struttura Asl. Poco dopo lo stesso Sgrò è al cellulare con malavitoso, Candeloro Polimeni, sempre per lo stesso affare. Sgrò “Ho da fare un sopralluogo per un appalto Asl, per gli uffici di Cesano, Desio e Carate, vorrei vederti”…Ingegnere  “Il bando dell’appalto ce l’ha?”…Sgò ”Chiamiamo insieme il Direttore Generale, che è amico mio, e ci fissiamo un appuntamento”. Poco dopo, Polimeni “Vedi di chiamare l’Asl stamattina”… Sgrò ”Ho già chiamato e preso appuntamento”. Trascorso un mese, si legge Polimeni al telefono con il Direttore Generale dell’ASL 3, Pietrogino Pezzano “Hai bisogno di me?”…Polimeni “Si, quando vuole”…Pezzano “Dove vengo?”. Secondo quanto si legge depositato agli atti, un paio d’ore dopo, in un bar, Candeloro Polimeni, Pietrogino Pezzano e Saverio Moscato si sono incontrati per discutere. Qualche giorno dopo Giuseppe Sgrò, fratello di Eduardo e anche lui arrestato, è al telefono con un altro dipendente Asl, responsabile della gestione patrimoniale “Alle quattro può passare da me?”… Sgrò “In osteria?”… Dipendente “Da me, è il Dottore che vi vuole parlare”. Sempre dagli atti, una settimana dopo Pietrogino Pezzano è nuovamente al telefono con Giuseppe Sgrò, parlando di un trasporto urgente di piante da mandare in Calabria. Pezzano “Vi ricordate vi dissi che dovevo mandare delle piante con urgenza? Se potete andiamo a trovare quello…” Sgrò “Si, quello che fa le spedizioni, quando volete dottore”…  Pezzano “Vengo io a Desio, ci vediamo lì, perché io domani parto e vi devo dire dove andare a prenderle”… Sgrò “certo certo, comunque fino a Melito arrivano tranquillamente”. Eppure le frequentazioni poco raccomandabili del Pezzano rientrano anche nell’album fotografico: è lui in persona che compare in alcune fotografie che lo ritraggono assieme a capibastone della Brianza come Saverio MoscatoCandeloro Polimeno.

Finita qui? no, Pietrogino Pezzano in tutto questo si è “meritato” anche una denuncia (si legge sui giornali) per corruzione dai carabinieri di Desio proprio per i lavori dell’amico Sgrò.

La nomina di Pietrogino Pezzano è uno schiaffo. Uno schiaffo dato a mano aperta sulla faccia della Lombardia: questa Lombardia che quando si parla di ‘ndrangheta, di sanità e di ruoli perde il valore del buon senso e dell’opportunità. Questa nomina è un’enorme occasione persa: lanciare un segnale che nei fatti racconti di una voglia terribile (e bella) di non creare occasioni d’ombra, di pretendere un clima respirabile e cristallino. Questa nomina mostra il fianco debole (pavido e forse interessato) della Regione che duella con teatranti, giornalisti e scrittori e poi si inginocchia a mani giunte davanti al Re.

Dov’è l’ansia antimafia della Lega contro le mafie? Dov’è il “cambio di passo” votato all’unanimità in Consiglio Regionale per sfoggiare una volontà oggi tradita nei fatti? Dov’è la virulenza con cui si è difesa “l’onorabilità” della Lombardia a suon di querele?

La “società civile”, i Comitati e le Associazione si sono già mosse (come troppo spesso succede, prima della politica). L’associazione Sos Racket e Usura ha preparato una raccolta firme con l’appoggio di decine di sindaci. Ora la politica è chiamata a fare il proprio lavoro (lasciando perdere le parole) votando sì o no sulla questione. Prendendo una posizione. Serviva una mozione, adesso è scritta e ora si vede chi è da una parte e chi dall’altra.