La questione non sono gli 80 euro: è la progressività fiscale che manca
(Poiché la millanteria filogovernativa sembra essere in ottima salute e in molti contestano i dati del bonus degli 80 euro e della loro restituzione vale la pena rimettere i puntini sulle i per chiarire perché la politica delle mancette non ha nulla a che vedere con l’uguaglianza, anche fiscale, sancita dalla Costituzione. Lo spiega il bravo Davide Serafin qui:)
Dice il costituzionalista che l’articolo 53 della Costituzione stabilisce il dovere di tutti i cittadini di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, secondo un sistema tributario informato a criteri di progressività al fine di produrre effetti redistributivi tra i consociati.
Mentre qualcuno pensa a tagliare l’Irpef (il medesimo qualcuno che, quando era in possesso delle facoltà di governo, è invece intervenuto con provvedimenti della cosiddetta “lunga stagione dei bonus”, cfr. Corriere della Sera), noi abbiamo messo nero su bianco una proposta in grado di tagliare in maniera strutturale l’imposta sul reddito a 16,4 milioni di contribuenti (circa l’80% della platea dei lavoratori dipendenti). E che, se estesa ai lavoratori autonomi, amplierebbe la propria portata ad altri 3,9 milioni di contribuenti.
Consideriamo in primis l’attuale struttura dell’imposta sul reddito del lavoro dipendente: è noto ai più come essa implichi una eccessiva pressione fiscale sui redditi medio‐bassi, principalmente a causa della struttura della detrazione e di un’aliquota, quella al 38 per cento, che si applica a redditi compresi tra i 28mila e i 55mila euro lordi. Per quanto riguarda i redditi superiori ai 55mila euro, assistiamo poi a un sostanziale appiattimento della curva delle aliquote marginali, con un’aliquota al 41 per cento sui redditi compresi tra i 55 e i 75mila euro ed una al 43 per cento per redditi superiori ai 75mila euro.
La detrazioni interagiscono con questo tipo di struttura del prelievo determinando una rilevante distorsione tra gli 8 e i 55mila euro di reddito, laddove l’aliquota marginale si appiattisce sostanzialmente su due livelli, quello nell’intorno del 30% e quello intorno al 40%. A sostenitori della Flat Tax diciamo quindi di svegliarsi: il loro progetto è già in atto e da molto tempo. In questo scenario di forte detrimento del criterio della progressività fiscale, si inserisce il fattore Bonus 80 Euro sul quale non possiamo non ricordare le parole della Corte dei conti (2014):
«Vi è sorta di limite sociologico e di psicologia sociale a modificare la struttura dell’Irpef, in conseguenza della riluttanza del decisore politico nel prendere decisioni di natura tributaria che non assumano il carattere del bonus. Scelte selettive sono affidate a strumenti surrogati ed improvvisati; misure fuori del perimetro dell’Irpef ma che «operano come l’Irpef intrecciandosi con la stessa imposta».
E l’effetto del bonus 80 euro è anch’esso distorsivo, specie per la fascia di reddito fra 24mila e 26mila, in cui l’aliquota marginale schizza in maniera irrazionale al 75-80% (vuol dire che per ogni euro in più guadagnato fra le due soglie, il prelievo fiscale si attesta a circa 80 centesimi!).
(continua qui)