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Il divertente spettacolo della Lega, che per non stare fuori dai giochi si scopre europeista

La strada è stretta, strettissima per Matteo Salvini, che sull’ipotesi di un governo Draghi si ritrova con un partito spaccato (come ultimamente gli accade troppo spesso) ed è di fronte al difficile bivio di rispondere all’appello di Mattarella accontentando Giorgetti (e molti dei suoi grandi elettori del nord) oppure insistere sulla sua ala populista mettendosi all’opposizione.

Se sceglierà di essere della partita potrà vantarsi (anche lui) del suo “senso di responsabilità” ma certo scontenterà l’ala No Euro a cui ha guardato con molto interesse in questi mesi. Insomma Salvini si ritrova a scegliere e lui odia scegliere perché in fondo la politica per lui è solo un profluvio di social e di dichiarazioni che seguono lo stomaco del suo Paese e invece gli tocca fare politica.

Ieri, piuttosto imbarazzato di fronte ai palazzi romani, è riuscito addirittura a ritirare fuori la questione dei “porti aperti”: “Se Draghi vuole chiudere i porti noi siamo con lui” ha dichiarato ieri di fronte a un’esterrefatta platea di giornalisti che lo osservavano straniti come se si trovassero di fronte a un leader di partito scongelato da un lungo sonno.

Ma Salvini si sa, alle giravolte ci è abituato e la credibilità non è mai stata un suo problema, così dalla Lega cominciano a sentirsi cose impensabili solo fino a qualche ora fa come Giorgetti che definisce Draghi “un Ronaldo che non possiamo tenere in panchina” (con un metafora calcistica, ovviamente, per non correre il rischio di non essere compresi), con Bagnai (quello che diceva “l’euro è una strozzata” e tutti lo applaudivano) che ora si impegna in una patetica retromarcia definendo Draghi “un collega economista, come me” (e riuscendo addirittura non sentirsi ridicolo) e prova a trovare similitudini per essere pronto ad appoggiarlo.

Anche il prode rivoluzionario Borghi ora si è camomilizzato e lancia un sondaggio tra i suoi follower per preparare il terreno (“fare opposizione è troppo facile” dice dimenticandosi che la Lega faceva opposizione anche mentre era al governo). I nemici del’Europa si sono già cambiati in un batter d’occhio e sono pronti a reinventarsi europeisti per non rimanere fuori dai giochi.

E intanto Giorgia Meloni si gusta la scena, si chiama fuori e ha già cominciato la sua opposizione interna per scalzare Salvini nella leadership del centrodestra: “Salvini dice a Draghi di scegliere tra M5s e Lega. Quindi Pd e LeU vanno bene?”, ha già tuonato dall’Aventino. E sarà un logorio lento e continuo.

Leggi anche: 1. Renzi ha fatto saltare Conte “per i contenuti” ma ora prende Draghi a scatola chiusa / 2. Basta assurdi egoismi, rendiamo pubblici i brevetti per produrre i vaccini anti-Covid

L’articolo proviene da TPI.it qui

Piove sul Bagnai

Dice di avere scelto la Lega «da sinistra»: Alberto Bagnai, fervente No-Euro, del resto, di sinistra si è professato da sempre e se qualcuno gli fa notare che la candidatura nel partito di Salvini configge sostanzialmente con i valori della sinistra i suoi sostenitori corrono a spiegare che «la sinistra non l’ha voluto e allora è andato con Salvini». E pensare che Bagnai, proprio lui, il 12 agosto del 2015 rispose piccato a Marta Fana che lo accusava di essere filoleghista: «Li appoggio? – scrisse – Puoi precisare o ti prendi una querela per diffamazione? Come li appoggio?». Ora si è candidato con loro. Nello stesso giorno in cui Berlusconi baciava le mani alla Merkel e a Juncker.

Dice il Movimento 5 stelle che i giornalisti sono la “rovina del Paese”, diceva Grillo che i giornalisti andrebbero mangiati e poi vomitati e che la televisione era da evitare. Chi candida il Movimento 5 stelle? Candida il giornalista televisivo Gianluigi Paragone, ex direttore de La Padania. «Società civile», la chiamano. Evviva.

Dice Giulia Bongiorno che la difesa delle donne è la sua priorità. Il rispetto delle donne, soprattutto. Con chi si candida? Con quel Salvini che sventolava una bambola gonfiabile per offendere Laura Boldrini, con quella Lega che apostrofò come «orango» la Kyenge (che è donna e pure negra, quindi ancora meglio). In compenso Salvini dice di avere candidato la Bongiorno perché «Andreotti oggi sarebbe nella Lega».

Diceva Annalisa Chirico (pregiata firma de Il Giornale e de Il Foglio) che quella contro Berlusconi era una vergognosa persecuzione giudiziaria. “Siamo tutte puttane”, si chiamava il suo movimento. Si candida? Molto probabilmente sì. Con Forza Italia? No no, con il Pd.

Poi c’è Pierferdinando Casini. Candidato nel Pd. E non serve nemmeno un commento.

Poi c’è Fassina che si congratula con Bagnai per la candidatura nella Lega.

D’Alema intanto ironizza sulle liste di Liberi e uguali dicendo: «Qua l’unico della società civile sono io, diciamo, visto che non sono uscente…».

E via così. Con l’avvicinarsi della campagna elettorale ogni compromesso diventa una rivendicazione, come se fosse una normalissima manifestazione di istinti umani. Tutto normale. Tutto bene.

Sarà una campagna elettorale lunghissima.

Buon giovedì.

 

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/01/25/piove-sul-bagnai/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui.