«Ora tu racconterai la mia storia. Domani, non la dimenticare»: cronache dai ghetti che nessuno vede
Emma Barbaro per Terre di Frontiera ha scritto un reportage dal ghetto di Borgo Mezzanone. Quel giornalismo che orami fanno in pochi, andando sul posto, consumando le scarpe:
«In buona sostanza, a monte, c’è un sistema criminoso di smistamento che ripartisce i migranti secondo la loro “potenzialità etnica”. Uno studio della subcultura della disperazione. Che permette di individuare le esigenze del mercato di riferimento al punto da scegliere di importare nigeriane perché è più facile che si prostituiscano. O, più in generale, manodopera lavorativa a costo zero perché è essenziale al funzionamento del meccanismo criminale che sopravvive con l’avallo, in questo caso, della mafia del Gargano. La verità è che nel corso degli anni abbiamo affinato le tecniche della tratta degli schiavi. Ora li selezioniamo. Li scegliamo, in base alle leggi della demografia e dell’opportunismo criminale, e poi li segreghiamo. Un espansionismo di ritorno piuttosto pigro. Sulla base del quale non ci si prende neppure più la briga di conquistare una nuova terra, come nella storia più recente. Basta prenderli e portarli qui, per dare linfa vitale al mercato. Del resto, Hannah Arendt ha scritto che “il male non è radicale, soltanto estremo”.
Per cui, di giorno, possiamo scegliere di chiudere gli occhi e ignorare quel lager a cielo aperto. Per riaprirli, sul fare della sera, e appartarsi con le prostitute nigeriane pagando 5 euro per un rapporto.
Mi sono domandata, per gran parte del tempo, quali siano i confini della responsabilità individuale rispetto a fenomeni più complessi. Rispetto, cioè, a fatti in cui la nostra azione diventa sostanzialmente funzionale al compimento di un disegno che noi ignoriamo in tutto o in parte.
Poi mi sono chiesta, in tutta onestà, come avrei fatto a dormire la notte. Come avrei fatto ad andare comunque avanti mentre – fuori – Christopher, Adama, Thierno, Jenny, Sadat e Aliou, nelle baracche fredde, hanno i piedi in vecchie pantofole ricavate dal bidone dei rifiuti.
La risposta, alla fine, me l’ha data proprio Christopher. “Tu stanotte dormi nel tuo letto, al caldo, a casa tua. Io no. Ora tu racconterai la mia storia. Domani, non la dimenticare.”
Metto in moto la macchina. No, non la dimentico.»
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