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beatrice lorenzin

Continua la saga Lorenzin

Ormai è una saga. Dopo “Narcos” tutti sono concentrati nella nuova serie tv “Torna a casa Lorenzin”: una serie di episodi (di cui non si vede la fine come accade per tutte le serie di successo) che riprendono l’epopea di una ministra per caso che si ritrova ad avere fastidiosi impicci come il dovere avere un’opinione, gestire le sue deleghe e comunicare eventuali campagne ministeriali; lei invece preferirebbe fare altro (come calendarizzare l’ovulazione degli altri oppure scolpire su pietra le dieci buone abitudini comandate) e vive questo dissidio interiore come una castrazione intellettuale.

L’ultima puntata, quella di oggi, è un capolavoro di sceneggiatura, roba da rimanere incollati allo schermo: dopo avere partorito (tanto per rimanere in tema) la campagna di comunicazione più fallimentare della nostra storia repubblicana oggi ha proposto la peggiore arrampicata sugli specchi dati tempi di Houdini. Secondo la ministra la fotografia usata per lanciare il fertility day (che puntava tutta sulla differenza tra felici bianchi dai denti sbiancati contro negri brutti, sporchi e cattivi) non sarebbe stata quella “visionata e vidimata dal Gabinetto”. In pratica la ministra a sua insaputa ha subito una campagna di comunicazione a sua insaputa. Un insaputismo al quadrato, una cosa del genere, che di questi tempi potrebbe presto proiettarla evidentemente alla Presidenza del Consiglio, visti i tempi.

Quindi, nell’ordine: un ministero che dovrebbe essere guida politica e amministrativa di un Paese intero riesce a inanellare prima un’orrida comunicazione verbale (l’infertilità rivenduta come malattia, qualche settimana fa) poi cerca di rattoppare con un’immagine razzista (tra l’altro le foto sono robetta da stock, come scrivere una tesi di laurea con un copia e incolla su google) e oggi la ministra si scusa dicendo di non avere verificato il modo in cui questa campagna avrebbe dovuto rimediare la magra figura precedente. Una brutta figura al quadrato, insomma, anche lei. Anzi, addirittura, la Lorenzin grida al complotto annunciando urbi et orbi (come piace a lei) di avere “attivato il procedimento di revoca per la responsabile della comunicazione della direzione generale del suo ministero”. In pratica alla fine il salvatore è sempre il capro espiatorio, non c’è fede che tenga.

Bisogna ammettere però che la “squadra di governo” della ministra Lorenzin appare alla luce degli ultimi fatti sempre di più un grande parco dei divertimenti: ci si immagina stagisti sottopagati che stanno tutto il giorno davanti ai pc mentre qualcuno gli urla nelle orecchie «finché non mi trovate almeno un negro che fuma con la faccia incattivita mentre guarda con disprezzo un’indifesa e soggiogata donna bianca all’interno di una casa disordinata con sullo sfondo una banda di sbandati alcolisti che frusta una vecchietta sola in un parcheggio buio oggi non andate a casa!». Deve essere una vita d’inferno fare il googlatore per il ministero della salute. Ma ancora peggio deve essere per i correttori di bozze: me li vedo tutti stremati dal dovere spremere almeno millecinquecento-duemila battute senza avere nemmeno un mezza fetta di concetto. Tutto il giorno inchiodati alla macchinetta del caffè aspettando la notizia di un decesso per cannabis. Oppure immaginate il comitato scientifico: il fior fiore di scienziati impegnati a trovare il collegamento tra lo spritz e l’infertilità, proni a testare gli effetti malefici degli spettinati sulla salute pubblica e sempre intenti a trovare una molecola velenosa nel luppolo. Roba da Nobel per l’abuso di fantasia scientifica.

(il mio pezzo per Fanpage continua qui)

Toglieteci la Lorenzin

Basta. Davvero, basta. Abbiamo sopportato la castrazione mentale della ministra nelle sue perverse idee della famiglia tradizionale, l’abbiamo sopportata mentre lei (a capo del Ministero della Salute) diffondeva notizie false sulla cannabis, abbiamo subito l’orripilante campagna sul fertility day con la donna erta a utero fecondo e poi l’abbiamo sentita frignare scuse patetiche e ora ci ritroviamo di fronte all’ennesimo stereotipo del negro sporco brutto e cattivo: c’è un momento in cui si ha il dovere di dire basta. Basta. Questa grottesca signora a capo di un ministero è indegna, incapace e inopportuna.

Il punto, attenzione, non è nei contenuti politici che possono essere più o meno condivisibili: qui si tratta di estirpare un luogocomunismo che ridicolizza l’Italia agli occhi del mondo e lo Stato agli occhi dei cittadini. Beatrice Lorenzin è la testimonial perfetta dell’antipolitica più becera che si nutre delle inettitudini della classe dirigente e lei, la ministra, è il viagra perfetto per spargere rabbia e indignazione.

Non si tratta nemmeno di una linea politica che ha ben poco da vedere con un presunto e pretestuoso governo di centrocentrocentrocentrosinistra: se è vero che Renzi da tempo ci dice che questa è oggi l’unica maggioranza possibile (e qui se ne potrebbe scrivere per ore) è altresì innegabile che la Lorenzin non sarebbe potabile nemmeno se avesse pensieri condivisibili. Qui parliamo di una leggerezza (o una malafede) da sacrestano di uno sperduto paesello di fine ottocento. La Lorenzin svolge il proprio ruolo di ministra con la banalità di una chiacchierata da bar. La Lorenzin, insomma, è la peggior cattiva abitudine a cui rischiamo di abituarci.

Renzi ci spieghi, ma davvero, come sia possibile che nel cesto del NCD non si riesca a trovare qualcuno più preparato e attento. Se è una questione di poltrone assegnate per accontentare gli alleati allora scambiamo la Lorenzin con dodici sottosegretari, regaliamo agli alfaniani un giudice costituzionale o qualsiasi altra cosa che possa risarcire Angelino per un ministro in meno e che possa risarcire noi dall’aver avuto una tale ministra. Anche un ministero vacante riuscirebbe a fare meglio.

(continua qui)

La grande ammucchiata

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Perché non andare tutti insieme (PD e Forza Italia) a Roma sostenendo la candidatura sindaco di Alfio Marchini ha proposto la Lorenzin dicendo quello che in molti pensano e lei ha avuta il coraggio di dire. Poi ha aggiunto “superando i partiti”. Come se non fossero superati da mesi, ormai.