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associazione mafiosa

Chi votava il clan Di Silvio?

Una sentenza della Corte d’Appello di Roma conferma che il clan Di Silvio, che quattro anni fa si occupò della campagna elettorale a Latina e a Terracina, è un clan mafioso

C’è una sentenza che è sparita dai giornali e dai telegiornali ma è piuttosto interessante: l’altro ieri la Corte d’Appello di Roma ha confermato ciò che disse la Direzione distrettuale antimafia romana e ciò che scrisse a Roma lo scorso anno la giudice per l’udienza preliminare Annalisa Marzano: il clan Di Silvio, che quattro anni fa si occupò della campagna elettorale a Latina e a Terracina è un clan mafioso. La Squadra Mobile arrestò 25 persone tra esponenti di primo piano e picciotti del clan e nove imputati, tra cui tre figli del presunto boss Armando Di Silvio, hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato: 74 anni di carcere in primo grado, ridotti a 50 in appello.

Ma qui viene il bello: nell’inchiesta “Alba Pontina” sono state descritte attività di estorsioni, prestiti usurai, intestazioni fittizie di beni, traffici di droga ed episodi di corruzione elettorale e proprio tra gli episodi di corruzione elettorale si legge che il cosiddetto clan dei Di Silvio di Campo Boario, avrebbe fatto affari nelle campagne elettorali, con l’attacchinaggio di manifesti per la Lega e comprando anche voti.

Chi hanno votato?

Secondo la sentenza di primo grado Latina è una città “strategica negli affari illeciti”, dove la collettività sarebbe “assoggettata all’egemonia dell’associazione che è indubbiamente di tipo mafioso”, e l’associazione mafiosa sarebbe stata “capace di controllare il territorio anche influenzando il voto della comunità locale”, con “una straordinaria forza intimidatrice, che ha assoggettato intere categorie di professionisti e di imprenditori locali”.

Ora Salvini è impegnato a fare la vittima sacrificale per il suo prossimo processo, quello in cui si illude di avere difeso “la Patria” non si capisce bene da chi, ma la domanda al leader leghista è una e semplice: per chi votavano i Di Silvio? E che ne dice? Siamo curiosi.

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Motivazioni processo “la svolta”: il 416 bis in Ligura

Imperia.”La Svolta”, “Roccaforte”, “Spiga”, “Maglio”, “Crimine”, “Infinito“. Questi sono solo alcuni nomi di diverse operazioni e processi anti ‘ndrangheta portati avanti sul territorio ligure e nazionale.

Sono nomi particolari che, sentendoli per la prima volta, non comunicano niente, ma in realtà dietro queste brevi parole si cela un mondo complesso di intercettazioni, osservazioni, pedinamenti portati avanti dalle forze dell’ordine per smascherare la presenza anche nella nostra terra della mafia. Precisamente della ‘ndrangheta che, anche se operante in modo silente, senza faide e uccisioni in pieno giorno, ha minato profondamente il territorio ligure, infiltrandosi in modo capillare nelle istituzioni, nella realtà amministrativa e politica e quindi indirettamente nella vita di ogni singolo comune cittadino.

La sentenza del processo “La Svolta” ha segnato un punto di non ritorno per la lotta alla criminalità organizzata perchè, per la prima volta, è stato riconosciuto il reato di associazione mafiosa, il 416 bis, in Liguria, e tutto questo è stato possibile solo grazie ai processi precedenti che hanno creato una sorta di rete, una mappa, che tassello dopo tassello ha portato ad avere sotto gli occhi degli inquirenti un quadro completo dell’associazione ‘ndranghetistica nel ponente ligure.

Ecco perchè il passaggio fondamentale delle motivazioni della sentenza del processo “La Svolta” è: “Per la dimostrazione della sussistenza del reato associativo è necessario avere un quadro panoramico delle vicende dei fatti criminosi commessi in un arco di tempo più o meno prolungato. Una visione parcellizzata dei fatti difficilmente consentirebbe di individuare i requisiti di un agire organizzato con metodo mafioso“.

In queste poche parole si racchiude la motivazione essenziale per cui in questo storico processo è stato contestato agli imputati, per la prima volta in Liguria, il reato 416 bis di associazione mafiosa. Lo sguardo che i giudici hanno infatti mantenuto su tutto il processo è stato molto ampio, senza focalizzarsi su singoli avvenimenti, ma trovando in ogni fatto un collegamento e una connessione con indagini passate (le stesse Maglio, Infinito, Crimine… di cui sopra).

Come si legge nelle motivazioni della sentenza, depositate il 5 gennaio, hanno avuto un ruolo fondamentale le deposizioni del Maresciallo Camplese e del Maresciallo Torrente, ma anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, Francesco Oliverio e Gianni Cretarola, che hanno “sostanzialmente dato conferma di fatti già ampiamente dimostrati sulla base di altri elementi di prova“.

Il processo “La Svolta” è stato infatti basato sulla grande consistenza quantitativa e qualitativa delle risultanze delle attività di intercettazioni e “le conversazioni intrattenute da imputati (tra di loro o con terzi) hanno rappresentato il nucleo probatorio fondamentale, stante la ovvia, particolare attendibilità di dichiarazioni fatte da soggetti ignari di essere ascoltati”.

Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono state così riconosciute solo dopo la dimostrazione di credibilità soggettiva del dichiarante, di una sua attendibilità intrinseca e della presenza di riscontri esterni individualizzanti, non lasciando spazio a opinioni. “Gran parte dei dati indicati da Oliverio e Cretarola erano in ogni caso già noti in quanto evidenziati in importanti sentenze di ‘ndrangheta acquisite nel presente processo“, inoltre i due collaboratori hanno riconosciuto in foto molti soggetti chiamati in causa nel processo e hanno riportato fatti vissuti direttamente o hanno indicato precisamente la fonte della loro conoscenza.

Ai fini della costituzione di un sodalizio criminoso sono dunque essenziali diversi elementi che sono stati ritrovati in questo processo: “elemento personale con un minimo di tre persone, la struttura operativa organizzata articolata in ruoli e competenze, i fini perseguiti il cui ambito viene ad essere dilatato e l’elemento centrale in aggiunta dato dalla capacità dell’organizzazione di sprigionare per il solo fatto della sua esistenza una carica intimidatrice idonea a piegare ai propri fini la volontà di quanti vengano in contatto con gli affiliati all’organismo criminale”.

(fonte)

Preso Marco Sergio Notari (spiace per Albano)

E’ stato catturato dai carabinieri il presunto boss della Scu Marco Sergio Notaro, di 54 anni, di Squinzano (Lecce), raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare del Tribunale di Lecce su richiesta della Dda con l’accusa di associazione mafiosa. Lo scorso 11 novembre era riuscito a scappare all’arresto, in occasione di un’operazione antimafia nella quale sono state catturate decine di persone, fuggendo sui tetti di una masseria.

Chissà come ci sarà rimasto male Albano con le sue patetiche convinzioni.