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Senzaudio su Nuovissimo testamento

Gianluigi Bodi (fonte)

Da qualche anno a questa parte Fandango è una delle case editrici italiane che tengo d’occhio più volentieri quando si parla di narrativa italiana. Basterebbe citare il solo successo nel 2020 di Jonathan Bazzi per spiegare il motivo di questa mia attenzione, ma in realtà Bazzi è solo uno degli esempi più eclatanti. Lo stesso “Carnaio” di Giuliano Cavalli era stato un grandissimo colpo e, tornando ancora un po’ più indietro ricordo con estremo piacere “La case dei bambini” di Michele Cocchi. Una rondine non fa primavera, ma quando comincia ad intravedersi il profilo di uno stormo allora significa che la direzione è molto chiara.

Devo dire che la lettura di “Nuovissimo testamento” di Giulio Cavalli mi ha messo addosso un’angoscia che non provavo da un po’ se riferita ai libri. Un’angoscia che, per quel che mi riguarda, è un segnale chiaro che il libro ha toccato delle corde molto sensibili e che lo ha fatto con sapienza.

Ci troviamo all’interno dello stesso universo di “Carnaio”. Nella città di DF le emozioni sono tenute a bada, l’empatia è un virus da estirpare prima che faccia troppi danni. I colori sono elencati in base a un numero, sono studiati da apposite equipe perché non producano alcun ricordo nelle persone che li osservano. Gli stati d’animo sono misurati con una scala numerica, le strade non hanno nomi ma numeri, le dotazioni di ogni essere umano sono decise da un’apposita commissione così anche la dieta settimanale. I neonati vengono presi ai genitori e trattati farmacologicamente affinché vivano in una nebbia perenne. Gli uomini e donne vengono accoppiati in base alle classi di preferenza e ogni singolo aspetto della vita quotidiana è progettato per non produrre variazioni emotive. 

Se non mette angoscia un simile minuzioso controllo non so cosa possa farla. E anche se mi sembra di sentire le vostre obiezioni, anche se mi sembra di sentirvi dire che la società in cui viviamo non è poi tanto distante da quanto ho descritto, vi posso assicurare che “Nuovissimo testamento” di Giulio Cavalli dipinge un quadro claustrofobico molto vicino a una feroce dittatura. 

Come la vita che stiamo vivendo in questo momento ci ha insegnato, se a qualcosa diamo il nome di virus è pressoché impossibile controllare la sua diffusione. Ecco appunto che all’interno di DF qualcosa comincia a non funzionare come progettato. Un suicidio scombussola i piani alti, il leader Bussoli, già imbottito di tranquillanti decide che la situazione non può continuare a degenerare, che serve la mano forte. Mentre in un ospedale della città Fausto Albini, dopo aver visto la dottoressa Cordio per la seconda volta capisce di essersene innamorato. E nulla di tutto questo è compatibile con i modi bruschi ma silenziosi di chi governa DF.

“Nuovissimo Testamento” è un romanzo distopico che porta alle estreme conseguenze alcune delle situazioni che viviamo ogni giorno. La tensione al controllo si scontra con la necessità di libertà; il volere calato dall’altro sbatte contro il desiderio di essere unici. Soprattutto però mi è sembrato di cogliere la necessità di sfuggire all’integrazione in schemi e reti predefinite che hanno un’etica e norme di comportamento che lungi dal rendere quel luogo un posto più vivibile servono solo per inquadrare e rendere innocue le persone che ci vivono e ciò vale sia che si tratti di un luogo fisico che un luogo virtuale.

Migliori anche a leccare chi viola i diritti umani

Ieri il presidentissimo Mario Draghi si è recato in Libia. Ogni volta che qualche esponente di qualche nostro governo passa dalla Libia non riesce a evitare di tornare con le mani sporche di sangue per un qualsiasi atteggiamento riverente verso i carcerieri sulle porte d’Europa, come se fosse una tappa obbligata per poter frequentare i salotti buoni per l’Europa e anche il “migliore” Draghi è riuscito a non stupirci rivendicando con orgoglio l’amicizia, la stima e la vicinanza ai libici che violano i diritti umani. Ogni volta è stupefacente: negare la realtà di fronte ai microfoni della stampa internazionale deve essere il risultato di un corso speciale che viene inoculato ai nostri rappresentanti. E ogni volta fa schifo.

«Sul piano dell’immigrazione noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa nei salvataggi e nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia», ha detto ieri Draghi, con quella sua solita soffice postura con cui ripete le stesse cose dei suoi predecessori aggiungendoci un filo di zucchero a velo. Sarebbe curioso chiedere a Draghi cosa si intenda esattamente per “salvataggio” poiché i libici (questo è un fatto accertato a livello internazionale) si occupano principalmente di respingimenti, di riportare uomini e donne nei lager dove continuano le torture, gli stupri e lo schiavismo, poiché i libici sono quelli che il 10 ottobre del 2018 hanno sparato a una motovedetta italiana, poiché i libici sono gli stessi che il 26 ottobre 2019 hanno sparato sulla nave Alan Kurdi per impedire il soccorso dei migranti, poiché i libici sono gli stessi che il 28 luglio dell’anno scorso hanno sparato contro i migranti uccidendone 3. Solo per citare qualche esempio, ovviamente, dato che quel pezzo di mondo e di mare continua a rimanere sguarnito, anche questo per precisa volontà politica.

Caro presidente Draghi, siamo contenti che lei si senta barzotto per questo tipo di salvataggi ma le auguro di non essere mai “salvato” così. Del resto legittimare quella combriccola di assassini che vengono educatamente chiamati Guardia costiera libica è un esercizio retorico che dura da anni: anche su questo il governo dei migliori continua spedito. Considerare la Libia un partner affidabile significa accettare la sistematica violazione dei diritti umani: come si chiamano coloro che elogiano in pubblico un’attività del genere facendola passare per doverosa? Ognuno trovi comodamente la risposta.

E mentre Draghi si è occupato di proteggere gli affari dell’italiana Eni in Libia, di farsi venire l’acquolina in bocca per l’autostrada costiera al confine con Bengasi (che riprende il tragitto della strada inaugurata nel 1937 da Benito Mussolini e conosciuta anche come “via Balbia”, evocando le azioni di Italo Balbo), di continuare a foraggiare la Guardia costiera libica per essere il sacchetto dell’umido dell’umanità nel Mediterraneo e di riassestare e ristrutturare la Banca centrale libica, i diritti e i dolori delle persone rimangono sullo sfondo come semplice scenografia dei barili di petrolio per cui i canali sono invece sempre aperti.

Del resto secondo il leader libico Abdul Hamid Dbeibah, Italia e Libia «soffrono e devono affrontare una sfida comune che è l’immigrazione clandestina, un problema che non è solo libico ma internazionale e riguarda tutti, come il terrorismo e il crimine organizzato». Solo che in questo caso sono chiarissimi gli autori di questo “problema”: Libia, Europa, Italia e la nuova spinta di Mario Draghi.

L’eccelso Mario Draghi insomma è il vassoio di cristallo delle solite portate, schifose uguali ma dette con più autorevolezza: avrebbe dovuto essere “il competente” e invece non è riuscito nemmeno a leggere un rapporto dell’Onu prima di andare in gita. E ovviamente non ha nemmeno fatto un giro nei campi di concentramento, non sia mai, si sarebbe sporcato il polsino.

Buon mercoledì.

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Il Pickwick su Nuovissimo testamento

(di Viviana Calabria, fonte)

Avvertenza: se fare i conti con la realtà vi provoca agitazione, non leggete questo articolo. E non leggete Nuovissimo Testamento di Giulio Cavalli.

Un giorno Fausto Albini disegna un cerchio nella sabbia, viene assalito da una sensazione, si sente male e viene ricoverato nel reparto Disturbi Affettivi nello Stato di DF.
Non è forse libertà essere scevri da ogni condizionamento e non avere pensieri laterali che irrompono durante la giornata?

Inutile prenderci in giro, la risposta è sì. A DF il governo non viene eletto ma imposto, e la carica di presidente si tramanda di generazione in generazione. Per rendere possibile la gestione di una nazione fatta di uomini, e quindi delle loro complessità ingestibili, si è trovato un modo per rendere piane le persone: cancellare il sentire. Tutto è regolamentato e deciso dal governo, dai colori di abiti, edifici, oggetti sono sempre più neutri perché possano passare inosservati fino al mestiere di ognuno e alla collocazione dei cittadini in classi con la possibilità di essere promossi o regredire in base al comportamento e alla redditività; e “se c’è qualcuno che dice che qui a DF costringiamo le persone a intraprendere il mestiere che decidiamo noi come autorità di governo significa che non ha capito come va il mondo, non ha capito che l’economia è la summa della politica perché significa incastrare i numeri, le nascite, i morti, gli uomini, le donne e i talenti in un quadro che non si può permettere di cedere in nessuno dei suoi lati”. Sono bandite le arti che da sempre creano rivoluzione, il pensiero libero e il libero arbitrio. Il gusto non esiste, gli alimenti cambiano ogni settimana secondo delle tabelle che indicano per ognuno il giusto fabbisogno giornaliero per sopravvivere. Non esiste il senso della famiglia, le coppie vengono formate in base a classe sociale e caratteristiche per un periodo di tempo, soltanto per riprodursi. I bambini nati vengono allevati dal governo. Gli anziani nascosti in strutture apposite sino alla fine dei loro giorni perché è di cattivo esempio vederli oziare. Il Paese deve solo produrre. Non esistono emozioni, non esistono domande. Non esistono bisogni.

Nel governo di DF avevano infatti studiato a lungo il fatto che la mancanza di empatia fosse la garanzia più solida e importante per il mantenimento del potere e del governo: se l’uomo non si riconosce tra simili non riesce a dare un nome ai propri bisogni. Un uomo che non riconosce i propri bisogni non possiede il vocabolario della democrazia.

I cittadini diventano un gregge mansueto che non ha contezza di vivere una situazione di dittatura. Il governo riesce a far presa su di loro perché si propone come un liberatore dal dubbio e dalla sofferenza derivanti dalle scelte che dobbiamo compiere ogni giorno, anche le più semplici come il pranzo o la cena, e dalla trattativa continua nelle relazioni. Il governo riesce a imporsi perché si professa vicino al cittadino, un risolutore e un facilitatore della loro vita e, di conseguenza, qualcuno che lavora per la felicità e la riuscita di ognuno. Ma mentre in DF riesce a farlo con un sotterfugio, un vaccino che viene iniettato di nascosto ai bambini e che addormenta il sentire e l’empatia, nella nostra società l’arma utilizzata è quella della propaganda attraverso la televisione, della paura, dell’omologazione, dei continui stimoli immediati e passivi che portano a considerare l’arte come un vezzo borghese noioso e inutile. La letteratura non ha attrattiva, il tempo è sempre più veloce e bisogna inseguirlo. 
Anche la nostra società punta a produrre: non decidono il nostro lavoro ma ci costringono fare delle scelte che seguano il mercato. Io me li ricordo gli articoli in cui si indicavano le professioni del futuro, le professionalità più ricercate e quelle umanistiche hanno sempre il numero in negativo.Possiamo aggiungere a tutto questo l’età pensionabile sempre più alta, la gavetta dei giovani sempre più lunga in attesa di qualcosa che non arriva e che neanche vogliamo ma ci troviamo a desiderare, l’odio di classe e le pubblicità sull’orologio biologico delle donne. Per fare solo qualche esempio banale.
A DF anche il linguaggio è condizionato e la socialità è condizionata. Ridotta ai minimi termini, solo qualche convenevole e battute di spirito con conoscenti, colleghi e moglie/marito assegnato. A DF le televisioni sono tanto più grandi quanto più è alta la classe di appartenenza. Indicativo di come questo mezzo abbia inciso su di noi e sul nostro modo di parlare e di pensare, così come sul rapportarci agli altri: molto spesso, troppo spesso, gli scambi tra persone riguardano proprio programmi televisivi come soap operatalk show e reality che entrano completamente nella nostra realtà. Creano una comunità. Superficiale. Tutto è viziato, qui e a DF, votato a rassicurare.
Ma in tutti gli Stati qualcuno sfugge alle regole. Nel romanzo le Brigate Sentimentali agiscono in segreto e spacciano di tutto: cibo, vestiti, musica e libri. Imporre delle novità che stridono con l’abitudine non sempre sortisce gli effetti sperati. A DF accade proprio questo perché “per costruire emozioni bisogna averne il vocabolario mentre i cittadini di DF sono analfabeti. Volete raccontare una bella storia a gente che non capisce la vostra lingua”.
Anche se oggi l’arte non è scomparsa, viene comunque considerata come non necessaria, da istituzioni e cittadini. Bisogna educare le persone, educarle al bello.

È facile, disse Fausto Albini, educare la gente al brutto, basta lasciarla cadere e poi farla strisciare e rassicurarla che è normale, educare alla bellezza significa aprire il cuore e farci entrare tutto dentro, come la bocca di un balena in fondo all’oceano, entra il bello certo e ci entrano certi pezzi di vetro ed entra l’aria ispida e entra tutto e non ci possono essere filtri nelle branchie di un popolo che ha disimparato a respirare.Permettetemi di dire che nelle arti non tutto rientra nel bello e rimanendo nell’ambito letterario, banalmente, ci sono i libri belli e i libri brutti. Educare al bello significa certo educare a riconoscerlo, a goderne, a stupirsi come riescono solo i bambini e come succede a Fausto Albini la prima volta che legge un libro in ospedale, di nascosto, scoprendo altri mondi altre idee, un altro possibile. Che poi è questa la forza della letteratura no?
A DF però chi mostra uno scostamento dalla rotondità affettiva, senza spigoli da smussare per creare spiragli dall’intorpidimento, viene descritto come malato, o ancora diverso. Le Brigate Sentimentali, una volta uscite allo scoperto, fanno notizia e sui giornali, anzi il giornale, si spreca inchiostro. Le loro foto vengono modificate per sembrare più scure, e loro più sinistri. Diventano altro. Questo altro è pericoloso, un terrorista, il colpevole su cui riversare tutta la rabbia. Perché a un certo punto il governo, per combattere le Brigate Sentimentali, decide di riportare la paura nei cittadini. Una paura illogica che viene instillata dall’alto e che porta al sospetto e istiga alla vendetta. Una paura che viene utilizzata per accrescere il potere del governo, salvatore dei cittadini. Una paura quindi del diverso e di qualcuno che vuole espropriare loro beni e benefici.Lo scostamento va risolto, curato nel senso più invasivo. Anche nascosto.
A me ricorda proprio la paura che fanno crescere in noi per chiunque non sia italiano o non sia bianco. Andando ad allargare la visuale, penso a come si nascondano le carceri, fuori dalla vista non esistono, non sono parte della città. Ma qui il discorso è ampio.
La scrittura di Giulio Cavalli è perfetta per un racconto così duro e lucido di una società che potrebbe diventare la nostra società se non ci diamo una svegliata. Estremizza situazioni esistenti con parole precise e mai strabordanti, enfatizza la ripetitività, l’aridità, la superficialità e l’inutilità di una vita volta alla produzione descrivendo minuziosamente le abitazioni tutte uguali o i colori bianchi e grigi segnalati da numeri per definire sfumature inesistenti. Sembra una scrittura pacata e piatta come la vita a DF e ma si avverte un movimento sotterraneo.
È una linfa che scorre inarrestabile quella dell’individualità, della libertà, della curiosità e dell’amore, in continuo mutamento e ricambio.
Però Giulio Cavalli ci frega. Ci parla di rivoluzioni ma anche di una società senza violenza e a cui tutti possono contribuire e in cui vivere con dignità. Siamo sicuri che, se ci fosse un referendum, voteremmo per l’arte, la violenza, la trattativa, la sofferenza e non per una calma piatta?
Chissà che il Nuovissimo Testamento non indichi una nuova venuta.

Lo Stato di diritto (e di rovescio)

Non sta facendo il clamore che dovrebbe il fatto che in Italia la giornalista Nancy Porsia, esperta di Libia, sia stata illegalmente intercettata nell’inchiesta di Trapani sulle Ong nel 2017. Partiamo da un punto fermo: Nancy Porsia non è mai stata indagata eppure un giudice, su richiesta della polizia giudiziaria, ha deciso che si potesse scavalcare la legge: nel documento di 22 pagine – datato 27 luglio 2017, firmato Sco, squadra mobile e comando generale della Guardia costiera – ci sono fotografie, contatti sui social, rapporti personali e nomi di fonti in un’area considerata tra le più pericolose dell’Africa del nord. La notizia è stata data dal quotidiano Domani che racconta come indirettamente, oltre a Porsia, siano stati ascoltati anche il giornalista dell’Avvenire Nello Scavo, conversazioni della giornalista Francesca Mannocchi con esponenti delle Ong, il cronista di Radio Radicale Sergio Scandurra mentre chiedeva informazioni ad alcuni esponenti di organizzazioni umanitarie impegnate in quei mesi nei salvataggi dei migranti, Fausto Biloslavo de Il Giornale e Claudia Di Pasquale di Report.

Primo punto fondamentale: in uno Stato di diritto che non venga rispettato il diritto per intercettare giornalisti che parlano con le loro fonti (nel caso di Porsia addirittura vengono intercettate anche telefonate con l’avvocata Ballerini, la stessa che si occupa della vicenda Regeni) significa che il potere giudiziario (su mandato politico, poi ci arriviamo) scavalca le regole per controllare coloro che per mestiere controllano i poteri per una sana democrazia. È un fatto enorme. E non funziona la difesa di Guido Crosetto (il destrorso “potabile” che è il braccio destro di Giorgia Meloni) quando dice che anche i politici vengono intercettati: si intercetta qualcuno dopo averlo iscritto nel registro degli indagati e soprattutto in uno Stato di diritto si proteggono le fonti dei giornalisti, con buona pace di Crosetto e compagnia cantante.

C’è un altro aspetto, tutto politico: in quel 2017 gli agenti di sicurezza presenti a bordo della nave Vos Hestia dell’Ong Save the Children portano foto e prove (che poi si sono rivelate più che fallaci visto che tutto si è concluso in una bolla) prima a Matteo Salvini, prima ancora che alle autorità giudiziarie. È scritto nero su bianco che proprio Salvini su quelle informazioni ci ha costruito tutta la sua campagna elettorale. Un giornalista, Antonio Massari, racconta la vicenda su Il Fatto Quotidiano e costringe Salvini ad ammettere di avere avuto contatti, prima delle forze dell’ordine, proprio con i due vigilantes che puntavano a ottenere in cambio qualche collocazione, magari politica. Salvini, conviene ricordarlo diventerà ministro all’Interno.

Rimaniamo sulla politica: l’ordine di indagare sulle Ong parte dal ministero dell’Interno dell’epoca di cui era responsabile Marco Minniti. Ci si continua a volere dimenticare (perché è fin troppo comodo farlo) che proprio da Minniti parte la campagna di colpevolizzazione delle Ong che verrà poi usata così spregiudicatamente da Salvini e compagnia. Ad indagare sull’immigrazione clandestina viene applicato il Servizio centrale operativo (Sco) della polizia di Stato, il servizio di eccellenza degli investigatori solitamente impegnato in indagini che riguardano le mafie. Anche questa è una precisa scelta politica.

Rimane il sospetto insomma che politica e magistratura si siano terribilmente impegnate per legittimare una tesi precostituita. Di solito (giustamente) ci si indigna tutti di fronte a una situazione del genere e invece questa volta poco quasi niente. Anzi, a pensarci bene la narrazione comunque è passata.

È gravissimo e incredibile eppure accade qui, ora.

Buon martedì.

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LuciaLibri su Nuovissimo testamento

Cavalli e gli uomini trasformati in macchine omologate

di Francesca Luzzio

Romanzo surreale e metaforico, “Nuovissimo Testamento” di Giulio Cavalli torna sui luoghi del precedente “Carnaio”, ovvero DF, terra che rappresenta, anche con iperboli, l’attuale società globalizzata, dove sono banditi emozioni, sentimenti e pensieri. Una lettura molto coinvolgente…

Nuovissimo testamento (290 pagine, 19 euro) di Giulio Cavalli, pubblicato da Fandango, è un romanzo iperbolico e metaforico, infatti con una vicenda surreale ci pone di fronte alla possibile realtà distopica del prossimo futuro, o meglio forse, per certi aspetti, già dei nostri tempi. Il lettore viene portato nel contesto socio-politico ed economico di DF, una terra che pur con le sue esagerazioni, rispecchia davvero alcune caratteristiche dell’attuale società globalizzata che, nel suo porre i potentati economici al di sopra di ogni valore, dirige in parte e, forse, ancor più dirigerà gusti e tendenze, annebbiando, come accade ai cittadini di DF, emozioni, sentimenti, sogni, trasformando così ogni essere umano in entità omologata, in semplice macchina operativa, aliena da gusti, tendenze e comportamenti autonomi.

Il vaccino contro il disturbo affettivo

Fausto Albini disegna un cerchio sulla sabbia e forse, preso da un ricordo, sta male. Portato al pronto soccorso, viene ricoverato tra i malati con disturbo affettivo, quel particolare malessere dal quale i cittadini vengono regolarmente resi immuni tramite vaccinazione, essendo essi di fatto destinati ad essere, sia a livello genetico che lavorativo, delle macchine di un ingranaggio socio-economico che controlla anche gli esseri umani, rendendoli a sua volta strumenti di quel processo produttivo di cui fanno parte, insomma macchine tra macchine destinate a lavorare e a riprodursi in una omologazione di vita che uguaglia e rende indistinti anche le cose più banali, quale potrebbe essere, ad esempio, la scelta o preferenza per un colore, infatti per tutte le macchine viventi «l’abbigliamento era grigio quattrocentoventiquattro, quello invernale, grigio quattrocentodue quello primaverile e quello estivo…» (cap.3, pag.21) e non solum sed etiam, la numerazione riguardava tutto, anche le macchine viventi, semplici numeri di un sistema in cui il processo e l’avanzamento economico rendono tutto statico ed immobile.

Un’apparente democratizzazione

Riusciranno i ribelli a far rivivere anche attraverso la lettura, emozioni, sentimenti e pensieri? Il referendum pare dire di no: in fondo vivere come macchine può anche piacere, se libertà, amore, rabbia, odio, pur nel loro carattere antitetico, comportano sempre responsabilità, coscienza morale ed operativa. Eppure qualcosa sembra cambiare nel sistema attraverso un’apparente democratizzazione, ma tutto di fatto resta com’era. Come nella DF di un precedente romanzo di Giulio Cavalli, Carnaio (ne abbiamo scritto qui), chi non si adatta diventa straniero e chi è straniero diventa un impiccio, anche se un’ora prima era moglie, figlia… Solo così è possibile gestire la situazione:  con l’isolamento ed inventandosi nuove grottesche regole.

Il mondo che verrà o che già è

A lettura conclusa, viene spontaneo chiedersi se il romanzo può considerarsi simbolo o allegoria di tante dittature che, a prescindere dall’identità politica ed ideologica, hanno caratterizzato o caratterizzano alcuni stati, ma il simbolo è intuitivo, alogico, l’allegoria presuppone la ragione e al romanzo di Giulio Cavalli è sicuramente ascrivibile la seconda non solo per il contenuto perché l’opera sembra anticipare il mondo che verrà o, che forse,  di fatto già è, grazie anche alla tecnologia informatica che ha favorito modelli di produzione e consumi sempre più uniformi e convergenti, ma anche per il titolo che attraverso l’attributo al superlativo, sembra alludere alla “dittatura democratica” che, grazie alla rivolta, seppur perdente, alla fine sembra instaurarsi ai DF.

Visione fantastica e paradossale

Tanti scrittori hanno affrontato il tema della globalizzazione, ma dandone soprattutto una visione storico-economica, basta ricordare Storia d’impresa di F.Amatori e A. Colli, La globalizzazione intelligente di D. Rodrik, Identità perdutadi Colin Cronah, etc…, ma nessuno ne propone una visione insieme fantastica e paradossale come Nuovissimo testamento di Giulio Cavalli e, proprio per questo, coinvolge talmente il lettore da non fargli notare lo spostarsi delle lancette dell’orologio verso orari inconsueti per la lettura. Lo stile dell’opera, pur nella pregnanza lessicale che lo caratterizza, rivela un uso inadeguato della punteggiatura, soprattutto nella proposizione del discorso diretto; forse trattasi di un surrealismo formale, che tende a riproporre quello del contenuto, che, pur nella sua valenza allegorica, non cessa di apparire tale al lettore.

Il Sud Online su Nuovissimo testamento

di Idamaria Marini (fonte)

“Aveva riso, quella volta, di quell’immaginazione così infantile e già allora si era preoccupato di aver sorriso. Gli era ricapitato di sorridere e non aveva mai avuto il coraggio di dirlo a nessuno.”

Fausto Albini, in una giornata come tante altre, disegna un cerchio sulla sabbia con un ramo spezzato e ha un malessere per cui viene portato in PS e viene ricoverato nel reparto Dei Disturbi Affettivi quello dove vengono trasferiti tutti i cittadini di DF con problemi di rotondità sentimentale. Li incontra alcuni personaggi che si riveleranno fondamentali per il romanzo: Manlio Cuzzocrea che ha pianto per giorni interi senza motivo, Andrea Razzone scoperto a leggere dei libri di nascosto e Angelo Siani che sogna ogni notte la madre che non ha mai conosciuto.

“quello era il reparto di chi non ha nessuna malattia fisica verificabile, che ne so, disse, un osso rotto o una valvola del cuore che non funziona, qui è dove ci mettono a noi che siamo mezzi matti, che abbiamo avuto pensieri da non avere, ci bombardano di farmaci e cercano di metterci a posto con il cervello”.

É allarme!! Il sistema DF, che prevede bambini sottratti ai loro genitori, mogli a rotazione, pasti stabiliti, colori vietati, lavori imposti, divieto di scelta e libertà, probabilmente non funziona più. Il governo di DF, nella persona del presidente Bussoli, è molto preoccupato. Governare un popolo che inizia a provare emozioni è diventato pericoloso e bisogno correre ai ripari.

Fino a quel momento tutta la gestione della popolazione era resa possibile grazie al VACCINO inoculato ai neonati.

“Come? Con un semplice additivo mischiato ai vaccini tradizionali che permetteva per il resto della vita la scomparsa dell’empatia o, se non proprio la scomparsa, altrimenti le persone sarebbero diventate sassi difficili da rendere produttivi, un ottundimento che le rendeva docili alle imposizioni e facili a regolamentare come un gregge mansueto che scollina in fila indiana”.

Fausto Albini, grazie all’incontro con la dr.ssa Anna Cordio che avrà un ruolo di rilievo in tutta la storia, ha la conferma che le emozioni esistono ed esiste l’amore, quello che si legge nei libri, libri che sono sempre stati vietati dal sistema DF e che rappresentano la salvezza e la liberazione.

“e fu quello l’istante, un istante fondamentale per la storia che si racconta, in cui Andrea Razzone raccontò a Fausto Albini che esistevano testi che raccontavano di altri mondi e che raccontavano  vicende che avevano un inizio e una fine, che si chiamavano libri e che raccontavano di coppie innamorate che non riescono ad amarsi o di amanti che non sono più capaci di innamorarsi una mattina, di coppie che stanno insieme anche per tutta la vita senza nessuna turnazione, e di foreste che non erano deliberate da nessun governo ma s’eran fatte dei semi che nei secoli aveva portato il vento, e di commozione che è un sentimento che fa sgorgare lacrime e tremare il cuore, di rabbia inconsulta, una rabbia con la voglia di spaccare e di fiducia nel credere che domani possa essere un giorno migliore e di cambiamento, di cambiamenti dettati da gente che decide di cambiare senza chiedere il permesso…”

Quando Fausto e i gli altri personaggi si rendono conto che dietro c’è un disegno politico, iniziano a creare un nucleo di resistenza con l’obiettivo di ridare voce alle emozioni, all’empatia e alla libertà.

Giulio Cavalli, con una maestria senza precedenti, ci porta nuovamente nel mondo di DF, già esplorato nel “Carnaio” con cui nel 2019 ha vinto il premio Selezione Campiello. Con questo libro ci racconta una Società castrante, che limita oltre misura la libertà degli individui e i loro sogni rendendoli tutti il più “omologati” possibile per poter avere la capacità di controllarli e gestirli al meglio.

Una scrittura con poca punteggiatura, con i dialoghi che si susseguono senza pause o virgolette: un flusso di emozioni che non riesce ad esplodere.

Nuovissimo testamento è stato definito un romanzo distopico con il quale si entra immediatamente in sintonia facendovi toccare delle corde inespresse e arriverete a comprendere il vero valore dell’empatia.

Lunedì 5 aprile alle 21.00 circa il Circolo Della Lettura Barbara Cosentino di Roma vi aspetta.

In diretta sulla sua pagina Facebook

httpss://www.facebook.com/CircoloDellaLetturaBarbaraCosentino

Tutte le falle del piano vaccinale

È sempre quella vecchia storia dell’innamorarsi degli uomini e di sottovalutare i sistemi: il “nuovo” piano vaccinale italiano, quello che avrebbe dovuto portare la sferzata decisiva per fare ripartire il Paese o almeno per uscire dal tunnel buio del virus è lastricato di buone intenzioni (com’era quell’altro) proferite da nuovi protagonisti ma nei fatti continua a incepparsi negli stessi granelli e ad ora continua a difettare allo stesso modo nei risultati. Se avessimo perso meno tempo a pesare e analizzare le posture e le parole di Draghi, di Figliuolo e di Salvini a cui ora tocca addirittura di sembrare “responsabile” forse avremmo potuto discutere di un impianto malato nelle fondamenta, di questa delega alle Regioni che rimane il punto critico di un’operazione che viene pensata a livello centrale ma poi si perde tra i rivoli dei regionalismi.

Il Piano strategico per la vaccinazione anti Sars-Cov-2 è stato elaborato lo scorso 12 dicembre dal ministero della Salute. Il decreto della sua attuazione ufficiale risale allo scorso 2 gennaio, con decreto del ministro, e poi aggiornato l’8 febbraio con il documento “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti Sars-Cov-2/Covid-19”. Leggendo il piano risulta subito evidente che il governo sia responsabile della definizione delle «procedure, gli standard operativi e il layout degli spazi per l’accettazione, la somministrazione e la sorveglianza degli eventuali effetti a breve termine»: risulta quindi evidente che gran parte della fase operativa e strategica sia sostanzialmente demandata alle autorità regionali e già questo potrebbe bastare per comprendere il motivo di risultati così diversi da regione e regione.

Il numero delle persone vaccinate, la percentuale di vaccini che rimangono inutilizzati, perfino…

L’articolo è tratto da Left del 2-8 aprile 2021

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I risparmi della mamma

Era immaginabile che la procura indagasse il presidente di Regione Lombardia (l’ipotesi di reato è autoriciclaggio e falsa dichiarazione in sede di voluntary disclosure, lo scudo fiscale) per il suo conto corrente in Svizzera di 5,3 milioni di euro, a detta del presidente “ereditati” dalla madre.

Bastava leggere con attenzione la storia raccontata nelle carte dell’altra indagine che vede coinvolto il presidente, quella dei famosi camici del cognato e della moglie prima venduti alla Regione, poi “donati” (perché si erano sbagliati, hanno detto, che sbadati) e infine sequestrati dalla procura. Proprio nel tentativo di pagare quei camici si scopre che Fontana aveva usato il suo conto svizzero per un bonifico di 250mila euro. Sia chiaro: detenere denaro all’estero non è un reato (tra l’altro quei soldi sono stati scudati nel 2015 grazie alla legge voluta dal governo Renzi) ma, al solito, ci sono questioni di responsabilità politica (al di là della questione giudiziaria) su cui basterebbe dare alcune risposte.

Dice Fontana che quel tesoretto siano i risparmi della madre, dentista. «Evasione fiscale? Ma figuriamoci, lei era superfifona», disse Fontana. C’è da dire che fosse piuttosto scaltra, questo sicuro, se è vero che a partire dal 1997 aveva trasferito i suoi soldi prima in Svizzera e poi alle Bahamas su un conto su cui il figlio poteva tranquillamente operare. Attilio Fontana tra l’altro in quegli anni era sindaco di Induno Olona, vale la pena ricordarlo.

Si è parlato poco anche del fatto che i suoceri del presidente (Paolo Dini, il patron della Dama, deceduto due anni fa, e sua moglie Marzia Cesaresco) avessero, con la società di famiglia, spostato circa 6 milioni di euro poi condonati. «L’istante Paolo Dini ha detenuto attività finanziarie all’estero in violazione degli obblighi di dichiarazione dei redditi e di monitoraggio fiscale», si legge nelle note di accompagnamento alla domanda di condono. Evasione fiscale, in pratica. A questo si aggiungono una serie di operazioni (che ha raccontato benissimo Giovanni Tizian per Domani) segnalate come sospette proprio da parte della moglie di Fontana che ha ereditato l’azienda insieme a suo fratello. Quella dei camici, per intendersi.

Eppure a Fontana basterebbe rispondere solo ad alcune semplici domande: quel conto svizzero è il suo unico conto all’estero? Può dimostrare la legittimità di tutte le operazioni effettuate su quel conto? Quando è stato acceso, nel 1997, era destinato solo a preservare i risparmi della mamma, dentista di Varese e all’epoca ultrasettantenne? Fontana ha usato quel conto anche per suoi interessi personali? Se sì, quali? Con che soldi?

Perché siamo sempre alle solite: l’etica dei rappresentanti politici è un tema che sta fuori dalle indagini giudiziarie e Fontana deve delle risposte agli elettori. Semplicemente questo.

Poi magari si potrebbe discutere di come stia governando la Lombardia ma su quello ormai il giudizio è quasi unanime ed è già Cassazione.

Buon giovedì.

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Effetti collaterali del “Governo di tutti”: la Lega blocca la legge sull’omofobia

Solo a marzo, con un Paese in piena pandemia, il quadro è questo: a Brugherio l’auto di Danilo Tota e del suo compagno Sasha Di Cicco viene vandalizzata, sempre lì a Brugherio Danilo Tota era stato aggredito perché gay al parco cittadino, “checchina” e “feminuccia” gli urlavano addosso; il 14 marzo a Vicenza Andrea C. è stato adescato su Facebook e si è ritrovato di fronte 12 ragazzini che l’hanno preso a calci e pugni, è stato salvato da alcune persone di passaggio; il 15 marzo esce la notizia Thomas racconta di essere stato offeso, circondato e preso a sassate da un branco di 15 persone che l’hanno preso di mira per i suoi capelli tinti di rosa e per il fatto di essere gay.

Thomas racconta che le Forze dell’Ordine gli hanno perfino sconsigliato di sporgere denuncia; il 24 marzo Aurora e Valentina sono in un parco a Voghera vengono aggredite da un uomo che le rimprovera per essersi date un bacio, il video è uno spaccato di omofobia benpensante; il 26 marzo a Asti Nicholas Dimola viene invitato ad andarsene mentre era seduto su una panchina del parco (“sei un travestito di merda, vattene”, gli dicono) perché quella era “una zona per bambini”. È proprio Nicholas che nella sua denuncia pubblica ricorda che a Asti tre suoi amici omosessuali si siano suicidati; nella notte tra il 28 e il 28 marzo a Perugia l’auto di un giovane viene vandalizzata con la scritta “sono gay” durante la notte.

Questi sono solo i casi di cui si ha conoscenza, quelli che sono diventati pubblici in mezzo ai molti episodi che si ripetono tutti i giorni e che per vergogna vengono taciuti e rimangono nascosti. La questione dell’omofobia è una costante nelle cronache locali, con azioni e esiti più o meno gravi, eppure viene derubricata nella categoria delle “ragazzate” dove si infilano spesso i problemi complessi che non si vogliono affrontare.

Per anni si è nascosta sotto il tappeto ma ora quel tappeto è una montagna che incombe sulle responsabilità della classe politica. Eppure il centrodestra compatto ieri ancora una volta ha incagliato il disegno di legge contro l’omotransfobia (la “legge Zan”) con la solita patetica scusa di “altre priorità”. E fa niente che siano gli stessi che presentano proposte di legge sui crocifissi o sulle canzoni di Casadei: il governo Draghi, piaccia o no, tiene insieme una compagine così larga che non riuscirà mai a trovare la quadra per smuovere qualcosa in tema di diritti. Siamo in zona rossa anche per i diritti, sospesi, in attesa che torni la politica. Non è una buona notizia, no.

Leggi anche: 1. Legge contro l’omofobia: no secco della Lega. Ora il ddl è a rischio al Senato /2. Omotransfobia, il difficile cammino e le polemiche sulla legge che vieta l’odio contro omosessuali e trans /3. Caivano, Zan a TPI: “Meloni strumentalizza l’omicidio, ma è la prima a ostacolare la mia legge sull’omotransfobia”

4. Il linguaggio di certi giornali sul caso di Caivano rivela l’arretratezza italiana sull’omofobia (di G. Cavalli) /5. Il senatore della Lega Pillon condannato per aver diffamato un’associazione Lgbt /6. La legge contro l’omofobia? Serve proprio perché c’è chi non la vuole (di Fabio Salamida)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Scusa, Cuba

Ve lo ricordate il 22 marzo 2020? 53 medici cubani della Brigata internazionale Henry Reeve arrivarono in Lombardia, c’erano medici, epidemiologi, anestesisti, rianimatori e infermieri specializzati in terapia intensiva. La Lombardia in quel momento era l’epicentro mondiale della pandemia nel mondo e i medici cubani, specializzati nel trattamento delle malattie infettive, vennero spediti nell’ospedale da campo di Crema. Gli “hermanos de Cuba” li chiamavano affettuosamente i colleghi italiani. La sindaca di Crema Stefania Bonaldi disse: «Ci sentiamo fortunati. All’alba siamo saliti sul loro autobus con la bandiera di Cuba tra le mani e con gli occhi lucidi per ringraziarli ancora una volta – raccontò ancora la sindaca -, ma ci piace pensare che sia stato solo un arrivederci e non un addio, perché continueremo a fare cose belle insieme». Se andate a cercare le dichiarazioni ufficiali del governo invece sono poche, rare.

Alcuni sostennero quei medici cubani addirittura come candidati al Nobel per la Pace. Peccato che l’arrivederci affettuoso che abbiamo riservato ai cubani sia uno schiaffo in faccia: nel Consiglio dei diritti umani cinque giorni fa è stata votata una risoluzione, inappuntabile giuridicamente dal punto di vista del diritto internazionale, che rilevava il pesante impatto negativo che le sanzioni, ovvero, con termine più tecnico, le misure coercitive unilaterali hanno sui diritti umani. Tra questi ovviamente c’è anche l’anacronistico embargo che gli Usa impongono a Cuba dal 1962. 59 anni di sanzioni durissime con cui lo Stato più forte impone sofferenze durissime a uno Stato più debole per piegarlo alle proprie decisioni, un bombardamento senza bombe per imporre la propria politica estera.

La risoluzione è ovviamente passata ma l’Italia è riuscita a farsi notare votando contro, in nome di un becero atlantismo che risulta assolutamente fuori tempo e che sembra essersi dimenticato dell’aiuto ricevuto in questi ultimi mesi. Un voto infame (che al momento non ha spiegazioni ufficiali) e di cui ci sentiamo di chiedere scusa. L’embargo durante la pandemia tra l’altro in campo sanitario mette a rischio anche l’approvvigionamento di macchinari indispensabili per affrontare il virus. «Potrebbe mancare qualsiasi cosa – spiegava l’Ambasciatore Josè Carlos Rodriguez Ruiz -: un componente di un apparecchio sanitario, una tecnologia o un principio attivo che potremmo reperire negli Stati Uniti, ma che non può raggiungere Cuba a causa del blocco. In quel caso saremmo costretti a rivolgerci altrove a costi molto più alti ma con grandi difficoltà. Un esempio: se volessimo acquistare una macchina della multinazionale tedesca Siemens dotata di una porzione di tecnologia statunitense non potremmo farlo…».

Scusa Cuba.

Buon martedì.

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